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Storicità del diritto La bandiera di una battaglia di Tommaso Greco

4. Diritto scientifico e giurisprudenziale

L’impressione che si potrebbe ricavare da quanto detto sin qui, di trovarsi cioè di fronte a una battaglia tra “conservatori” e

35 Ivi, pp. 159 e 160.

36 G. MARINI, Jakob Grimm, cit., p. 165.

37 Quello della evoluzione spontanea del diritto, peraltro, è tema che va oltre

i confini dello storicismo e arriva a lambire addirittura il terreno della scuola analitica del diritto, come propone di fare il lavoro di M. BARBERIS, L’evoluzione

nel diritto, Giappichelli, Torino 1998, nel quale il tema della ricerca è ripensato

in costante dialogo con la prospettiva giusevoluzionistica di autori come Bruno Leoni e F.A. von Hayek.

“progressisti”, è in ogni caso del tutto sbagliata. Guardando alle manifestazioni e alle dichiarazioni riconducibili allo storicismo giuridico, viene da dire che la disputa aperta dai difensori della storicità del diritto, piuttosto che riguardare i contenuti del dirit- to medesimo, riguardi invece la questione – anche questa ricor- rente, nella storia del diritto e del pensiero giuridico – di chi deb- ba essere il “signore del diritto” 38.

Certo, permane al fondo dello storicista, probabilmente, una diversa convinzione di sapore antropologico, particolarmente ca- ra allo storicismo italiano: basti pensare alle parole con cui Croce commentava Vico: «chi pensa, come il Vico, che “i costumi val- gano più delle leggi”, e, insieme, che “i costumi non si cangino d’un tratto ma per gradi e in lungo tempo” non sarà incline al fa- cile legiferare e non s’illuderà di poter plasmare a nuovo l’umani-

tà sopra un modello soggettivo» 39. E tuttavia, non sembra di po-

ter dire che lo storicista è avverso al mutamento, che sia cioè – per definizione – un conservatore. Eugenio Ripepe ha ricordato – nella sua bella rievocazione della figura di Marini, e delle parole che questi aveva speso per distinguere l’inclinazione ideologica di alcuni degli storicisti dalle conseguenze che dalle loro idee si po- tevano trarre – che «la prospettiva fatta propria dalla Scuola sto- rica rivela un potenziale che non può essere in alcun modo infi- ciato dal retroterra ideologico intuibile alle spalle di questo o quell’altro dei suoi esponenti, perché è una cosa sola con la nuova strada da essa imboccata, o comunque aperta agli studi giuridici, che inaugurava un modo anch’esso nuovo di guardare al diritto e di interrogarsi su di esso: una strada destinata a tagliar fuori quel- la sorta di passaggio obbligato, o letto di Procuste che fosse, co- stituito dalla polarizzazione giusnaturalismo/giuspositivismo, alla quale tanta parte della riflessione tradizionale sul diritto non è

riuscita invece a sottrarsi» 40. Del resto – prendiamo ancora in

38 Cfr. R.C. VAN CAENEGEM, I signori del diritto. Giudici, legislatori e profes-

sori nella storia europea, a cura di M. ASCHERI, Giuffrè, Milano 1991, in partico- lare p. 61 ss.

39 B. CROCE, La filosofia di G.B. Vico, Laterza, Bari 1965, p. 103.

prestito le parole di Ripepe – affermare che «nel diritto si manife- sta lo spirito di un popolo […] significa che i contenuti sono sempre storicamente giustificati in quanto evidentemente non possono essere mai del tutto casuali o arbitrari, non certo che essi debbano di conseguenza essere considerati immutabili per l’eter- nità: che sarebbe invece, questo sì, un modo di contravvenire al- l’assioma della storicità del diritto» 41.

Se è così, al cuore dello storicismo può forse rintracciarsi una opzione per uno sviluppo del diritto che percorra vie che siano il più vicine possibili alla realtà delle cose, alla sua particolarità, alle sue dinamiche, in una parola: alla sua storia, da cui discende sia la preferenza per un diritto giurisprudenziale, sul modello del com-

mon law, sia la rivendicazione di uno spazio ampio per la scienza

del diritto, chiamata a “leggere” la realtà più che le norme del le- gislatore, e a volgere lo sguardo verso il basso della società piutto- sto che verso l’alto del potere. Come ha scritto ancora Paolo Grossi, «la funzione primaria della scienza […] è interpretativa nel senso più alto del termine, ossia mediatrice fra testo normati-

vo vecchio e società vivente il proprio cammino nella storia» 42.

E non è un caso che questo avvenga. Il giudice – lo ha scritto Gerhart Husserl nel suo suggestivo lavoro su Diritto e tempo – è, tra coloro che rappresentano i poteri dello stato, l’espressione isti- tuzionale dell’uomo che guarda al passato più che al futuro. Guarda al passato, non per amore della tradizione, bensì per fare quanto gli è richiesto: operare cioè una “presentificazione” di ciò che gli è offerto dal passato stesso, in termini di norme statuite e di precedenti, al fine di una decisione. Scrive Husserl: «la via tem- porale che il giudice percorre nel processo di applicazione del di- ritto, riporta, in una direzione, alla situazione storica da cui la norma (della cui applicazione si tratta) è nata. Questo percorso nel passato è necessario per un’interpretazione della legge che sia conforme alla cosa in questione. La via in direzione opposta, che

filosofia giuridica, in N. DE FEDERICIS-C.PALAZZOLO (a cura di), Storicità del

diritto, dignità dell’uomo, ideale cosmopolitico, Liguori, Napoli 2008, p. 172.

41 Ibidem.

conduce all’“oggi”, dev’essere percorsa dal giudice per instaurare una relazione vivente fra la norma da applicare ed il presente, sul cui terreno egli si trova mentre giudica» 43.

E se è così per il giudice, in dialogo costante col passato sono anche i giuristi. Ecco perché, come già per Savigny, anche per gli storicisti contemporanei essi sono i veri interpreti della vita e del- la socialità del diritto. Se per i rappresentanti classici della Scuola storica essi «sono il nuovo ceto che rappresenta il popolo e ne esprime le vedute giuridiche in forma scientifica, ma senza l’arbi-

trio di cui fanno uso i legislatori» 44, per uno storicista convinto,

come (l’attuale Presidente della Corte Costituzionale) Paolo

Grossi 45, essi sono ancora oggi il soggetto principale cui è affidato

il compito di mantenere viva la storicità del diritto in un’epoca di grandi e profondi mutamenti: «Il diritto sta ritrovando la sua sto- ricità, la sua specularità al divenire storico. In questa riscoperta è il trionfo dei giuristi, teorici e pratici, impegnati nell’ordinare sen- za soffocarlo un movimento ancora magmatico e incandescente. La coscienza della storicità deve essere la consapevolezza salvante del giurista di oggi, che non può limitarsi a guardare la stella fissa di un diritto ufficiale vigente in un certo Stato o in una certa enti- tà trans-nazionale» 46.

Giurisprudenza e scienza del diritto sono pertanto i garanti di quel diritto vivente che, nella prospettiva storicistica, appare come il diritto più vero, perché più vicino alla vita. Così che, in definitiva,

storicità può significare soprattutto questo: non isolamento del di-

ritto dalla realtà circostante, che è sempre una realtà storicamente 43 G. HUSSERL, Diritto e tempo. Saggi di filosofia del diritto, a cura di R. CRI-

STIN, Giuffrè, Milano 1998, p. 55.

44 G. MARINI, Jakob Grimm, cit., p. 149.

45 Per un profilo ricostruttivo della ricca vicenda accademica e scientifica di

Paolo Grossi, teso a sottolineare, tra le altre cose, come negli studi storici gros- siani sia presente «il senso profondo degli interessi in gioco e della durezza dei conflitti economico-sociali innescati dalle scelte operate, in apparenza, nel “cielo dei concetti giuridici”», cfr. L. CAPOGROSSI COLOGNESI, Paolo Grossi: una storia accademica e un percorso scientifico, in Riv. dir. civ., 2012, n. 3, pp. 389-407 (p.

396 per la citazione).

determinata, nella quale esso vive e dalla quale esso nasce (e sulla quale spesso, in misura più o meno grande, esso incide).

Questo legame tra diritto e realtà storica – garantito da giudici e giuristi – passa in gran parte attraverso l’interpretazione, l’atto meno legislativo che si possa immaginare. Proprio quando la norma giuridica, con la volontà che essa manifesta, «sembra sot- trarsi al corso del tempo», essa è infatti costretta a subìre l’irru- zione del tempo, il quale «irrompe attraverso l’interpretazione e

l’applicazione» 47. Come nota il già citato Husserl, a differenza di

altri prodotti umani, «la norma giuridica (una volta che è presen-

te) non è affatto indipendente dal comportamento degli uomini a

cui essa si riferisce. Le norme giuridiche non vengono immesse nel flusso della storia come “prodotti finiti” dello spirito umano» ma necessitano continuamente di interventi attivi da parte di co-

loro ai quali esse si rivolgono 48: «la questione del senso di una

norma giuridica può essere formulata sempre e soltanto nel modo seguente: quale significato essa ha oggi, in relazione alla concreta

condizione di vita?» 49. Ecco che l’interprete, nel dar voce attuale

alla norma, «si trasforma nella garanzia della storicizzazione della norma» 50.

Liberata dalle catene del formalismo e concepita come lo strumento essenziale per garantire la dinamicità e persino la giu- stizia del diritto, l’interpretazione – atto mai meramente tecnico ma sempre eminentemente valutativo – diventa il luogo cruciale del rapporto tra il diritto e la vita, e il terreno più fecondo sul quale si realizza e trova compimento dunque la storicità del dirit- to. «Non si spiega questo delicato e complesso lavoro del giurista – sono parole di Vincenzo Palazzolo, maestro di Giuliano Marini e di altri studiosi come lui vicini alla prospettiva storicistica – fin- ché non si riconosca il carattere valutativo dell’interpretazione; la quale, anche se non si svolge mai arbitrariamente, ma permane

47 M. BRETONE, Diritto e tempo nella tradizione europea, cit., p. 37. 48 G. HUSSERL, Diritto e tempo, cit., pp. 35-36.

49 Ivi, p. 17.

vincolata alla totalità del sistema giuridico quale organica connes- sione di norme, ha la funzione di vivificare, di aggiornare e di ri- mettere a nuovo le proposizioni normative superate, e, quindi, di operare, più o meno consapevolmente, in vista dell’emanazione di proposizioni normative nuove, in modo che si realizzi la confor- mità dell’ordinamento alle esigenze attuali della convivenza e del- la coscienza sociale e giuridica» 51.

La persistente attualità della proposta storicistica, non solo sul piano teorico ma soprattutto su quello pratico, sta forse qui, prin- cipalmente: nella valorizzazione del piano applicativo-interpreta- tivo, che la porta a tenere strettamente legato il momento della “lettura” delle norme con la realtà storicamente e socialmente de- terminata alla quale esse si rivolgono. Se realtà, esperienza, vita e storia sono sempre un po’ più in là delle parole del legislatore – le quali non possono mai contenerle interamente – sta a chi deve af- frontare le questioni concrete che quelle pongono al diritto, fare in modo che esso, anziché distaccarsene definitivamente, ne rea- lizzi e ne incarni l’espressione più adeguata.

Hannah Arendt, “la schiuma della terra”