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La produzione di condizioni di esistenza e il ruolo del di-

biente, il Man

12. La produzione di condizioni di esistenza e il ruolo del di-

ritto

1. Questo saggio inizia con una questione e alcune domande, che la questione solleva.

A. La questione è l’uomo essere collettivo dominato al quale il totalitarismo nazionalsocialista riserva l’avvenire. È in questione se questo “essere” è una reale condizione per l’uomo. È in que- stione la reale possibilità di verificare che la dimensione dell’uo- mo non comprende solo l’essere soggetto.

B. Se la risposta al problema è affermativa, dicevo, ci troviamo di fronte a una dimensione dell’esistere inedita.

C. L’intera modernità occidentale è costruita sull’individuali- smo. Ciò significa che, a partire dalla modernità, realtà e dignità dell’uomo sono state identificate con il sul essere un soggetto che ha diritto alla realizzazione della propria soggettiva singolarità.

D. Sulla base dell’individuo soggetto il mondo dell’uomo ha acquisito una specifica identità. Esso è divenuto il mondo dell’uo- mo soggetto. E così è stato strutturato, in modo che diritto, istitu- zioni, cultura, scienza e società garantissero questa soggettività.

E. Reale l’uomo essere collettivo dominato, diventa reale che la dimensione dell’uomo non è soltanto quella dell’individuo sog- getto. E questo al punto che essa permette come reale l’esistenza dell’uomo come funzionario anonimo. E, essere reale qui significa che l’uomo trova se stesso, e si sente a casa propria, sia come sog- getto che come anonimo collettivo.

F. Che cosa devono fare, a questo punto, il nostro diritto eu- ropeo continentale e il nostro costituzionalismo interamente co- struiti sulla base esclusiva dell’individualismo? Quale può essere la risposta di un diritto storico ad una dimensione dell’esistere che entra in scena ad opera della storia stessa?

2. Posta la domanda, ciò che progressivamente si è definito è il piano sul quale rispondere. E questo piano, ormai è chiaro, non è quello delle teorie e dei principi. Il piano è quello della storicità fenomenica e, con esso, quello della produzione di mondi. Il mondo prodotto è quello nel quale abita l’uomo storico. Questo mondo, con le sue strutture, è la sua condizione di esistenza.

3. Produrre mondi. Come anche ormai è chiaro, non c’è, in campo storico fenomenico, un mondo “autentico” e uno “non autentico”. Questa distinzione è quella che ha retto la Metafisica, dimostrandosi estraniante. Là dove l’essere manca e “il fenome- nale è l’unica specie di essere” ogni mondo è una condizione di esistenza, con tutta intera la dignità che è una casa nella quale abi- ta un “essere”.

4. Produrre mondi non è tuttavia un fatto neutro. Ogni mondo ha la sua specificità, le sue garanzie, risponde a precisi bisogni. La impossibilità di giudicare le condizioni di esistenza non significa che esse sono “indifferenti” per l’uomo, cioè che in tutte trova la sua casa. Al contrario. Il mondo, che rende reale una condizione di esistenza, esclude che in esso ci sia posto per una condizione diver- sa. Almeno questo è il suo orientamento, o senso dell’essere. Il mondo strutturato per garantire il singolo soggetto non è il mondo né dell’essere collettivo dominato né del singolo storico materiale. Non lo è prevalentemente, e, se le strutture lo permettono, non lo è assolutamente. E ciò, va sempre ripetuto, non per una questione di verità, o di natura dell’uomo. Ma semplicemente perché le struttu- re adatte a sostenere l’uomo soggetto e la sua signoria sul mondo, tendono a impedire di fatto modi d’essere diversi.

5. Interviene qui forse la differenza principale, tra la nuova dimensione dell’uomo che compare con il totalitarismo e l’indivi- duo soggetto voluto dalla modernità occidentale. Il “soggetto”, infatti, al quale viene riconosciuta una identità inviolabile, è anche indifferente, o può esserlo, di fronte al divenire, e al mondo che abita. L’uomo storico fenomenico che appare con il totalitarismo, cioè l’uomo che non ha una identità definitiva, che può realizzarsi

come singolo, ma che può anche perdere interamente la sua sin- golarità, questo uomo non può permettersi l’indifferenza dell’uo- mo soggetto.

6. L’uomo soggetto voluto dalla modernità si rapporta al mon- do come allo spazio della propria soggettiva realizzazione. Rap- presenta se stesso nell’opera che di volta in volta produce. E ri- tiene di poterla trattare come una sua semplice rappresentazione. È lui l’artefice. Dunque, è anche colui che decide che cosa fare della propria opera. L’uomo storico fenomenico, come si è visto, è mondo dipendente. E, al minimo, questo significa che è sempre coinvolto con il mondo che produce, quale che sia la misura di questo coinvolgimento. Questo significa che, pur essendo l’artefi- ce del mondo che abita, non può comportarsi nei suoi confronti da signore e padrone. E questa impossibilità fattuale, che impron- ta di sé il rapporto tra l’uomo e il mondo che lui stesso produce, è ciò che rende del tutto inedita, e originale, la nuova condizione dell’uomo.

7. Di fronte alla domanda: quale può essere la risposta di un diritto storico ad una dimensione dell’esistere che entra in scena ad opera della storia stessa? ritengo che, a questo punto, posse- diamo le coordinate, stando all’interno delle quali, è possibile im- postare una risposta.

A. L’essere soggetto è una limitata porta di accesso alla realtà dell’uomo. Esso, alla pari dell’essere collettivo dominato, e del singolo storico materiale è una possibilità d’essere. Non ha il ca- rattere della unicità. È superficiale dunque continuare a riferirsi all’uomo, identificando i suoi bisogni e le sue aspettative con quelli dell’individuo. È anche superficiale costruire un mondo che garantisca giuridicamente e istituzionalmente l’uomo solo in quanto individuo.

B. L’“uomo reale”, se vogliamo adoperare questa espressione, è l’uomo la cui identità non è mai un dato di fatto. Sempre può per- derla. In campo storico fenomenico, nel quale le condizioni di esi- stenza hanno tutte pari dignità, niente assicura che l’uomo si orienti verso una di esse, piuttosto che verso un’altra. Di fronte a

ciò, l’uomo soggetto, a senso unico, è “l’uomo desiderabile”. Ga- rantisce stabilità e certezza, quanto alle sue aspettative, come alle garanzie necessarie. Esso tuttavia, come accaduto nella Metafisica, rischia di essere estraniante. Così come auto estraniante rischia di essere il mondo che lui produce. Per il diritto, organizzare un mondo che sia solo per l’uomo soggetto significa organizzare un mondo improntato alla garanzia della sua sicura realizzazione. Dunque un mondo prevedibile. E strutturato secondo i modi e le forme della prevedibilità. A questo punto, lo abbiamo visto, il mondo più sicuro è il mondo dei modelli. Il rischio di estraniazio- ne di questo uomo desiderabile è quello che il suo bisogno di sicu- ra realizzazione finisca per sentirsi appagato solo se gli viene ga- rantito un mondo di modelli, nel quale vivere come modello.

C. Per l’uomo reale, è sempre possibile “cadere” nel mondo. Non è mai estraneo, o indifferente, al mondo che produce. Si può discutere sulla misura del suo essere mondo dipendente, ma non si può non tenere conto dello specifico rapporto che egli ha con il suo proprio mondo. Così, allora, come è superficiale pretendere di accedere alla realtà dell’uomo adoperando l’unica porta dell’in- dividualismo, è superficiale pensare di accedervi escludendo la possibilità che egli faccia coincidere il suo proprio mondo con un mondo di modelli.

D. Tra uomo soggetto e uomo funzionario si pone l’individuo storico materiale. Esso non è né l’uno né l’altro ma può esserlo. E, almeno fenomenicamente, dove manca l’autentico, non abbiamo una condizione che sicuramente lo metta al riparo. A differenza dell’uomo soggetto, ma anche dell’essere collettivo dominato, l’individuo storico materiale non è mai definitivamente al sicuro. Cioè non può essere mai sicuro di non cadere nel mondo, e di non identificarsi con modelli. È “reale” proprio perché, come di- rebbe Nietzsche, non è un “essere”, cioè, non è una entità data una volta per tutte.

E. Se questa è la realtà dell’uomo, quale ruolo può avere il dirit- to? Intanto, e in generale, la risposta può essere che deve stare ai fatti. Ma stare ai fatti, nel mondo fenomenico, e anche in riferimen- to all’uomo, non significa mai disporre di un terreno certo e sicuro. Un fatto è che, visto il rapporto tra l’uomo e il mondo che

produce, l’uomo non è mai signore e padrone del suo mondo. Ma un fatto è anche che tende a esserne il signore, vivendo come sog- getto. Oppure è anche un fatto che tende a fare del mondo il suo signore, vivendo come funzionario.

Nel mondo fenomenico non ci sono verità. Ci sono realtà sto- riche. Il che significa, per l’uomo, mondi da lui prodotti. Difficile stabilire, nel fenomenico, perché l’uomo si decide per un mondo piuttosto che per un altro. Ancor più difficile è stabilire quali sia- no i margini di questa decisione. Non è raro, infatti, che l’uomo si ritrovi semplicemente in un mondo e, in esso, si lasci vivere.

F. Nel mondo fenomenico, il diritto ha un ruolo decisivo. E, almeno storicamente, il suo ruolo non è interscambiabile con quello di altre strutture. È il diritto che, garantendo le strutture necessarie al mantenimento del mondo prodotto, garantisce una specifica condizione di esistenza. Il mondo che l’uomo produce è innanzitutto un mondo giuridico istituzionale. In questo senso, il totalitarismo è emblematico. Esso non è una semplice dittatura. È un ordine giuridico delle cose. Al punto che decide della legitti- mità del diritto alla vita.

G. Per l’uomo, il rapporto con il mondo che lui stesso produce non è neutro. Questo perché il mondo, sebbene da lui prodotto, non è la sua semplice “rappresentazione”, dunque una immagine, o una visione del mondo, rispetto alla quale egli è libero di decide- re se averci a che fare, se liberarsene, o se non tenerne affatto con- to. Il significato di questa affermazione è chiaro. Quale che sia il mondo prodotto, o per il quale in qualche modo l’uomo si decide, questo mondo ha un suo proprio tempo, dettato e orientato dalle strutture che lo realizzano. Il rapporto dell’uomo con il mondo prodotto non è allora neutro per almeno due motivi.

Il primo è che i mondi non sono interscambiabili. Ognuno di loro garantisce una specifica condizione di esistenza. È, così, “per” l’uomo soggetto, l’essere collettivo dominato, o il singolo storico materiale. E la condizione, nella quale l’uno si ritrova a casa propria, risulta del tutto estraniante per l’altro. L’esempio storico della Metafisica è emblematico. Esso attesta che un mon- do costruito su assoluti è, in generale, estraniante per l’intera esi- stenza storico fenomenica.

A ciò si deve aggiungere che, quale che sia il mondo nel quale si ritrova, se anche estraniante, non è facile per l’uomo sottrarsi ad esso. Meno ancora, per lui, è facile abbandonarlo. E forse non è neanche possibile. Mondo dipendente significa che l’uomo sta al tempo del mondo nel quale si ritrova, almeno fintantoché le strutture che lo realizzano permangono salde nel loro orientare i giorni.

Neanche il diritto può dunque muovere da un presupposto di neutralità rispetto alla condizione di esistenza che rende reale. At- traverso le strutture che esso garantisce viene garantita una con- dizione di esistenza, oppure un’altra. È superficiale pensare che il diritto segue semplicemente gli eventi. Così come è superficiale continuare a pensare che l’uomo è un soggetto e che le strutture sono solo strumenti, adoperando i quali l’uomo costruisce, si af- ferma e si realizza.

Storicità del diritto e filosofia di orientamento