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Le cause di non punibilità in senso stretto: una categoria, in passato, controversa

TENUTA DEL SISTEMA

1. La punibilità come categoria autonoma

1.1. Le cause di non punibilità in senso stretto: una categoria, in passato, controversa

La difficoltà di definire questa categoria deriva da una moltitudine di fattori, primo fra questi il loro carattere eterogeneo, difficilmente riconducibile a un concetto unitario. In secondo luogo, la loro collocazione sistematica implica una presa di posizione rispetto all’istituto della punibilità, investendo temi di teoria generale del reato e valutazioni rispetto all’operatività del principio nullum crimen sine poena. A questo proposito, si rileva come, ammettendo la punibilità fra gli elementi costitutivi del reato, la presenza di una delle cause di non punibilità negherebbe l’esistenza del reato stesso. In caso contrario, collocando questi elementi al di fuori della struttura del reato, si ammetterebbe la possibilità che un fatto tipico, antigiuridico e colpevole non fosse punito. Il che comporterebbe la negazione del suddetto principio.558

557 DI MARTINO, La sequenza infranta, profili della dissociazione tra reato e pena, cit., p. 32.

558 La questione non è di poco momento. Se ne terrà conto in seguito, pur senza pretesa di completezza, al fine di accennare agli aspetti strettamente connessi alla natura giuridica delle cause di non punibilità in senso stretto.

Esistono delle situazioni caratterizzate dall’inapplicabilità della sanzione a un determinato fatto. Le cause di questo fenomeno sono numerose e variegate e al loro interno si citano le cause di giustificazione, che escludono l’antigiuridicità del fatto, le cause scusanti, che escludono la colpevolezza e le cause di esclusione della punibilità, oggetto del presente discorso. Queste ultime hanno una rilevanza autonoma, poiché disciplinate da principi diversi rispetto alle altre cause che implicano la non applicazione della sanzione penale559.

L’autonomia della categoria è stata messa in forte discussione in passato, tuttavia ad oggi sembra essere pacifica560, soprattutto alla luce dei molteplici interventi legislativi che ne hanno disegnato una figura ampia, anche se particolarmente sfaccettata. Ma soprattutto hanno dimostrato che la punibilità è oggi uno degli ambiti d’intervento privilegiati dal legislatore per introdurre nel sistema opzioni di politica criminale specifiche e ulteriori rispetto a quelle che stanno alla base delle valutazioni che fondano le fattispecie incriminatrici.

Lo stesso codice penale, quando parla di “non punibilità”, usa l’espressione in un senso, per così dire, omnicomprensivo, riferendosi a tutte le ipotesi in cui un fatto non è colpito dalla sanzione penale, quale che ne sia il motivo.

L’espressione “cause di non punibilità” è da sempre stata usata con diverse accezioni. Al fine di delimitare l’oggetto della presente analisi, sembra tuttora utile riferirsi al fondamentale studio di Giuliano Vassalli561: l’Autore propone una classificazione dei significati attribuiti a questa categoria562 e individua, all’interno di essa, quella costituita dalle cause di non punibilità in senso stretto.

In una prima accezione di matrice processuale, la più lata, le cause di non punibilità ricomprenderebbero “situazioni o circostanze, oggettive come soggettive, preesistenti alla commissione del fatto o a esso sopravvenute, a esso collegate o da esso indipendenti, attinenti al merito o alla procedura”563 da cui discenda la mancata

559 Così VASSALLI G., Cause di non punibilità, in Enc. Dir., VI, Milano, 1960, p. 609, PIOLETTI G., Punibilità (cause di esclusione della), in Dig. disc. pen., vol. X, 1995, p. 528.

560 In questo senso anche COCCO G., Manuale di diritto penale. Parte generale, vol. II, Punibilità e pene, Padova, 2009, p. 87.

561 VASSALLI G., Cause di non punibilità, cit, p. 609.

562 Classificazione ripresa, in tempi più recenti, anche da PIOLETTI G., Punibilità (cause di esclusione della), cit., p. 525.

applicazione della sanzione penale. Si pensi all’art. 129, comma 1 c.p.p.564, che con l’espressione “cause di non punibilità” si riferisce all’insussistenza del fatto, alla non commissione di questo dal soggetto imputato, al fatto che non costituisce reato, all’estinzione di quest’ultimo e alla mancanza di una condizione di procedibilità. Una tale interpretazione della categoria delle cause di non punibilità, ancora oggi diffusa in giurisprudenza è particolarmente ampia: vi sono fatte rientrare tutte le ipotesi di proscioglimento, comprese quelle fondate sulla non imputabilità o non punibilità del soggetto agente, anche se queste presupporrebbero l’accertamento di un fatto illecito.565

Il secondo significato attribuito alle espressioni “cause di non punibilità”, “cause di esclusione della punibilità” o “cause di esclusione della pena” (tali e tante le definizioni usate per il medesimo concetto) ha, invece, carattere sostanziale. Non ricomprende quindi le declaratorie ex art. 129 c.p.p., tuttavia assume una portata amplissima, riferendosi a tutte le cause che estinguono la responsabilità penale, alle scriminanti e alle scusanti. Il che contrasta con la differente disciplina, sia processuale sia sostanziale, delle cause estintive rispetto alle cause di esclusione della sola punibilità. Tanto che, chi adotta questa sistemazione, è poi portato a introdurre ulteriori distinzioni interne alla categoria566.

L’accezione più usata, tuttavia, sembra essere quella che fa riferimento a tutti i fattori che escludono il reato (nel senso che impediscono che la fattispecie si compia) e, di conseguenza, la sanzione penale. Lo scopo è segnare una demarcazione rispetto alle cause di estinzione del reato e della pena, caratterizzate dal fatto di intervenire in un momento successivo alla commissione del fatto o alla condanna definitiva.567

Questa sistemazione, invero, rispecchia quella del codice vigente sia per quanto riguarda la distinzione rispetto alle cause che escludono la responsabilità penale, sia riguardo al loro inserimento in un unico gruppo. All’interno di questo insieme, dottrina e giurisprudenza operano ulteriori classificazioni, individuando le

564 [Obbligo della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità] In ogni stato

e grado del processo, il giudice, il quale riconosce che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha

commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero che il

reato è estinto o che manca una condizione di procedibilità, lo dichiara di ufficio con sentenza

565 PIOLETTI G., Punibilità (cause di esclusione della), cit., p. 527, per i riferimenti in giurisprudenza e letteratura si rimanda a PATERNITI F., Contributo allo studio della punibilità, cit., p. 83.

566 PIOLETTI G., Punibilità (cause di esclusione della), cit., p. 527.

cause di esclusione del fatto o della tipicità, le cause di giustificazione (scriminanti), le cause di esclusione della colpevolezza (scusanti o esimenti) e, infine, le cause di esclusione della pena in senso stretto. L’intento del codice è dunque quello di distinguere tutte queste ipotesi dalle cause estintive, caratterizzate da una disciplina specifica, lasciando alla dottrina e alla giurisprudenza il compito di individuare ulteriori distinzioni interne alla categoria.

L’Autore notava come questo criterio, ancorché utilizzato dal codice, abbia scarso valore scientifico, poiché trascura l’analisi della ratio che giustifica l’esclusione della punibilità. A tal fine è necessario distinguere le cause di esclusione del fatto o della tipicità, quelle di esclusione dell’antigiuridicità, quelle di esclusione della colpevolezza e quelle di esclusione della sola punibilità.

La stessa esistenza delle cause di esclusione della punibilità in senso stretto568, in quanto categoria autonoma, non era pacifica in dottrina: la sua negazione dipendeva, come già accennato, dall’assunto in base al quale non è concepibile un reato senza punizione. Non c’era (e non c’è tuttora) unanimità nemmeno riguardo ai singoli elementi che compongono la categoria. Tuttavia l’Autore569 ne rilevava l‘importanza dogmatica, in ordine all’elevato numero di ipotesi che si potevano ricondurre alla categoria, rinvenibili nel codice e nelle leggi speciali. Rilievo che oggi sembra più che mai attuale, considerato il proliferare di queste ipotesi.

Da vari autori570 si riconosceva già in passato l’esistenza della categoria: i motivi erano i più vari, ma il dato comune si riferiva all’effetto di escludere solo la punibilità, non il reato. Il riferimento era ai casi in cui la sanzione penale è esclusa per effetto di un comportamento successivo del reo (art. 376, 387571 c.p.) o in ragione di situazioni o rapporti personali preesistenti alla commissione del reato (art. 649,

568 Una precisazione di carattere terminologico: le espressioni “cause di non punibilità in senso stretto”, “cause di esclusione della sola punibilità”, “cause di esclusione della pena”e “cause di esenzione da pena”, sono usate come sinonimi.

569 VASSALLI G., Cause di non punibilità, cit., p. 609.

570 Fra questi, come si è detto, VASSALLI G., Cause di non punibilità, cit., p. 609, PIOLETTI G., Punibilità (cause di esclusione della), cit., p. 528, ma anche ROMANO M., Cause di giustificazione, cause scusanti, cause di non punibilità, in Riv. it. dir. proc. pen., 1990, p.55, RUGGERO G., Punibilità, in Enc. dir. vol. XXXVII, Milano, 1988, p. 527.

571 La norma, rubricata Colpa del custode, dispone che: “1. Chiunque, preposto per ragione del suo ufficio alla custodia, anche temporanea, di una persona arrestata o detenuta per un reato, ne cagiona, per colpa, l'evasione, è punito con la reclusione fino a tre anni o con la multa da 103 euro a 1.032 euro. 2. Il colpevole non è punibile se nel termine di tre mesi dall'evasione procura la cattura della persona evasa o la presentazione di lei all'autorità”

307, 418 c.p.). Come si dirà meglio in seguito, in questi casi il fatto che permanga la punibilità dei concorrenti non lascia dubbi riguardo alla qualificazione del fatto come reato.