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NEMO TENETUR SE DETEGERE. IL CONTRAPPESO GARANTISTA

2. La necessità di salvamento

2.3. Requisiti oggettivi

Perché possa operare la disciplina di cui all’art 384, il soggetto agente deve aver commesso il reato per evitare a sé o a un prossimo congiunto un grave nocumento alla libertà e all’onore, che potrebbe essere causato “dall’agire conformemente al diritto”455.

Per libertà s’intende sia la libertà in senso fisico che in senso morale, potendo la libertà fisica essere pregiudicata dall’inflizione di una pena detentiva o da un provvedimento cautelare, quella morale da una pena accessoria456.

453 Sul punto la giurisprudenza non è conforme. Si è accennato al fatto che tale requisito non è presente fra quelli indicati dall’art 384. V’è tuttavia un orientamento che lo estende alla fattispecie della necessità di salvamento in forza del preteso rapporto di specialità con l’art 54 c.p., che invece vi fa espressa menzione. Il tema sarà approfondito successivamente.

454 Il problema rileva ai fini della ritenuta sussistenza o meno del requisito della volontaria causazione del pericolo, in particolare se debba ritenersi applicabile l’art 384 comma 1 al convivente che, sebbene avvisato, non sia avvalso della facoltà di non rispondere e abbia reso dichiarazioni mendaci. Il problema era inoltre riferibile – prima che la Corte Costituzionale aggiungesse l’art 378 al novero dei reati di cui al secondo comma - al convivente che avesse reso dichiarazioni mendaci alla polizia giudiziaria, senza essere stato avvisato dalla facoltà di astensione, poiché l’art 384 non richiama, a differenza del primo comma, il reato di favoreggiamento. Come rilevato da ZANOTTI M., Una questione di costituzionalità mal posta: la facoltà di astensione dal dovere testimoniale del convivente di fatto e l’art 29 cost., cit. p. 98, posto che, in seguito all’introduzione dell’art. 199 c.p.p., al convivente è riconosciuta la facoltà di astenersi dal rispondere. Con riferimento a tutti i reati di false dichiarazioni, compreso quello di favoreggiamento mediante mendacio alla polizia giudiziaria “la corretta valorizzazione della connessa disciplina processuale consente di escludere, immediatamente, ogni rilevanza penale alla dichiarazione reticente, o al silenzio”. Il problema si porrebbe in caso di mendacio. L’alternativa è duplice: “la prima, improntata alla desiderabile ortodossia, in cui la polizia giudiziaria, prima di procedere all’assunzione delle informazioni, adempie all’obbligo di informare il convivente della facoltà di astenersi dal rispondere”, in questo caso o il convivente se ne avvale – e il fatto è lecito – o non se ne avvale e mente, fatto che integra che integra il reato di favoreggiamento personale. “la seconda, invece, rappresenta un punto critico: il soggetto interrogato, non essendo stato informato facoltà che gli compete, rende dichiarazioni false. Non può farsi ricorso, in questo caso, alla previsione dell’art 384, comma 2 c.p.; ciò nondimeno, […] è proprio l’affinità con la tutela della testimonianza che la figura del favoreggiamento mendacio manifesta a indurre a una soluzione che parifichi la falsa deposizione alla deposizione reticente”.

455 PIFFER G., I delitti contro l‘amministrazione della giustizia, cit. p. 874.

Con riferimento alla falsa testimonianza, la giurisprudenza ha affermato l’applicabilità dell’esimente al mendacio commesso dal testimone per evitare di essere incriminato per i fatti oggetto del procedimento in cui ha reso la dichiarazione457; lo stesso dicasi con riferimento al rato di favoreggiamento personale458.

La causa di non punibilità, tuttavia, è ovviamente applicabile anche qualora il soggetto dichiarante menta per sfuggire all’incriminazione che riguardi fatti estranei all’oggetto del procedimento in cui è resa la dichiarazione459.

È altresì applicabile con riferimento al reato di omissione di denuncia, qualora quest’ultima esponga il soggetto obbligato al rischio di un procedimento penale inerente ai fatti oggetto della denuncia460.

Quanto al nocumento al bene dell’onore, quest’ultimo va inteso nell’accezione generalmente accolta con riferimento alle norme poste a sua tutela: l’ingiuria – reato ormai depenalizzato – e la diffamazione. L’onore è dunque “il complesso delle condizioni (morali, intellettuali, fisiche, ecc.) dalle quali dipende il valore sociale della persona in senso soggettivo (sentimento del proprio valore sociale) e oggettivo (reputazione che si gode nella società)”461. La giurisprudenza ha rilevato che il criterio alla stregua del quale valutare il nocumento all’onore deve essere di natura relativa, parametrato alle

457 Cass. pen., sez. VI, 28 maggio 1985, Scianca, in Cass. pen. 1987, p. 548: “La causa di non punibilità, prevista dall'art. 384 c.p., ricorre anche nell'ipotesi in cui il testimone abbia reso una falsa deposizione al fine di sottrarsi al pericolo di essere incriminato per gli stessi reati oggetto del giudizio principale, e ciò in applicazione del principio etico giuridico del nostro ordinamento, secondo cui nemo tenetur se detegere”.

458 Cass. pen., sez. VI, 30/ settembre 2003, n. 44743, in Cass. pen. 2005, 9, p. 2592: “non è punibile, ai sensi di cui all'art. 384 c.p., colui che ha posto in essere una condotta di favoreggiamento personale, consistita nel negare, agli agenti della polizia giudiziaria, la presenza nella propria abitazione degli autori di una rapina quando l'agire in modo conforme alla legge avrebbe comportato un'accusa contro se stesso, in contrasto con il principio nemo tenetur se detegere, senza che rilevi la circostanza che avrebbero potuto delinearsi altre e diverse possibilità difensive”. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che le false dichiarazioni rese alla polizia non fossero inequivocabilmente dirette a sottrarre i rapinatori alle ricerche della polizia, ma costituissero piuttosto un tentativo di sottrarsi all'imminente pericolo di una inevitabile incriminazione nel reato presupposto, situazione rivelatasi fondata dal momento che l'imputato era stato successivamente arrestato assieme agli autori della rapina.

459 Cass. pen., sez. VI, 15 ottobre 1996, n. 2711, in Cass. pen. 1998, p. 809: “In materia di casi di non punibilità (art. 384 c.p.), deve escludersi che l'autore di un reato, sentito come testimone in processo a carico di terzo, debba dire il vero anche se ciò comporta una dichiarazione di autoaccusa, e ciò come conseguenza della volontarietà della condotta illecita anteriormente tenuta e della quale, una volta che la stessa sia stata resa nota all'autorità giudiziaria nella sede processuale, egli deve essere chiamato a rispondere; al contrario, la ragione della falsità diretta a stornare pericoli per la propria libertà è compresa nella previsione dell'esimente, quando il nocumento concretamente prospettato non sia altrimenti evitabile”

460 Cass. pen., sez. VI, 20 aprile 1995, n. 7952, in Cass. pen. 1996, p. 3666: “non è punibile, ai sensi dell'art. 384 c.p., il pubblico ufficiale che abbia omesso di denunciare (art. 361 c.p.) la realizzazione di opera edilizia in assenza di concessione, allorquando dalla denuncia derivi la sua esposizione a responsabilità penale per avere, in violazione della normativa urbanistica, autorizzato l'opera per la quale era necessaria la preventiva concessione”.

caratteristiche personali dell’autore riferite al contesto in cui è inserito e alla percezione che di lui ha la società in cui vive e opera462. È stato, infatti, sostenuto che l’esimente operi anche quando il dichiarante tema di perdere il posto di lavoro463.

Una parte della dottrina ritiene configurabile la fattispecie di cui all’art 384 anche nel caso di grave nocumento all’integrità fisica, poiché “il danno alla vita e all’integrità personale, pur se non è menzionato nell’articolo in esame, deve a fortiori ritenersi ricompreso nella previsione legislativa”464.

La prevalente giurisprudenza è di diverso avviso poiché esclude l’applicabilità dell’art. 384 in caso di pericolo di nocumento all’integrità fisica, ritenendo applicabile – qualora ne ricorrano i presupposti – l’art. 54. Va segnalata, tuttavia, la presenza di un orientamento – seppur minoritario – favorevole all’operatività della causa di non punibilità anche in questo caso.

Va infine segnalato che – ai fini dell’applicabilità dell’art. 384 – la commissione del fatto di reato deve costituire l’unico modo per evitare il nocumento. Il che si desume dai requisiti di gravità e inevitabilità del nocumento.465 A tal proposito la giurisprudenza ha precisato che il verificarsi del nocumento deve essere in rapporto di consequenzialità immediata e inderogabile con l’agire conformemente al diritto466.

462 Cass. pen., sez. I, 11 febbraio 1987, Bellini, in Cass. pen. 1989, p. 371: “in ordine all'applicabilità o meno dell'esimente di cui all'art. 384 c.p., il giudice di merito è tenuto a svolgere una indagine diretta ad accertare se uno dei reati ivi previsti sia stato commesso per salvare se stesso o un congiunto da un danno concreto nella libertà o nell'onore”. Nella specie l'esimente era stata negata senza valutare che l'agente, imputato di favoreggiamento personale, poteva ritenere di danno alla sua personalità far conoscere che era un consumatore di droga. In senso conforme, accogliendo un concetto relativo di onore,

463 Cass. pen., sez VI, 16 giugno 2011, n. 37398, in Cass. pen., 03, 2012, p. 884, con nota di MARI A., L’art. 384 c.p. tra vecchi problemi di inquadramento sistematico e interpretazioni costituzionalmente orientate, in Cass. pen., 03, 2012, p. 890.

464 ANTOLISEI F., Manuale di diritto penale. Parte speciale, cit., p. 569, il quale rileva anche: se in un processo taluno deponesse il falso per sottrarre sé o un prossimo congiunto a una condanna alla pena capitale, chi si sentirebbe di negargli un beneficio che è concesso a colui che corre soltnto un pregiudizio nell’onore?”. Dello stesso avviso FIANDACA G. – MUSCO E., Diritto penale. Parte speciale, p. 406.

465 In letteratura PIFFER G., I delitti contro l‘amministrazione della giustizia, cit. p. 885; ANTOLISEI F., Manuale di diritto penale. Parte speciale, cit., p 569. In giurisprudenza, Cass. pen., sez. I, 18 dicembre

1989, Zoppini, in Cass. pen., 1991, I, p. 1215: “ai fini della configurabilità dell'ipotesi di non punibilità

previste dall'art. 384 comma 1 c.p., il rapporto di necessità tra il fatto delittuoso commesso e lo scopo della conservazione della libertà e dell'onore, proprio o di un prossimo congiunto, è dato dalla gravità e dall'inevitabilità del nocumento, nel senso che questo non può essere evitato senza che sia commesso il fatto costitutivo del delitto. Il nocumento al quale la legge si riferisce è, però, un nocumento non ancora verificatosi, perché non si può salvare se stessi o altri da un danno già avvenuto. Il nocumento, inoltre, deve essere concreto e reale e non soltanto possibile od opinabile dato che la fattispecie prevista dall'art. 384 c.p., contrariamente a quella di cui all'art. 54 c.p., richiede un evento di danno e non di pericolo”.

466 Così Cass. pen., sez. VI, 10 febbraio 1997, n. 3285, in Riv. pen. 1997, p. 580: “perché possa operare la causa di giustificazione speciale prevista dall'art. 384, comma 1, c.p., occorre che il fatto costituente il reato da scriminare si ponga in rapporto di consequenzialità immediata ed inderogabile rispetto alla detta necessità, con la conseguenza che tale nesso ricorre solo quando la commissione di taluno dei reati previsti dalla norma ora ricordata sia strettamente collegabile alle esigenze di tutela e di conservazione della

2.4. I requisiti della proporzione e della non volontaria causazione del