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TENUTA DEL SISTEMA

2. Inquadramento dogmatico

Permangono, dunque, due impostazioni: l’una colloca la punibilità fra gli elementi del reato, assieme a tipicità, antigiuridicità e colpevolezza588; l’altra ne fa un istituto indipendente dal reato. E’ indubbio, tuttavia, che l’aver rilevato nella valutazione politica l’elemento comune alle cause di non punibilità in senso stretto, non sia sufficiente a far chiarezza sulla loro posizione sistematica589.

Una recente dottrina590 ritiene addirittura che un elemento vago come il concetto di “politica criminale” non costituisca nemmeno un fondamento sufficiente su cui basare la loro autonomia sistematica, di talché ricorre al principio di sussidiarietà per giustificarne l’inclusione all’interno della struttura del reato. A questo proposito, però, basti osservare come l’intero sistema penale sia basato su valutazioni di tipo politico. Quello che riesce difficile comprendere è per quale motivo si debba sostenere la vaghezza di questo criterio con riferimento alle fattispecie di non punibilità, con effetti in bonam partem, e lo si ritenga invece idoneo a fondare la norma penale. Se si dovesse portare alle estreme conseguenze questo assunto, si dovrebbero allora trovare dei criteri positivi che giustificassero ogni singolo intervento penale. Non basterebbe il rispetto dei principi costituzionali, garantisti sì, ma non idonei a fondare degli obblighi d’incriminazione. Solo tali obblighi dovrebbero costituire, se si volesse seguire fino alle estreme conseguenze la dottrina in esame, un fondamento sufficientemente solido. Il principio di

586 INSOLERA G., Condono fiscale: sezioni unite, Corte costituzionale, sogni dogmatici del penalista e prevaricazione del legislatore, cit., p. 85

587 INSOLERA G., Condono fiscale: sezioni unite, Corte costituzionale, sogni dogmatici del penalista e prevaricazione del legislatore, cit., p. 85. L’argomento sarà ulteriormente approfondito al capitolo successivo.

588 Anche manualistiche recenti accolgono la concezione quadripartita del reato: si veda, per tutti, MARINUCCI G. - DOLCINI E., Manuale di diritto penale. Parte generale, 5 ed., Milano, 2015, p. 370.

589 Così già VASSALLI G., Cause di non punibilità, cit., p. 609.

sussidiarietà, inoltre, permea tutto l’ordinamento penale, non si vede il motivo per cui il suo operare debba essere confinato all’interno della struttura del reato. Di più: il riconoscimento dell’autonomia sistematica delle cause di non punibilità, circoscrivendo e rendendo più “capillare” l’intervento della singola norma penale, non è che un’espressione di tale principio.

Con riguardo al dato normativo, non possono essere tratti argomenti che portino a escludere l’esistenza della categoria in quanto indipendente dalla struttura del reato. Quanto alle situazioni in cui il codice si riferisce alla “non punibilità”, non sembrano esserci motivazioni che impediscano di riferirle tanto alle scriminanti e alle scusanti che alle cause di esclusione della sola punibilità. Al contrario, degli argomenti a supporto possono essere desunti dalla stessa legge591. Si pensi agli artt. 202, primo comma, e 203, primo comma.592 Poiché uno dei presupposti per l’applicazione delle misure di sicurezza è la commissione di un reato e poiché il riferimento operato dall’art. 203 comprende soggetti non imputabili e non punibili, appare chiaro l’implicito riconoscimento dell’esistenza di cause, simili negli effetti alle cause di non imputabilità ma di natura diversa da queste, che impediscano l’inflizione della sanzione penale, pur lasciando permanere il reato. Il che le renderebbe diverse dalle scusanti e dalle scriminanti. Si noti come, secondo questa interpretazione, il soggetto non punibile che avesse commesso un reato, se ritenuto socialmente pericoloso, sarebbe passibile di applicazione di una misura di sicurezza.593

L’unica interpretazione possibile sembra essere questa, se si concorda con la teoria, qui accolta, che colloca la punibilità in un momento successivo alla commissione del reato. Tuttavia, non si può negare che una tale soluzione lascia

591 PIOLETTI G., Punibilità (cause di esclusione della), cit., p. 527.

592 I quali, rispettivamente, dispongono che : “Le misure di sicurezza possono essere applicate solo alle persone socialmente pericolose, che abbiano commesso un fatto preveduto dalla legge come reato” e che: “Agli effetti della legge penale, è socialmente pericolosa la persona, anche se non imputabile e non punibile, la quale ha commesso uno dei fatti indicati nell’articolo precedente, quando è probabile che commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati”.

593 GROSSO, Cause di giustificazione, in Enc. Giur. Treccani, VI, Roma 1988, p. 276; RUGGERO G., Punibilità, in Enc. dir. cit., p. 527. Contra COCCO G., Manuale di diritto penale. Parte generale, cit..p. L’Autore nota come all’intervento di una causa di non punibilità consegua l’ablazione di ogni conseguenza penale: non è da ritenersi ammissibile l’applicazione delle misure di sicurezza. L’argomentazione deriva dall’assunto secondo cui il fondamento della non punibilità sia da rinvenirsi nello scopo della pena, poiché “le considerazioni sui fini della pena che ne escludono l’applicazione valgono a maggior ragione per le misure di sicurezza”.

insoddisfatti, soprattutto in un sistema dove le misure di sicurezza in nulla si differenziano, sotto il profilo esecutivo rispetto alla pena detentiva. Le perplessità aumentano, inoltre, se si considera che l’applicazione di tali misure non offre le stesse garanzie che governano la pena, poiché non soggiace al principio di irretroattività. Il problema, invero, è di rilievo, tuttavia non sembra che il dato normativo permetta di pervenire a una soluzione diversa. In questo senso sarebbe forse auspicabile una modifica legislativa che rendesse più chiara la disciplina.

Sul piano dogmatico, il problema riguardante l’inclusione o meno della categoria all’interno degli elementi del reato è stato posto in termini chiari da Vassalli594: la domanda da porsi è se in presenza di una causa di non punibilità venga meno un elemento del reato e, in caso di risposta affermativa, quale sia l’elemento escluso da ognuna di esse. Qualora, tuttavia, si giunga ad affermare che nessun elemento del reato sia condizionato da queste nella sua esistenza, ferma restando l’esenzione da pena, sarebbe possibile affermare l’autonomia della categoria. In altri termini: una volta stabilito che queste situazioni non sono inquadrabili in altre categorie che abbiano la conseguenza di elidere uno degli elementi del reato, questo “equivale a dire che la loro presenza è compatibile con la sussistenza di un fatto illecito e colpevole”.595

Consideriamo l’elemento dell’antigiuridicità. Come si è detto, con questo concetto ci si riferisce alla contrarietà di un fatto a tutto l’ordinamento giuridico. Le cause di non punibilità non possono quindi essere assimilate alle cause di giustificazione, perché intervengono su un fatto considerato illecito dall’ordinamento.596 Quello che cambia fra fatto scriminato e fatto non punibile è la sostanza del fatto stesso, sulla quale si appunta il giudizio di disvalore dell’ordinamento. Si pensi al figlio che commetta un furto nei confronti del padre o al soggetto che ritratti la falsa testimonianza, il fatto in sé rimane illecito: può essere impedito e fondare la pretesa di risarcimento del danno.597 Tuttavia non è punibile,

594 VASSALLI G., Cause di non punibilità, cit., p. 609, cit., ma anche PIOLETTI G., Punibilità (cause di esclusione della), cit, p. 537 che afferma la compatibilità della loro presenza con un fatto illecito e colpevole.

595 PIOLETTI G., Punibilità (cause di esclusione della), cit., p. 527.

596 Così sia VASSALLI G., Cause di non punibilità, cit., p. 609, cit. che PIOLETTI G., Punibilità (cause di esclusione della), cit., p. 527.

perche l’ordinamento attribuisce un rilievo particolare alla condotta successiva al reato o alla situazione personale del soggetto che l’ha commesso.

Né può dirsi escluso l’elemento psicologico. Le obiezioni a tale affermazione si fondano sull’inesigibilità di un comportamento diverso da parte dell’autore. Il che potrebbe anche essere compatibile con le ipotesi degli artt. 307 terzo comma e 418 terzo comma c.p. in cui assume rilievo il vincolo di parentela del reo con i compartecipi nei reati di tipo associativo. Tuttavia un simile assunto non regge in riferimento alle ipotesi di furto tra congiunti598 né in quella della ritrattazione.

Rimane il fatto tipico. Chi nega autonomia sistematica alle cause di non punibilità in senso stretto considera queste situazioni come se fossero il “rovescio del reato proprio”599: il soggetto attivo può essere chiunque, tranne quei soggetti non punibili in seguito all’intervento di una causa che ne escluda la punibilità. Come se la fattispecie penale avesse dei limiti appartenenti alla sua stessa essenza: superati quelli, si ricadrebbe fuori dai confini della tipicità. Ebbene, questa posizione non riesce a conciliarsi con alcune delle norme del codice. Prima fra tutte quella che punisce il concorso in un reato commesso da un soggetto non punibile: se il fatto non può definirsi reato, nessuno dovrebbe essere punibile per quel fatto. Il che non può voler dire altro che la valutazione d’illiceità da parte dell’ordinamento rispetto a quel fatto non cambia, quello che rileva è la scelta di non punire un soggetto, perché si ritrova a essere in una delle situazioni descritte dalle cause di non punibilità. La differenza con il reato proprio sta in questo: la qualifica soggettiva è, se non un presupposto del reato, un elemento senza il quale l’interesse a punire viene meno, la mancanza della qualifica si traduce nella carenza di un elemento del reato, facendo venir meno la tipicità del fatto.

L’unico argomento che si potrebbe opporre all’autonomia delle cause di non punibilità consiste nell’impossibilità di concepire un reato non punibile600. Altra dottrina601 risolve la questione facendo della punibilità il quarto elemento del reato. Il che non sembra condivisibile: è vero che la norma penale si riconosce come tale proprio in virtù della natura della sanzione che commina, tuttavia non per questo

598 PIOLETTI G., Punibilità (cause di esclusione della), cit., p. 527.

599 VASSALLI G., Cause di non punibilità, cit., p. 609

600 PIOLETTI G., Punibilità (cause di esclusione della), cit., p. 540.

601 Il tema fu affrontato in un saggio fondamentale da PETROCELLI B., Reato e punibilità, in Riv. it. dir. proc. pen., 1960, p. 669.

deve valere il contrario. In altri termini: non è dimostrabile che la punibilità sia una condizione necessaria per l’esistenza del reato: innanzitutto perché non attiene a nessuno degli elementi che lo compongono602 e, inoltre, perché la stessa esistenza delle condizioni di punibilità dimostra come sia ammissibile la dissociazione del reato dalla pena.603

Se la pena minacciata dalla norma non è messa in atto, nonostante sia stato commesso un illecito penale, non cambia la valutazione del disvalore del fatto operata in via generale e astratta. Può cambiare il disvalore attribuito a uno specifico fatto commesso da un soggetto che si trovi in una particolare situazione, per ragioni predeterminate dalla legge, che possono avere diversa natura. Come se le cause di non punibilità avessero lo scopo di rendere la norma maggiormente adattabile ai singoli casi, in un certo senso rendendola più “concreta”. Ecco che, da questo punto di vista, appare plausibile, se non auspicabile, l’autonomo operare delle due componenti della norma penale. Se dunque l’applicabilità concreta della sanzione penale venga meno, non per questo si deve asserire che venga meno la natura penale del precetto che minaccia quella sanzione, né che l’interesse tutelato da quella norma non sia più meritevole di questa tutela.

Per negare la categoria delle cause di esclusione della punibilità si dovrebbe quindi affermare che il reato può essere tale solo se concorrono tutti gli elementi necessari all’applicabilità della sanzione.604

3. La legittimità costituzionale delle cause di non punibilità in senso