• Non ci sono risultati.

Le ragioni della rinuncia a punire

TENUTA DEL SISTEMA

6. Le ragioni della rinuncia a punire

Veniamo adesso alla valutazione dei motivi che sottostanno alla scelta di esentare da pena un determinato fatto. Una recentissima dottrina665 fonda la concezione quadripartita del reato sostenendo l’inammissibilità delle ragioni di politica criminale quale fondamento della categoria della non punibilità.

L’Autore risolve il problema dogmatico della giustificazione dell’esistenza di illeciti penali non sanzionati facendo della punibilità il quarto elemento del reato, sostenendo però, al contempo che “il reato è perfetto e realizza la propria illiceità anche se l’ordinamento non fa luogo all’applicazione della pena”666. Il che appare un controsenso, ma soprattutto svuota di significato l’aggiunta del quarto elemento alla struttura del reato. Perché non trae da questo le dovute conseguenze: se la punibilità fa parte della struttura del reato, a prescindere dalle implicazioni alla base di questo assunto, la logica conseguenza dovrebbe consistere nella pretesa inesistenza del reato stesso laddove manchi la punibilità. In caso contrario non si vede l’utilità pratica, in termini di conseguenze sistematiche, di questo “ritocco” alla struttura del reato. Tanto è vero che le conclusioni cui perviene in merito ai principi e alla disciplina applicabili alle cause di non punibilità sono del tutto simili a quelle che si traggono considerando quest’ultima un elemento esterno al reato.

Quello che qui rileva, però, è l’analisi delle ragioni giustificatrici che fondano la mancata applicazione della pena. Lo stesso Autore ne tratta in modo diffuso, tali ragioni ineriscono ai principi di politica criminale, al concetto di meritevolezza e necessità della pena e a ragioni extrapenali. Tutte sono ritenute inidonee a costituire il fondamento della punibilità, poiché “non hanno una rilevanza sistematica propria e costituiscono principi generali di natura sostanziale che servono a dare contenuto alle categorie di reato”667.

Tuttavia, questa concezione non sembra da accogliersi, laddove s’intenda dare alle cause di non punibilità in senso stretto una funzione tesa a garantire una maggiore adattabilità della norma penale al caso concreto. Come se le cause di non punibilità fossero degli elementi in grado di rendere il sistema maggiormente

665 COCCO G., Manuale di diritto penale, cit., p. 87.

666 COCCO G., Manuale di diritto penale, cit., p. 90.

elastico. Si è dimostrato finora che è possibile individuare una disciplina e dei principi informatori che le regolino, pur lasciandole al di fuori degli elementi del reato. L’ancoraggio del loro fondamento a ragioni di opportunità politica o a valutazioni relative alla meritevolezza di pena non desta perplessità se rapportato alle cause di esclusione del reato.

Le cause di giustificazione trovano il loro fondamento nel bilanciamento di interessi: il fatto scriminato “nella concreta situazione non assume una connotazione negativa”668. E’ pur vero che l’intero ordinamento è espressione di valutazione d’interessi, il che vale anche per le cause di esclusione della colpevolezza, ma la portata dell’interesse sotteso alla causa di giustificazione è tale che impedisce il sorgere di un giudizio negativo.669

Le cause di esclusione della colpevolezza non attengono alla valutazione del fatto: il giudizio di disvalore oggettivo permane. L’ordinamento rinuncia alla punizione in considerazione del particolare stato psicologico in cui il soggetto si è venuto a trovare.

Ancora diverso è il fondamento delle cause di esclusione della punibilità. In questo caso l’ordinamento non reagisce alla violazione della norma penale in considerazione d’interessi che non attengono alla meritevolezza di pena intesa come possibilità di muovere un rimprovero, totalmente estranei alla valutazione oggettiva e soggettiva del fatto.670 Sono valutazioni che attengono a “mere ragioni di opportunità pratica”.671

Si pensi alla non punibilità del furto fra congiunti (art. 649 c.p.): la ragione del mancato intervento della sanzione penale è da individuarsi nella tutela dei rapporti familiari, preservandoli da interventi potenzialmente disgreganti. Oppure si pensi ai casi di particolari recessi attivi, qual è, ad esempio, l’art. 308, terzo comma, c.p. che stabilisce la non punibilità del cospiratore che provochi lo scioglimento dell’associazione. In tal caso il dato che viene in rilievo è il comportamento successivo alla commissione del rato, ma è pur sempre una ragione di politica

668 ROMANO M., Cause di giustificazione, cause scusanti, cause di non punibilità, cit., p. 55.

669 ROMANO M., Cause di giustificazione, cause scusanti, cause di non punibilità, cit., p. 55.

670 Cosi VASSALLI G., Punibilità, cit., p. 609, STORTONI L., Premesse ad uno studio sulla “punibilità”, cit.,p. 398; PIOLETTI G., Punibilità (cause di esclusione della), cit., p. 527.

criminale che sta alla base della norma672: quale può essere, in questo caso, fornire un incentivo finalizzato alla collaborazione del soggetto.

Alcuni Autori prospettano una concezione della colpevolezza fondata sulla necessaria funzione preventiva della pena673. In proposito sembra da accogliersi il pensiero di chi674 non ritiene condivisibile questa interpretazione, poiché confonde l’aspetto della colpevolezza con quello della mera non punibilità. Le situazioni, infatti, differiscono: da una parte l’ordinamento rinuncia a punire per una sorta di “comprensione” verso il soggetto, dovuta alla particolare situazione psicologica che si trova ad affrontare; dall’altra c’è una rivalutazione in concreto di un giudizio di disvalore espresso in via generale nei confronti di un determinato fatto: si tratta di una sorta di “ripensamento” che, “anche in vista di utilitaristici risultati politico-criminali”675, porta a soprassedere alle conseguenze del giudizio di colpevolezza.

Ricondurre queste situazioni nell’ambito delle scusanti vuol dire non tenere conto del dato oggettivo, che è fattore comune a tutte le cause di non punibilità, che il fatto cui si riferiscono è già tipico, antigiuridico e colpevole, in base ad una valutazione che l’ordinamento ha già espresso nella norma incriminatrice. Anzi, rispetto alle cause di giustificazione e alle cause di esclusione della colpevolezza, è proprio il compiuto disvalore del fatto il discrimine che caratterizza le cause di non punibilità in senso stretto.676

È’ dunque possibile individuare un criterio comune nei casi di non punibilità in cui l’ordinamento rinuncia alla punizione in nome della protezione di entità di primaria importanza677. In altri casi, riconducibili alle ipotesi di ravvedimento, le ragioni sono le più varie, ma tutte riconducibili, in ultima analisi, “alla valutazione dell’opportunità di un incoraggiamento, di uno stimolo”678. La non punibilità trova giustificazione, in questi casi nell’obiettivo di rafforzamento della tutela del bene giuridico che di volta in volta viene in rilievo, che consiste nella promessa d’impunità, quale incentivo alla rimozione dell’offesa.

672 ROMANO M., Cause di giustificazione, cause scusanti, cause di non punibilità, cit., p. 62.

673 Per tutti COCCO G., Manuale di diritto penale, cit., p. 90.

674 ROMANO M., Cause di giustificazione, cause scusanti, cause di non punibilità, cit., p. 62.

675 ROMANO M., Cause di giustificazione, cause scusanti, cause di non punibilità, cit., p. 63.

676 ROMANO M., Cause di giustificazione, cause scusanti, cause di non punibilità, cit., p. 64.

677 PATERNITI F., Contributo allo studio della punibilità,cit., p. 70.

7. Il diritto premiale: funzioni e limiti. Tutela rafforzata o giustizia

contrattata?

Si è tentato finora di delimitare i contorni della non punibilità, individuandone i principi regolatori e l’operatività come categoria a sé del diritto penale. Ebbene, questa tematica dimostra tutta la sua attualità, se considerata in connessione con la logica premiale, che ha conosciuto un periodo di notevole espansione.

Non sembra essere rilevante, ai nostri fini, una qualificazione del potere punitivo nei termini di potestà o di diritto soggettivo679. È l’esercizio dello stesso potere che fonda l’emanazione della norma penale a permettere e giustificare, nei limiti della legittimità costituzionale, la rinuncia alla punizione di alcuni fatti. In altri termini: attraverso le norme che escludono la punibilità, il legislatore delimita l’ambito di applicazione delle fattispecie penali da questi stabilite. O, almeno, così sembrava essere fino a quando l’ordinamento non ha conosciuto fattispecie di non punibilità simili nella struttura a quelle previste dal codice Rocco, ma del tutto diverse nel contenuto e nei fini.

Come si è detto680, la rilevanza autonoma della punibilità, pur essendo tuttora controversa, è ormai difficilmente negabile. Soprattutto volendo sostenere che la teoria del reato spieghi quando e perché si è puniti, mentre la teoria della punibilità miri autonomamente a giustificare la deviazione dalla regola. Di più: lo stesso legislatore ha dimostrato di considerare la punibilità come momento autonomo di passaggio dal reato alla pena, riconoscendo in essa una fase dotata di una sorta di sviluppo cronologico, fino a renderla “oggetto di un rapporto di scambio”681.

Ciò che qui interessa esaminare è l’atteggiarsi della punibilità nella fase successiva all’accertamento della responsabilità penale in capo all’autore di un determinato fatto. In particolare l’operare delle fattispecie di non punibilità sopravvenuta che sono state introdotte in occasione di numerosi interventi legislativi. Rispetto all’analisi svolta682 precedenza, tali disposizioni vanno inquadrate nella

679 Si vedano, comunque, sul tema per tutti: VASSALLI, G., Potestà punitiva, in Enc dir, vol. XXXIV, Milano, 1985, p. 793 e ANTOLISEI F., Manuale di diritto penale. Parte generale, XVI ed., aggiornata e integrata da Conti, Milano, 2003, p. 433.

680 Cfr. supra.

681 PADOVANI T., Il traffico delle indulgenze.“Premio” e “corrispettivo” nella dinamica della puniblità, in Riv. it. dir. proc. pen., 1986, p. 398.

categoria delle cause di non punibilità in senso stretto. Si nota sin d’ora, tuttavia, che la fisionomia del diritto premiale e della stessa categoria della non punibilità hanno subito, in seguito all’introduzione di tali norme, una metamorfosi che le ha rese del tutto dissimili, in quanto a ratio e finalità, dalle categorie tracciate dal codice Rocco.

I modi di intendere la premialità sono molteplici683. Secondo la più ampia delle concezioni rientrano in questa definizione tutte le situazioni in cui l’ordinamento riconosce un vantaggio in relazione ad un comportamento del soggetto, che può inerire al contenuto dell’illecito, alla valutazione della colpevolezza, o alla fase dell’esecuzione della pena. Intendere il diritto premiale in questo modo risponde alla volontà di evidenziare l’inversione di tendenza del diritto penale moderno, rispetto alla precedente concezione di stampo repressivo. In una seconda accezione684, la premialità appartiene unicamente alla fase dell’esecuzione della pena e comprende tutti i vantaggi di cui può godere il condannato, connessi all’accertamento del mutamento in positivo della sua personalità.

In tempi piuttosto recenti si è affermata una diversa concezione della premialità, connessa allo sviluppo della legislazione dell’emergenza, che diventa una “relazione di scambio tra la prestazione di un comportamento di collaborazione processuale con l’autorità giudiziaria e un vantaggio alternativo in termini di non punibilità o di attenuazione di pena come controprestazione”685.

L’uso del diritto premiale in questa terza accezione ha trovato giustificazione in una visione del diritto penale che non si limita a riconoscervi unicamente uno strumento di difesa sociale686. Si fa strada l’attribuzione di una funzione promozionale al diritto penale, che si sostanzia nell’attribuire ad esso “il compito di realizzare i principi sanciti nella Costituzione e ancora inattuati nella società reale e rispetto all’accoglimento dei quali le strutture dei rapporti economico-sociali e le forme del diritto più immediatamente rappresentative di tali rapporti mostrano

683 MUSCO E., La premialità nel diritto penale, in La legislazione premiale. Convegno in ricordo di Pietro Nuvolone, Milano, 1987, p. 243.

684 MANTOVANI F, Diritto premiale e ordinamento penitenziario, in Diritto premiale e sistema penale, 1983, p. 356.

685 MUSCO E., La premialità nel diritto penale, cit., p. 243.

686 Così BRICOLA F., Funzione promozionale, tecnica premiale e diritto penale, in Scritti di diritto penale, vol. I Dottrine generali. Teoria del reato e sistema sanzionatorio, tomo II, a cura di CANESTRARI S. – MELCHIONDA A., Milano 1997, p. 1457; MUSCO E., La premialità nel diritto penale, cit., p. 243.