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MANAGING FLOW

2) Cautela professionale

Caratteristiche interazioni istituzionali Aree di interesse e analisi all’interno delle interazioni istituzionali

Ad esempio, in relazione alle domande di apertura dei medici e al livello di soddisfazione dei

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pazienti è interessante lo studio di Heritage e D. Robinson (2005) dove emerge che le "open-ended questions" siano più positive ai fini della visita e della cura del paziente (altri studi medico paziente: Byrne e Long, 1976 sul comportamento dei medici nelle diagnosi; Heath, 1992 sulle risposte dei pazienti; Peräkylä, 1998)

organizzazione multiforme, un’interazione istituzionale presenta una struttura riconoscibile e ricorsiva (Fele, 2007).

Nell'institutional talk oltre a variare il ritmo e la dimensione dei turni rispetto alla conversazione ordinaria, anche la scelta del linguaggio è strettamente legata al contesto istituzionale ( Sacks, 1979, Orletti 2000) e al ruolo del parlante. Un esempio offerto dal lavoro di Sacks (1964-72) fa riferimento al momento in cui un parlante, in quanto membro di un’organizzazione, fa riferimento a se stesso utilizzando il plurale“noi” e non “io” (Drew e Heritage, 1992).

Inoltre vengono utilizzate parole e termini caratteristici dell’istituzione, un lessico specialistico proprio dell’istituzione che sottolinea la differenza tra l’esperto e le persone comuni, definendo il posizionamento e i ruoli rispettivi dei parlanti (Orletti, 2000).

Studiando a fondo le conversazioni istituzionali, Heritage individua quattro tipi di asimmetrie -che si ricollegano anche agli aspetti sottolineati da Orletti (2000) - che tuttavia non rappresentano una caratteristica strutturale, e non definiscono l’interazione come tale.

Heritage parla di asimmetria di partecipazione, di asimmetria rispetto al “Knowhow” e all’ esperienza (ad esempio chi incarna l'istituzione tratta l'individuo come un caso di routine, mentre l'individuo porta il suo caso come se fosse personale e unico), di asimmetria (epistemica) di conoscenza e infine di asimmetria di accesso alla

conoscenza (che tipo di accesso hanno gli interlocutori rispetto alle conoscenze che 24

vengono portante in gioco tramite il discorso) . 25

Orletti presenta una lista di caratteristiche che è possibile ritrovare in tutte le conversazioni che rispondono a fini istituzionali:

1) Gli interagenti nelle conversazioni istituzionali hanno a disposizione una gamma di opzioni comunicative e comportamentali limitate;

2) Ogni interagente acquisisce una specializzazione in merito alle opzioni comunicative da esibire (ad esempio c’è chi fa domande e chi invece risponde).

3) Le macrofunzioni principali della conversazione che riguardano la gestione, ossia 1- l’organizzazione dell’interazione, 2- la trasmissione di conoscenze e 3-la funzione di relazione sociale, nelle conversazioni istituzionali assumono una riorganizzazione gerarchica per la quale la prima è più importante della seconda che a sua volta emargina la terza.

4) Nelle conversazioni istituzionali si assiste ad una subordinazione dell’interazione che si dedica totalmente ai fini istituzionali, annullando, se necessario, anche le procedure di ragionamento comune.

5) Le interazioni istituzionali hanno una caratteristica struttura in fasi, che vanno oltre alle tipiche di apertura e chiusura comuni alle conversazioni ordinarie. Le fasi delle conversazioni istituzionali hanno funzioni e struttura diverse e rispondono a precisi fini istituzionali, sono talvolta rigidamente strutturate anche in termini di potere interazionale, e talvolta più libere e somiglianti alla conversazione ordinaria.

Conoscenza di prima mano o di seconda mano (cfr III capitolo)

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Nelle interazioni di tipo istituzionale chi controlla il discorso (ovvero colui che si può collocare in

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una posizione “up” rispetto al suo interlocutore) possiede la prerogativa di mettere in campo delle “formulazioni” che si configurano come interpretazioni e riassunti di ciò che l’interlocutore ha appena detto. Nelle interazioni istituzionali si verifica spesso che siano poi le posizioni parafrasate a diventare quelle ufficiali, le uniche ratificate e considerate corrette (Orletti, 1983).

6) Un’altra caratteristica rilevante nelle conversazioni istituzionali è la presenza della cosiddetta “agenda nascosta”: un aspetto studiato soprattutto negli incontri medico-paziente (Frankel, 1984) che ha messo in evidenza come all’interno di questi scambi da una parte c’è il medico che assume totale controllo sull’interazione formulando domande e passando apparentemente da un argomento all’altro, e dall’altro un paziente che non conosce il ragionamento che lega la successione delle domande. Questo perché è solo il medico ad essere a conoscenza dell’agenda nascosta, ossia dell’articolazione dell’evento, della sua organizzazione, della sua strutturazione, degli elementi necessari affinché lo scopo della visita sia raggiunto.

7) Infine, all’interno delle conversazioni istituzionali è previsto l’uso di varietà specialistiche. Le persone che rappresentano l’istituzione, o che ne fanno semplicemente parte, fanno ricorso ad un lessico specialistico. Scegliere di utilizzare una varietà linguistica specialistica è un modo per dimostrare il proprio status e ribadire in qualche modo la distanza sociale che giustifica la diversa distribuzione dei ruoli e del potere interazionale all’interno della conversazione. Inoltre la varietà specialistica tipica di una professione o di un’istituzione proietta la sua tipica prospettiva sulla realtà che si dimostra del tutto diversa da quella che ne potrebbe avere un non addetto ai lavori, e funziona come un filtro per distinguere un’osservazione effettuata da un professionista e un’altra prodotta in maniera chiaramente occasionale.

2.7.1 Dimensione sociale delle interazioni istituzionali

Quelle che verranno presentate di seguito sono dimensioni conversazionali che risultano ampiamente distribuite all’interno delle differenti fasi che caratterizzano le interazioni istituzionali. Queste dimensioni non risultano dipendenti o legate a specifiche sequenze di azioni ma possono emergere in ogni momento dell’interazione (Drew e Heritage, 1992). Parleremo di asimmetria all’interno delle interazioni istituzionali che può assumere diverse forme e sfaccettature. Parleremo

inoltre di “cautela professionale” che risulta essere ossia quell’ atteggiamento che viene spesso assunto dai professionisti proprio in luce agli aspetti performativi legati alla loro identità professionale.

2.7.1.1 Asimmetria nell’interazione istituzionale

Sono definite interazioni asimmetriche quelle in cui si verifica “disparità di potere interazionale”: ossia “interazioni comunicative in cui non si realizza fra gli

interagenti una parità di diritti e doveri conversazionali, ma i partecipanti si d i f f e re n z i a n o p e r u n a c c e s s o d i s e g u a l e a i p o t e r i d i g e s t i o n e dell’interazione” (Orletti, 2000, p. 12).

Rispetto alla conversazione ordinaria in cui ogni partecipante può intervenire e modificare l’andamento della conversazione, essendo essa organizzata e gestita localmente ed interazionalmente (Sacks, Schegloff, Jefferson, 1974), nelle conversazioni asimmetriche entrano in gioco modalità particolari di partecipazione che caratterizzano questo tipo di interazioni. Tali asimmetrie possono essere legate a questioni di personalità, laddove un partecipante si dimostri più spigliato o più timido, o possegga più conoscenza dell’altro, oppure è possibile collegarle a fattori di condizione sociale, come la professione, lo status, o la posizione istituzionale. Orletti (2000) presenta una possibile categorizzazione a partire dalle cause dell’asimmetria, distinguendo quelle di origine esogena, determinate da fattori esterni alla conversazione che però in qualche modo condizionano l’andamento dello scambio comunicativo, da quelle di origine endogene che si caratterizzano per una diversa distribuzione delle mosse forti e rispettive risposte fra i partecipanti (ibidem, p.40).

Nonostante l’asimmetria sia individuabile in tutta la struttura dell’interazione, come fa notare Orletti (2000), esistono punti critici in cui la diseguale distribuzione di potere è particolarmente evidente:

1. il primo punto critico è il meccanismo di alternanza dei turni: mentre nella conversazione ordinaria, al momento in cui si ritiene che il parlante abbia

finito di parlare, parte una sorta di “gara” per chi debba parlare per primo, visibile grazie a brevi sovrapposizioni e partenze simultanee, nelle conversazioni dette asimmetriche è possibile che ci sia una predeterminazione nell’alternanza dei turni. Nelle conversazioni più formali viene a mancare la gestione locale e negoziale dell’attribuzione del turno di parola e prevale, invece, una modalità più predeterminata (come una scaletta di un’intervista o di un dibattito).