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4) dominanza strategica: consiste nella possibilità di realizzare le mosse più

2.8 Studi di terza generazione: L’analisi della conversazione applicata

L’analisi della conversazione applicata cerca di fare suoi i principi teorici degli studi di prima e seconda generazione con lo scopo di renderli applicabili a contesti concreti di lavoro professionale. In particolare, l’analisi della conversazione applicata presenta due scopi principali:

1) Può essere usata per applicare i concetti teorici dell’analisi conversazione “pura” per comprendere in modo dettagliato il funzionamento delle interazioni istituzionali come i colloqui tra genitori e insegnanti, le consultazioni mediche, le interazioni in tribunale.

2) Può essere usata come utile strumento a sostegno dei professionisti immersi nella pratica per aiutarli a “vedere” possibili problemi comunicativi interni all’organizzazione lavorativa, approfittando dell’analisi conversazionale che mette in luce come i contesti istituzionali funzionino e siano organizzati. I ricercatori che si avvalgono di questo metodo possono suggerire miglioramenti dei servizi tipici di una particolare istituzione (Antaki, 2011).

Studiosi dell’analisi conversazione in contesti istituzionali come Drew e Heritage (1992) hanno cercato di mettere in luce come l’organizzazione conversazionale possa mettere in evidenza come le istituzioni vengono costruite e riprodotte all’interno dei discorsi di coloro che vi si trovano ad interagire. Gli autori hanno sottolineato come i contesti istituzionali siano profondamente diversi da quelli ordinari non solo per la presenza di eventuali allestimento e l’organizzazione specifica degli spazi, di certe tipologie di arredamento ma anche da una serie di regole di condotta implicite, modi differenti di costruire i turni di parola e di costruzione del discorso. Lo scopo di questo approccio è quello di mostrare come le istituzioni siano gestite e portate in essere nell’interazione. In questo senso l’analisi della conversazione applicata può essere definita come lo studio di ciò che risulta razionale all’interno delle pratiche realizzate dai membri che si trovano ad interagire in un contesto istituzionale. Usare l’analisi della conversazione applicata può

permettere di comprendere perché ad esempio le persone si giustificano o perché scelgono di valutare determinate cose e non altre. Questo tipo di riflessioni che si possono fare a partire dai dati possono divenire utili per applicare i concetti teorici dell’analisi della conversazione a questioni pratiche (Heap, 1990).

Solitamente i membri di una determinata istituzione percepiscono alcuni aspetti problematici dell’interazione legati alle dimensioni gestionali e organizzative dell’istituitone stessa (Psathas, 1990). L’uso di studi che si avvalgono dell’analisi conversazionale può permettere di mettere in luce aspetti inediti e imprevisti e che tuttavia possono influire notevolmente sul buon andamento dell’istituzione stessa. (Ten Have, 2001).

Conversation Analysis offered a different standpoint for a social organizational understanding of such traditionally-identified social problems as subcultures, conflicts power troubles, and institutional processing (Maynard, 1988, p.311).

Lo studio dell’ “interaction order” può contribuire a comprendere quali sono i possibili problemi di un’istituzione e come essi sono strutturati e definiti da coloro che si trovano ad interagire. L’uso di strumenti come le audio-video registrazioni e di metodi di analisi dei dati, come l’analisi conversazionale, può permettere di portare in luce aspetti nascosti della pratica professionale e della dimensione comunicativa.

A tal proposito, lo studio di Heath e Luff (1997, 2000) ha mostrato, l’importanza di quella che gli autori hanno definito “coordinazione silente” tra colleghi che lavorano in punti differenti dello stesso ufficio. Gli autori sostengono che questa coordinazione professionale è raggiunta grazie a contributi verbali, non verbali (sguardo, gesti, orientamento del corpo) e all’uso competente di determinati artefatti semiotici presenti nel contesto istituzionale di riferimento. Questo studio ha il pregio di aver messo in evidenza che per capire le dinamiche del talk-in-interaction sia indispensabile orientare l’attenzione verso quegli aspetti del contesto che vengono

resi rilevanti da coloro che interagiscono. L’analisi della conversazione applicata si pone quindi l’obiettivo di offrire nuovi spunti di riflessione a partire dal suo oggetto di studio (le pratiche professionali) con lo scopo di offrire poi strategie di intervento e nuova consapevolezza ai professionisti di un determinato settore.

2.8.1 Prospettiva e punto di vita del professionista

Molti degli studi di analisi della conversazione applicata sono stati rivolti a studiare il punto di vista dei professionisti piuttosto che il punto di vista dei clienti o pazienti a seconda del contesto di studio (Suchman, 1987; Heath, 1988, 1992; Goodwin, 1996). Gli studiosi che hanno intrapreso queste tipologie di ricerche sono consapevoli dell’importanza del punto di vista del cliente e del valore che più avere studiare il suo particolare punto di vista. Può essere utile ad esempio vedere come i pazienti (Stivers, 2007) resistono ai consigli dei medici, ma nel caso in cui questi aspetti conversazioni vengano presi in considerazione questo viene fatto allo scopo di essere funzionali alla formazione del professionista. I risultati che emergono dagli studi che applicano le basi teoriche dell’analisi della conversazione sono rivolti ai professionisti per alcune ragioni fondamentali: 1) la ricerca viene solitamente commissionata e finanziata da un’istituzione ( e non da un cliente/paziente) che è interessata a capire le dinamiche relazionali interne dei professionisti che vi lavorano con lo scopo di individuare problemi e risolverli. 2) le istituzioni e le interazioni che si verificano al loro interno presentano una serie di strutture routinarie e ricorrenti nell’organizzazione dell’istituzione stessa. Il professionista segue solitamente un’ agenda e il suo lavoro è identificabile in fasi riconoscibili di pratiche ed è orientato a precisi scopi precisi(Drew e Heritage, 1992b). Anche in questo caso l’analisi della conversazione applicata coglie il punto di vista professionale proprio perchè cerca di lavorare sugli aspetti ricorrenti e routinari dell’attività professionale. Stivers (2007), ad esempio, ha identificato una serie di pratiche attraverso le quali i medici possono provare a resistere alle richieste

inappropriate di antibiotici da parte dei pazienti. Osservando le interazioni isituzionali dal punto di vista del professionista diviene possibile ricercare elementi ricorrenti che strutturano la sua professionalità in interazione e partendo da questi è possibile poi suggerire corsi d’azione volti a sostenere la sua autorità epistemica e deontologica.

Nel paragrafo che segue presenteremo un elenco sintetico delle diverse tipologie di analisi conversazionale applicata che sono state individuate dalla letteratura.

2.8.2 Sei tipologie di analisi della conversazione applicata

Antaki (2011) nel capitolo introduttivo del volume dedicato all’analisi della conversazione applicata individua sei funzioni fondamentali che essa può ricoprire:

1) Foundational: in cui l’analisi della conversazione viene applicata a individuare

aree di crescita e miglioramento partendo dalle basi del sistema di interazione 2) Social-problem oriented: in cui il micro sguardo tipico dell’analisi della

conversazione viene usato per comprendere questioni macro-sociali e risolvere problemi di interazione sociale

3) Communicational: quando l’applicazione dell’analisi conversazionale permette di offrire analisi complementari o alternative rispetto ai problemi emersi o percepiti dall’istituzione.

4) Diagnostic: quando l’uso dell’analisi della conversazione riesce a rivelare possibili correlazioni tra le caratteristiche del discorso e possibili problemi o disturbi di origine psicologica

5) Insitutional: in questo caso l’analisi della conversazione applicata viene usata per mettere in luce in che modo funzionano le istituzioni sociali e per vedere come i professionisti gestiscono i problemi quotidiani che emergono nell’interazione con i loro interlocutori.

6) Interventionalist: quando l’analisi della conversazione può essere applicata a problemi pratici di tipo comunicativo, con lo scopo di proporre possibili forme di cambiamento.

2.8.3 Punti di forza e limiti dell’analisi della conversazione applicata

Un progetto che si propone di raccogliere dati che siano in qualche modo una buona base per poter produrre un cambiamento e un miglioramento nella pratica professionale ha sicuramente alcuni punti di forza ma rischia di incontrare degli ostacoli. L’analisi della conversazione applicata risulta avere maggiore successo soprattutto in due casi: 1) se il problema o il fenomeno percepito come problematico, ricorre spesso; 2) se tale fenomeno ricorrente è effettivamente percepito come problematico dagli interagenti. Come è stato evidenziato dalla letteratura sulle interazioni istituzionali, ci sono alcuni fenomeni problematici che ricorrono spesso nella vita lavorativa dei professionisti. Ad esempio i medici hanno spesso difficoltà a sollecitare i resoconti completi rispetto alla storia medica dei loro pazienti o le insegnanti devono saper gestire le dimensioni legate all’autorità durante i colloqui. Questi fenomeni problematici che vengono incontrati dai professionisti si configurano spesso come occorrenze di uno stesso fenomeno per le quali usare l’analisi della conversazione può consentire un possibile ripensamento delle pratiche attraverso le quali questi professionisti costruiscono la loro interazione. I ricercatori possono identificare quali sono quelle pratiche comunicative che in qualche modo possono contribuire a migliorare il lavoro professionale e a rendere di più facile gestione eventuali problemi che possono emergere. Tuttavia, non è sempre detto che l’istituzione scelga di accettare i risultati emersi dai dati e di conseguenza i possibili “consigli” e “suggerimenti pratici” che possono derivare dalla lettura dei risultati. Può verificarsi infatti che colui che ha finanziato il lavoro di ricerca non sia d’accordo con i risultati emersi oppure che sia d’accordo ma non abbia gli strumenti materiali e/o finanziari per apportare i cambiamenti necessari. Può anche verificarsi

che i professionisti presenti nei dati non lavorino più all’interno dell’istituzione o che i suggerimenti comportino in qualche modo costi aggiuntivi che l’istituzione non riesce a supportare in un determinato momento (Antaki, 2011). Un altro aspetto critico è legato al fatto che usare un materiale video con gli stessi partecipanti può far emergere molte resistenze. Un professionista che vede in qualche modo che la sua condotta viene “giudicata” per fornire nuove strategie d’azione potrebbe non accettare i suggerimenti proprio in luce del fatto che si sente toccato in modo molto personale. Usare i video per formare i professionisti può essere una pratica educativa e riflessiva molto utile se accompagnata da un dialogo aperto e continuo con i destinatari stessi dell’intervento formativo.