• Non ci sono risultati.

Studiare gli eventi comunicativi nel quotidiano: Le origini dell’analisi della conversazione

MANAGING FLOW

2.3 Studiare gli eventi comunicativi nel quotidiano: Le origini dell’analisi della conversazione

L’analisi della conversazione si presenta come un quadro teorico e metodologico che riprende le premesse degli autori che si sono approcciati allo studio dei micro dettagli che caratterizzano la quotidianità e rientra in quei filoni di ricerca che hanno fatto

della “analisi del linguaggio e del discorso” il loro oggetto di studio. L’analisi conversazionale presenta interessanti chiavi di lettura sia dei contesti caratterizzati da conversazione ordinaria sia dei contesti definiti istituzionali ( in famiglia ad esempio Fasulo e Pontecorvo, 1999; Pontecorvo e Arcidiacono, 2007; Ochs, Schieffelin 2008; Ochs e Kremer-Sadlik, 2013; all’interno dei contesti istituzionali : Maynard, 1991; Heritage, 1998; Heritage e Maynard 2006; Heritage, 2012; in tribunale: Tracy 2009, 2011; Mehan, 2001; Morawska et al. 2011) per mettere in luce come il mondo viene riprodotto e costruito quotidianamente dagli individui attraverso le loro pratiche comunicative.

Pertanto l’analisi della conversazione offre un interessante quadro teorico e metodologico che può essere estremamente utile ad approcciarsi all’analisi dei dettagli comunicativi che possono caratterizzare le interazioni di tipo ordinario e istituzionale. A partire da tali premesse, nei prossimi paragrafi presenteremo una breve disamina di come l’analisi conversazionale si approccia allo studio delle interazioni quotidiane e quali sono le basi teoriche e metodologiche che la caratterizzano.

L’analisi della conversazione (AC) è un approccio allo studio del mondo sociale che studia le produzioni verbali nelle interazioni tra parlanti in quello che alcuni dei padri fondatori di tale disciplina, Sacks e Schegloff, hanno definito “everyday

talk” (Schegloff e Sacks, 1973). Si presenta come una disciplina che considera la

struttura sociale, la dimensione morale, le identità e i ruoli sociali non come qualcosa di esterno e determinante per le azioni degli individui, quanto piuttosto come qualcosa che gli stessi individui costruiscono e ricostruiscono attraverso le loro pratiche quotidiane, soprattutto grazie al lavoro fondamentale svolto dall’interazione verbale (Orletti, 2000). Tra i concetti portanti di questo approccio vi sono l'idea della co-costruzione reciproca e dell’intersoggettività che risultano essere alla base della realizzazione di pratiche quotidiane che siano dotate di senso e comprensibili per gli interlocutori che entrano in relazione (ibidem).

L’ipotesi su cui si fonda questo approccio intende la conversazione nella sua accezione ordinaria come qualcosa di organizzato e strutturato in un modo che può essere studiato, definito e descritto formalmente (Fele, 2007).

Come definita da Fele, per conversazione si intende:

un’attività costitutivamente dialogica e interazionale, che termina quando sulla scena sono presenti meno di due persone. Questa consiste nel fatto che due “parti” si alternano a parlare, mostrando così un carattere ricorrente e ordinato. Non c’è “conversazione” quando ci sono più persone che parlano contemporaneamente; non c’è “conversazione” se parla solo una parte; non c’è “conversazione” se le parti sono presenti ma nessuno prende la parola. Perché ci sia conversazione le parti devono alternarsi a parlare, e parlare uno – né uno di più né uno di meno- alla volta. Le sovrapposizioni tra parlanti, che sono una caratteristica naturale della conversazione, sono sempre un fenomeno di breve durata (ivi, p.34).

Un presupposto da cui non si può prescindere per comprendere l’impianto teorico e metodologico dell’Analisi della Conversazione è il concetto di frame (Goffman, 17

1984).

I frame, definiscono i tipi di attività in corso, e tendenzialmente, a meno che non ci siano fraintendimenti o divergenze o incertezze, sono condivisi dai partecipanti all’interazione attraverso un lavoro costante di implicita negoziazione, e di continua attenzione data la loro repentina mutevolezza (ivi, p. 91). Le analisi di Goffman (1984) evidenziano anche la velocità con cui avvengono “cambi di frame”, a volte anche da un turno all’altro. Inoltre il concetto di frame può essere inteso a più livelli: da un livello macro che caratterizza gli incontri istituzionali, ad un altro intermedio che può determinare alcune fasi di un incontro, a livelli micro, elementari e momentanei.

Goffman introduce però il concetto di framing per intendere quel processo attraverso il quale l'uomo

17

esercita un'influenza di tipo selettivo (di scelta) su tutto ciò che percepisce all'interno di tale rappresentazione. In parole semplici ciò significa che quando noi ascoltiamo delle frasi e analizziamo dei comportamenti, siamo portati inevitabilmente ad attribuire dei significati a tutto questo, scegliendo

Se si parla di frame si fa inevitabilmente riferimento a quelle che l’autore ha definito “strisce di attività sociale” ovvero tutte quelle occasioni sociali in cui le persone si trovano ad interagire, le quali sono “interpretate mediante schemi(…) attivi

nell’esperienza momentanea dei partecipanti – con funzioni non solo di orientamento cognitivo ma anche di coinvolgimento emotivo e di regolazione comportamentale” (Bercelli, 1999, p. 90).

In parole più semplici, tali frame rispondono continuamente alla domanda implicita “cosa sta succedendo qui in questo momento?”.

Utilizzare questo approccio, che si fonda su tali presupposti, consente la possibilità di studiare la comunicazione tra individui come se fosse un fatto sociale: il ricercatore che utilizza l’analisi della conversazione non ricerca il mondo interiore sotteso all’uso del linguaggio dei partecipanti, ma attraverso l’analisi dell’interazione, tenta di cogliere come le dimensioni sociali, seppur non deterministicamente, influenzino la conversazione.

Come scrive Fele: “invece di stabilire in anticipo rilevanze e strutture, l’analisi

della conversazione ricostruisce la logica e le basi sociali delle pratiche endogene dei partecipanti all’interazione e alla conversazione” (Fele, 2007, p.27).

L’idea è che l’organizzazione della conversazione sia di carattere temporale e locale (che dipenda dal momento e il luogo in cui è prodotta), e ciò che diventa oggetto di studio sono le relazioni che si creano tra ciò che viene detto da una persona in un determinato momento e ciò che viene detto in precedenza e ciò che verrà detto immediatamente dopo.

Lo sforzo di tale approccio è di “rendere conto della collocazione entro una sequenza di particolari elementi lessicali, vale a dire di analizzare sia la posizione che la composizione dei turni nella conversazione” (Fele, 2007, p.27).

Inoltre l’Analisi della Conversazione, coglie a pieno gli spunti offerti dall’etnometodologia di Garfinkel, la quale aveva mostrato interesse per le interazioni verbali come luogo in cui, attraverso attività ordinarie, si costruisce e/o

riproduce il mondo sociale come insieme ordinato e mutualmente comprensibile (Galatolo, Pallotti, 1999).

Come abbiamo accennato nel paragrafo precedente, l’etnometodologia, infatti, si occupata di studiare e mettere in luce i metodi attraverso i quali i membri di una data cultura rendono “normale, tipico, ovvio, naturale” il mondo che li circonda. Tale disciplina ha cercato di comprendere come i membri di una certa cultura attribuiscono un dato significato, negoziano una versione, costituiscono implicitamente un accordo intersoggettivo circa l’adeguatezza di una certa visione delle cose, che diventa quella “giusta” a discapito di altre altrettanto plausibili (ibidem).

All’interno di questo approccio la conversazione è intesa come l’insieme delle pratiche sociali basate su regole condivise, presupposte e confermate dall’azione stessa dei partecipanti. Sta all’analisi individuare e far emergere tali regole implicite. Piuttosto che porre attenzione al contenuto del messaggio prodotto, l’Analisi della Conversazione si interessa all’azione compiuta dal parlante: parlando si può commentare, ci si può scusare, si può chiedere, invitare, accusare, scherzare e tanto altro ancora. L’azione però non appartiene solo al parlante, infatti, insieme all’ascoltatore, interagendo reciprocamente, entrambi creano e producono il significato locale della loro interazione (ibidem).

All’interno del quadro teorico dell’analisi della conversazione, per conversazione si intende quindi l’insieme di ogni comportamento che assume significato, basato ovviamente sul linguaggio ma che non si esaurisce totalmente in esso. Il fine a cui tendono gli analisti della conversazione è quello di riuscire a spiegare il modo attraverso cui i membri sociali producono azioni ed eventi comunicativi

reciprocamente riconoscibili dalle persone coinvolte nell’interazione e in che modo tali azioni, eventi e gesti siano compresi e gestiti (Fele, 2007) .18

Analizzare queste componenti non è semplice, anche perché l’Analisi della Conversazione si pone l’obiettivo metodologico primario di non attribuire categorie interpretative a priori rispetto al dato che si intende analizzare. Il rigore metodologico di questo approccio passa attraverso alcuni principi (che saranno presentati nel prossimo paragrafo) e assunti di base che permettono di orientare l’analisi dei dati.

Di seguito presentiamo in forma sintetica gli assunti di base di questo approccio riprendendo l’elenco presentato da Bercelli (1999):

1. I partecipanti condividono un repertorio culturale di frame e mosse possibili;

2. Una mossa proietta determinati seguiti possibili;

3. Una mossa isolata non è sufficiente a definire la natura dell’azione compiuta, ma delimita azioni possibili che potrebbero essere state compiute nei turni precedenti e nei turni successivi;

4. I parlanti hanno motivo di segnalare la natura del tipo di attività cui sono orientati attraverso risorse espressive, paralinguistiche e non verbali; 5. Inoltre, ciò che si dice e il modo in cui lo si dice, è anche una reazione alla

mossa precedente, utile per esprimere che si è compreso o meno ciò che si sta verificando nell’interazione;

6. Una sequenza di mosse consecutive consente ai partecipanti di definire implicitamente, parzialmente, progressivamente e interattivamente il

Non a caso spesso la conversazione viene paragonata al camminare per strada (Fele, 1999), e le

18

sovrapposizioni del parlato vengono viste come simili alle occasioni in cui due estranei si scontrano per strada. Al verificarsi di entrambe le situazioni si mettono in scena delle azioni di riparazione. L’ordine che permette di evitare questi “scontri” nella conversazione viene negoziato attraverso parole, suoni, pause, silenzi gesti che svolgono la funzione di creare un accordo mutuale su chi debba prendere la parola per evitare di sovrapporsi (Gavioli, 1999).

senso stesso delle loro mosse. Quindi, la descrizione di qualsiasi fenomeno conversazionale ha sempre come fondamento configurazioni interattive che includono più mosse di più partecipanti;

7. La natura dell’attività viene segnalata producendo modalità contingenti di realizzazione (propria del singolo caso);

8. La segnalazione avviene mediante elementi comportamentali consecutivi, in cui ciò che segue appare spiegabile come segnale interpretativo di ciò che precede;

9. Il senso dell’attività viene segnalato mediante configurazioni interattive di mosse consecutive di partecipanti diversi o anche del medesimo partecipante.