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L’altra faccia della medaglia della cittadinanza è orbene rappresentata dall’esistenza di doveri, contrappeso della gamma di diritti insiti in tale condizione giudica. Se in alcuni casi il discrimine

fra i due parrebbe essere sottile156, alcuni doveri si stagliano con forza ed evidenza nel discorso

circa la cittadinanza.

154 Vincenzo LIPPOLIS, La cittadinanza europea, Il Mulino, 1994, pp.31-33. 155 John PITSEYS, op. cit., p. 43.

156 Si pensi al diritto di voto, addirittura definito “obbligatorio” per i maggiori degli anni diciotto all’art. 14, 1° della

Costituzione brasiliana del 1988 (come emendata nel 2003), divenendo di fatto un vero e proprio dovere; o ancora l’accesso all’istruzione, qualificato quale diritto e al contempo dovere in Reinhard BENDIX, Nation-building and

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Significativo è certamente il dovere di fedeltà157 a quell’ordine (e dunque a quella comunità)

di cui si è membri e partecipi. Tale dovere si differenzia rispetto all’obbligo di osservanza delle leggi in quanto istituente un vincolo permanente del cittadino nei confronti dello Stato,

racchiudendo in sé il significato stesso del rapporto di cittadinanza158.

Accanto ad esso, possono poi elencarsi il dovere di difesa dello Stato e quello tributario159.

Riguardo al primo, se originariamente era stato declinato unicamente come il dovere di prestazione militare e dunque del sacrificio della vita in caso di chiamata alle armi, oggi – per effetto dell’abrogazione della leva obbligatoria – si pensa piuttosto a delle forme alternative di difesa della patria. Al di là della protezione dei confini statali da attacchi esterni, sempre più spesso si fa infatti riferimento ad attività di carattere assistenziale e di natura solidale che guardano ad un ideale di patria sganciata dalla materialità territoriale ed elevata a complesso di valori condivisi160.

Lo stesso principio di solidarietà può essere inoltre assunto quale substrato concettuale su cui poggia il dovere di concorrere alle spese pubbliche, generalmente secondo i criteri di progressività e capacità contributiva.

A ben vedere, anche nella formulazione dei doveri “di cittadinanza” emerge pertanto una delle cifre caratteristiche di tale condizione, cioè la reciprocità e partecipazione collettiva alla formazione del bene comune. Persino nello svolgere le attività doverose e nel compiere i compiti imposti, il cittadino dà il suo contributo attivo al plasmare e al mantenere viva e vitale la comunità collettiva161.

D’altro canto lo stesso godimento dei diritti appare indissolubilmente condizionato e legato all’accettazione dei doveri. È in tal modo che la virtù civica del diritto romano – che assicurava

157 Non può non citarsi, a tale proposito, l’art. 54 della Costituzione italiana che recita: “Tutti i cittadini hanno il dovere

di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”. Seppure il solo dovere di fedeltà alla cui violazione corrispondano conseguenze giuridiche sia quello posto in capo al Presidente della Repubblica (passibile di messa in stato di accusa ex art. 90 Cost.), deve comunque rinvenirsi in tale previsione costituzionale un generico e collettivo dovere al rispetto dei valori fondanti l’ordine repubblicano cui si ricollega quello che parte della dottrina (De Vergottini) ha rinominato “diritto di resistenza”. Quest’ultimo sta infatti ad indicare la possibilità di reazione – riconosciuta ai cittadini – a fronte di una legge che metta in crisi l’impianto costituzionale stesso e le sue istituzioni; una riappropriazione – in fondo – della sovranità da parte del popolo contro le derive della legge, o meglio del legislatore.

158 Vincenzo LIPPOLIS, op. cit., p. 34.

159 Entrambi hanno ricevuto espresso riconoscimento all’interno della Carta costituzionale italiana agli artt. 52 e 53. 160 Significativa, a tale proposito, è la vicenda – dottrinale e giurisprudenziale – relativa alla sostituzione del servizio di

leva con il servizio civile, ai sensi delle leggi 772/1972 e 230/1998, per gli obiettori di coscienza. Al fine di giustificare la ragionevolezza di tali previsioni normative alternative, la Corte costituzionale ha difatti impiegato più volte il concetto di comunità nazionale (v. sentenze nn. 164/1985 e 228/2004). Ulteriore vigore ha ripreso tale discussione a seguito della soppressione del servizio militare obbligatorio nonché in occasione dell’istituzione del servizio civile nazionale, da ultimo riformato con la l. 106/2016. Per una trattazione più approfondita della questione si rimanda a POLACCHINI, Francesca, “Il servizio civile universale: verso un nuovo concetto di patria e cittadinanza”, in Rivista AIC, n.3/2017.

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la partecipazione del cittadino all’amministrazione e governo della res publica – si trasforma, nelle democrazie moderne, nel dovere civico. Esso si sostanzia in un livello di senso civico così elevato da far sì che sia lo stesso cittadino che – autonomamente ed in via preventiva – freni i propri impulsi egoistici e le proprie ambizioni solipsistiche, mettendo al primo posto il

perseguimento del bene comune162. La motivazione alla base di tale virtuoso atteggiamento deve

essere individuata nella volontà del cittadino di preservare le libertà riconosciutegli e di continuare a vivere in una società retta dal principio di uguaglianza. Il rispetto di quest’ultimo non può che essere assicurato dal corretto funzionamento delle istituzioni sociali e politiche costituite, la cui sopravvivenza è dunque determinata dal benessere e dallo stato di salute (politica prima che clinica) della comunità. È in tal modo allora che il cittadino si garantisce il rispetto dei

propri diritti e libertà personali, preponendo l’interesse ultra-individuale del gruppo163.

Alla luce di tali considerazioni, si evidenzia pertanto la necessità di superare la teoria statica della cittadinanza quale mero groviglio di diritti e doveri, per optare invece per una concezione di tale status quale condizione di appartenenza ad un sistema politico che si autogoverna, in cui occupano un posto privilegiato le relazioni degli individui con la comunità piuttosto che il legame

intercorrente tra il singolo e il governo statale164.

4.1. La cittadinanza sociale.

La crescita economica ed il progresso industriale che caratterizzarono la fine del XIX secolo determinarono un ulteriore ampliamento della portata del concetto di cittadinanza. Dati per assodati il godimento dei diritti civili e politici, il nuovo terreno di conquista veniva rappresentato dai cosiddetti diritti sociali. Il principio di uguaglianza cominciò ad essere rivendicato non soltanto in chiave formale bensì sostanziale, chiedendo l’eliminazione delle differenze materiali

e degli ostacoli che si contrapponevano al raggiungimento di una parità di tal genere165.

L’interlocutore di tali richieste avanzate dai cittadini – che sempre più numerosi chiedevano l’accesso a ciò che fino a prima era riservato ai pochi – non poteva che essere lo Stato, inteso come Stato-apparato. È in tale momento che trova pratica applicazione il cosiddetto “welfare state” o Stato-sociale, stante ad indicare quella serie di azioni positive volte al livellamento delle disuguaglianze esistenti all’interno del demos. Tali interventi non sono comunque particolari, non interessando solo dei soggetti individuati che attendono passivamente l’aiuto concesso loro

162 Chantal MOUFFE, Dimensions of radical democracy. Pluralism, citizenship, community, Verso, 1992, pp. 224 e ss. 163 Ibidem.

164 Rainer BAUBÖCK, op. cit., 2018, p.39. 165 T.H. MARSHALL, op. cit., pp. 46-47.

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dall’alto166. Le prestazioni statali riguardano infatti tutti i cittadini indistintamente; è il loro grado

di incisività che varia a seconda della condizione personale del destinatario, in un’ottica chiaramente redistributiva. Lo status di cittadinanza si carica quindi di aspettative circa un grado minimo di benessere che lo Stato è chiamato ad assicurare ad ogni membro della comunità, andandosi ad allineare con le politiche economiche e fiscali di volta in volta adottate.

Al dialogo pubblico tra individui si affianca inoltre il confronto/scontro tra classi di lavoratori (immediato è il riferimento alle “lotte di classe” del Novecento). Tale dibattito – seppur nato sulla pubblica piazza – pare trovare una soluzione di compromesso solamente all’interno delle

aule parlamentari, cioè facendo ricorso ai meccanismi di rappresentanza167. In questo modo,

dunque, i diritti civili, politici e sociali si intersecano tra di loro, arricchendo il significato e la portata della cittadinanza.