• Non ci sono risultati.

CAPITOLO TERZO L’ITALIA

1. Le leggi di cittadinanza italiane

1.1 Il progetto di riforma del

In quello stesso anno vide invece la luce un più articolato progetto di riforma della disciplina normativa italiana in materia di cittadinanza. Tale proposta nacque dalla necessità di adattare e rendere la legge n. 91/1992 maggiormente aderente al crescente fenomeno della migrazione, intensificatosi notevolmente negli anni passati, che pare alimentare non soltanto nuovi bisogni di definizione sociale quanto anche nuove istanze in punto di cittadinanza.

Tale urgenza era già stata recepita nella proposta di legge del 2008 – poi abortita – all’interno della quale, ad esempio, si proponeva di ampliare il novero di casi di concessione della

cittadinanza secondo il criterio dello ius soli542. Non soltanto, le stesse proposte di legge A.C.

457 (Bressa ed altri), A.C. 1048 (Santelli) andavano poi ad introdurre due ulteriori modalità di acquisto dello status civitatis da parte dello straniero: nello specifico, si trattava di un vero e proprio ius domicilii esercitabile dallo straniero che – entrato sul suolo italico prima del compimento dei cinque anni ed avendovi risieduto fino al compimento della maggiore età – avesse presentato richiesta di cittadinanza o ancora il caso dello straniero che avesse frequentato corsi di istruzione presso istituti scolastici del sistema nazionale di istruzione o percorsi di formazione professionale per ottenere una qualifica professionale543.

Ciò premesso, il disegno di legge di iniziativa popolare in questione venne presentato per la

prima volta alla Camera dei Deputati il 6 marzo 2012544 per essere poi assegnato alla I

542 Andando a modificare l’art. 1, co. I L. 91/1992, l’art. 1 dell’A.C. 457 ampliava il novero dei casi in cui la cittadinanza

è attribuita in base al criterio dello jus soli, introducendo due nuove ipotesi di cittadinanza per nascita nei confronti di: “coloro che nascono nel territorio italiano da genitori stranieri dei quali almeno uno vi risieda legalmente e in maniera continuativa da non meno di cinque anni; coloro che nascono nel territorio italiano da genitori stranieri dei quali almeno uno sia nato in Italia e vi sia legalmente residente, senza interruzioni, da almeno un anno”. In tali casi l’effetto si sarebbe prodotto solo a seguito di una dichiarazione di volontà del genitore, come riportato nell’atto di nascita. Entro l’anno dal compimento della maggiore età, i cittadini italiani nati da genitori stranieri avrebbero potuto rinunciarvi. Se invece non fosse stata espressa tale dichiarazione di volontà da parte dei genitori, compiuti i diciotto anni, il soggetto in questione avrebbero potuto acquistare la cittadinanza facendone richiesta entro due anni.

543 L’art. 2 dell’A.C. 457, modificando l’art. 4 della L. 91/1992, prevede che, dopo il compimento del diciottesimo anno

di età, lo straniero nato o entrato in Italia entro il quinto anno di età può acquistare la cittadinanza italiana se abbia risieduto legalmente in Italia fino al compimento della maggiore età, qualora manifesti entro un anno la volontà di diventare cittadino mediante un’apposita dichiarazione. Il medesimo articolo introduce inoltre un diritto all’acquisizione della cittadinanza jure domicilii per il minore figlio di genitori stranieri che abbia frequentato corsi di istruzione presso istituti scolastici del sistema nazionale di istruzione o percorsi di formazione professionale per ottenere una qualifica professionale. Esso costituisce un’alternativa sia allo jus sanguinis, sia allo jus soli, fornendo un’opportunità di conseguire la cittadinanza a coloro che, pur non essendo nati in Italia, vi abbiano trascorso il periodo decisivo della formazione della loro personalità. Per il conferimento della cittadinanza, in questo caso, è necessaria la presentazione di un’istanza da parte dei genitori ovvero del genitore che esercita la potestà genitoriale in base all’ordinamento del Paese di origine; resta comunque fissata la possibilità per gli interessati di rinunciare, entro un anno dal raggiungimento della maggiore età, alla cittadinanza italiana per mantenere quella dei genitori o un’altra cittadinanza.

L’art. 1 della p.d.l. A.C. 1048, intervenendo sull’art. 4 della L. 91/1992, aggiunge ai requisiti già richiesti dalla legislazione vigente allo straniero che sia nato in Italia e voglia divenire cittadino italiano (residenza legale e ininterrotta fino al raggiungimento della maggiore età) quello dell’aver frequentato scuole riconosciute dallo Stato italiano e di aver assolto il diritto-dovere all’istruzione, in http://documenti.camera.it/leg16/dossier/Testi/ac0216.htm#_Toc216702545.

544 Atto Parlamentare n.9, 2012, consultabile al

127

Commissione Affari Costituzionali in sede referente nel maggio del 2013. I lavori in Commissione si conclusero circa due anni dopo, dando via libera alla discussione in Assemblea, terminata nell’ottobre dello stesso anno con l’approvazione della riforma in un testo unificato. Da quel momento, il dibattito si spostò nelle aule del Senato, la cui ultima discussione sul tema si é tenuta nel dicembre 2017. Lo scioglimento delle camere il giorno 28 dello stesso mese ha tuttavia comportato la decadenza di tale disegno di legge, il quale non era stato ancora approvato in tale data. Nonostante tutto, la abortita proposta di riforma merita di essere analizzata perché eloquente circa un’acquisita consapevolezza del legislatore della mutazione avvenuta in seno al fenomeno migratorio, non più transitorio e passeggero quanto destinato allo stanziamento territoriale, e quindi incidente sulla composizione della compagine sociale nel lungo periodo.

Nella sua formulazione letterale, il disegno di legge n. 2092 recante “Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, e altre disposizioni in materia di cittadinanza” si focalizzava innanzitutto sulla opportunità dell’inserimento all’art. 1 della legge di un ulteriore comma b-bis per cui la cittadinanza italiana verrebbe automaticamente riconosciuta per nascita anche a “chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui almeno uno sia titolare del diritto di soggiorno permanente ai sensi dell’articolo 14 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, o sia in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286545”. Veniva poi ripresa l’idea della necessità di una dichiarazione scritta, ciò attestante, prodotta entro il compimento dei diciotto anni dell’individuo, da parte di un genitore o dell’esercente responsabilità genitoriale, da annotarsi a margine dell’atto di nascita. Lo straniero nato in Italia da genitori non cittadini, i quali non avessero manifestato la volontà di cui sopra, avrebbe potuto comunque prestare dichiarazione entro due anni dal raggiungimento della maggiore età.

Furono inoltre enucleate ulteriori possibilità di acquisto della cittadinanza foriere, in buona sostanza, dello ius domicilii, ovvero premianti la residenza di lungo corso dello straniero ovvero l’aver completato un ciclo di studi nel Paese, probabilmente sintomatico – a parere del legislatore – del raggiungimento di un sufficiente ed efficiente grado di integrazione. Le lettere d) ed f bis) dell’art. 1 della riforma sancivano difatti l’acquisto della cittadinanza da parte del minore straniero nato in Italia o che vi avesse fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età e che avesse frequentato regolarmente, per almeno cinque anni, cicli o percorsi di istruzione

e formazione professionale546, con esito necessariamente positivo qualora si trattasse di corsi di

545 http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00940816.pdf.

546 Così la lettera f bis): “allo straniero che ha fatto ingresso nel territorio nazionale prima del compimento della maggiore

età, ivi legalmente residente da almeno sei anni, che ha frequentato regolarmente, ai sensi della normativa vigente, nel medesimo territorio, un ciclo scolastico, con il conseguimento del titolo conclusivo, presso gli istituti scolastici

128

istruzione primaria. Anche in tal caso – in maniera omologa per modalità a quanto sopra descritto – era necessaria la prestazione di una dichiarazione di volontà. Emergeva quindi chiaramente l’intento premiale del legislatore nazionale, concedendo la cittadinanza a coloro che si fossero impegnati a portare a conclusione un ciclo di studi o formazione professionale, prodromici all’inserimento ed inclusione dell’individuo all’interno del contesto sociale ed economico,

quanto culturale, di riferimento547.

La riforma risultava dunque fortemente improntata dalla volontà di promuovere la cosiddetta “cittadinanza di residenza” posto che in tutti e tre i casi sopra delineati appariva imprescindibile

il soggiorno – o, meglio, la residenza – stabile dell’interessato sul territorio italiano548. Anche,

infatti, nelle ipotesi che tenevano in considerazione la frequentazione di corsi di studio (secondo il criterio dello ius culturae), ai fini della presentazione della domanda di avvio della procedura

era indispensabile la presenza regolare549 del non-cittadino (o del genitore nel caso di minorenni

stranieri) sul suolo italiano550.

Com’era prevedibile il progetto di riforma – andando ad introdursi in un sistema normativo saldamente ancorato al principio dello ius sanguinis – ha innescato accesi dibattiti. Parte della dottrina si è difatti assestata su posizioni di apprezzamento della proposta, vista come una vera e

propria soluzione di compromesso rispetto alle varie esigenze in ballo551. Da una parte, infatti, si

sarebbe evitata la possibilità di introdurre nell’ordinamento degli sgraditi automatismi di

appartenenti al sistema nazionale di istruzione, ovvero un percorso di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale con il conseguimento di una qualifica professionale”.

547 Possono qui citarsi – a completamento del quadro offerto – le normative in punto di insegnamento della educazione

civica succedutesi in Italia. Tale materia di studio venne difatti introdotta con il decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 1958, n. 585, poi ribadito con le leggi nn. 53/2003 e 59/2004. Con la legge n. 169/2008, invece, venne introdotto l’insegnamento “Cittadinanza e Costituzione”. Più di recente, la legge n.92/2019 – recante disposizioni in materia di “Introduzione dell'insegnamento scolastico dell'educazione civica” – ha reintrodotto l’insegnamento con votazione in pagella della educazione civica; tali previsioni debbono comunque considerarsi in vigore dall’anno scolastico 20201/2021 come da parere reso dal Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione.

548 Del resto, il rapporto privilegiato tra cittadino e territorio era già stato rilevato dalla Corte Costituzionale con la

sentenza n. 244/1974 secondo cui: “[…] l'essere il cittadino parte essenziale del popolo o, più precisamente, il "rappresentare, con gli altri cittadini, un elemento costitutivo dello Stato" comporta in capo allo stesso il "diritto di risiedere nel territorio del proprio Stato senza limiti di tempo" e il diritto di non poterne essere allontanato per alcun motivo. Al contrario, la mancanza nello straniero di un legame ontologico con la comunità nazionale, e quindi di un nesso giuridico costitutivo con lo Stato italiano, conduce a negare allo stesso una posizione di libertà in ordine all'ingresso e alla permanenza nel territorio italiano, dal momento che egli può "entrarvi e soggiornarvi solo conseguendo determinate autorizzazioni (revocabili in ogni momento) e, per lo più, per un periodo determinato”.

549 Sull’imprescindibilità del rapporto tra cittadino e territorio dello Stato si cita inoltre la sentenza della Corte

Costituzionale n. 62/1994 ove si legge che l'essere il cittadino parte essenziale del popolo, elemento costitutivo dello Stato, implica il riconoscimento del diritto di risiedere nel territorio dello stesso senza limiti di tempo. Tale libertà non può invece dirsi propria dello straniero - mancante di quel legame ontologico con la comunità nazionale ovvero di un nesso giuridico costitutivo con lo Stato italiano – tale per cui l’entrata ed il soggiorno all’interno dei confini nazionali necessitano di determinate autorizzazioni, revocabili e temporalmente circostanziate.

550 Alessio RAUTI, “Lo ius soli in Italia: alla vigilia di una possibile svolta?”, in Rivista AIC, n. 3/2017, pubblicato online

il 25/09/2017.

551 Claudia MARCHESE, “Cittadinanza e ius soli: una soluzione di compromesso”, in FORUM DPCE Online –

Cittadinanza, pubblicato online il 19 luglio 2017, http://www.dpce.it/forum-dpce-online-cittadinanza-e-ius-soli-una- soluzione-di-compromesso.html.

129

riconoscimento generalizzato della cittadinanza, dall’altro si sarebbe tenuto debitamente conto della mutazione del contesto sociale italiano avvenuto negli ultimi anni per effetto del fenomeno migratorio, adottando una logica di sistema che avrebbe collegato tra loro i due argomenti della

integrazione e della cittadinanza552. Plaudito in particolare era stato il tentativo di inclusione

sociale dei minori stranieri più giovani mediante il requisito della frequentazione di un ciclo scolastico, considerata veicolo di trasmissione di un basilare bagaglio valoriale e culturale tale da permettere una positiva integrazione nella comunità di riferimento. Altre voci hanno invece

contestato553 tali previsioni in materia di ius culturae proprio perché ritenute eccessivamente

vaghe e a fattispecie aperta. In particolare, non chiari sarebbero stati i contenuti culturali da vagliare, i parametri impiegati al fine di valutare le competenze linguistiche del giovane come pure la effettiva e reale integrazione del minore all’interno della società attraverso il canale scolastico. Ancora più critiche si sono altresì rivelate le opinioni di quegli studiosi i quali hanno innanzitutto osteggiato la visione di fondo - e premessa - della riforma per cui la cittadinanza

sarebbe da declinarsi quale diritto fondamentale e strumento di integrazione554, trattandosi

piuttosto rispettivamente del diritto ad avere una cittadinanza ed una scelta politica. E’ stato difatti sottolineato come alla concessione della cittadinanza quale culmine di un processo di integrazione debba corrispondere un progetto politico di inclusione dello straniero che debba

avere ben in mente quali siano le comunità destinatarie di tale disegno socio-politico555. Volendo

difatti gestire il fenomeno migratorio, l’approccio consigliato parrebbe piuttosto essere quello dell’intraprendere un disegno di integrazione politicamente guidato che sappia rispondere e far fronte alle incompatibilità culturali e giuridiche derivanti dalle differenze insite nei diversi gruppi etnico-culturali.

A riprova della complessità del dibattito, deve pensarsi al fatto che la proposta non sia stata approvata in tempo prima dello scioglimento delle Camere, lasciata a giacere in un limbo fatto

di lacune politiche, sociali, integrazioniste e infine culturali556. Ad ogni modo, la nota positiva di

552 Stefano CECCANTI, “Cittadinanza: le due contraddizioni del collega Sbailò e una legge da approvare”, in FORUM

DPCE Online – Cittadinanza, pubblicato l’11 luglio 2017, http://www.dpce.it/forum-dpce-online-cittadinanza- cittadinanza-le-due-contraddizioni-del-collega-sbailo-e-una-legge-da-approvare.html.

553 Ginevra CERRINA FERONI, “Ius soli. Surreale la tempistica, da ripensare i contenuti”, in FORUM DPCE Online –

Cittadinanza, pubblicato online il 18 luglio 2017, http://www.dpce.it/forum-dpce-online-cittadinanza-ius-soli-surreale- la-tempistica-da-ripensare-i-contenuti.html.

554 Ciro SBAILÒ, “La cittadinanza non è un diritto. Qual è l’obiettivo della riforma?”, in FORUM DPCE Online –

Cittadinanza, pubblicato il 10 luglio 2017, http://www.dpce.it/la-cittadinanza-non-e-un-diritto-qual-e-l-obiettivo-della- riforma.html.

555 Ciro SBAILÒ, “Le contraddizioni sono nella proposta di legge. Meglio chiarirsi le idee e, intanto, fare un “tagliando”

alla legge esistente”, in FORUM DPCE Online – Cittadinanza, pubblicato il 13 luglio 2017, http://www.dpce.it/forum- dpce-online-cittadinanza-le-contraddizioni-sono-nella-proposta-di-legge-meglio-chiarirsi-le-idee-e-intanto-fare-un- tagliando-alla-legge-esistente.html.

556 La questione in realtà è stata nuovamente sollevata nel settembre 2019 a seguito dell’insediamento del governo

130

tale esperienza può individuarsi nel tentativo, finora inusitato da parte del legislatore nazionale, di creare un ponte tra la normativa in punto di cittadinanza e le rinnovate necessità di integrazione

sociale, determinando una diversione dal diritto della cittadinanza al diritto alla cittadinanza557,

ovverosia il diritto a vedersi riconosciuto lo status di cittadino qualora siano soddisfatti tutti i requisiti prefissati dalla legge.

D’altro canto, però, le vicende della tentata riforma svelano i dubbi costanti e gli umori prevalenti che vedono nell’ampliamento dai canali di acquisto della cittadinanza italiana non solo una minaccia alla identità e coesione nazionale quanto un possibile incentivo alla immigrazione

di massa.558 D’altronde l’impronta della resistenza e persistenza di tali argomenti di fondo

possono rinvenirsi nella disposizione introdotta dal cosiddetto Decreto sicurezza del 2018 (art. 14 lett. D) D. Lgs. n. 113/2018 convertito con la legge n. 132/2018 ) il quale prevede la revoca della cittadinanza italiana, acquisita dallo straniero, qualora quest’ultimo si sia macchiato di particolari fattispecie di delitti. Traspare infatti in controluce un’ideologia in materia di cittadinanza ancora fortemente incentrata sui concetti di valori, identità, matrice culturale e storica che permettono e giustificano la revoca del raggiunto status civitatis qualora ci si riveli

indegni moralmente559.