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Lo Stato aperto e sovranità liquida: crisi della dimensione territoriale e popolare Nel discorso circa il multiculturalismo, una parentesi non può non essere dedicata ad alcune

MULTICULTURALISMO E DIRITTI DI CITTADINANZA

1. Teorie e ricostruzioni dottrinali sul multiculturalismo

1.2 Lo Stato aperto e sovranità liquida: crisi della dimensione territoriale e popolare Nel discorso circa il multiculturalismo, una parentesi non può non essere dedicata ad alcune

brevi riflessioni sul rinnovato rapporto esistente tra tutela dei diritti delle minoranze e (forme di) Stato.

Nella società in cui convivono più culture, entra in crisi il modello classico di Stato-nazione251

per cui ogni individuo è situato in un gruppo che sia idealmente rappresentativo dello Stato nella sua interezza252.

Le sfide poste dal multiculturalismo paiono difatti incrinare il modello tradizionale di organizzazione geo-politica moderna basato sulla coesistenza degli Stati-nazione, intesi quali “sistemi di delimitazione spaziale e di regolazione istituzionale dei processi interni ed internazionali di potere, di legittimazione e di appartenenza collettiva”253. Lo Stato-Nazione, di fatto, muove dal connubio tra indipendenza politica e nazione, intesa quale forma di associazione umana, per cui ogni comunità nazionale che si auto-riconosca come tale debba avere il controllo

esclusivo su di uno stato in cui sia presente una sola collettività omogenea254. Nello specifico, la

248 Alex SCHWARTZ, “Patriotism or Integrity? Constitutional Community in Divided Societies”, in Oxford Journal of

Legal Studies, Vol. 31, No. 3, 2011, pp. 503–526.

249 Ibidem.

250 Nell’elaborazione di tale teoria forte è l’influenza del binomio concettuale di Dworkin della “legge come integrità”

per cui la legge non è altro che un’operazione interpretativa che deve essere portata avanti con coerenza morale. Cfr. Ronald DWORKIN, Law’s Empire, Harvard University Press, 1986, pp.470.

251 A tale proposito si potrebbe comunque ricordare come, a parere di Eric Hobsbawn, la nazione stessa non sia altro che

una comunità immaginaria, un’invenzione.

252 Hans KÖCHLER, “Il concetto di nazione e la questione del nazionalismo. Lo ‘stato-nazione’ tradizionale e una

‘comunità-stato’ multiculturale”, in Tiziano BONAZZI e Michael DUNNE, op. cit., p.57

253 Gaspare NEVOLA, “Il modello identitario dello Stato-nazione. Genesi, natura e persistenza”, in Quaderni di

Sociologia, n.44, 2007, pp. 121-149.

254 Chimène I. KEITNER, The paradoxes of Nationalism. The French Revolution

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nazione – quale gruppo escludente255 – nasce dalla corrispondenza tra ethos ed ethnos per cui lo

Stato, inteso come sovrastruttura razionale, risponde alla necessità dei membri che ne fanno parte

di vedersi riconosciuti i propri diritti256. Il principio alla base di tale ricostruzione teorica deve

allora rinvenirsi nella supposta perfetta coincidenza tra nazione e stato per cui all’unità nazionale, intesa quale compattezza sociale, corrisponde necessariamente l’auto-determinazione e l’auto-

governo257, in una parola la sovranità statale258.

Il funzionamento dello Stato-Nazione si basa dunque sulla effettività del mantenimento dell’ordine e sull’uso della forza nonché sulla legittimazione a rappresentare una determinata comunità. Lo Stato si fa pertanto strumento attraverso cui la nazione afferma la propria

indipendenza mediante l’esercizio del potere sovrano259. Lo Stato diviene quindi estrinsecazione

esterna e affermazione esteriorizzata dell’etica nazionale, per cui un determinato popolo è accomunato dalla medesima percezione del buono e da una condivisa concezione valoriale. Inoltre, la nazione assume altresì una valenza territoriale, facendo riferimento allo spazio geografico in cui una data comunità risulta insediata. È in questo modo che il territorio diventa elemento essenziale dello Stato, dovendosi ritenere che l’unica possibile sfera di influenza e

dominio corrisponda al territorio nazionale260.

Alla luce di ciò, dunque, non solo la legittimazione ma anche l’esistenza stessa degli ordinamenti statali appare indissolubilmente legata alla unità nazionale.

Pertanto, per la sopravvivenza stessa dello Stato-Nazione, fondamentale si rivela essere la preservazione della omogeneità nazionale, intesa nella sua accezione semantica di gruppo sociale. È stato – a tale proposito – sostenuto come, di base, lo Stato-Nazione tradizionale si fondi su di un’ideologia autoritaria che avvalla politiche discriminatorie nei confronti dei gruppi

255 Facendo coincidere, infatti, Stato e Nazione si arriva facilmente a sostenere che il solo cittadino è il membro della

nazione, così che i diritti difesi dall’apparato statale non solo quelli dell’uomo (in quanto individuo) bensì quelli del solo cittadino, ovvero i diritti nazionali. Cfr. Natascia MATTUCCI, La politica esemplare. Sul pensiero di Hannah Arendt, FrancoAngeli, 2012, p.46.

256 Simona FORTI, Le figure del male, in Hannah ARENDT, Le origini del totalitarismo, Einaudi, 1967, pp. 710. 257 Celebre a tale proposito è la definizione partorita da Charles Tily, secondo cui: “Un’organizzazione che controlla la

popolazione occupante un determinato territorio costituisce uno Stato se e in quanto: si differenzia rispetto ad altre organizzazioni che operino sul medesimo territorio; è autonoma; è centralizzata; le sue parti componenti sono formalmente coordinate le une con le altre", così in Charles TILLY (edited by), The Formation of National States in

Western Europe, Princeton University Press, 1975, pp. 771.

258 Il riferimento in questo caso è al principio del “one nation, one state”, fatto proprio dai nazionalismi, secondo cui

l’unità politica e quella nazionale (quale composizione del popolo) debbano coincidere affinché uno stato possa essere politicamente riconosciuto come tale nel consesso internazionale. Secondo tali concezioni l’unità nazionale deve ricercarsi nel comune sentire, nella comunanza culturale e –in ultima istanza - nel sentimento di fedeltà nei confronti dello Stato che accomunano la popolazione tutta, omogenea fin dal principio. Cfr. Gerald F. GAUS & Chandran KUKATHAS (edited by), Handbook of Political Theory, SAGE Publications Ltd, 2004, p. 206.

259 Chimène I. KEITNER, op. cit., p.14.

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minoritari che non condividono la stessa etnia, cultura e religione della maggioranza261. In ultima

istanza, quindi, la nazionalità rappresenta il lasciapassare per il godimento e prima ancora il riconoscimento dello status della cittadinanza, andando a sovrapporre due concetti diversi. Il primo indica infatti una realtà sociale, per cui i membri di una certa comunità risultano essere accumunati da medesime radici etno-culturali. L’altro sta invece ad intendere l’appartenenza ad una polity.262

Nello Stato-Nazione, pertanto, la cittadinanza implica appartenenza alla nazione263, connotato

che diventa predominante rispetto alle peculiarità del singolo. In ragione della affermazione della nazione, difatti, le istanze e le caratteristiche individuali soccombono all’unità e all’appartenenza

ad un gruppo tanto da non parlarsi di volontà del singolo quanto del popolo264.

Evidente è pertanto la crisi delle premesse dello Stato-Nazione nel momento in cui da una società omogenea – che possa ben incarnare il concetto di nazione – si passi invece ad una comunità multiculturale, in cui sottogruppi minoritari comincino ad acquisire dignità.

Per effetto della globalizzazione, dell’intensificarsi delle interazioni su scala mondiale, dell’aumento dei flussi migratori e degli scambi di merci, le società hanno inevitabilmente perso – in gran parte – la loro connotazione “nazionale”, dovendosi intendere nel senso di omogeneità comunitaria, accogliendo al loro interno individui portatori di sistemi valoriali differenti.

A ciò si aggiunge poi, per le medesime ragioni su individuate, la crisi della dimensione territoriale dello Stato, posto che decisamente più labile si è fatta la marcatura dei confini

nazionali, per effetto delle spinte della globalizzazione265. Il prolificare delle interazioni

internazionali – dalla politica all’economia – apre difatti un varco all’interno dei sistemi, fino a prima, chiusi statali così da venir meno la sovranità esclusiva dello Stato-Nazione in un

determinato territorio266.

Peraltro non può neppure sottacersi come, di fatto, la presunta coincidenza tra nazione e popolo (inteso quale collettività politicamente organizzata) sia un’invenzione piuttosto recente. Solo dalla metà del XVIII secolo i due termini finirono per essere utilizzati in modo tra loro

261 Hans KÖCHLER, “Il concetto di nazione e la questione del nazionalismo. Lo ‘stato-nazione’ tradizionale e una

‘comunità-stato’ multiculturale”, in Tiziano BONAZZI e Michael DUNNE, op. cit., p.53.

262 Ennio CODINI, La cittadinanza. Uno studio sulla disciplina italiana nel contesto dell'immigrazione, Giappichelli,

2017, p. XIII.

263 Carlo LUCIONI, op. cit., p. 31.

264 Tale ideologia è ben racchiusa nel termine Volksganzes (ovverosia nazione complessiva) di Schmittiana formulazione.

Cfr. Hans KÖCHLER, “Il concetto di nazione e la questione del nazionalismo. Lo ‘stato-nazione’ tradizionale e una ‘comunità-stato’ multiculturale”, in Tiziano BONAZZI e Michael DUNNE, op. cit., p.56.

265 Alessandra DI MARTINO, Il territorio: dallo stato-nazione alla globalizzazione. Sfide e prospettive dello stato

costituzionale aperto, Giuffré, 2010, pp. 270-298.

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interscambiabile: fu solo a seguito della Rivoluzione Francese, infatti, che il popolo dotato di

auto-determinazione politica venne inteso come equivalente alla nazione267.

La complessità sociale unita alla pluralità degli attori partecipanti - a vario titolo - all’esercizio della sovranità impongono dunque un ripensamento dell’ordinamento statale che da esclusivo e nazionale si fa aperto. Sempre più diffusa è infatti l’idea di una governance il cui processo di decision-making268 prevede il coinvolgimento di molteplici attori collocati sia all’interno che all’esterno dei confini nazionali, nell’ambito delle relazioni e della cooperazione internazionale. Si tratta pertanto di una sovranità fondata sul dialogo, che si fa quindi liquida e che tiene conto della complessità sociale e che finisce, invero, per travolgere lo Stato e la sua funzione di contenitore della conflittualità e della dialettica sociale269. Viene così meno il ruolo dello Stato

di dispensatore di certezze e sicurezza collettive270.

In conclusione, perciò, l’assioma tradizionale della coincidenza tra Stato e Nazione appare fortemente compromesso con l’apertura dei confini nazionali alle spinte della globalizzazione e della interazione internazionale. La sovranità liquida e dialettica della contemporaneità non appare più conciliabile con un’idea di nazione basata sull’omogeneità dei membri della società che si trovano ad interagire sul territorio. Piuttosto che sulla identità, i moderni Stati, fattisi multiculturali e pluralistici, debbono pertanto ricercare la loro fonte di legittimazione nel patto di convivenza di hobbesiana elaborazione, reso vitale dallo scontro e dal confronto tra le diverse

componenti sociali, dunque sia di maggioranza che di minoranza271.