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CAPITOLO TERZO L’ITALIA

3. Le Regioni alla prova del multiculturalismo

Con la nota riforma del 2001 – operata per mezzo della legge costituzionale n. 3/2001668 - che

è andata a modificare il Titolo V della Costituzione, il legislatore è intervenuto consistentemente

664 Francesca POLACCHINI, “il servizio civile universale: verso un nuovo concetto di patria e cittadinanza”, in Rivista

AIC, n.3, 2017, pubblicato online il 18 settembre 2017.

665 In tal senso si espressa la Corte Costituzionale con la sentenza n. 228/2004.

666 Il riferimento in questo caso è alle sentenze della Corte Costituzionale nn. 309/2013 e 119/2015 e della Corte di

Cassazione n. 7951/2016.

667 Tali pronunce hanno portato alla modifica del D. Lgs. 77/2002 che escludeva gli stranieri dal servizio civile e

all’approvazione della legge n. 106/2016 istitutiva del servizio civile universale basato sui principi solidaristico e della promozione dei valori fondamentali. La Corte aveva già, con la sentenza n.119/2015, dichiarato la irragionevolezza del requisito della cittadinanza italiana per l’accesso al servizio civile volontario.

668 Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante "Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione". La

riforma era stata peraltro anticipata dalla precedente approvazione delle leggi nn. 1/1999 e 2/2001, relative rispettivamente alla elezione diretta del Presidente di Giunta regionale e l’autonomia statutaria delle Regioni ed alla elezione diretta dei Presidenti delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano. Cfr. Franco MODUGNO,

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nel riparto delle competenze centro periferia, ovvero tra Stato e Regioni, di cui all’art. 117 Cost.

Il novellato articolo prevede infatti una suddivisione per materie669 della potestà legislativa tra i

due attori, nel rispetto non solo della Carta fondamentale ma anche dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. La norma elenca innanzitutto gli ambiti di competenza esclusiva dello Stato per poi definire le materie di legislazione concorrente per cui spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. Infine, il testo del summenzionato articolo chiarisce come spetti alle Regioni ogni materia non espressamente riservata al legislatore statale tale per cui evidente è il fatto che i limiti alla potestà regionale debbano oggi considerarsi

esclusivamente di legittimità670, essendo stato espunto ogni riferimento al superiore interesse

generale ovvero delle altre Regioni671.

Al riparto della potestà legislativa corrisponde inoltre la suddivisione di quella regolamentare, spettante allo Stato nelle sole materie di legislazione esclusiva, eccezion fatta per i casi di delega alle Regioni, a queste ultime per ogni altra materia e ai Comuni, Province e Città metropolitane invece per quanto concerne la regolamentazione dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro proprie. A ciò deve infine coniugarsi la lettura dell’art. 118 Cost. il quale espressamente riconosce le funzioni amministrative in capo ai Comuni, salvo che – per far fronte ad esigenze di esercizio unitario – esse vengano avocate in progressione ascendente da Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, alla luce dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.

Per i fini che qui ci occupano, deve rilevarsi come – all’art. 117 Cost - le materie della cittadinanza (lett. i), della condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea (lett.a), della immigrazione (lett. b), nonché – tra le molte – della istruzione (lett. n), previdenza sociale (lett. o) e legislazione elettorale (lett. p) spettino esclusivamente allo Stato. Tuttavia, seppure nella vigenza di tale monopolio di competenza da parte del legislatore statale, è incontrovertibile il ruolo centrale ricoperto dalle amministrazioni locali, comunali e altresì regionali, nel far fronte alle esigenze concrete della gestione del fenomeno multiculturale. Ciò è ancor più vero se si tiene in considerazione il monito di cui al comma IX dell’art. 117 secondo

Paolo CARNEVALE, Alfonso CELOTTO, Carlo COLAPIETRO, Marco RUOTOLO, Giovanni SERGES, Massimo SICLARI, Francesco RIMOLI, Diritto pubblico, G. Giappichelli Editore, 2017, p.543.

669 Per una lettura critica di tale scelta del legislatore si rinvia a Paolo CAVALIERI, “La definizione e la delimitazione

delle materie di cui all’art. 117 della Costituzione”, in Atti del Convegno: Le competenze normative statali e regionali tra

riforme della Costituzione e giurisprudenza costituzionale. Bilancio di un triennio - Pisa, 16-17 dicembre 2004,

consultabile al https://www.associazionedeicostituzionalisti.it.

670 Si rimanda sul punto, per aspetti problematici della questione, a Filippo BENELLI, Roberto BIN, “Prevalenza e

‘rimaterializzazione delle materie’: scacco matto alle Regioni”, in Le Regioni, n.6, 2009, pp. 1185-1212.

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cui: “Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica […]”, che pare prescindere dalla condizione della cittadinanza dei destinatari di tali iniziative legislative. Oltre ad esse, il T.U. – all’art. 3 e al Titolo V – esplicitamente prevede il coinvolgimento del legislatore locale nella definizione di politiche e nell’adozione di provvedimenti volti ad assicurare il godimento dei

diritti sociali agli stranieri672. È infatti interesse degli organi di governo locale amministrare delle

collettività che si articolino nel rispetto del principio di solidarietà, tale per cui si assiste oggi ad una vera e propria “amministrativizzazione” delle politiche regionali di integrazione dello

straniero, aventi ad oggetto le materie e gli ambiti più disparati673.

Particolare rilevanza assumono quindi tutte quelle normative che direttamente e significativamente incidono sui diritti di cittadinanza di chi in possesso di tale status giuridico non lo è, disvelando diversi gradi di estro e di sensibilità alla questione da parte del legislatore locale, in un sistema di diritto multilivello così delineato. Si può quindi osservare lo sdoppiamento di competenze tra Stato e Regioni per quanto attiene la cittadinanza, per cui se il primo continua ad essere competente esclusivo per la cittadinanza formale, le seconde sono oggi chiamate alla definizione della cittadinanza sociale/sostanziale, legiferando sulle modalità per il

concreto accesso e godimento dei diritti da parte dei non-cittadini674.

Ebbene, in primo luogo, dopo anni in cui si era affermata una sorta di tradizione centralistica

dello Stato675, si è registrato un accrescimento del ruolo svolto dalle Regioni nell’espletamento

di funzioni collegate alla gestione del servizio scolastico676. In tal modo, gli enti locali si sono

trovati a confrontarsi con le realtà sempre più pluraliste della scuola, riflesso in fondo

672 La maggior parte delle normative in questione risultano essere state adottate all’inizio del Nuovo Millennio, eccezion

fatta per il Molise e la Sicilia che ancora non hanno provveduto alla disciplina della materia dell’inclusione e integrazione sociale dello straniero. Per le altre si citano invece, a mero titolo di esempio, le leggi regionali della Basilicata n. 13/2016, del Friuli Venezia Giulia n. 99/2015, del Lazio n.10/2008, della Toscana n.29/2009, dell’Emilia-Romagna n.5/2004 e delle Marche n. 13/2009.

673 Laura RONCHETTI (a cura di), I diritti di cittadinanza dei migranti. Il ruolo delle regioni, Giuffré, 2012, p. 114. 674 Ivi, pp. 29-30. Si richiama in proposito anche la già citata sentenza n. 300/2005 con cui la Consulta ha ribadito come

l’intervento pubblico in materia di stranieri tocchi anche materie disciplinate dalla Costituzione sia di competenza dello Stato che delle Regioni, in forma esclusiva o concorrente.

675 Si pensi, ad esempio, al regio decreto legislativo n. 3725 del 13 novembre 1859, anche noto come “legge Casati”, con

cui si procedeva alla riorganizzazione dell’amministrazione e del sistema scolastico della penisola, o ancora alla Riforma Gentile tramite la quale il regime fascista provvedeva – con una serie di regi decreti emanati tra il 1922 e il 1923 – alla rimodulazione di programmi, amministrazione e organizzazione dell’istruzione italiana, dalle scuole medie alla formazione universitaria.

676 Marco PARISI, “Parità scolastica, educazione religiosa e scuole islamiche: problemi e prospettive” in Valerio TOZZI

e Marco PARISI (a cura di), op. cit., p. 50. A fronte di quella che è stata definita una “equivoca dizione” normativa, la Corte Costituzionale – con la sentenza n. 200/2009 - ha chiarito come spetti allo Stato la definizione dei princìpi fondamentali, mentre alle Regioni spetti la disciplina di dettaglio, “salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale”. Cfr. Luigi FRANCO, “L’«equivoca dizione» dell’art. 33, c. 2, Cost. tra «norme generali», princìpi fondamentali e legislazione regionale alla luce della più recente giurisprudenza costituzionale”, in Rivista AIC, n. 2, 2013, pubblicato online il 19 aprile 2012.

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dell’evoluzione e della trasformazione della compagine sociale su grande scala677. Innanzitutto,

è facoltà delle Regioni organizzare corsi di cultura e di lingua italiana pensati per favorire

l’integrazione dello straniero678. Forte in questo caso è il coinvolgimento delle istituzioni

scolastiche, chiamate ad attivare corsi di alfabetizzazione nelle scuole elementari e medie nonché ad adottare programmi didattici pensati per fornire un'offerta culturale valida per gli stranieri adulti (art. 38 co. V T.U.). Si inseriscono su tale solco la legge regionale n.10/2008 del Lazio, quella della Liguria n. 7/2007 e quella provinciale di Trento n. 5/2006. Tutti gli esempi citati

guardano a favorire la concreta partecipazione del non-cittadino alla vita pubblica locale679

mediante la trasmissione di sapere in punto di ordinamento ed istituzioni italiane, di educazione interculturale e mediazione anche linguistica. In altri – forse maggiori - casi, la promozione della coscienza civile e dell’educazione in chiave multiculturale è stata peró collegata a delle novelle

necessità securitarie680 a cui si è cercato di ovviare passando per lo sviluppo/incremento della

legalità e del senso civico da impiegare per la costruzione del bene comune681.

Pertanto, analizzando il panorama locale italiano, si oscilla da normative particolarmente sensibili alla questione della integrazione dello straniero per il tramite dell’istituzione

scolastica682 a realtà non altrettanto virtuose683.

Più complesso appare invece il discorso in merito alla attribuzione delle cosiddette misure per il diritto allo studio, consistenti in provvidenze complementari di sostegno didattico. Numerosi enti locali hanno difatti disposto la stesura delle relative graduatorie adottando quale requisito o come criterio preferenziale la residenza. Tale regola, seppur non potenziale oggetto di scure di legittimità costituzionale, finisce per tramutarsi in una discriminazione indiretta, escludendo di

677 Sulla querelle tra competenze statali e regionali in materia scolastica si rinvia alla sentenza della Corte Costituzionale

n. 200/2009 con cui la Consulta ha chiarito come debba considerarsi materia esclusiva del legislatore statale la definizione delle “norme generali sull'istruzione” - riconducibili agli artt. 33 e 34 Cost. e contenenti gli elementi sostanziali del sistema italiano di istruzione – e materia concorrente Stato-Regioni la delineazione dei “principi fondamentali in materia di istruzione”.

678 Legge n. 943/1986, impegno ribadito nel T.U. Immigrazione del 1998.

679 Il possesso di determinate conoscenze fondamentali è infatti da considerarsi imprescindibile per la crescita e la piena

inclusione dell’individuo nella vita sociale e civile. Cfr. Stefania CAVALIERE, “I livelli essenziali delle prestazioni e i nuovi ‘diritti culturali’ “, in Rivista AIC, n. 3, 2017, pubblicato online il 18 settembre 2017.

680 Tra le molte, legge regionale Marche n. 11/2002, Emilia-Romagna n.24/2003 e Piemonte n. 23/2007.

681 Vincenzo ANTONELLI, “Cittadini si diventa: la formazione alla democrazia partecipativa”, in Astrid-online,

consultabile al link: http://www.astrid-online.it/static/upload/protected/Anto/Antonelli_democrazia-partecipativa.pdf.

682 Si pensi alla legge regionale della Toscana n.29/2009 con cui il legislatore locale ha accordato allo straniero - anche

irregolare - ampi diritti in materia di diritto allo studio ed alla formazione professionale, in ragione dello sviluppo di una cittadinanza sociale.

683 Si cita ad esempio la legge n. 12/2011 della Provincia autonoma di Bolzano con cui era stato stabilito il criterio della

residenza quinquennale ininterrotta nel territorio provinciale per l’accesso degli alunni extracomunitari alle agevolazioni per la frequenza di scuole fuori provincia e per l’accesso degli stranieri alle prestazioni economiche per il diritto allo studio universitario. Con la sentenza n. 2/2013 la Consulta ha comunque dichiarato tali disposizioni illegittime poiché in contrasto con gli artt. 3 e 34 della Costituzione.

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fatto dal godimento delle misure per il diritto allo studio i figli di stranieri irregolarmente presenti

all’interno dei confini nazionali684.

Il criterio della residenza protratta risulta essere parimenti centrale nella legislazione regionale

in materia di prestazioni assistenziali e sociali685.

Circa le prime, l’atteggiamento delle Regioni è apparso di parziale chiusura nei confronti del

non-cittadino, ostacolato nei fatti nel godimento delle provvidenze in materia sanitaria686. In

alcuni casi, infatti, la fruizione delle prestazioni assistenziali non solo era subordinato al possesso

della carta di soggiorno ma altresì alla residenza nella regione interessata687. In altri, invece, solo

il criterio della titolarità del titolo di soggiorno era stato previsto dal legislatore regionale688, andando però non di meno a rappresentare una violazione dei diritti fondamentali del non- cittadino bisognoso di cure e assistenza sanitaria specifica.

Merita qui di essere menzionata una recente sentenza della giurisprudenza di merito con cui è stato censurato l’obbligo imposto da un Comune – ligure nel caso di specie – in capo agli individui privi di fissa dimora e provenienti dalle aree geografiche africana, asiatica e sud americana di sottoporsi ad un controllo sanitario al fine di non vedersi negato sia l’accesso al territorio comunale sia alle strutture di accoglienza in esso dislocate. Ebbene, a parere dell’organo giudicante, tale previsione era da dichiararsi discriminatoria, violando gli artt. 2 e 3 della Costituzione e venendo meno al principio di parità e uguaglianza, recando immotivati svantaggi

in ragione della sola etnia dell’individuo interessato da tali infelici disposizioni locali689.

Per quanto riguarda invece le prestazioni sociali, la Consulta non si è dimostrata eccessivamente tranchant, sostenendo la non illegittimità costituzionale né l’irragionevolezza di quelle previsioni normative che collegano alla fruizione di prestazioni sociali l’aver stabilito la

propria residenza nel territorio regionale da un determinato periodo di tempo690.

684 Alberta DE FUSCO, “Sul diritto all’istruzione come veicolo di integrazione delle seconde generazioni

dell’immigrazione in Italia”, in Osservatorio Costituzionale, pubblicato online il 6 febbraio 2018.

685 Si ricorda qui come i servizi sociali di cui in parola sono quelli regolati all’art.128 d.lgs 112/1998, dovendosi quindi

intendere quelle attività concernenti l’erogazione di servizi, gratuiti e a pagamento, e prestazioni economiche pensate per il superamento delle situazioni di bisogno e di difficoltà umane. Sono escluse dal catalogo le prestazioni previdenziali, sanitarie e amministrazione della giustizia.

686 Per una puntale elencazione delle principali diatribe in materia si rimanda a Luca MEZZETTI, “I sistemi sanitari alla

prova dell’immigrazione. L’esperienza italiana”, in Rivista AIC, n. 1, 2018, pubblicato online il 12 marzo 2018.

687 Ad esempio, Corte Costituzionale, sent. n. 4/2013 con cui la Consulta riteneva la illegittimità costituzionale della legge

della Regione Calabria n. 44/2011 recante “Norme per il sostegno di persone non autosufficienti - Fondo per la non autosufficienza”.

688 Si cita, Corte Costituzionale, sent. n.172/ 2013 relativa alla legge della Provincia autonoma di Trento 24 luglio 2012,

n. 15 (Tutela delle persone non autosufficienti e delle loro famiglie) sull’assegno di cura.

689 Tribunale di Genova, sez. IV, sentenza del 28/07/2017.

690 Cecilia CORSI, “Peripezie di un cammino verso l’integrazione giuridica degli stranieri. Alcuni elementi sintomatici”,

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Si è arrivati pertanto a parlare di una vera e propria cittadinanza “sostanziale”, ovvero regionale, che si affianca a quella formale statale e sta ad indicare le modalità di integrazione e

partecipazione alla vita ed alle vicende locali691. E’ qui evidente come il livello di raggiunta

cittadinanza sostanziale dipenderà anche dalla variabile della stabilità di residenza o domicilio all’interno del territorio di una determinata regione. In tal modo, diventa evidente la duplice anima del requisito della residenza in cui convivono sia la dimensione includente – all’interno della collettività – sia quella escludente - in relazione all’accesso e godimento di specifici diritti

sociali692-, considerazione peraltro classicamente riservata alla cittadinanza stessa.

Pari osservazioni possono essere mosse per quanto riguarda l’accesso alla abitazione, la cui disciplina viene esplicitamente demandata dal legislatore nazionale a quello regionale (art. 40 T.U.). La tendenza è difatti quella di legare l’accesso agli alloggi pubblici alla residenza prolungata nel territorio regionale. Chiamata a pronunciarsi in merito alla eventuale illegittimità costituzionale di tali previsioni regionali, la Corte Costituzionale si è prodigata nel delineare lo stretto nesso esistente tra esigenza abitativa, integrazione dello straniero nella comunità e garanzie di stabilità, tale per cui l’apposizione del criterio temporale della residenza doveva

considerarsi generalmente legittimo purché contenuto entro i limiti della ragionevolezza693. La

previsione di una certa anzianità di soggiorno o residenza é stata dunque giustificata e protetta

dalla Consulta in ragione di garanzie di stabilità – aventi rilevanza, anche economica694, per

l’amministrazione – tali da divenire preponderanti rispetto a un bene di primaria importanza

quale la casa ed un bisogno sociale ineludibile quale quello all’alloggio695. Tale ragionamento

non trova naturalmente applicazione nel caso in cui le prestazioni sociali ineriscano ai diritti fondamentali, qualora – ad esempio – lo straniero versi in condizioni di inabilità o di invalidità. In queste ipotesi, infatti, l’iter argomentativo adottato dalla giurisprudenza si fa più stringente, avendo cura di salvaguardare e tutelare la libertà del singolo e la sua facoltà di partecipare alla

vita sociale della comunità696. Nello specifico, qualora l’azione statale possa dirsi determinata ed

691 Laura RONCHETTI, “La cittadinanza sostanziale tra Costituzione e residenza: immigrati nelle regioni”, in

Costituzionalismo.it, fascicolo n. 2, 2012.

692 Laura MONTANARI, “La giurisprudenza costituzionale in materia di diritti degli stranieri”, in Federalismi.it, numero

speciale 2/2019 del 25 marzo 2019.

693 Corte Costituzionale, sent. n. 222/2013.

694 Comunque, se è vero che il legislatore ha nella propria disponibilità il potere di decisione sulle priorità di spesa, ancor

più incontestabile è il perimetro all’interno del quale tale discrezionalità deve essere esercitata, coincidente con il dettato costituzionale.

695 Cecilia CORSI, op. cit. Con le sentenze nn. 49/1987, 217/1988 e 404/1988, la Corte Costituzionale era giunta ad

affermare il dovere collettivo ad impedire che vi siano delle persone prive di abitazione e a riconoscere la natura di diritto inviolabile dell’uomo al diritto sociale all'abitazione. Per una lettura critica del legame tra diritto all’alloggio e residenza stabile e duratura si rimanda a Massimo CAMPEDELLI, Paolo CARROZZA, Livio PEPINO (a cura di), Diritto di

welfare. Manuale di cittadinanza e istituzioni sociali, Il Mulino, 2010, pp. 531 e ss.

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orientata dal principio di solidarietà sociale, la condizione giuridica e la cittadinanza del destinatario della misura divengono irrilevanti, posto che le prestazioni sociali in questione si rivelano essere - in ultima istanza – volte alla garanzia della libertà umana a valenza universale e alla rimozione degli ostacoli alla sua realizzazione.

La salvaguardia dei diritti fondamentali è allora sganciata da ogni condizionamento in merito alla partecipazione effettiva dell’individuo alla vita economica e sociale del Paese o di periodo minimo di residenza all’interno dello stesso, per cui non trovano asilo quelle logiche di inclusione e integrazione dello straniero alla comunità previste per il riconoscimento dei diritti di

prestazione697. Altrimenti detto, in ossequio al principio fondamentale di uguaglianza,

l’ordinamento non può ammettere discriminazioni che nascano dal possesso o meno della cittadinanza come pure dalla presenza sul territorio regolare o irregolare. Diversa è invece la situazione per quel che riguarda i “diritti eccedenti quelli fondamentali”, in cui è possibile – nel rispetto del principio di ragionevolezza – connettere l’erogazione di determinate prestazioni al

requisito della residenza non episodico dello straniero all’interno dei confini nazionali698.

Stante la compresenza dei due, sarebbe allora magari più opportuno ragionare in termini di diritti di comunità, piuttosto che di diritti di cittadinanza, alla luce della sussistenza di un insieme di libertà assicurate per la mera appartenenza e partecipazione ad una collettività di cui si

rispettano e condividono diritti e doveri699.