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Rifugge da gran parte degli assiomi sopra illustrati una forma particolare di cittadinanza, ovvero quella europea.

Lampante è innanzitutto la mancanza del vincolo tra Stato e singolo, in ragione del fatto che la cittadinanza europea non implica un rapporto vincolante tra entità statale e individuo. Tale status mette invece in relazione il soggetto con un’espressione geografica dotatasi di un ordinamento quasi confederale, ovvero l’Unione Europea. L’atipicità è dunque insita nella natura

giuridica dell’Europa unita, tradizionalmente non atta ad istituire rapporti di cittadinanza168.

Un secondo elemento è dato poi dalla formulazione testuale. Le norme nazionali in materia di cittadinanza si limitano infatti a stabilire le modalità di acquisito e di perdita della stessa. Il Trattato di Maastricht – istituente la cittadinanza europea – elencava invece direttamente i diritti,

doveri e comunque le situazione giuridiche soggettive da essa discendenti169. È chiara dunque –

dalla lettera del testo normativo – la volontà del legislatore europeo di sottolineare la alterità della cittadinanza europea rispetto a quella nazionale, consistente nell’affermazione di un nucleo

essenziale di diritti riconosciuti all’uomo nell’ordinamento democratico170 che prescindono dalla

specifica organizzazione statale in cui il cittadino europeo è situato.

166 Étienne BALIBAR, Cittadinanza, Bollati Boringhieri, 2012, pp. 71 e ss. 167 Ibidem.

168 Vincenzo LIPPOLIS, op. cit., p. 42 e ss.

169I medesimi principi sono stati trasposti all’art. 9 del Trattato dell’Unione Europea secondo cui: “L'Unione rispetta, in

tutte le sue attività, il principio dell'uguaglianza dei cittadini, che beneficiano di uguale attenzione da parte delle sue istituzioni, organi e organismi. È cittadino dell'Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell'Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce.”

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Ulteriori sono, inoltre, gli aspetti di peculiarità di tale status, in parte dipendenti dalla storia continentale in parte dal livello di integrazione (giuridica, politica e sociale) di volta in volta raggiunto dall’Unione stessa.

Le prime teorizzazioni circa la cittadinanza europea prendevano, infatti, le mosse dalla prodromica risoluzione del problema legato all’identificazione di una comune e condivisa identità europea, sorto a fronte della varietà di modelli culturali e politici coesistenti nel

continente. Una prima soluzione veniva fornita dalla teorizzazione di J. Habermas171 del

cosiddetto “patriottismo costituzionale” il quale, piuttosto che ricercare un substrato culturale condiviso, guardava all’esistente comunanza dei valori giuridici. Habermas dunque riteneva si potesse fondare l’identità europea sui principi politici ricorrenti nelle diverse esperienze statali europee, quali ad esempio la tolleranza, la libertà individuale, l’uguaglianza. Il nuovo corpo politico si sarebbe dovuto quindi erigere su di un retroterra fertile di valori occidentali largamente condivisi, andandosi ad inserire in una democrazia di stampo transnazionale ove i diversi popoli

sarebbero comunque stati congiunti da una comunanza di prospettive172. La solidità e la validità

di tale modello risiedono inoltre, a parere del suo fautore, nella capacità del demos europeo di affrontare e superare le sfide imposte dalle migrazioni e dai fenomeni sociali atti a rendere spurie società originariamente omogenee. Anche in contesti fattisi multiculturali, infatti, il patriottismo costituzionale habermasiano – fondato sulla solidarietà – avrebbe vinto la sfida della inclusione

dello straniero nella comunità democratica173.

Opposta a tale teoria è quella del “nazionalismo repubblicano” il quale coniuga ai ricorrenti modelli politici l’idea della valorizzazione di una cultura democratica originaria e pregressa, ovvero di stimolare un processo dinamico di creazione partecipata di una novella entità politica per il tramite di istituzioni democratiche classicamente rappresentanti i valori egualitari

tradizionali174. In buona sostanza, si tratta di partire dai valori già racchiusi nell’art. 6 del Trattato

di Maastricht175 (e poi trasposti nell’art. 2 del Trattato sull’Unione Europea)176 illustrativi della

vocazione e del demos europei.

171 Sulla formulazione del cosiddetto “patriottismo costituzionale” vedasi in particolare J. W MULLER., “Origins of

Constitutional Patriotism”, in Contemporary Political Theory, 2006, 5, pp. 286 e ss.

172 Spiros MAKRIS, “European Demos, Citizenship and Migrants in a Globalized World: Some Critical Reflections from

a Habermasian Perspective”, in Marco CASELLI and Guia GILARDONI (edited by), Globalization, Supranational

Dynamics and Local Experiences, Palgrave Macmillan, 2018, p. 92.

173 Ibidem, p. 103.

174 Ugo PREUSS, “Problems of a concept of European Citizenship”, in European Law Journal, 1995, p.277.

175 Art. 2 TUE: “L'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia,

dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini.”

176 Paolo PONZANO, “Identità europea e cittadinanza dell’Unione”, in Maria Caterina BARUFFI (a cura di),

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L’adesione a tale visione è evidente nella natura accessoria della cittadinanza europea, la quale non può dirsi costitutiva, derivando in prima istanza dall’appartenenza del singolo ad uno Stato dell’Unione. La perdita della cittadinanza nazionale comporta necessariamente la privazione di

quella europea177. Mai la cittadinanza europea può altresì sostituirsi a quella nazionale, essendo

ad essa aggiuntiva, complementare per la definizione piena, fedele e completa dello status giuridico del cittadino europeo. Si parla quindi in proposito di “cittadinanza duale”.

La giurisprudenza delle corti europee è parsa comunque audace, aprendo a prospettive e

scenari inediti. Per la prima volta nella sentenza Grzelczyk178 del 2001, i giudici lussemburghesi

hanno sostenuto la crescente importanza della cittadinanza europea, a detrimento di quelle nazionali. In particolare, la Corte ha ritenuto illegittima la discriminazione operata in base al criterio della nazionalità in punto di godimento e di riconoscimento dei diritti accordati in modo uniforme a livello europeo. In breve, tutti coloro che si trovano nella medesima situazione hanno il diritto – loro attribuito dal possesso della cittadinanza europea – a ricevere il medesimo trattamento previsto per legge.

Inoltre, nella nota sentenza Zambrano del 2011179 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea

ha altresì più volte ribadito come la condizione di cittadino dell’Unione Europea sia destinata a divenire nel tempo lo status fondamentale per i cittadini degli Stati membri, quasi auspicando un’emancipazione della cittadinanza europea da quella nazionale. Il caso riguardava la corretta interpretazione e applicazione degli artt. 16,17,18 CE e 21, 24 e 34 della Carta dei diritti

fondamentali alla luce dell’art. 20 TFUE180. In particolare, il sig. Zambrano reclamava il proprio

177 Ibidem, p. 20.

178 Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Rudy Grzelczyk v Centre public d'aide sociale d'Ottignies-Louvain-la-Neuve,

C-184/99, 20 settembre 2001. Il caso riguardava la situazione di un cittadino francese che, spostatosi in Belgio per compiere il proprio percorso universitario, aveva trasferito la propria residenza nel luogo di studio. Nel corso degli anni, lo stesso aveva presentato domanda per l’ottenimento del reddito di inclusione sociale. Il Ministero competente, nel valutare la sua richiesta, l’aveva però rifiutata, ritenendo che soddisfacesse i requisiti legali previsti, e in particolare quello della cittadinanza.

179 Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Gerardo Ruiz Zambrano c. Office national de l’emploi (ONEm), C-34/09, 8

marzo 2011.

180 Articolo 20 Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (ex articolo 17 del TCE): “È istituita una cittadinanza

dell'Unione. È cittadino dell'Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell'Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce. I cittadini dell'Unione godono dei diritti e sono soggetti ai doveri previsti nei trattati. Essi hanno, tra l'altro:

a) il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri;

b) il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo e alle elezioni comunali nello Stato membro in cui risiedono, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato;

c) il diritto di godere, nel territorio di un paese terzo nel quale lo Stato membro di cui hanno la cittadinanza non è rappresentato, della tutela delle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi Stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato;

d) il diritto di presentare petizioni al Parlamento europeo, di ricorrere al Mediatore europeo, di rivolgersi alle istituzioni e agli organi consultivi dell'Unione in una delle lingue dei trattati e di ricevere una risposta nella stessa lingua.

Tali diritti sono esercitati secondo le condizioni e i limiti definiti dai trattati e dalle misure adottate in applicazione degli stessi.”

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diritto all’erogazione di un’indennità di disoccupazione da parte dello Stato belga, posto che i suoi due figli erano cittadini belgi e che pertanto egli – in qualità di loro familiare – poteva legittimamente rivendicare un diritto di soggiorno ed un’esenzione del permesso di lavoro in tale

Stato membro181. Sul punto, i giudici europei sostennero che la disciplina introdotta dall’art. 20

TFUE funge da filtro per tutti quei provvedimenti nazionali che comportino una privazione del godimento reale ed effettivo dei diritti attribuiti all’individuo in virtù del suo status di cittadino

europeo182. A fronte di ciò, la Corte accoglieva le doglianze del ricorrente, in ragione del fatto

che allontanando il sig. Zambrano dal territorio belga sarebbero stati di fatto lesi e limitati i diritti riconosciuti alla prole dell’uomo, dotata di cittadinanza europea.

Principi non dissimili erano peraltro già stati anticipati in precedenti casi giurisprudenziali,

quali ad esempio la sentenza Zhu e Chen183 nonché – ancor prima – la vicenda Baumbast184.

Con la prima, infatti, la Corte aveva affrancato il diritto di residenza (o meglio, di stabilire liberamente la propria residenza all’interno del territorio dell’Unione) da quello della libertà di

movimento del lavoratore185. Veniva dunque garantito l’effettivo godimento dei diritti insiti nella

cittadinanza europea, indipendentemente dall’esercizio di ulteriori libertà presupposte. Nel caso Baumbast, invece, i giudici lussemburghesi avevano interpretato il concetto di

cittadinanza quale “self-standing right”186 da cui far derivare una serie di diritti concreti a

prescindere dalla condizione lavorativa del soggetto.

A ben vedere, dunque, quando si parla di cittadinanza europea si ha a che fare con uno status di cittadinanza sui generis, caratteristico di espressioni politiche sovranazionali, costruito a partire dai diritti di libertà di movimento – all’interno del territorio dell’Unione - ed economici, prima che civili e sociali.

Non può quindi sfuggire una certa linearità sussistente tra i diritti di cittadinanza europea ed i diritti fondamentali così come cristallizzati nelle Carte dell’Unione Europea. Entrambi paiono infatti fondarsi sull’innegabile ruolo prioritario e centrale rivestito dall’individuo in quanto tale - indipendentemente dal nesso sussistente tra il singolo e l’organizzazione statale cui affirisce e dal quale pare invece essersi affrancato - nonché la sua protezione, dando particolare risalto

all’argomento dell’uguale trattamento, in special modo qualora si tratti di cittadini187.

181 Roberto NANIA (a cura di), L’evoluzione costituzionale delle libertà e dei diritti fondamentali. Saggi e casi studio,

Giappichelli Editore, Torino, 2012, pp. 159-160.

182 Ibidem.

183 Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Kunqian Catherine Zhu e Man Lavette Chen contro Secretary of State for the

Home Department,C-200/02, 2004.

184 Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Baumbast and R contro SS for the Home Department, C-413/99, 2002. 185 Marta CARTABIA (a cura di), Dieci casi sui diritti in Europa, Il Mulino, 2011, pp. 143 e ss.

186 Ibidem.

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