6. Misure di prevenzione tipiche e atipiche nel contrasto alle molestie sessuali
6.3 I codici in ambito universitario
continuamente spiegazioni, e magari risvolgersi, per dette delucidazioni, al suo superiore dott. OMISSIS. Invece, come riferisce candidamente in querela, lei continuava ad andare a chiudere la finestra e reiterava più volte al giorno le richieste di spiegazioni”), la sentenza in esame si presta a critiche in quanto non tiene in minima considerazione il punto di vista della vittima.
Come abbiamo visto, la prevenzione delle molestie sessuali nei diversi “luoghi di rischio”, da quello lavorativo a quello universitario, viene svolta, essenzialmente, attraverso l’obbligo di formazione, d’informazione e attraverso la predisposizione di chiari Codici deontologici. La nostra Università ha pertanto adottato un Codice di Condotta contro le molestie sessuali che possiamo analizzare217.
Intanto, il Codice riprende il concetto di molestia sessuale quale condotta integrante una vera e propria discriminazione fondata sul sesso, in quanto viene a ledere il diritto ad essere trattati con dignità e parità e di essere tutelati nella propria libertà personale. Per quanto riguarda la definizione prevista, essa è particolarmente interessante in quanto cerca di introdurre un criterio di “ragionevolezza”. Si legge, infatti, che “per
molestia sessuale si intende ogni atto o comportamento indesiderato a connotazione sessuale, espresso in forma fisica, verbale o non verbale, arrecante offesa alla dignità e alla libertà della persona che lo subisce, ovvero che abbia lo scopo o l’effetto di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante o offensivo”. Per poi aggiungere che “spetta a ciascuno stabilire, secondo ragionevolezza, quale comportamento possa tollerare e quale comportamento consideri offensivo o sconveniente”. Pur non
esplicitandolo, il criterio della ragionevolezza sembra fare riferimento a un criterio oggettivo di “accettabilità sociale” del comportamento. Tuttavia, a livello europeo si è concordi nel ritenere sufficiente l’indesideratezza da parte della vittima, un’indesideratezza di tipo, quindi, soggettivo, e come tale non ancorato a criteri quali “reasonable person” o “reasonable women” propri della dottrina e giurisprudenza americana.
Quindi il Codice prosegue, introducendo un aspetto, in realtà, non ritenuto necessario per il configurarsi della fattispecie, ovvero la reintegrazione dei comportamenti offensivi: “una semplice attenzione a sfondo sessuale diventa molestia se viene reiterata verso chi
non l’accetta”. In relazione al comportamento tenuto dai professori, il Codice sancisce
che: “sono altresì considerate di maggiore gravità le molestie sessuali attuate dal personale docente
nei confronti degli studenti e delle studentesse”. È prevista poi un’azione comune per farvi
fronte: tutti coloro che studiano e lavorano presso l’Università di Trento devono contribuire ad assicurare e a promuovere un ambiente di lavoro e di studio “rispettoso
della dignità delle persone”; i dirigenti hanno l’obbligo di prevenire il verificarsi di molestie
e abusi sessuali, adottando in tal senso i provvedimenti opportuni.
È prevista, quindi, la figura del Consigliere/a di Fiducia218, che deve essere una figura
esterna all’Università, di comprovata esperienza umana e professionale. Le sue funzioni sono essenzialmente quelle di fornire consulenza e assistenza alla persona oggetto di molestie, contribuendo quindi alla soluzione del caso; inoltre, di suggerire le azioni opportune per promuovere un ambiente organizzativo ideale, rispettoso della dignità di tutti i soggetti che rivestono un ruolo, di docente, di studente, di lavoratore nell’ambito universitario. Alla vittima di molestie sessuali vengono quindi
217 Codice di condotta contro le molestie sessuali, emanato con D.R. n. 363 del 1° luglio 2008. 218 Figura che è stata prevista per le imprese dalla Risoluzione del Parlamento Europeo A3-
offerte due procedure219: una procedura informale davanti al Consigliere, il quale, se
la vittima acconsente, potrà rivolgersi al soggetto autore di molestie facendogli presente la lesività e l’offensività di tali condotte; una denuncia formale al Dirigente della Direzione Risorse Umane e Organizzazione o al Responsabile della struttura, che dovranno trasmettere gli atti all’Ufficio competente per i procedimenti disciplinari e, se costituente reato, alla competente autorità giudiziaria. Infine, è prevista quella che è l’attività di sensibilizzazione da parte dell’Ateneo, d’intesa con le Organizzazioni Sindacali e il Comitato Pari Opportunità e la specificazione che “la ritorsione diretta e
indiretta nei confronti di chi denuncia casi di molestia sessuale è considerata condotta scorretta, contrastante con i doveri dei pubblici dipendenti e di eventuale rilievo sul piano disciplinare”.
A mio avviso, si presenta più chiaro, più completo e più improntato ai principi europei il Codice dell’Università di Ca’ Foscari220, alla luce del quale “studiare e lavorare in un
ambiente sereno in cui i rapporti interpersonali siano improntati alla correttezza, al reciproco rispetto della libertà e dignità della persona è un diritto fondamentale di tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori, di tutti gli studenti e le studentesse”. Fondamentale, a mio avviso, la presa di posizione circa
la lesività di tali comportamenti, a livello del singolo e dell’Università stessa: “le molestie
sessuali compromettono la salute, la fiducia, il morale e la motivazione lavorativa di colei o colui che le subisce. Inoltre, danneggiano gravemente il funzionamento, il clima organizzativo e l’immagine di questa Università”. Viene specificato che colui che pone in essere molestie sessuali
approfittando della propria posizione incorre in un illecito disciplinare, in quanto “non
è ammissibile che qualcuno possa approfittare della propria posizione di superiorità gerarchica o della situazione di vulnerabilità (personale, familiare o sociale) dell’altra/o per porre in essere atti o comportamenti discriminatori o molesti. L’autore di molestie sessuali nei luoghi di lavoro e studio viola un preciso dovere di ufficio”. Anche la previsione del ricatto a seguito di denuncia
viene preso in considerazione quale discriminazione, apportando una duplice tutela della vittima.
Sicuramente più in conformità con la definizione di europea è quella di molestia sessuale fornita dall’Università veneziana, che fornisce, inoltre, una tassonomia utile e che possiamo usare quando affrontiamo le molestie in ambito universitario: “si
definisce molestia sessuale ogni atto o comportamento indesiderato, fisico, verbale o non verbale, a connotazione sessuale o fondato sul sesso, che offenda la libertà, la dignità e l’inviolabilità della persona cui è rivolto, nel mondo del lavoro e dello studio”. Importante il secondo comma: “chi subisce la molestia stabilisce quale comportamento può tollerare e quale considera offensivo o sconveniente. Di fatto è la natura indesiderata e/o reiterata della molestia sessuale che distingue la stessa dal comportamento amichevole, che è ben accetto e reciproco”. Si ribadisce, quindi, che è
chi è vittima di molestia a decidere il carattere molesto o meno della condotta, non dunque alla luce un criterio oggettivo di “ragionevolezza”, come fa riferimento il nostro Codice; inoltre, non è necessaria la reiterazione: un semplice comportamento è idoneo a sancirne il carattere molesto. Quello che importa è l’indesideratezza da
219 Procedure che sono disponibili dopo aver preliminarmente cercato di convincere chi pone
in essere tali comportamenti che questi sono indesiderati ed inammissibili (Art 4, comma 4).
220 Codice di condotta contro le molestie sessuali, per la prevenzione delle molestie sessuali e per la tutela della
parte del soggetto che è oggetto di tale condotta, ovvero il semplice effetto: ove ben accetto si rimane nel carattere amichevole, ove non accettato dal soggetto a cui si rivolge, allora può essere offensivo e sconveniente. Come il nostro Codice, viene prevista la maggior gravità nel caso di molestia sessuale posta in essere da un docente nei confronti dei propri studenti/studentesse e nel caso in cui vengano a determinare decisioni inerenti all’assunzione, all’accesso a borse di studio, all’accesso alla formazione professionale, al mantenimento del posto di lavoro, alla promozione, alla retribuzione o qualsiasi altra decisione attinente all’occupazione o estinzione del rapporto di lavoro.
Come vedremo con il Codice Uber, la necessità di una tassonomia risulta essere fondamentale per evitare incomprensioni tra quelli che possono essere comportamenti accettati e quelli che, invece, sfociano in comportamenti molesti, quindi implicanti anche illeciti disciplinari. Possiamo quindi prendere l’elenco dell’Università in questione quale tassonomia utile nell’ambito universitario, in quanto vengono catalogate quali molestie sessuali:
• Comportamenti ed osservazioni verbali sessiste mirate a trasmettere atteggiamenti di ostilità, paternalistici, offensivi, che implicano una concezione inferiore dell’altro sesso o dell’orientamento sessuale della persona cui sono diretti;
• Comportamenti inappropriati ed offensivi tesi ad ottenere contatti fisici non desiderati; • Comportamenti inappropriati ed offensivi tesi a proporre prestazioni sessuali, aggravati
qualora avvengano tramite minacce di sanzioni, di punizioni, di conseguenze negative sul lavoro o sulla carriera universitaria, come pure con la promessa di ricompensa e/o vantaggi nell’ambito del lavoro o della carriera universitaria;
• Affissione o esposizione di materiale pornografico nei locali dell’Università, anche in formato elettronico;
• Adozione di criteri sessisti in qualunque tipo di relazione interpersonale.
È, a mio avviso, solo grazie a questa informazione dettagliata che si realizza la consapevolezza circa comportamenti che a prima vista possono sembrare accettabili e invece sono riprovevoli, o il contrario: è in questo modo che si realizza quel passaggio del soggetto, in questo caso per esempio dello studente, da “creditore” a “debitore” di sicurezza221, anche in ambito universitario. Infatti, “coloro che fanno parte
221 In tal senso, R. Guariniello, Molestie e violenza anche di tipo sessuale nei luoghi di lavoro, cit., pp.
32-33: “per decenni è stato usuale sostenere che il lavoratore sarebbe un mero creditore di sicurezza. Questa affermazione deve ormai essere riesaminata. L’art 20, comma 1, D.lgs. n. 81/2008 prevede, infatti, che “ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni”. Se ne desume “un nuovo principio”: “la trasformazione del lavoratore da semplice creditore di sicurezza nei confronti del datore di lavoro a suo compartecipe nell’applicazione del dovere di fare sicurezza, nel senso che il lavoratore diventa garante, oltre che della propria sicurezza, anche di quella dei propri compagni di lavoro o di altre persone presenti, quando si trovi nella condizione, in ragione di una posizione di maggiore esperienza lavorativa, di intervenire onde rimuovere le possibili cause
dell’Ateneo hanno il dovere di contribuire ad assicurare un ambiente di studio e di lavoro in cui venga rispettata la dignità delle persone e in cui le molestie sessuali non siano né praticate né consentite”.
La maggior presenza dell’Università si vede anche nell’ultima parte del Codice, ove viene prevista l’adozione di azioni positive e attività di informazione che, come abbiamo sottolineato, sono misure idonee a prevenire il verificarsi di tali episodi e che sono espressamente richiesti al datore di lavoro alla luce dell’articolo 2087 c.c.
A dimostrazione dell’efficienza di prevedere una tassonomia chiara in merito alle molestie sessuali, riporto anche il Codice dell’Università degli Studi di Trieste222, alla
luce del quale sono molestie sessuali, oltre a quelle analizzate in precedenza: • Richieste implicite o esplicite di prestazioni sessuali offensive o non gradite;
• Affissione o esposizione di materiale pornografico nell’ambiente dell’Università, anche sotto forma elettronica;
• Adozione di criteri sessisti in qualunque tipo di relazione interpersonale;
• Promesse, implicite o esplicite, di agevolazioni e privilegi oppure di avanzamenti di carriera in cambio di prestazioni sessuali;
• Minacce o ritorsioni in seguito al rifiuto di prestazioni sessuali; • Contatti fisici indesiderati e inopportuni;
• Apprezzamenti verbali sul corpo oppure commenti su sessualità o orientamento sessuale ritenuti offensivi”.
Tale ultimo Codice è interessante anche in relazione ad un ulteriore aspetto, ovvero la previsione esplicita della “denuncia infondata”, l’altra faccia della medaglia nel caso di molestie sessuali. In tal caso, viene espressamente previsto che “ove la denuncia si
dimostri infondata, la commissione, nell’ambito delle proprie competenze, adotta tutte le iniziative necessarie a riabilitare la persona accusata”.
7. Misure di prevenzione tipiche nel contrasto al bullismo: le Linee di