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La distinzione nel caso in cui il comportamento molesto sia posto in essere dal collega o

4. I mobili confini del nesso di occasionalità nelle molestie sessuali

4.2 La distinzione nel caso in cui il comportamento molesto sia posto in essere dal collega o

È possibile stabilire regole di responsabilità indiretta ex art. 2049 c.c. diverse a seconda della posizione rivestita all’interno dell’organizzazione aziendale dal soggetto che pone in essere il comportamento molesto? Secondo una parte della dottrina338, non

337 “Ove il comportamento dell’agente venga ritenuto riferibile sia pure marginalmente o

indirettamente alle mansioni in concreto esercitate ed affidategli dal datore di lavoro questi deve essere chiamato a rispondere per fatti illeciti commessi dal dipendente in danno di terzi, mentre quando la condotta sia frutto di una iniziativa estemporanea e personale del tutto incoerente rispetto alle mansioni svolte (oltre che affidate), manca quel nesso di occasionalità necessaria che solo può giustificare una attribuzione di responsabilità in capo al datore di lavoro, non potendo rientrare in tale concetto un semplice elemento di collegamento di tipo temporale o spaziale”.

338 A. Pizzoferrato, Molestie sessuali sul lavoro, cit., pp. 200-201: “ora riesce veramente difficile,

rectius, inverosimile, pensare che l’ipotesi in esame (molestie sessuali da parte di un superiore gerarchico) non rappresenti una situazione tale da agevolare e rendere possibile il fatto illecito e l’evento dannoso dal momento che questi ultimi sono intimamente correlati alla posizione di preminenza funzionale e gerarchica ricoperta sul posto di lavoro dal molestatore ed alla circostanza della continuativa e necessaria “contiguità spaziale” nell’esercizio delle rispettive incombenze, fra l’autore e la vittima. In sostanza il molestatore, senz’altro agendo “nell’ambito” delle proprie mansioni, ha sfruttato il proprio superiore status professionale per poter porre in essere l’illecito civile e penale (...). Diverso risultato deve naturalmente raggiungersi con riguardo agli atti di molestia sessuale compiuti da un collega di lavoro. In questo caso (…) tali comportamenti si collocano nella sfera personale e privata del

vi sarebbero dubbi: solo in relazione al comportamento tenuto da un dirigente si potrebbe verificare quel rapporto di occasionalità necessaria idoneo a integrare la responsabilità datoriale ex art. 2049 c.c., in quanto solo costui riveste, all’interno dell’organizzazione aziendale, una posizione particolare, apicale rispetto agli altri dipendenti. Ed è proprio tale posizione- occasionalità necessaria- che gli consentirebbe di porre in essere quegli atti sgraditi nei confronti di un soggetto che, a causa della sua posizione subordinata, non può ribellarsi339. Invece, non sarebbe

configurabile una responsabilità indiretta ex art. 2049 cc nel caso in cui la condotta indesiderata sia posta in essere da un collega di lavoro. In questo caso, infatti, i comportamenti verrebbero a collocarsi nella sfera personale e privata del dipendente, essendo collegati con il rapporto di lavoro “esclusivamente sotto il profilo cronologico e

topografico”340.

La posizione dell’autore è fatta propria dalla legge e dalla giurisprudenza statunitense, ove si stabilisce che il datore di lavoro è direttamente responsabile nel caso in cui la condotta di sexual harassment sia posta in essere da un dirigente, alla luce della posizione apicale rivestita da quest’ultimo. In particolare, sarà direttamente responsabile, per

strict liability, qualora il comportamento molesto del supervisore si traduca in un’azione

che incide direttamente sul rapporto lavorativo della vittima (per esempio, un demansionamento); invece, potrà essere ritenuto esente da responsabilità qualora, in assenza dell’adozione di tali atti, dimostri di aver comunque esercitato un controllo nella prevenzione e nella correzione di tali comportamenti molesti e che l’attore abbia, senza ragione, non usufruito di quelle misure preventive o correttive che il datore aveva offerto. Allo stesso tempo, si ritiene che il datore non sarà automaticamente responsabile nel caso in cui il comportamento sia posto in essere da un collega della vittima. In tale caso, infatti, sarà ritenuto responsabile solo ove negligente, ovvero nel caso in cui, avvertito o comunque, venuto a conoscenza di tali comportamenti, non abbia preso quelle misure necessarie idonee a salvaguardare il soggetto leso (per esempio, un’azione disciplinare) 341.

dipendente molestatore e “sono collegati con il rapporto di lavoro esclusivamente sotto il profilo cronologico e topografico”. In questo caso, cioè, l’esercizio delle mansioni affidate al molestatore (“la modalità esecutiva delle prestazioni svolte”) non facilita la commissione del fatto illecito né determina la realizzazione di certe conseguenze dannose: esse risultano infatti ininfluenti ed estranee rispetto alla condotta illecita ed alla produzione del danno”.

339 Nella sentenza presa in esame, Trib. Milano, 9 maggio 1998, in Riv. crit. dir. lav. 1998, 345,

il giudice, invece, arrivava ad escludere la responsabilità ex art. 2049 c.c. in quanto “la condotta del superiore, deviata dai poteri e dai doveri connessi al suo ruolo al punto da integrare un reato, presenta con il rapporto tra lui stesso e il datore di lavoro solo tratti di assoluta occasionalità”.

340 Pret. Modena, 29 luglio 1999, in Lav. giur., 1999, 559, con nota di M. Lanotte, Molestie

sessuali, dimissioni per giusta causa e danni risarcibili.

341 Si esprime in tali termini la Suprema Corte degli Stati Uniti in Vance vs. Ball State University,

133 S. Ct. 2434, 2012: “Under Title VII, an employer’s liability for workplace harassment may depend on the status of the harasser. If the harassing employee is the victim’s co-worker,

A mio avviso tale indirizzo, fatto proprio come visto da una parte della dottrina italiana, non è conforme alla nostra giurisprudenza in materia, che fa del rapporto di occasionalità necessaria tra esercizio delle mansioni e realizzazione del fatto illecito, il solo elemento necessario per aversi l’integrazione della responsabilità solidale del datore ex art. 2049 c.c., senza distinzioni a seconda della posizione lavorativa occupata dal molestatore. Se ha sentito, inoltre, la necessità di porre limiti all’insorgere di una responsabilità oggettiva alquanto pregnante, l’ha fatto utilizzando criteri, quali la finalità delle mansioni, gli scopi del datore, sicuramente più coerenti con l’impianto civilistico.

4.3 Un ulteriore presa di posizione: il principio dell'apparenza del diritto circa