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Il deficit di tutela penale nei confronti delle molestie sessuali

Le tutele che vengono offerte alla vittima di molestie sessuali sui luoghi di lavoro dal nostro ordinamento sono essenzialmente di tre tipologie: una tutela di tipo penale, di

extrema ratio, avente funzione deterrente e sanzionatoria, che viene quindi assicurata

nei casi più gravi, e che si instaura quando quei “comportamenti a connotazione sessuale” propri delle molestie sessuali vengono a integrare un reato previsto dal codice penale; una tutela lavoristica, concernente nel diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro nel caso di licenziamento illegittimo, nel diritto all’indennità sostitutiva nel caso di dimissioni per giusta causa e nella nullità degli atti datoriali presi in conseguenza a un rifiuto a soggiacere a comportamenti molesti o a seguito della denuncia di tali fatti (cd “ricatto sessuale”); infine, una tutela civilistica, incentrata sul risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale (biologico, morale, esistenziale), avente una funzione al tempo stesso preventiva e compensativa.

305 Come riporta la dottrina in merito, R. Mancuso, Mobbing: la situazione europea,

https://www.altalex.com/documents/news/2013/05/28/mobbing-la-situazione-europea.

306 Ordinanza AFS 1993/17 del 21 settembre 1993, che definisce “persecuzione psicologia”

le “ricorrenti azioni riprovevoli o chiaramente ostili intraprese nei confronti di singoli lavoratori, in modo offensivo, tali da determinare il loro allontanamento dalla collettività\ che opera nei luoghi di lavoro"

Come evidenziato dalla dottrina in merito307, la tutela civilistica si presta ad essere la

più efficace nella prevenzione e nella soddisfazione della vittima: mentre le misure previste dalla tutela lavoristica richiedono un comportamento attivo del datore di lavoro, quali l’adozione di misure disciplinari o la nullità di atti particolari, il diritto al risarcimento del danno deriva automaticamente, ex art.185 c.p., senza necessità che si abbia l’adozione di particolari atti da parte del datore di lavoro.

In relazione alla tutela penale, nel nostro ordinamento, a differenza di alcuni ordinamenti europei308 e non309, non è prevista né a livello codicistico né a livello di

legislazione speciale un’autonoma fattispecie penale che preveda il reato di molestie sessuali, intese, come ampiamente visto in precedenza, come quei “comportamenti

indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale”. Non sono

mancate proposte legislative in tal senso310, soprattutto a seguito della riforma dei reati

sessuali avvenuta nel 1996 e alla presa di coscienza del fenomeno a livello europeo e sindacale; tuttavia, non è apparso necessario, soprattutto per motivi di politica criminale, ricorrere all’introduzione di una fattispecie penale ad hoc. Infatti, quei “comportamenti indesiderati a connotazione sessuale” si prestano ad integrare, a seconda della gravità degli stessi e delle circostanze oggettive che li hanno caratterizzati, diverse fattispecie penalmente rilevanti già previste dal nostro codice penale. In particolare, si potranno integrare i reati di violenza sessuale (art. 609-bis c.p.), tentata o consumata, semplice o aggravata nel caso specifico in cui l’autore

307 A. Pizzoferrato, Molestie sessuali sul lavoro, cit., pp. 260 ss.

308 Si vedano, in tal senso: artt. 184i/1 “molestie sessuali” e 184i/2, aggravante nel caso di

“molestie sessuali di gruppo” del Codice Penale tedesco (StGB) introdotti dopo gli atti di violenza e di molestie sessuali che si sono verificati a Colonia e ad Amburgo in occasione del Capodanno 2016 (tali reati sono integrati da comportamenti prettamente fisici, quali palpeggiamenti, toccamenti, baci indesiderati ecc.); si veda anche l’articolo 184 del Codigo Penal spagnolo, interessante in quanto tiene in considerazione i diversi ambiti nei quali si possono verificare tali comportamenti sgraditi, da quello scolastico a quello lavorativo; si vedano anche la fattispecie penale di “harcèlement sexuel” ex art. 222-33 del Codice Penale francese e la “protection from Harassment Act” 1997, UK.

309 Si veda, per esempio, l’articolo 210 A del Código Penal colombiano che così recita: “colui

che in beneficio suo o di un terzo e valendosi della sua posizione di superiorità manifesta o di relazioni di autorità o di potere, di età, di sesso, di posizione lavorativa, sociale, familiare o economica, molesta, persegue, istiga o assedia fisicamente o verbalmente un’altra persona, avendo fini sessuali non consentiti, è soggetto alla reclusione da uno (1) a tre (3) anni”.

310 Per esempio, il Disegno di Legge n. 1251 del 21 maggio 1993 (Norme penali e processuali

contro le molestie sessuali) presentato su iniziativa di diversi Senatori, tra i quali l’on. Smuraglia, al fine di “prevedere uno specifico reato di “molestie sessuali”, inerente a comportamenti a connotazione sessuale, indesiderati e lesivi della dignità e libertà morale della persona”. In particolare, si proponevano di “(…) prevedere una fattispecie specifica relativa ai comportamenti di molestia sessuale posti in essere, nei luoghi di lavoro, da superiori gerarchici e dallo stesso datore di lavoro” in quanto “in essa è insito un contenuto anche di ricatto e di pressione illecita esercitata da chi dispone di strumenti preponderanti a fronte della soggezione, quanto meno di natura economica, se non di natura personale, in cui si trova la persona che lavora, specialmente se appartenente alle cosiddette categorie deboli”.

commetta il fatto abusando di una posizione di autorità311; la molestia generica (art.

660 c.p.); i reati contro l’onore, ovvero ingiuria (art. 594 c.p.) e diffamazione (art. 595 c.p.), quando il comportamento del soggetto è idoneo a ledere l’onore, il decoro o la reputazione della vittima che sia presente o assente; i reati contro la libertà individuale, quali il sequestro di persona (art. 605 c.p.), la violenza privata (art. 610 c.p.) e la minaccia (art. 612 c.p.); il reato di stalking (612-bis c.p.).

Mentre per l’integrazione delle fattispecie minori non vi sono particolari problemi ricostruttivi, importante è la distinzione che intercorre tra il reato di violenza sessuale e la contravvenzione di molestie sessuali semplici, proprio per le conseguenze che ne derivano a livello sanzionatorio. In particolare, l’art 609-bis del Codice Penale prevede che: “chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o

subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali: 1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto; 2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona. (…)”. Invece, l’art 660 c.p., reato contravvenzionale

relativo alle molestie semplici, riporta: “chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico,

ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a cinquecentosedici euro”.

Una linea interpretativa in materia viene fornita dalla giurisprudenza che individua il confine tra le due fattispecie in quel “contatto fisico lesivo dell’autodeterminazione sessuale

della vittima” che viene richiesto per aversi la configurazione della violenza sessuale

consumata; per quella tentata, invece, non essendo richiesto il contatto fisico, sarebbero necessari due elementi, uno soggettivo e uno oggettivo: da un lato si richiede “l’intenzione del soggetto di raggiungere l’appagamento dei propri istinti sessuali”, dall’altro “l’idoneità della condotta a violare la libertà di autodeterminazione della vittima nella

propria sfera sessuale”. Le molestie sessuali semplici rimarrebbero, pertanto, confinate a

“espressioni volgari a sfondo sessuale ovvero di atti di corteggiamento invasivo ed insistito diversi

dall'abuso sessuale” 312.

Interessanti sono le prese di posizione più recenti della giurisprudenza in relazione a comportamenti che facilmente si possono rinvenire in ambienti dove si hanno posizioni asimmetriche di poteri, come in quello lavorativo o educativo. Infatti, viene qualificato come atto sessuale idoneo a integrare la fattispecie di violenza sessuale consumata o tentata ex art. 609-bis anche il palpeggiamento313, o il bacio non

311 Una previsione, quindi, molto utile qualora le molestie vengano poste in essere da un

datore di lavoro nei confronti di una dipendente subordinata o nel caso in cui a porre in essere i comportamenti indesiderati siano manager o comunque soggetti in posizione apicale.

312 Tra le altre, Cass. pen., 4 ottobre 2012, n. 38719, in Redazione Altalex, 15 ottobre 2012, con

nota di Simone Marani.

313 Cass. pen., 18 maggio 2018, n. 49182, in Neldiritto.it: “integra la fattispecie criminosa di

violenza sessuale nella forma consumata, e non tentata, la condotta che si estrinsechi in toccamenti, palpeggiamenti e sfregamenti sulle parti intime della vittima, o, comunque, su zone erogene suscettibili di eccitare la concupiscenza sessuale, anche in modo non completo e/o di breve durata, essendo a tal fine irrilevante che il soggetto attivo consegua la

desiderato314. Invece, gli atti di esibizionismo, quali il costringere con la minaccia

qualcuno a osservare pratiche di autoerotismo, vengono classificati quali comportamenti idonei a integrare il reato di violenza privata315.

Essendo la tutela penale che il codice offre al caso in cui comportamenti molesti siano idonei a integrare fattispecie penalmente rilevanti idonea a tutelare la vittima, la dottrina si è spesso interrogata circa la necessità o meno dell’introduzione nel nostro ordinamento di una fattispecie penale ad hoc316. La risposta che è stata data è negativa,

e le ragioni sono da individuare proprio nell’efficacia e nei limiti della tutela penale, una tutela che dev’essere intesa quale extrema ratio di un ordinamento giuridico, limitata a condotte gravemente lesive di beni di interesse pubblico. In particolare, essa non può trasformarsi in uno strumento di lotta alla criminalità o di criminalizzazione di condotte socialmente riprovevoli. Infatti, il rischio insito nel cercare di trasformare il legislatore penale in un “moralizzatore” è che si sfoghino sul singolo processo delle

soddisfazione erotica” (nel caso di specie, viene condannato l’imputato che aveva costretto la vittima a subire atti sessuali, in metropolitana, consistiti in palpeggiamenti sulle natiche prima di appoggiarsi con violenza sul suo corpo); in senso conforme, Cass. pen., 28 marzo 2011, n. 12506, RV249758.

314 Cass. pen., 2 ottobre 2018, n. 43553 in Redazione Altalex, con nota di Simone Marani: “ai

fini della configurabilità del reato di violenza sessuale, va qualificato come "atto sessuale" anche il bacio sulla bocca che si sia limitato al semplice contatto delle labbra, potendosi detta connotazione escludere solo in presenza di particolari contesti sociali, culturali o familiari nei quali l'atto risulti privo di valenza erotica, come, ad esempio, nel caso del bacio sulla bocca scambiato, nella tradizione russa, come segno di saluto” (nella specie, è stato ravvisato il tentativo, sul rilievo che la condotta dell'imputato era dimostrato essere stata diretta in modo non equivoco a baciare la vittima sulla bocca, contro la volontà di costei, ma l'intento non era stato perseguito per la reazione di quest'ultima).

315 Riporta la sentenza Cass. pen., 4 maggio, 2018, n. 36742, A. Diamante, L’esibizionismo

sessuale può configurare violenza privata se non vi è contatto, https://www.professionegiustizia.it/documenti/notizia/2018/esibizionismo-sessuale-puo- configurare-violenza-privata-se-non-vi-e-contatto: “l'esibizionismo o il compimento di atti di masturbazione in presenza di terze persone costrette ad assistervi, senza che vi sia alcun contatto con i genitali o le zone erogene, non consentono di ritenere configurabile la violenza sessuale, quanto, piuttosto, il delitto di violenza privata se, come nella specie, è stato appurato che la vittima era stata costretta, mediante violenza o minaccia, a tollerare l'autoerotismo compiuto dall'imputato”.

316 A. Pizzoferrato, Molestie sessuali sul lavoro, cit., pp. 404-405: “la tentazione alla

criminalizzazione dei comportamenti illeciti e profittevoli è dunque molto forte nel nostro ordinamento che, all’aumentare del tasso di evasione del precetto, risponde solo con l’inasprimento della sanzione penale, mentre, come noto, l’effetto di deterrenza rispetto agli abusi non dipende solo dalla gravità della sanzione penale, ma soprattutto dalla concreta possibilità che essa venga applicata, dall’efficienza del sistema preposto ad irrogarla. Abbiamo in tal senso già visto come il risarcimento del danno abbia curvato la propria funzione tipica in direzione punitiva, intimidatoria e prevenzionistica anche per sopperire alle attuali lacune del sistema penale”.

istanze giustizialiste intollerabili, proprie del principio “punirne uno per punirne cento”. Per di più, come evidenziato dallo stesso autore, generalmente i comportamenti molesti sono ascrivibili a reati di minor gravità rispetto alla violenza sessuale vera e propria, per la quale è prevista una reclusione da cinque a dieci anni. Questo significa che gli autori di comportamenti integranti reati per i quali è prevista una pena pecuniaria o detentiva non eccessivamente elevata, potranno usufruire di benefici, tra i quali la sospensione condizionale della pena. L’effetto deterrente si avrebbe solo in relazione alla fattispecie di violenza sessuale, per la quale è previsto un quadro edittale più elevato; in ambito lavorativo, però, il più delle volte non si avrà l’integrazione di tale reato, ma di fattispecie di minor gravità. Quindi, per l’autore, la previsione di una fattispecie penale in tal senso avrebbe un effetto sanzionatorio più apparente che reale, venendo invece a determinare sovraccarico di lavoro in capo agli uffici giudiziari.

Estremamente interessanti sono state anche le diverse visioni apportate in materia da due interventi realizzati durante il Convegno tenutosi quest’anno nel nostro Ateneo sulle molestie sessuali sul lavoro317. In particolare, l’ordinamento spagnolo prevede

un reato autonomo di molestie sessuali sancito all’art. 184 c.p. così articolato: il primo comma prevede quella che è la molestia sessuale “orizzontale”, ovvero “chi richiede

favori di natura sessuale, per sé o per una terza persona, nell’ambito di una relazione lavorativa, di docenza o di prestazione di servizi, continuativa o abituale, e con tale comportamento provoca alla vittima una situazione obbiettiva e gravemente intimidatoria, ostile o umiliante, verrà punito, come autore di molestia sessuale, con la pena della reclusione da tre a cinque mesi o con una multa da 6 a 10 mesi”318. Il secondo comma introduce un’aggravante nel caso di molestia

“verticale”, ovvero posta in essere da un soggetto che ricopre una posizione di superiorità: “se il colpevole di molestie sessuali ha commesso il fatto sfruttando una situazione di

superiorità lavorativa, di docenza o gerarchica o con l’annuncio espresso o tacito di causare alla vittima un danno correlativo alle legittime attese che la stessa possa avere nell’ambito della suddetta relazione, la pena è della reclusione da 5 a 7 mesi e multa da 10 a 14”319. L’ultimo comma, infine,

prevede un aggravio della pena nel caso di speciale vulnerabilità della vittima per età,

317 Convegno Le molestie sul lavoro: confronti interdisciplinari dal #Metoo alle raccomandazioni ILO,

cit., intervento dell’Avv. Andrea De Bertolini e della Dott.ssa Maria Sanchez dell’Università di Cadice.

318 Código Penal 1995, Libro II, Título VIII, Delitos contra la libertad e indemnidad sexuales, Art.

184, comma 1: “el que solicitare favores de naturaleza sexual, para sí o para un tercero, en el ámbito de una relación laboral, docente o de prestación de servicios, continuada o habitual, y con tal comportamiento provocare a la víctima una situación objetiva y gravemente intimidatoria, hostil o humillante, será castigado, como autor de acoso sexual, con la pena de prisión de tres a cinco meses o multa de seis a 10 meses”.

319 Art. 184, comma 2: “si el culpable de acoso sexual hubiera cometido el hecho

prevaliéndose de una situación de superioridad laboral, docente o jerárquica, o con el anuncio expreso o tácito de causar a la víctima un mal relacionado con las legítimas expectativas que aquélla pueda tener en el ámbito de la indicada relación, la pena será de prisión de cinco a siete meses o multa de 10 a 14 meses”.

malattia o particolare situazione personale320. Si tratta quindi di una disposizione

penale chiara, che non si limita al solo ambito lavorativo, ma che viene a tenere in considerazione anche contesti diversi nei quali si può comunque instaurare una relazione di potere diseguale, come nella docenza.

Come messo in luce dall’intervento successivo, le molestie sessuali si presentano quali comportamenti estremamente “polimorfi”, ovvero possono essere integrate da atti fisici, verbali e non verbali; possono essere messe in atto da diversi soggetti, uomini o donne; da soggetti che rivestono una posizione di superiorità, come datori di lavoro, o soggetti che si collocano sullo stesso piano della vittima, come i colleghi. Sono pertanto a connotazione “neutra” e “asessuata”. In tal senso, il diritto penale contiene già una fattispecie aperta ed elastica, appunto l’art. 609-bis, che è idonea a ricomprendere i più svariati comportamenti, alla quale è possibile applicare anche l’aggravante tipica prevista dall’art 61 c.p. in presenza di molestie perpetuate da coloro che rivestono una posizione di superiorità321. Concordano, infine, sul fatto che è la

tutela civilistica che maggiormente si presta a tutelare le vittime di tali comportamenti indesiderati, grazie alle funzioni di prevenzione, deterrenza e compensativa che svolge la stessa svolge, senza necessità di trasformare il legislatore in un indirizzatore morale della condotta dei consociati.

A mio avviso, la posizione di coloro che escludono la necessità di prevedere un’autonoma fattispecie di reato è condivisibile, proprio alla luce delle funzioni proprie della tutela penale, da intendersi quale extrema ratio. Tuttavia, ritengo non sia da sottovalutare la “comodità” dell’avere una fattispecie, come quella prevista dal codice penale spagnolo, sicuramente aperta ed elastica in quanto non indicante in maniera tassativa quei “comportamenti a connotazione sessuale”, e che quindi perfettamente si adatta a tutti quegli ambiti nei quali si possono verificare tali comportamenti. Il tutto, anche in considerazione dell’impostazione alquanto arcaica dell’articolo 660 c.p. al quale ancora vi si ricorre nei casi di molestie che non assurgono alla gravità della violenza sessuale.