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Un ulteriore presa di posizione: il principio dell'apparenza del diritto circa la

4. I mobili confini del nesso di occasionalità nelle molestie sessuali

4.3 Un ulteriore presa di posizione: il principio dell'apparenza del diritto circa la

In una sentenza recente non vertente in un caso di molestie sessuali342, ma in un caso

di lesioni personali perpetuate da un portiere di un condominio a un inquilino dell’edificio, la Corte ha fatto ricorso al principio dell’apparenza del diritto circa la corrispondenza della condotta alle mansioni ed incombenze del preposto per arrivare ad escludere la responsabilità del condominio per fatto illecito del terzo ex art. 2049 c.c., trasformando, di fatto, la responsabilità ex art. 2049 in una responsabilità per colpa ex art. 2087cc. Un’analisi dei passaggi della sentenza si pone pertanto necessaria.

the employer is liable only if it was negligent in controlling working conditions. In cases in which the harasser is a “supervisor,” however, different rules apply. If the supervisor’s harassment culminates in a tangible employment action (i.e., “a significant change in employment status, such as hiring, firing, failing to promote, reassignment with significantly different responsibilities, or a decision causing a significant change in benefits”) (…), the employer is strictly liable. But if no tangible employment action is taken, the employer may escape liability by establishing, as an affirmative defense, that (1) the employer exercised reasonable care to prevent and correct any harassing behavior and (2) that the plaintiff unreasonably failed to take advantage of the preventive or corrective opportunities that the employer provided (…)” (nella specie, l’Università non viene ritenuta vicariously liable per il comportamento di un dipendente che aveva sì dato origine a un “hostile work”, ma, in quanto non superiore, non avrebbe potuto prendere tangible employment actions contro l’attrice).

342 Cass. civ., 9 giugno 2016, n. 11816, in Foro it., 2016 I, 2765, con nota di A. Davola: “Il

condominio non è responsabile, ex art. 2049 c.c., per le lesioni personali dolose causate da un pugno sferrato dal portiere dell'edificio condominiale ad un condomino (o ad un inquilino) in occasione dell'accesso del primo nell'appartamento del soggetto leso per ispezionare tubature ed escludere guasti ai beni comuni o limitare i danni da essi producibili, difettando il nesso di occasionalità necessaria tra la condotta causativa del danno e le mansioni esercitate, posto che in queste non rientra alcuna ipotesi di coazione fisica sulle persone presenti nell'edificio condominiale, né tali condotte corrispondono, neanche sotto forma di degenerazione ed eccesso, al normale sviluppo di sequenze di eventi connesse al loro ordinario espletamento”.

In particolare, la Corte applica il limite del carattere esclusivamente personale della condotta del soggetto, come tale idonea a interrompere ogni collegamento con la sfera giuridica del committente. Dopo aver presentato l’istituto della responsabilità ex art. 2049 c.c., la Corte specifica che il datore di lavoro risponde anche del fatto criminoso del terzo e anche qualora costui abbia agito al di là dei limiti delle proprie attribuzioni o all’insaputa del preponente; tuttavia, tale concetto deve essere “adeguatamente” inteso: le finalità personali, come specificato da alcune sentenze della giurisprudenza penalistica, sono idonee a esimere il datore dalla responsabilità ex art. 2049 cc343.

La Corte prosegue facendo quindi riferimento al principio del cuius commoda et eius

incommoda: siccome del danno causato dal dipendente deve rispondere colui che

normalmente trae vantaggio dal rapporto con lo stesso, non si vede come il datore debba rispondere di una condotta che a lui non apporta alcun vantaggio, in quanto non collegata alle ragioni economiche della preposizione e non derivante neanche potenzialmente dall’esercizio di quelle stesse mansioni, in quanto totalmente estranea alle stesse344. In questo senso, la Corte precisa che l’automatismo della responsabilità

ex art. 2049 c.c. si attenua man mano che la condotta si allontana dall’esercizio delle

mansioni; in tali casi, il 2049 c.c. può trovare applicazione per il “principio dell’apparenza del diritto”, integrato dalla buona fede incolpevole del terzo danneggiato e dall’atteggiamento colposo del preponente, “desumibile dalla mancata

adozione delle misure ragionevolmente idonee a prevenire le condotte devianti del preposto”. Infine:

“in tal modo, però, il preponente viene a rispondere, in caso di superamento dei limiti delle funzioni

o mansioni del preposto, in applicazione del diverso principio dell'apparenza e, quindi, sostanzialmente per fatto proprio e non più per quella ragione oggettiva della preposizione prevista

343 Dalle parole dei giudici: “già in sede penale ed ai fini dell'affermazione della responsabilità

civile da reato, tuttavia, la giurisprudenza di legittimità\ rimarca da tempo la necessità di riferirsi allo scopo ultimo perseguito dal preposto con la sua condotta (Cass. pen., 22 settembre 1998, imp. Curcio): venendo infatti ribadito in quella sede che la responsabilità civile per il reato sussiste quando l'agente abbia commesso l'illecito sfruttando comunque i compiti svolti, anche se oltre i limiti delle sue incombenze e persino se ha violato gli obblighi a lui imposti, ma escludendosi detto rapporto quando il dipendente, nello svolgimento delle mansioni affidategli, commette un illecito penale per finalità di carattere esclusivamente personale di fatto sostituite a quelle del preponente ed, anzi, in contrasto con queste ultime”.

344 In tal senso: “tanto risponde alla ratio stessa del secolare istituto, ricostruito, dalla migliore

dottrina contemporanea, come ipotesi di vera e propria responsabilità oggettiva indiretta, in quanto la legge non consente alcun tipo di prova liberatoria a carico di padroni e committenti o preponenti, (…) sicché la responsabilità in esame prescinde del tutto da una culpa in eligendo o in vigilando del datore di lavoro o preponente ed è quindi insensibile all'eventuale dimostrazione dell'assenza di colpa; e tanto in estrinsecazione del principio cuius commoda eius et incommoda, secondo il quale del danno causato dal dipendente deve rispondere colui che normalmente trae vantaggio dal rapporto con il preposto. Se questa è la giustificazione di una simile responsabilità, è evidente che le condotte del preposto le cui conseguenze possa sopportare il preponente debbono essere in qualche modo collegate alle ragioni, anche economiche, della preposizione e ricondursi al novero delle normali potenzialità di sviluppo di queste, se del caso considerate alla stregua dell'ordinaria responsabilità per colpa collegata alla violazione dell'altrui affidamento”.

dalla sola norma dell'art. 2049 cod. civ”. Da responsabilità oggettiva indiretta ex art. 2049

a responsabilità diretta per colpa ex art. 2087 per mancata adozione delle misure idonee a prevenire il comportamento del preposto345. Ma il 2049 c.c. non serve per

evitare quelle lesive “sacche di impunità” che si vengono a determinare qualora non sia ravvisabile la colpa del datore ex art. 2087? La Corte cassa, di conseguenza, la sentenza del Tribunale che aveva invece dichiarato sussistente la responsabilità ex art. 2049 c.c. proprio perché il preposto aveva avuto accesso all’appartamento del soggetto e aveva potuto commettere violenza nei suoi confronti in quanto portiere, integrando così quel nesso di occasionalità necessaria tra espletamento delle mansioni e commissione del fatto illecito.

5. Molestie e violenze sessuali ad opera di dipendenti della P.A.: un