4. La letteratura empirica sul razionamento del credito
4.4 Indagine tramite analisi di serie temporali
Il ricorso alle analisi di serie temporali ha acquisito un’importanza maggiore a partire dagli anni Settanta, con lo sviluppo parallelo e contemporaneo della modellistica econometrica di disequilibrio. Tale modellistica è stata utilizzata inizialmente per isolare e quantificare il razionamento dinamico, tramite le equazioni di aggiustamento dei tassi di interesse bancari. Nelle varie applicazioni, si tende a considerare situazioni di disequilibrio che riguardano un solo mercato: di conseguenza, vengono trascurati tutti gli effetti di spillover che i processi di razionamento sono in grado di generare su altri mercati. Gli esempi principali di questa metodologia di analisi sono essenzialmente il contributo di Fair-Jaffee (1972) ed il contributo di Maddala-Nelson (1974).
In generale, la maggior parte delle indagini sul razionamento di equilibrio, pur non essendo molto numerose, ha utilizzato il metodo delle serie temporali, il quale ha come punto di partenza il contributo offerto da Fair-Jaffee (1972). Tale approccio, che costituisce a tutti gli effetti lo schema che ha inspirato tutta una serie di studi empirici successivi sviluppatisi dagli anni Settanta in poi, è riassumibile in queste equazioni:
(6) 𝐷𝑡 = 𝛼1𝑃𝑡+ 𝑋𝑡′𝛽1+ 𝑢1𝑡, dove 𝐷 indica la quantità domandata, 𝑃 il prezzo del bene
con 𝛼1 < 0 e 𝑋′il vettore delle altre variabili esplicative della domanda;
(7) 𝑆𝑡 = 𝛼2𝑃𝑡+ 𝑌𝑡′𝛽2+ 𝑢2𝑡, dove 𝑆 indica la quantità offerta, 𝑌′ il vettore delle variabili esplicative diverse dal prezzo, mentre 𝛼2 > 0;
(8) 𝑄𝑡 = min(𝐷𝑡, 𝑆𝑡)
L’equazione (9) è l’ipotesi di fondo del modello Fair-Jaffee ed implica che la quantità osservata è quella “minima” tra quella domandata e quella offerta: se 𝐷𝑡 > 𝑆𝑡, la quantità
osservata 𝑄𝑡 giace sulla funzione di offerta, mentre invece se 𝐷𝑡< 𝑆𝑡, la quantità osservata 𝑄𝑡 è sulla funzione di domanda. Dall’ipotesi della “quantità minima” deriva il fatto che non sempre il mercato sia in equilibrio: infatti, il prezzo non si aggiusta in ogni periodo in modo
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da far sì che domanda ed offerta si eguaglino. Il problema principale è quello della stima econometrica del sistema di equazioni (7)-(9) ed è inerente al fatto che per ogni osservazione la quantità rilevata rappresenta la funzione di domanda o quella di offerta, ma non entrambe. Per questo motivo, non possono essere impiegate le tecniche che stimano le due funzioni sull’intero campione. Al fine di poter risolvere questa problematica, Fair-Jaffee hanno individuato due approcci alternativi. Il primo approccio, ovvero il metodo quantitativo, che è anche quello adottato dagli autori stessi, consiste nella correzione della quantità osservata per gli effetti del razionamento, in modo tale così da poter stimare le funzioni di domanda e di offerta per tutto il campione. Tale approccio si basa sul meccanismo di aggiustamento dei prezzi ipotizzato da Fair-Jaffee stessi, secondo cui la variazione dei prezzi è tanto più ampia quanto più ampio è lo squilibrio tra domanda ed offerta. In particolare, si ha che:
(9) ∆𝑃𝑡= 𝛾(𝐷𝑡− 𝑆𝑡) con 0 ≤ 𝛾 ≤ ∞
Sulla base dell’equazione (10), l’equazione (9) può essere trasformata in
(10) 𝑄𝑡= 𝐷𝑡− (1 𝛾) ∆𝑃𝑡= 𝑎1𝑃𝑡+ 𝑋𝑡 ′𝛽 1− ( 1 𝛾) ∆𝑃𝑡+ 𝜇1𝑡 (11) 𝑄𝑡= 𝐷𝑡− (1 𝛾) ∆𝑃𝑡= 𝑎2𝑃𝑡+ 𝑌𝑡 ′𝛽 2− ( 1 𝛾) ∆𝑃𝑡+ 𝜇2𝑡 se ∆𝑃𝑡< 0, altrimenti ∆𝑃𝑡 = 0
Il modello descritto, utilizzato prima dagli autori per verificare l’esistenza di razionamento nel mercato delle case, è stato poi successivamente impiegato nel mercato del credito per analizzare il comportamento della banca centrale nel rifinanziamento delle banche ordinarie. In seguito al lavoro di Fair-Jaffee, si sono succeduti una serie di lavori empirici sul razionamento. Essi, pur ricalcando il contributo di questi due autori, si differenziano da esso poiché modificano alcune ipotesi nello sviluppo del modello econometrico di misurazione del razionamento. Si possono citare ad esempio i contributi di Laffont-Garcia (1977), che si differenzia dal modello di Fair-Jaffee per il momento in cui avviene la modifica dei prezzi legata allo squilibrio di mercato, o quello di Bowden (1978a-1979b), nel quale la relazione di aggiustamento dei prezzi e disequilibrio che viene adottata è diversa da quella di Fair-
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Jaffee e presuppone che gli squilibri di mercato si verificano poiché, a causa dell’esistenza di costi di aggiustamento, i prezzi non si aggiustano istantaneamente al livello di equilibrio. Il secondo approccio, denominato metodo direzionale, consiste invece nel separare il campione in osservazione relative alla funzione di domanda o a quella di offerta. Per questo tipo di approccio, Fair-Jaffee hanno indicato tre diverse tecniche, tra le quali una di queste consiste nel metodo di massima verosomiglianza, che è stato meglio formulato in altro contributo chiave della modellistica di disequilibrio, ovvero quello Maddala-Nelson (1974). Esso rappresenta un contributo di grande importanza dal momento che dagli anni Ottanta in poi, in seguito agli importanti contributi sulla teoria del razionamento di equilibrio derivanti dall’approccio delle asimmetrie informative, la maggior parte delle indagini empiriche sul razionamento di equilibrio tramite analisi di serie temporali si sono basate sull’applicazione del metodo di verosomiglianza introdotto da questi due autori.
Maddala-Nelson proposero l’idea che l’equazione dei prezzi potesse essere stocastica, ovvero ∆𝑃𝑡 = 𝛾(𝐷𝑡− 𝑆𝑡) + 𝜇𝑡. Da questa ipotesi, e considerando le equazioni dalla (7) alla (9), la possibilità che l’osservazione 𝑄𝑡 provenga dalla domanda è:
(12) 𝜙𝑡 = 𝑝𝑟(𝐷𝑡 < 𝑆𝑡) = 𝑝𝑟(𝛼1𝑃𝑡+ 𝑋𝑡′𝛽1+ 𝑢1𝑡 < 𝛼2𝑃𝑡+ 𝑌𝑡′𝛽2+ 𝑢2𝑡) =
= 𝑝𝑟(𝑢1𝑡− 𝑢2𝑡 < 𝛼1𝑃𝑡+ 𝑋𝑡′𝛽
1− 𝛼2𝑃𝑡+ 𝑌𝑡′𝛽2)
Assumendo che 𝑓(𝜇1, 𝜇2) sia la funzione di densità aggregata di 𝜇1 e 𝜇2, 𝑔(𝐷, 𝑆) funzione di densità aggregata di 𝐷 e 𝑆, se l’osservazione 𝑄𝑡 giace sulla funzione di domanda, si avrebbe che 𝐷𝑡 = 𝑄𝑡 e 𝑆𝑡 > 𝑄𝑡. In tale caso, la densità condizionata di 𝑄𝑡 è pari a:
(13) ℎ(𝑄𝑡|𝑄𝑡 = 𝐷𝑡) = ∫ 𝑔( ∞
𝑄𝑡 𝑄, 𝑆)𝑑𝑆𝑡/𝜙𝑡 dove 𝜙𝑡 è uguale al numeratore
integrato rispetto a 𝑄𝑡 per l’intervallo compreso tra −∞ e +∞.
Nello stesso modo, se 𝑄𝑡 si trova sulla funzione di offerta, si verifica che 𝑆𝑡= 𝑄𝑡 e 𝐷𝑡> 𝑆𝑡. Perciò:
(14) ℎ(𝑄𝑡|𝑄𝑡 = 𝑆𝑡) = ∫ 𝑔(𝑄𝑡∞ 𝑄, 𝑆)𝑑𝐷𝑡/𝜙𝑡
Poiché 𝑄𝑡 giace sulla equazione di domanda con probabilità 𝜙𝑡 e sulla equazione di offerta con probabilità (1 − 𝜙𝑡), la densità non condizionale di 𝑄𝑡 risulta:
128 (15) ℎ(𝑄𝑡) = 𝜙𝑡ℎ(𝑄𝑡|𝑄𝑡 = 𝐷𝑡) + (1 − 𝜙𝑡)ℎ(𝑄𝑡|𝑄𝑡 = 𝑆𝑡) = ∫ 𝑔(𝑄∞ 𝑡 𝑄, 𝑆)𝑑𝑆𝑡+ ∫ 𝑔( ∞ 𝑄𝑡 𝑄, 𝑆)𝑑𝐷𝑡
Tenendo conto dell’equazione (28), la funzione di verosomiglianza è: 𝐿 = ∏ ℎ(𝑄𝑡 𝑡)
Una volta stimati i parametri del modello, risulta possibile stimare la probabilità che ciascuna osservazione stia sulla funzione di domanda o su quella di offerta, stimando 𝜙𝑡.
Nonostante l’importanza acquisita nella letteratura empirica del razionamento del credito, il metodo di indagine introdotto da Maddala-Nelson ha due limiti di fondo. Esso infatti, da un lato non permette l’isolamento del razionamento di equilibrio da quello dinamico, in quanto non permette di stabilire se gli eccessi di domanda siano temporanei o permanenti; dall’altro, non permette la quantificazione del razionamento di equilibrio. A causa di questi limiti, risulta problematico distinguere empiricamente le due forme di razionamento e pervenire ad una valutazione quantitativa di entrambe. Pittaluga (1991) suggerisce che tali limiti potrebbero essere superati specificando la funzione di offerta dei prestiti bancari, in modo da incorporare distintamente le variabili che colgono il razionamento di equilibrio e quelle che colgono il razionamento dinamico, in modo così da avere una misurazione del razionamento totale e delle sue componenti. Il superamento della commistione tra le diverse componenti del razionamento è molto importante al fine di valutare l’efficacia della politica monetaria e l’allocazione delle risorse. Infatti, se in un sistema si rileva l’esistenza di un ampio ammontare di razionamento di equilibrio, da un lato, è preferibile prendere a riferimento, nella conduzione della politica monetaria, il credito, anziché la moneta, dall’altro lato, è opportuno accertare quali siano gli operatori penalizzati dal razionamento, in modo da intervenire appropriatamente per ridurre i riflessi di una non desiderata allocazione delle risorse sul benessere sociale. Nel caso in cui in un’economia si rilevi la presenza di razionamento dinamico occorrerà tener conto, nell’esercizio della politica monetaria, del fatto che gli impulsi di tasso si trasmettono con ritardo e che nell’allocazione dei fondi si hanno distorsioni temporanee.