4. La letteratura empirica sul razionamento del credito
4.5 Gli sviluppi empirici più recenti sul razionamento del credito
La letteratura empirica sul razionamento del credito è molto ampia e si inserisce nel più generale ambito di ricerca dei financial constraints, ovvero in tutti quei casi possibili che in
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cui un’impresa si trova a dover affrontare vincoli finanziari, che possono essere legati alla liquidità, ma anche, per l’appunto, ad una ristrettezza nella quantità di credito. Le indagini che si collegano a questo ambito cercano di indagare circa le ragioni per cui alcuni agenti economici riscontrano difficoltà nell’accesso al credito ed i tratti quelle imprese che non ricevono finanziamenti.
Le evidenze empiriche riportate in questa parte del lavoro provengono da studi che hanno adottato il metodo di indagine delle survey, utilizzato nell’attività di reperimento dati, che viene abbinata ad un’analisi di tipo cross-section per l’analisi delle relazioni tra le variabili e per la stima econometrica. Solo tre contributi empirici tra quelli riportati, ovvero quello Calcagnini, Jacobucci e Ticchi (1998) e di Craig, Jackson e Thomson (2007) e Guiso (1998) utilizzano nella stima econometrica il metodo delle proxy.
Una prima tematica dibattuta nella letteratura empirica riguarda l’utilizzo della dimensione aziendale come possibile discriminante del razionamento, soprattutto nel contesto italiano fortemente caratterizzato dalla presenza di imprese di piccole e medie dimensioni (PMI). Gli studi teorici infatti indicano infatti il settore delle PMI quello maggiormente colpito dal fenomeno del razionamento del credito, a causa della presenza di alcuni fattori che difficilmente si ritrovano invece nelle imprese di grandi dimensioni. In particolare possono essere evidenziate tre motivazioni che sarebbero a supporto dell’evidenza teorica appena espressa. In primo luogo, nelle PMI risulterebbe problematico il processo di acquisizione delle informazioni dei progetti di investimento e di analisi delle capacità imprenditoriali, a causa delle maggiori asimmetrie informative. In secondo luogo, il credito verrebbe negato con più frequenza alle imprese di piccole dimensioni poiché queste presentano tassi di fallimento più elevati delle grandi, e di conseguenza i prestatori si troverebbero dinanzi una popolazione di imprese con una minore qualità media dei progetti. Infine, l’ultima motivazione della maggiore incidenza del fenomeno del razionamento sulle PMI riguarda il tema dei costi di monitoraggio, sia ex-ante che ex-post, i quali sarebbero più rilevanti nelle piccole e medie imprese, dal momento che questo genere di attività presenta economie di scala significative rispetto all’entità del finanziamento. Le motivazioni teoriche appena espresse si scontrano con alcune considerazioni che riguardano il rapporto effettivo tra creditore e debitore. Tali considerazioni intaccano alcune ipotesi di base sottostanti ai modelli di asimmetria informativa proposti dagli anni Ottanta in poi. L’intensa attività di monitoring svolta dalle banche proprio per ridurre le asimmetrie informative, la presenza di una eterogeneità di contratti di credito con una moltitudine di clausole volte ad eliminare i problemi di selezione avversa e azzardo morale, la natura di lungo periodo del rapporto tra
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banca-impresa e la rilevanza dei costi che un’impresa deve sostenere quando decide di interrompere la relazione che ha instaurato con un determinato operatore bancario rappresentano tutti degli aspetti che caratterizzano oggi giorno il rapporto prestatore- richiedente fondo e che metterebbero in discussione sia la presenza quanto l’importanza effettiva del fenomeno del razionamento del credito. I primi studi empirici sul razionamento hanno cercato di verificare l’ipotesi di secondo cui le PMI sono maggiormente interessate dal fenomeno del razionamento del credito cercando di portare in evidenza la significatività della generazione di fondi interni nelle funzioni di investimento delle imprese. Il presupposto di questo tipo di metodologia di indagine consiste dalla costatazione che le imprese di più piccole dimensioni, in virtù delle maggiori difficoltà nell’accesso ai mercati finanziari regolamentati, sopportano i maggiori vincoli di finanziamento e per tale motivazione farebbero quindi maggiormente uso dell’autofinanziamento e del debito a breve termine verso le banche. In questo senso, si può citare lo studio di Fazzari, Hubbard e Petersen (1988) che, con riferimento alle imprese statunitensi, trovano un sostegno empirico all’ipotesi espressa pocanzi. Tuttavia, la relazione che questi stessi autori trovano sembra variare in relazione ai diversi gruppi considerati in base alla loro propensione nella ritenzione degli utili, ma, anche se le imprese che sono maggiormente propense a conservare gli utili e a contar sull’autofinanziamento sono nel complesso più piccole della media, Fazzari Hubard e Petersen concludono che “l’ampiezza (dimensione) in quanto tale non sembra essere il fattore dominante nello spiegare perché le piccole imprese rientrino nella categoria caratterizzata da un’elevata quota di utili non distribuiti”, e, pertanto, non risulta con chiarezza se l’ipotesi per cui le imprese più piccole siano maggiormente soggette a vincoli finanziari sia verificata. Nel contesto italiano, una indagine sul razionamento ha seguito una via alternativa e più limpida. In particolare ci si può riferire al contributo di Calcagnini, Jacobucci e Ticchi (1998) (d’ora in poi C-J-T), i quali hanno utilizzato una metodologia di indagine molto più vicina al modello originario di Stiglitz-Weiss. Essi infatti, come nel contributo di Stiglitz-Weiss, evidenziano come la probabilità di razionamento del credito dipenda in modo cruciale dalla distribuzione dei progetti di investimento classificati in base al rendimento, ed in particolare, dalla lunghezza del tratto decrescente della curva di offerta dei prestiti. Come nel modello di Stiglitz-Weiss, C-J-T mettono rilevano che la curva di offerta non è monotonica rispetto al tasso di interesse per via della presenza dell’effetto di selezione avversa e che, il tratto decrescente della curva di offerta dei prestiti sarà economicamente più importante quanto più sarà lungo, in quanto sarà maggiore la probabilità di razionamento del credito. Gli autori dimostrano che la lunghezza del tratto
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decrescente della curva di offerta dei prestiti dipende dalla concentrazione e dall’asimmetria della distribuzione dei progetti in base al rendimento. Maggiore è la concentrazione, e maggiore è quest’ultima in corrispondenza di valori bassi del rendimento, tanto più lungo sarà il tratto decrescente della curva di offerta di prestiti, e di conseguenza, tanto più alta sarà la probabilità di razionamento del credito, poiché più grande sarà l’effetto di selezione avversa rispetto all’effetto reddito determinato da un aumento del tasso di interesse. C-J-T arrivano a risultati simili per l’asimmetria della distribuzione: maggiore è infatti quest’ultima verso destra, più lungo sarà il tratto decrescente della curva di offerta dei prestiti. Gli autori, dopo essere arrivati a queste considerazioni teoriche, testano le loro tesi su un campione di imprese di dimensione diversa, raggruppando queste ultime in tre classi dimensionali sulla base del numero di addetti. L’analisi da loro condotta si basa sui dati di bilancio e sui risultati dell’indagine di Mediocredito Centrale riferita alle imprese manifatturiere per il periodo 1990-1994. Come proxy del rendimento atteso, essi utilizzano il ROI medio per ogni azienda nel periodo di rifermento, calcolato tramite il rapporto tra margine operativo e capitale investito. Gli autori rilevano differenze tra il valore medio del ROI delle piccole imprese (quelle con un numero di addetti tra gli 11 e i 50 addetti) e quello delle imprese di altre dimensione, ma evidenziano anche come queste differenze nei tassi di rendimento non rappresentano una compensazione per il diverso grado di rischiosità delle imprese, dal momento che essi non trovano alcuna chiara relazione tra i valori del coefficiente di variazione, misurato dal rapporto tra deviazione standard e valore medio del ROI, e quelli dei rendimenti. Essi inoltre trovano che il parametro relativo alla concentrazione della distribuzione del ROI tende ad aumentare con le dimensioni delle imprese, e che di conseguenza, se il tratto decrescente della funzione di offerta delle banche esiste, questo risulta più lungo per le imprese di maggiori dimensioni rispetto a quelle di minori dimensioni. A parità di altre condizioni, quindi, la probabilità del razionamento del credito delle piccole imprese per gli autori non è più elevata di quella delle imprese più grandi, diversamente rispetto a quanto sostenuto dalla teoria. C-J-T concludono che la dimensione delle imprese non è sufficiente per valutare la probabilità di razionamento, in quanto le piccole imprese non hanno una probabilità più alta rispetto alle grandi di essere discriminate nell’accesso al mercato del credito. La conclusione a cui giungono risulta anche confermata dai risultati dell’indagine qualitativa di Mediocredito, secondo cui solo una modesta percentuale di imprese ha dichiarato di essere razionata, senza differenze significative tra piccole, medie e grandi imprese.
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Un altro contributo interessante al tema della dimensiona aziendale, ed in particolare alla tematica della conduzione di politiche ad hoc mirate al sostegno della piccola e media imprenditoria + quello di Craig, Jackson e Thomson (2007) (C-J-T da qui in avanti). Essi analizzano il legame tra il razionamento del credito e l’impatto dell’attività di prestito garantito dalla Small Business Administration (da ora in poi SBA) ai fini della crescita locale negli Stati Uniti d’America. La promozione delle piccole imprese è una pietra miliare della politica economica per un gran numero di paesi industrializzati. Il sostegno pubblico alle piccole imprese sembra basarsi sulla percezione diffusa che il settore delle piccole imprese sia un incubatore di crescita economica, un luogo dove avviene l'innovazione. I responsabili politici indicano inoltre abitualmente le piccole imprese come importanti fonti di crescita dell'occupazione: non sorprende, quindi, che vi sia una diffusa sostegno politico a programmi governativi, agevolazioni fiscali e altri sussidi volti a incoraggiare la crescita e lo sviluppo delle piccole imprese negli Stati Uniti e, sempre più spesso, in tutto il mondo. I responsabili politici sono sempre preoccupati quindi del fatto se le piccole imprese abbiano accesso o meno a un credito adeguato. Come già visto in precedenza, i prestatori possono essere riluttanti a finanziare le piccole imprese, o quelle con prodotti nuovi e innovativi a causa della difficoltà di valutare il rischio di tali prodotti a causa dei classici problemi nell’ottenimento di informazioni sufficienti delle parti coinvolte in una transazione e possono impedire alle imprese altrimenti meritevoli di credito di ottenere il credito. Uno specifico intervento governativo volto a migliorare il mercato privato del credito alle piccole imprese negli Stati Uniti è il programma di prestiti garantiti Small Business Administration (SBA). Quasi 20 milioni di piccole imprese hanno ricevuto aiuti diretti o indiretti dai programmi di finanziamento dell'SBA dal 1953.La logica delle garanzie sui prestiti dell’SBA risiede, oltre che sul generale riconoscimento circa la possibile incapacità del settore privato nell’allocare in modo efficiente le risorse alle imprese più meritevoli, nel fatto che le imperfezioni del mercato del credito possono portare a un razionamento del credito delle piccole imprese per quanto riguarda prestiti di lungo periodo che di solito finanziano quegli investimenti volti all’espansione del capitale. Le garanzie sui prestiti dell'SBA hanno le potenzialità per migliorare l'allocazione del credito fornendo un meccanismo di determinazione del prezzo dei prestiti indipendente dal comportamento del mutuatario. Riducendo la perdita prevista associata all'inadempienza, la garanzia aumenta il ritorno atteso del prestatore, senza comportare un aumento del tasso a cui è concesso il prestito. Con la garanzia, il prestatore è in grado di estendere proficuamente il credito a tassi di interesse inferiori a quelli dettati dal rischio medio, poiché la garanzia fornita aumenta la redditività
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del prestito riducendo le perdite per la banca nei casi in cui il ricevente fondo si dimostra inadempiente. Pertanto, le garanzie di prestito esterne contribuiscono a mitigare la selezione avversa. La legislazione che ha creato l'SBA è stata promulgata il 30 luglio 1953. Dal 1954, l'SBA ha concesso crediti commerciali diretti e ha garantito i crediti bancari alle piccole imprese ed è stata responsabile dell’assistenza tecnica e gestionale ali imprenditori e della istituzione di corsi di formazione aziendale. Riconoscendo che le istituzioni finanziarie private sono in genere migliori delle agenzie governative nel decidere quale finanziamento alle piccole imprese sottoscrivere, l' SBA ha iniziato ad allontanarsi a metà degli anni '80 dalle metodologie della concessione di prestiti diretti e si è avvicinata verso il processo la garanzia di prestiti privati. Oggi infatti SBA effettua prestiti diretti solo in seguito circostanze veramente speciali.
Le principali forme di attività dell’SBA nel mercato del credito sono i prestiti garantiti tramite il programma 7(a) e il programma di credito 504.
l programma di prestiti 7(a) è il più elementare e il più significativo di questi due programmi. Il suo nome deriva dalla sezione 7(a) dello Small Business Act, che autorizza l'agenzia a fornire prestiti alle piccole imprese statunitensi. Tutti i prestiti 7(a) sono concessi da finanziatori che sono chiamati partecipanti perché "partecipano" con l'SBA al programma 7(a). I prestiti 7(a) sono disponibili solo su base di garanzia. Ciò significa che sono concessi da finanziatori che scelgono di strutturare i propri prestiti secondo le richieste dell'SBA e che richiedono e ricevono una garanzia dall'SBA su una parte di questo prestito. L'SBA non garantisce integralmente i prestiti 7a, ma è solitamente compresa tra il 50 e l'85% dell'importo del prestito e la garanzia massima è di 1.000.000 dollari. Il mutuante e l'SBA condividono il rischio che il prenditore finale non sia in grado di rimborsare integralmente il prestito. La garanzia è una garanzia contro l'inadempienza di pagamento e non copre altre eventualità, quali decisioni imprudenti del debitore.
l programma di prestiti 504 rappresenta uno strumento di finanziamento a lungo termine per lo sviluppo economico all'interno di una comunità. Il programma 504 fornisce alle aziende in crescita finanziamenti a lungo termine a tasso fisso per le principali attività come terreni o edifici attraverso una società di sviluppo certificata (CDC). Una CDC è una società senza scopo di lucro creata per contribuire allo sviluppo economico della sua comunità. Le CDC collaborano con l'SBA e con i finanziatori privati per fornire finanziamenti alle piccole imprese e copre un'area geografica specifica (SBA 2004). In genere, un progetto 504 comprende un prestito di un finanziatore privato che copre fino al 50% del costo del progetto, un prestito del CDC (coperto da un'obbligazione garantita al 100% dall'SBA) che copre fino
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al 40% del costo e un contributo di almeno il 10% di capitale proprio della piccola impresa che viene aiutata. Il prestito della CDC garantito dall'SBA è di solito subordinato al prestito privato, che ha l'effetto di isolare il creditore privato dalle perdite in caso di inadempienza. Generalmente, un'impresa deve creare o mantenere un posto di lavoro per ogni 50.000 dollari forniti dall'SBA. L'obbligazione massima dell'SBA è di 1.000.000 dollari quando è finalizzato a soddisfare i criteri relativi alla creazione di posti di lavoro o un obiettivo di sviluppo della comunità e di 1.300.000 dollari quando è relativo alla soddisfazione un obiettivo di politica pubblica. Dalla struttura appena descritta, si può evincere da un lato l’importanza assegnata a questi provvedimenti, da un lato il grande impatto e la grande rilevanza che questi programmi di prestito possono avere sia per il credito alle piccole imprese sia per la crescita economica locale. Di conseguenza gli autori cercano di verificare, come quesito di ricerca, se le garanzie di prestito dell'SBA riducono le frizioni del mercato del credito per piccole imprese e se esiste una relazione tra misure delle attività di prestito garantite dall'SBA e la crescita economica locale, dal momento che i prestiti garantiti SBA sono in teoria mirati alla riduzione del fenomeno del razionamento del credito sui mercati dei prestiti. Per il loro fine, C-J-T utilizzano tre fonti di dati: quelli sui prestiti 7(a) e 504 garantiti da SBA dal 1991 al 2002, quelli sulle condizioni economiche dal National Bureau of Economic Research (NBER), dal Bureau of Economic Analysis (BLA) e dal Bureau of Labor Statistics (BLS) dal 1991 al 2001 ed infine quelli dal Federal Deposit Insurance Corporation’s annual summary of deposit data (SUMD), tutti aggregati a livello di mercato locale. Come variabile proxy delle condizioni economiche locali il reddito pro capite. Nella loro stima econometrica, gli autori trovano una piccola positiva e significativa relazione tra il livello dell’attività di prestito garantito dall’SBA nei mercati bancari locali e la crescita futura del reddito pro capite. Tuttavia C-J-T sottolineano che i loro risultati vanno presi con prudenza perché non sono stati in gradi di controllare l’ammontare dei prestiti alle piccole imprese a livello di mercato e, quindi, non sanno se le garanzie sui prestiti dell'SBA contribuiscono alla crescita completando il mercato o se sono semplicemente una approssimazione dei prestiti alle piccole imprese sul mercato. Inoltre essi ammettono di non essere stati in grado di testare se le garanzie dei prestiti SBA contribuiscono materialmente ad aumentare il volume dell’attività di prestito alle piccole imprese in un mercato.
Altre categorie di studi empirici si sono concentrati sull’analisi del razionamento prendendo come riferimento alcune tipologie di imprese, che si differenziano da altre per l’età, il tipo di attività o il tipo di struttura del management. A questo proposito, verranno in particolare riportati cinque contributi specifici: quello di Ferri, Murro e Pini (2020) che ha analizzato il
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razionamento nel contesto rappresentato dalle imprese a conduzione familiare (o Family Business), quello di Blumberg e Letterie (2008) che ha analizzato il fenomeno in relazione alle imprese e agli imprenditori entranti in un mercato e quelli di Guiso (1998), Savignac (2008) e Hall, Moncada-Paternò-Castello, Montresor e Vezzani (2015) i quali analizzano il tema più generale delle restrizioni finanziare sulle imprese e sulla la loro capacità di influenzare gli investimenti effettuati.
Il tema delle imprese a conduzione familiare (Family business o FB da ora) è molto importante, sia per quanto riguarda il contesto italiano che per quanto riguarda il contesto europeo. Emerge infatti che, in tutti i Paesi dell'UE per i quali è possibile costruire un indice di pesatura delle Family business sul totale del tessuto produttivo, la stima sulla presenza di aziende familiari è oltre del 66% In alcuni singoli Paesi, l'indice raggiunge valori massimi superiori, addirittura vicini al 90% per la Germania e l'Italia. Tuttavia, nonostante la loro capillare distribuzione in Europa, le FB sono viste con un certo grado di sospetto
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Vi è una presunzione nella letteratura teorica che nelle FB la proprietà e la conduzione familiare aumenti l’opacità informative di questo tipo di imprese, intensificando l’entità delle problematiche legate alla loro valutazione e delle problematiche di agenzia, danneggiando in certi casi i finanziatori esterni attraverso il tunneling (pratica espropriativa posta in essere dall’azionista di controllo ai danni degli azionisti di minoranza in un sistema di governance ,tipico dell’Europa continentale, benché non sconosciuto negli Stati Uniti e fondato su blocchi di controllo dominanti). La dannosità della conduzione familiare nel generare più problemi di agenzia che benefici di gestione legati all’elasticità e alla fluidità del processo decisionale per finanziatori esterni ed azionisti può dipendere anche dal grado di incorporazione della famiglia controllante. Si ritiene infatti che i benefici della gestione tendano a prevalere nelle fasi iniziali, quando il fondatore controlla l'azienda, mentre i problemi di agenzia prevalgano quando, nelle fasi successive, l'azienda cresce e le generazioni successive della famiglia si inseriscono nell'azienda. Per tutte queste motivazioni si ritiene generalmente che le FB siano svantaggiate nell'accesso al credito rispetto ad altre tipologie di imprese. Tuttavia, le prove a sostegno di tale presunzione sono, nella migliore delle ipotesi, ambigue. Una questione utile per analizzare il problema del razionamento del credito in questo contesto potrebbe risiedere sia nella disponibilità che nella capacità delle banche di sostenere le FB scenari economici contesto come quelli dei Paesi dell’Europa mediterranea (tra cui l’Italia), caratterizzati da crisi prolungate e debole ripresa. Due ordini di motivazioni potrebbero rendere le banche meno disposte a concedere136
credito alle aziende a conduzione familiare. In primo luogo, poiché la debole ripresa mantiene alti i livelli di rischio di credito e amplifica le problematiche sopra indicate, le banche potrebbero essere meno disposte del solito a concedere prestiti alle FB. In secondo luogo, i cambiamenti normativi potrebbero incentivare le banche verso investimenti finanziari piuttosto che su attività canoniche come l’erogazione il credito, e, come conseguenza, molte di esse potrebbero essere abbandonando il loro tipico modello di gestione e la loro tecnologia di concessione di credito denominato “Relationship banking”. Berger e Udell (2006) definiscono una tecnologia di prestito come "una combinazione unica