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Gli sviluppi microeconomici del rapporto tra credito ed informazione

3. Gli sviluppi della teoria del razionamento del credito

3.1 Gli sviluppi microeconomici del rapporto tra credito ed informazione

Il legame tra la distribuzione dell’informazione e la disponibilità di credito ha portato alla considerazione di tematiche relative alle motivazioni sottostanti il comportamento delle imprese, da lato della domanda, e sulle funzioni e sulla ragionevolezza dell’attività delle banche, dal lato dell’offerta. Questi sviluppi possono essere inquadrati in tre filoni di analisi: decisioni di finanziamento nell’ambito della finanza d’impresa, giustificazioni teoriche sull’attività di intermediazione finanziaria e struttura dei mercati finanziari secondo il legame che si instaura tra banca ed impresa

La letteratura sulla finanza di impresa ha come uno dei suoi capisaldi l’analisi delle problematiche che discendono dall’informazione asimmetrica interessano, per quanto riguarda il lato delle imprese, il loro l’accesso al finanziamento. Esse infatti, tranne che nei mercati con informazione perfetta dove l’applicazione di adeguati premi al rischio permette la differenziazione tra richiedenti fondo, devono affrontare un trade-off riguardante la possibilità di rivelare le proprie informazioni. Trasferire al mercato le informazioni sensibili riguardanti il proprio progetto di investimento rappresenta il modo più immediato per

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superare al gap informativo tra finanziatore e agente finanziato e ridurre, così, il costo del finanziamento. Tuttavia, questa scelta strategica può sicuramente sottendere al contempo delle insidie, in quanto può svelare ai competitors i piani e programmi futuri di sviluppo di una rivale. Questo secondo aspetto rappresenta una delle ragioni principali per cui gli imprenditori possono trovare conveniente la scelta di non divulgare parte dell’informazione in loro possesso, anche a costo di subire un aggravio sui costi di finanziamento derivante dal maggior rischio per il prestatore per via dalla scarsità dell’informazione utili per l’attività di screening anteriore dell’erogazione del credito. Il trade-off appena descritto ha generato importanti sviluppi che riguardano sia il lato dell’impresa quanto quello dei creditori. Dal lato dell’impresa, gli studi si sono concentrati sulla rilevanza dei metodi di finanziamento per la determinazione del valore dell’impresa, sull’indipendenza delle decisioni di finanziamento e sulle relazioni tra creditori, azionisti e manager d’impresa. Dal lato dei creditori sempre più attenzione è stata riservata alla conclusione per cui la presenza dell’attività di intermediazione finanziaria si possa dimostrare una soluzione ottimale di second best per la risoluzione dei problemi di finanziamento. La prova a conferma di questa tesi consisterebbe nel fatto che la presenza di un intermediario consentirebbe all’impresa di rivelare tutta o parte dell’informazione al creditore, senza che questa informazione possa diventare di dominio pubblico.

In generale, le decisioni finanziarie delle imprese si possono distinguere in decisioni di investimento che riguardano i progetti da intraprendere, decisioni finanziarie, che si concentrano sulle modalità con cui finanziare i progetti scelti e decisioni sui dividendi, inerenti alla remunerazione del capitale azionario. L’approccio neoclassico, dominante in questo ambito fino agli anni 80’ e delineato dal famoso contributo di Modigliani-Miller del 1958, ha di fatto tolto importanza alle decisioni sui modi di finanziamento e alle decisioni sulle scelte dei dividendi, in quanto ha sostanzialmente dimostrato l’indipendenza delle decisioni di investimento dalle modalità di finanziamento. L’irrilevanza della struttura finanziaria dell’impresa comporta, come conseguenza rilevante, l’indifferenza dell’impresa per le modalità di finanziamento: emissioni di azioni, di obbligazioni, credito o autofinanziamento rappresentano di fatto modalità di finanziamento equipollenti dal punto di vista dei redditi futuri. Il teorema di Modigliani-Miller ha anche generato due forti implicazioni a livello di sistema economico: i fenomeni monetari e finanziari sono neutrali e non rilevanti rispetto a quelli reali e gli intermediari finanziari non hanno alcuna ragione di esistere in assenza di imperfezioni di mercato.

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Tuttavia, le riflessioni successive all’approccio classico hanno portato all’evidenziazione che il framework teorico introdotto non riusciva a spiegare le motivazioni che spingessero le imprese a preferire l’utilizzo del debito. Mediante prima la rimozione di due ipotesi fondamentali del modello, l’assenza di imposte e costi di fallimento, e mediante poi la rimozione dell’ipotesi di informazione completa e simmetrica sui redditi passati e futuri dell’impresa, gli economisti sono riusciti a fornire ragioni razionali circa la pratica delle imprese di diversificare le fonti di finanziamento, giustificando al contempo l’esistenza degli intermediari finanziari.

L’approfondimento degli studi basati sull’esistenza di informazione asimmetrica ha portato allo sviluppo di una serie di tematiche che hanno contribuito ridefinire la prospettiva riguardo le modalità di finanziamento di un’impresa in una prospettiva più ampia ed organica. La teoria delle relazioni di agenzia ha evidenziato come tra l’impresa condotta o da un imprenditore o da un management, ed i suoi finanziatori possono svilupparsi diversi tipi di rapporto principale-agente: tra azionisti e management, tra creditore e management, tra creditore e proprietari. Dal momento che i finanziatori non hanno possibilità di controllare le decisioni dell’imprenditore o del management, dopo che questi ha ricevuto i fondi e che il possibile comportamento sleale di coloro che dirigono l’impresa può manifestarsi in forme diverse, a seconda se il finanziatore sia anche proprietario o meno i costi di agenzia, ovvero quei costi che devono essere sostenuti al fine di promuovere un comportamento corretto, saranno diversi per azionisti e creditori, e di conseguenza ci saranno differenze tra il finanziamento tramite emissioni di azioni e il finanziamento tramite la contrazione di un credito.

L’approfondimento del tema riguardante le difficoltà per il mercato nella distinzione tra richieste di finanziamento di progetti a basso rischio o ad alto rischio (informazione nascosta) ha evidenziato la possibilità che si generino fenomeni di selezione avversa. Il prezzo delle azioni o delle obbligazioni delle imprese sarà il riflesso della qualità media degli emittenti. Imprese di buona qualità potranno vendere titoli ad un prezzo più basso rispetto al vero valore di mercato ed imprese di cattiva qualità potranno venderli ad un prezzo più alto. In tale situazione, le imprese di buona qualità possono trovare conveniente mandare un segnale sulla redditività dei propri progetti. Questo segnale deve avere un costo positivo affinché possa risultare credibile. La richiesta e l’ottenimento di un finanziamento da un intermediario può essere interpretato come un segnale di solidità che consente all’impresa un ricorso successivo al mercato a condizioni migliori.

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Lo sviluppo delle tematiche sulla distribuzione asimmetrica dell’informazione, intimamente legato alla impossibilità nella realtà di poter stipulare contratti completi, ha dato origine alla letteratura sull’assegnazione dei diritti di controllo. Tali diritti vengono attribuiti per affrontare le situazioni non delineate dai contratti. Forme diverse di finanziamento comportano differenti attribuzioni: agli azionisti con diritto di voto spettano decisioni fondamentali su investimenti e produzione, mentre i creditori acquisiscono diritti di controllo solo in caso di bancarotta. È quindi possibile determinare le condizioni in cui i contratti di finanziamento sono ottimali, partendo dalle preferenze delle parti coinvolte e dalle prospettive dell’impresa nei futuri stati del mondo.

Da queste considerazioni, deriva che le diverse fonti di finanziamento non sono equivalenti per l’impesa. I fondi interni sono preferiti ai fondi esterni, e tra questi ultimi, il debito viene preferito (in genere) alle azioni. La non perfetta sostituibilità delle fonti di finanziamento mette in risalto il fatto che una riduzione dei crediti concessi dalle banche non può essere così facilmente bilanciata da una richiesta di fondi ai mercati finanziari poiché per molte imprese, soprattutto per quelle più piccole, questa operazione è particolarmente costosa, oltre che difficilmente immaginabile, cosicché esse risultano dipendenti dagli intermediari bancari.

L’altra considerazione conclusiva riguarda l’architettura dei mercati finanziari. Se si considera l’asimmetria informativa come un elemento immutabile e strutturale nei mercati, si possono ritenere opportuni e validi tutti cambiamenti che sono stati apportati al fine di ripensare totalmente la teoria dei mercati finanziari sotto le ipotesi di concorrenza perfetta e ipotesi uniformemente distribuita. In questo senso, la grande espansione contemporanea dei mercati finanziari nazionali ed internazionali può essere considerata come una scelta che ha ampliato la fragilità e l’instabilità dei mercati, i quali non riuscendo ad avere la necessaria informazione, richiedono premi per il rischio elevati e si concentrano sui finanziamenti a breve temine. Questa visione contraddice il pensiero secondo cui il processo di dilatazione dei mercati non sia altro che una naturale evoluzione dei sistemi finanziari, tendente ad una sempre maggiore efficienza ed all’estensione dei rapporti diretti tra finanziatori ed imprese. Si può affermare che queste due visioni rappresentano le facce di una stessa medaglia: l’una implica l’altra, e solo un organo terzo, capace di veicolare le preferenze sociali, può comporre delle gli interessi delle parti in gioco al fine di garantire migliore efficienza nei processi e una riduzione del gap informativo nei mercati responsabile di alti premi per il rischio.

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Gli sviluppi teorici che hanno rimosso la distribuzione simmetrica dell’informazione hanno generato un rinnovato interesse per lo studio dell’esistenza degli intermediari finanziari, del loro ruolo e della loro rilevanza, cosa che sia nel tradizionale approccio walrasiano sia nell’approccio di altri studiosi come Tobin, non era presente. In questi studi, infatti, la sola presenza degli intermediari non trovava alcuna giustificazione razionale, se non nell’esistenza di frizioni destinate a scomparire in mercati sempre più efficienti. L’esistenza degli intermediari ha potuto così trovare giustificazione nella motivazione che colui che concede credito che ha bisogno di controllare il debitore e deve affrontare costi che tali controlli comportano. Dal momento i modelli di asimmetrie informative dimostrano che il rapporto di credito è un tipo di rapporto in cui l’informazione non è disponibile in eguale misura per tutti i partecipanti, la presenza dell’intermediario diventa imprescindibile qualora il suo ruolo contribuisca alla riduzione dei costi di controllo, rappresentando così una soluzione ottimale al problema del finanziamento.

La letteratura sulle economie di scala nell’acquisizione dell’informazione è molto vasta. Uno dei primi contribuitiè quello di Leland e Pyle (1977). Tale modello si concentrava su situazioni di asimmetria informativa ex-ante, ovvero situazioni in cui le informazioni disponibili prima che un contratto sia stipulato sono riservate. Questo modello ha evidenziato l’interesse di coloro che richiedono fondi (che sono più informati di coloro che hanno disposizione risorse da prestare) a mentire sulla qualità dei loro progetti. Per evitare il fenomeno della selezione avversa, le imprese aventi i progetti migliori da finanziare risulteranno interessate a segnalare la propria qualità, ad esempio investendo capitale proprio nel progetto. Se sussistono economie di scala nell’attività di raccolta di informazioni, allora potrebbero nascere imprese che producono e poi vendono informazioni agli investitori sul mercato, imprese che svolgono contemporaneamente la funzione di raccolta di informazioni e di erogazione del finanziamento, ovvero gli intermediari finanziari, e che hanno accesso ad informazione riservate e trasformano tale informazione in un bene privato, incorporandola nei rendimenti dei propri portafogli. La presenza di un intermediario, da una parte garantisce una soluzione al problema della trasmissione dell’informazione tra due operatori, dall’altra sposta a monte e a valle il problema riguardante l’affidabilità dell’informazione stessa. Dal punto di vista dell’intermediario, è necessario verificare la qualità dell’informazione fornita da colui che richiede dei fondi, e, allo stesso tempo, per coloro i quali acquisiscono diritti di credito dall’intermediario, è necessario avere la certezza che l’intermediario a propria volta disponga di buone informazioni. I meccanismi di

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segnalazione, oppure il processo di costruzione nel tempo di una buona reputation possono eliminare queste problematiche.

Un altro studioso che si è interessato sul ruolo degli intermediari finanziari è Diamond (1984). Egli invece si è concentrato su situazione di asimmetria informativa ex-post, ovvero delle situazioni in cui si manifesta la necessita di controllare il debitore, il modo in cui impiega i fondi ricevuti, le strategie e l’impegno a portarle avanti ed infine i risultati dichiarati. Secondo questo autore, i depositanti delegano alla banca la funzione di monitoraggio sulle azioni dell’impresa. Avendo i costi di monitoraggio delle economie di scala, la funzione di monitoraggio giustifica l’esistenza degli intermediari finanziari. Il costo della delega, ovvero il costo sopportato dai depositanti per la valutazione dell’affidabilità dell’intermediario, può risultare trascurabile se il contratto che i finanziatori stipulano con l’intermediario è un contratto di debito e se l’intermediario diversifica il rischio del proprio portafoglio di attività. Tramite la diversificazione, la legge dei grandi numeri garantisce un rendimento medio certo dal finanziamento dei progetti con rendimenti indipendenti e, quindi, risolve il problema dell’informazione asimmetrica tra deleganti ed intermediario. I lavori appena citati, pur fornendo solide motivazioni riguardo l’esistenza degli intermediari finanziari chiarendone anche il ruolo, non sono stati in grado di specificare se le banche siano titolari o meno di una propria specificità che permetta di distinguerle dagli altri intermediari finanziari. Secondo Fama (1985) e Goodhart (1987) la specificità della banca sta nel fatto che quest’intermediario sia in possesso nel proprio portafoglio di attività non negoziabili, il cui valore di mercato non può essere validato in ogni istante in quanto i prestiti incorporano una quantità di informazione di natura riservata. A differenza degli altri intermediari, i quali entrano in possesso delle informazioni tramite principalmente i mercati, la banca, le cui passività hanno natura monetaria, prende le informazioni riservate in modo continuo durante tutto il rapporto di credito poiché esse risultano incorporate nel normale circuito di pagamenti dell’impresa. In conseguenza di quanto appena detto, la banca può svolgere nel modo migliore la funzione di monitoraggio. Il credito bancario risulta conveniente soprattutto per le piccole imprese, che così non devono sopportare gli alti costi connessi all’accesso ai mercati dei capitalo, ma anche per le grandi imprese, che utilizzano i finanziamenti ricevuti dalle banche come segnale di affidabilità. Di conseguenza, il vero elemento di specificità dell’attività bancaria risiede nei rapporti fiduciari, non eliminabili a causa dell’asimmetria informativa, su cui si fondano sia l’attivo che il passivo. Essi sono anche la ragione più importante che sta alla base della loro fragilità: le banche infatti sono

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sempre sottoposte al rischio di fuga dai depositi, e possono essere anche l’epicentro di crisi generalizzate.

Lo studio dell’efficienza del legame a lungo termie che si crea tra una banca e suoi creditori può essere usato come discriminante per classificare le varie tipologie di sistemi bancari e per analizzare l’efficienza dei sistemi finanziari che nel complesso ne derivano. In merito a questo punto, si possono distinguere due classi di sistema bancario prevalenti: il sistema bancario di tipo tedesco-giapponese ed il sistema bancario anglosassone. Il primo si basa su un rapporto esclusivo tra l’impresa e una sola banca, ed ha i suoi punti forza nella stabilità e disponibilità dei capitali per lo sviluppo. Il secondo invece si fonda su relazioni non esclusive dell’impresa con più banche o dell’impresa con i mercati finanziari e su una netta separatezza tra mondo dell’industria e mondo della finanza, ed ha tra i suoi punti di forza l’assenza della problematica relativa la fatto che intrecci troppo stretti tra banche ed imprese possano comportare a vere e proprie forme di controllo nell’uno o nell’altro senso, così come è accaduto in sistemi tedeschi-giapponesi. La letteratura tradizionale, che segue principalmente lo schema neoclassico, sottolinea i pericoli insiti nei legami forti che si possono creare tra banca e impresa, e guarda alla concorrenza dei prezzi e alla maggiore efficienza come principali vantaggi dei mercati finanziari e delle transazioni non mediate. Secondo questo pensiero, il processo di evoluzione dei mercati può essere immaginato come una linea che va in un solo senso, verso un progresso ed un’efficienza sempre maggiori. Essa parte con una prima fase, in cui le banche sono preponderanti nel processo di trasferimento del risparmio agli investimenti, verso una seconda fase, in cui i mercati diventano il canale principale di trasmissione dei fondi, il processo di securitization del credito si espande sempre di più e in cui gli intermediari, la cui esistenza si ritiene dovuta solo alla presenza di imperfezioni, tendono a scomparire. Sull’altro versante teorico, molti autori hanno rilevato in primo luogo che il processo di evoluzione verso mercati finanziari molto espansi porta con sé delle insidie, principalmente rintracciabili nell’ instabilità dei mercati finanziari, dovuta al fatto che gli operatori guardano molto di più ai rendimenti finanziari piuttosto che alle variabili reali sottostanti e ad attività speculative piuttosto che produttive. Inoltre, la considerazione del fatto che i mercati finanziari sono fortemente condizionati dalla distribuzione dell’informazione, attribuisce alle banche un ruolo ventrale, non eliminabile poiché derivante da aspetti difficilmente correggibili dei mercati. I diversi tipi di sistemi finanziari possono invece essere interpretati come forme istituzionali che si sono sviluppate nel tempo sulla base di fattori storici, economici, politici, e non per forza devono essere considerati uno la prosecuzione temporale dell’altro.

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La contrapposizione formale, alla luce di quanto espresso, fra intermediari e mercati sembra eccessiva, poiché queste due forme istituzionali dovrebbero essere del tutto complementari per consentire un aumento degli strumenti finanziari a disposizione, che consenta a propria volta una più efficiente allocazione dei fondi ed un efficace controllo di proprietà nelle diverse realtà, nelle diverse situazioni informative e tenendo conto dei diversi interessi in gioco.