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I modelli a là Hodgman con rigidità esogena del tasso di interesse

2. Gli sviluppi teorici del razionamento del credito

2.3 I modelli a là Hodgman con rigidità esogena del tasso di interesse

serie di studi che hanno tento di identificare le ragioni di tipo microeconomico che giustificassero un fenomeno di razionamento non basato sul prezzo. Il primo di questi lavori si deve a Hodgman (1960). Egli infatti ha evidenziato come le spiegazioni fornite al tempo per il razionamento erano basate sull’ipotesi di rigidità dei prezzi imputabili a fattori esogeni e, nel suo lavoro intese dimostrare che, se si assume l’esistenza del rischio di insolvenza, la curva di offerta dei prestiti per alcuni clienti può diventare del tutto inelastica al tasso di interesse. La sua spiegazione è fondata esclusivamente sulla natura rischiosa dell’investimento e sulla distribuzione delle perdite in caso di fallimento. Nel suo modello la banca possiede delle informazioni soggettive (beliefs) concernenti la distribuzione dei ricavi derivanti da un investimento di dimensione fissa. Hodgman assume inoltre che il settore bancario sia competitivo e che la banca richieda un rapporto minimo fisso, 𝑀, tra guadagni attesi e perdite attese in caso di fallimento. Data l’assunzione di competitività, il rapporto minimo 𝑀 diventa il massimo richiesto in equilibrio. Le tesi di Hodgman possono essere rappresentate in un quadrante cartesiano, con in ordinata il tasso di interesse ed in ascissa la dimensione del credito, così come nella figura 1.

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Si può mostrare infatti che, per ogni tasso d’interesse, esiste solo una dimensione del prestito che garantisca alla banca il rapporto 𝑀 tra guadagni e perdite attese. Per valori bassi sia della dimensione del prestito, sia del tasso di interesse la dimensione del prestito richiesto cresce attese e ciò dà luogo ad una normale curva di offerta inclinata positivamente. Tuttavia esiste una combinazione di tasso d’interesse e dimensione del prestito, che garantisce alla banca il rapporto desiderato, in cui la banca stessa si appropria del ricavo totale derivante dal progetto in tutti gli stati del mondo (il contratto 𝑋 nella figura 1). Esiste di conseguenza una dimensione massima del prestito, 𝑎𝑥, che la banca può concedere, che dipende dalla sua valutazione soggettiva della distribuzione dei ricavi, indipendentemente dalla disponibilità del mutuatario a pagare un tasso di interesse più elevato per ottenere un prestito di dimensione maggiore. Nella porzione di spazio al di sopra del contratto 𝑋 nessun incremento del tasso di interesse può compensare le maggiori perdite attese derivanti da un allargamento della dimensione del prestito e, pertanto, la curva di offerta di prestiti diventa completamente inelastica. Secondo Hodgman che la curva di domanda interseca l’offerta nel suo tratto inelastico. In tal caso, dal momento che per gli imprenditori il contratto 𝑋 è sempre preferibile al contratto 𝐴 in ragione del minor tasso di interesse, e per via del fatto che l’utilità attesa degli intermediari non risulta influenzata dal livello del tasso d’interesse al di sopra di 𝑟𝑥 essendo già questo livello il limite in cui la banca si appropria di tutti i ricavi, il contratto di equilibrio in un mercato competitivo è proprio 𝑋.

Il lavoro di Hodgman ha dato origine negli anni successivi alla sua pubblicazione ha subito diverse critiche su due aspetti specifici. Il primo riguardava il rapporto minimo tra guadagni e perdite attese richiesto dalla banca sembrava, il quale veniva giudicato come un criterio assolutamente arbitrario, dal momento che non era fondato né su un comportamento massimizzante della banca né su alcuna assunzione particolare sull’atteggiamento nei confronti del rischio. Il secondo aspetto riguarda il risultato di equilibrio raggiunto nel modello. Per tutti i contratti situati sopra il contratto di equilibrio 𝑋, data la distribuzione dei ricavi soggettiva della banca, la banca stessa si appropria dell’intero ricavo sia in caso di fallimento che in caso di successo del progetto. L’intuizione che la curva di domanda intersechi la curva di offerta nel suo tratto verticale assume implicitamente una diversa più ottimistica valutazione della distribuzione dei ricavi da parte dell’imprenditore, poiché, altrimenti, egli non sarebbe disposto ad accettare un contratto in cui perderà senza dubbio l’intero capitale proprio.

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Nel modello del “razionamento del credito in senso debole” di Freimer e Gordon (1965), gli autori, ponendosi da una prospettiva leggermente differente, cercarono di determinare la dimensione del prestito considerata ottimale dalla banca. Il modello di Freimer e Gordon può essere rappresentato in quadrante cartesiano con in ordinata il tasso di interesse ed in ascissa la dimensione ottimale del prestito, questa volta indicata con 𝐿, così come figura 2.

Partendo dalla struttura delineata da Hodgman con dimensione fissa dei progetti, Freimer e Gordon assunsero come ulteriori ipotesi che la banca fosse un soggetto neutrale al rischio e che vi fosse una distribuzione uniforme dei ricavi. Gli autori suggerirono che un intermediario sarebbe stato disposto a concedere prestiti di maggiore dimensione a tassi crescenti solo fino ad un certo limite dipendente dalla rischiosità del progetto: così come aveva intuito Hodgman, il risultato dipendeva dal fatto che se la dimensione ottimale del prestito fosse cresciuta indefinitamente con il tasso d’interesse, ad un certo punto un la banca si sarebbe appropriata dell’intero ricavo atteso e, di conseguenza, tale soglia non poteva essere raggiunta in equilibrio. La curva di offerta che gli autori hanno individuato, di conseguenza, differiva da quella delineata da Hodgman. Essa, nel tratto iniziale, ovvero per tassi di rendimento prossimi al livello di tasso sicuro 𝑟𝑠, risultava inclinata positivamente così come nel precedente contributo. Con l’aumentare del tasso di interesse la dimensione ottimale del prestito cresceva però solamente fino ad un certo punto. Oltre tale punto, e quindi con ogni tasso più elevato, la curva di offerta si ripiegava su sé stessa e la dimensione del prestito comincia a ridursi. La giustificazione di questo andamento dipendeva dal fatto che ad ogni tasso di interesse superiore al tasso d’interesse critico i maggiori guadagni che la banca avrebbe ottenuto negli stati buoni del mondo tramite un prestito più grande non avrebbero comunque compensato le maggiori perdite che avrebbe sofferto negli stati peggiori del mondo e, di conseguenza, la dimensione ottima del prestito sarebbe diminuita.

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Il razionamento per Freimer e Gordon si sarebbe manifestato ogniqualvolta la curva di domanda non risultava consistente con la curva di offerta così delineata, come nel caso della 𝐷𝐹𝑀 nella figura 2.

Come ha bene puntualizzò Jaffee (1971) la sola esistenza di una curva di offerta con un tratto negativamente inclinato in sé stessa non poteva risultare sufficiente a giustificare la possibilità di razionamento.