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Colloqui in profondità con portatori di interesse 1 Narrazione come modalità di rilevazione

Capitolo IV: L’agency dell’infanzia nelle relazioni di cura

11. Colloqui in profondità con portatori di interesse 1 Narrazione come modalità di rilevazione

Nel pormi rispetto alla raccolta delle informazioni con i portatori di interesse, il fine perseguito non è stato tanto il trovare risposte individuali a quesiti specifici e strutturati, quanto il conoscere e rilevare – per poter mettere a confronto – pratiche del quotidiano attraverso cui – per dirla come Favretto e Zaltron (2015:50) –“cogliere gli elementi che, a parere dei narranti, caratterizzano il vissuto nella malattia e consentono di cogliere le competenze e le risorse a cui hanno attinto per fronteggiare i vincoli, le contingenze, le incertezze imposti dai differenti contesti di vita” e di malattia.

Adottando questa impostazione, la narrazione si è profilata come una modalità ‘naturale’ con cui – asserisce Vicarelli (2016) – “ricostruire l’esperienza soggettiva della malattia, entro una struttura temporale e di significato che faccia luce sui condizionamenti culturali e sociali cui (i soggetti) appartengono”.

Per raccogliere dati in forma di narrazione, il colloquio in profondità si è prefigurato come la tecnica specifica più adatta in quanto – sostengono Cinotti e Cipolla (2003:93) “permette di conoscere… comportamenti, atteggiamenti c opinioni delle persone” favorendo “una produzione spontanea di contenuti, emozioni e cognizioni”98 con cui

sviluppare analisi riguardo aspetti tematici assai poco affrontati in letteratura.

11.2 L’identificazione dei soggetti da intervistare

L’identificazione di soggetti da intervistare ha comportato una significativa mole di riflessione. Nel corso della ricerca, anche ma non solo, man mano che l’impostazione teorica e metodologica prendeva forma, il profilo di chi sarebbe stato opportuno coinvolgere è mutato innumerevoli volte.

Nonostante le difficoltà di reperimento fossero state messe in conto fin dall’inizio della ricerca, durante il percorso la questione ha assunto una problematicità molto superiore al previsto. La questione verrà argomentata diffusamente al par. 14.2, in quanto il reperimento dei portatori d’interesse ha costituito l’ostacolo principale della ricerca sul campo.

Riguardo il profilo degli interpellati, tralasciando la cronistoria dei numerosi cambiamenti apportati ai connotati del ‘partecipante tipo’, gli individui con cui sono stati condotti i colloqui sono stati:

- Soggetti che fossero nati tra il 1991 e il 2005 – quindi appartenenti alla fascia d’età 13-28.

- Soggetti appartenenti a entrambi i sessi – mantenendo quanto più possibile un equilibrio tra maschi e femmine.

- Soggetti che fossero (stati) parte di una famiglia in cui uno degli altri membri sia stato malato di tumore mentre loro erano minorenni (o che avevano iniziato il percorso oncologico quando loro erano under-18, indipendentemente da quando questo si fosse concluso).

- Soggetti il cui familiare a suo tempo malato di cancro doveva essere fuori dal protocollo terapeutico e fossero trascorsi cinque anni dal momento del fine-terapia (o dal decesso) – per evitare situazioni ad eccessiva emotività dovuti a un’esperienza di malattia ancora in pieno corso o a un lutto relativamente recente.

98 Arcidiacono, 2010, http://www.federica.unina.it/lettere-e-filosofia/psicologia-sociale-

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- Soggetti reperibili nell'area metropolitana bolognese.99

In conclusione, i 16 soggetti aderenti ai colloqui sono state persone giovani e giovanissime che hanno vissuto l’esperienza di malattia oncologica di un familiare mentre erano minori di età.100

11.3 Scelta della modalità di conduzione: permissiva, ma guidata

La scelta della modalità più ‘libera’ – più colloquiale – per condurre le interviste è risultata coerente con la mia volontà di ricerca preposta all’esplorare ciò che non si sa, piuttosto che alla verifica di qualcosa che si suppone.

Al fine di garantire una conduzione che fosse al contempo omogenea e strategica, invece che una griglia in quanto tale, ho sviluppato una prima guida di intervista che ho sottoposto a pilotaggio prima di impiegarla in maniera sistematica.101

Nonostante il numero di colloqui previsti – tra i 15 e i 20 – fosse relativamente ridotto, in considerazione della giovane età dei soggetti da intervistare, nonché della sensibilità dei temi da trattare, ho ritenuto necessario realizzare almeno due test: uno con un soggetto di fascia d’età giovane – 21 anni – e l’altro con soggetto di età molto giovane: 15 anni.

In entrambi i casi, il test ha permesso di verificare la funzionalità e adeguatezza della guida, nonché di indicare alcuni ‘ritocchi’ riguardo la modalità di conduzione specifica, soprattutto inerenti la verbalizzazione di concetti complessi che sono stati semplificati.

11.4 Impostazione della guida di intervista

Nel definire i criteri per impostare la conduzione, ho optato per l’approccio che Cinotti e Cipolla (2003:94) definiscono “permissivo”; proteso cioè alla realizzazione di un colloquio che fosse libero per il partecipante, per quanto guidato – con sensibilità – da un ricercatore disposto ad accogliere tutto quanto il soggetto intervistato avrebbe scelto di condividere.

Di conseguenza, il livello di strutturazione che ho sviluppato ha previsto un’alta soglia di negoziabilità (Gobo, 1997:186-187), in primis per contenere la questione inerente all’asimmetria di ruoli che tratto nel par. 14.3; ma soprattutto perché l’auspicio della rilevazione era di raccogliere come principale materiale d’analisi delle narrazioni.

Con questa impostazione, lavorando allo sviluppo della guida per i colloqui, mi sono posto verso le esperienze di malattia come quell’organizzazione del pensiero umano imperniata sui quattro nuclei concettuali di Kleinman (1988:233):

1. La scoperta e riconoscimento dei sintomi 2. L’idea culturalmente mediata della malattia 3. Il suo significato personale ed interpersonale 4. I modelli interpretativi adottati

Va riconosciuto che lo psichiatra newyorkese – autore di punta della narrative-based

medicine – faceva riferimento a un vissuto di malattia che venisse narrato soprattutto dal

paziente. La propensione a un’analisi che permetta di individuare “l’intreccio e i meccanismi retorici che – come in qualunque racconto – sono alla base della costruzione

99 La ricerca non aveva connotazioni di carattere territoriale, né pretese di rappresentatività: la ragione

dietro a questo criterio è stata di natura prettamente logistico-metodologica, non volendo ricorrere a interviste a distanza che deteriorassero la qualità del materiale raccolto, né potendo garantire capacità di spostamento oltre il territorio metropolitano.

100 Il sommario – ovviamente anonimo – dei partecipanti ai colloqui in profondità viene presentata nel

capitolo VII, par. 1.

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della trama” (Kleinman, 1988:233) ha rappresentato però un assunto molto calzante anche per uno studio che, come il mio, volesse rilevare la narrazione dell’intervistato rispetto alla malattia vissuta da un – significativo – qualcun’altro.

Su queste basi, al fine di creare le condizioni per raccogliere materiale quanto più possibile pertinente, è stato utile fare riferimento alle cornici della narrazione utilizzate da Favretto e Zaltron (2013:52-54).

Nella ricerca “Mamma non mi sento tanto bene”102 le due autrici hanno analizzato il

ruolo attivo dei bambini nelle pratiche riguardanti la salute e la malattia, improntando la rilevazione dei dati sulla raccolta di narrazioni prodotte nell’alveo delle seguenti dimensioni:103

1. “Presa di coscienza” del malessere, della «trasformazione» da parte del medico del malessere in sintomo, della fase d’accertamento diagnostico, della comunicazione della diagnosi e dell’inizio della relativa gestione dell’accertata patologia.

2. “Percorso trattamento”: per ricostruire accadimenti, forme di negoziazione e pratiche di normalizzazione messe in atto dai soggetti al momento del ricovero in ospedale, nel periodo immediatamente precedente l’intervento, al risveglio post- operatorio, al periodo di degenza successivo all’intervento, alle dimissioni. 3. “Percorso gestione”; riguardo le pratiche di normalizzazione della vita quotidiana

e quelle di cura e di follow-up.

4. “Percorso delle significanze”: con riferimento a fatti ed attori che i soggetti intervistati ritengono significativi nella composizione della loro esperienza di malattia.

5. “Percorso di valutazione”: per compiere una valutazione soggettiva ex post dell’esperienza così da individuare i possibili cambiamenti – riguardo se stessi, la vita quotidiana, le persone vicine – intervenuti come conseguenza dell’emergere della malattia.

Come per molti degli studi da cui ho tratto i riferimenti teorici ed empirici più significativi, anche quest’ultimo progetto era incentrato su chi era malato. Ciò nonostante, ritengo sia l’impostazione teorica, sia l’approccio metodologico assolutamente calzanti e funzionali per ricerche che – come la mia – invece pongano la centratura sui soggetti che vivono affianco alla persona che è affetta dalla patologia.

Necessariamente, ho adattato il ‘peso’ di ciascuna delle cinque cornici di cui sopra alle caratteristiche della mia indagine, nonché a quelle dei soggetti che avrei intervistato e così, durante i colloqui, mentre la prima cornice – della presa di coscienza – è stata trattata con incidenza marginale, e mentre del “percorso trattamento” sono emerse solo le grandi linee, i narranti hanno posto molta enfasi sulle altre tre dimensioni.

I ragazzi e le ragazze mi hanno raccontato con dovizia di particolari le pratiche di normalizzazione della loro vita quotidiana, di quella di chi era malato e della famiglia nel suo insieme, nonché condiviso aspetti rilevanti in merito a fatti ed attori che sono stati significativi per la composizione della loro esperienza.

Come verrà approfondito nel capitolo VII in cui sviluppo e documento l’analisi, particolare enfasi è stata rivolta alla cornice della ‘valutazione dell’esperienza’ e

102 Titolo completo: Mamma, non mi sento tanto bene: la salute e la malltia nei saperi e nelle pratiche

infantili.

103 La denominazione delle “cornici” 4 e 5 è mia e non delle autrici, in quanto non esplicitamente formulata

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soprattutto degli importanti cambiamenti, anche simbolici, che essa ha comportato nel sistema di relazioni famigliari.

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