Capitolo VI Identificazione, analisi e affinamento delle cornici tematiche: la fase empirica preliminare
4. Risultanze delle interviste ai testimoni significat
L’adattamento in itinere delle categorie analitiche da affrontare con i testimoni significativi, mi ha permesso di perfezionare in progress una categorizzazione di dimensioni che – come suggerito da Seale et al. (2004:80) – mi mettesse nella condizione di identificare i concetti da approfondire nella seconda fase empirica.
Il volume di informazioni evinto dalle interviste è stato ragguardevole e, nell’insieme, sono stati innumerevoli ed eterogenei gli spunti (e gli elementi di motivazione) espressi per successivi progetti di ricerca. Quanto scaturito è stato fondamentale e determinante per la realizzazione e il completamento della fase empirica e forse, la presentazione condensata che qui se ne propone, può non rendere giustizia all’imprescindibile contributo fornito dagli intervistati.
In un’ottica di ottimizzazione espositiva, però, ho ritenuto più efficace limitarmi a riportare solo gli elementi principali che, emersi dalle interviste, mi hanno poi permesso di costruire la griglia di conduzione per i colloqui in profondità con i portatori di interesse e quindi, soprattutto, le aree tematiche da approfondire con l’analisi vera e propria.
In estrema sintesi a fine introduttivo, tutti i soggetti consultati hanno confermato che quando un cancro colpisce un parente in famiglia, i membri più giovani tendono ad essere
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emarginati all'interno del sistema di relazioni familiari. Mentre, per quanto riguarda le aree tematiche specifiche, le seguenti sono emerse come determinanti per l’impostazione della fase empirica successiva:
• L’influenza del tipo di parentela che lega il minorenne a chi è malato.
• Le caratteristiche e gli effetti – anche collaterali – della modalità terapeutica seguita.
• Le semantiche della illness tendenzialmente adottate in famiglia. • La rappresentazione dell'infanzia dominante tra i membri del nucleo.
4.1 Il tipo di parentela
“Quando qualcuno in una famiglia soffre di cancro, ogni membro risulta affetto psicologicamente ed emotivamente; più giovane è l'età, più profonda è la conseguenza sulle sue relazioni.” (S2#, ASL, Supporto psicologico - focus tumore al seno)
Il bambino può interagire con la persona che soffre di cancro come (i) figlio / figlia / nipote o (ii) come fratello. Riguardo la prima categoria – come ha sottolineato un intervistato – “La sofferenza di un genitore è sempre un'esperienza devastante per tutta la famiglia e ha i peggiori effetti sui membri più giovani a causa dei meccanismi più intensi di identificazione con la figura genitrice.” (S1#, ONG, Supporto medico e psicologico alle famiglie)
Numerosi degli esempi segnalati hanno riguardato la cura del cancro al seno, dal momento che diversi testimoni significativi hanno evidenziato come la mastectomia implichi conseguenze simboliche e fisiche che possono deteriorare lo sfondo su cui vengono intrattenuti i rapporti umani che le donne mantengono, compresi quelli con i loro figli.
D'altra parte, sebbene il gruppo dei fratelli sia quantitativamente meno rilevante, quando fratelli e sorelle fanno parte di uno scenario di cancro pediatrico, emergono conseguenze relazionali di estrema complessità quali, per esempio, le instabili dinamiche interagenti sui fratelli in seguito alle pratiche inerenti i trapianti allogenici o i percorsi in tal senso tentati. “Quando un bambino soffre di cancro, il disagio emotivo che il fratello deve affrontare si intensifica a causa del senso di colpa che influenza il rapporto con i genitori. Il carico diventa insopportabile quando il bambino è direttamente coinvolto nell'esperienza del trapianto” (F3#, ONG, Supporto integrato a famiglie con bambini in oncologia)
Secondo i professionisti in contatto con le famiglie, i genitori di bambini con malattie critiche tendono a escludere i fratelli dalle pratiche di cura. “La determinazione dei genitori, in particolare delle madri, può trasformarsi in una crociata contro la malattia annichilendo tutto il resto a detrimento della relazione con gli altri bambini.” (C1#, ONG, Supporto psico-oncologico)
4.2 Il percorso terapeutico
“Alcune terapie hanno effetti collaterali negativi quanto la malattia stessa e possono portare a paure di recidiva che influiscono molto sui rapporti familiari.” (S3#, ASL e ONG, Oncologia e supporto alle famiglie con malati di cancro)
La maggior parte degli intervistati ha affermato che le modalità della terapia rappresentano un elemento in grado di influenzare molto la relazione con i soggetti di età inferiore ai 18 anni in base ai diversi livelli di interruzione della vita familiare. Pratiche meno invasive, trattamenti più brevi, interventi chirurgici con reazioni contenute, nonché terapie con conseguenze fisiche e/o psicologiche relativamente moderate sono state
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riportate come implicanti un impatto ridotto sull’eterovissuto di malattia di bambini, bambine e adolescenti: “finché il tumore viene curato in strutture ambulatoriali, il soggetto continua in qualche modo a essere funzionale nella solita routine familiare.” (S2#, ASL, Supporto psicologico - focus tumore al seno)
D’altra parte, patologie che richiedono lunghi ricoveri con assenze ricorrenti da casa, così come interventi chirurgici mutilanti – con tutti i disagi che ne conseguono – alterano le capacità relazionali del soggetto e si traducono in gravi impatti soprattutto sul benessere psicologico dei più giovani. Come sottolineato, “i bambini all'interno di una famiglia con qualcuno in radioterapia percepiscono il disagio che colpisce gli altri membri e capiscono che qualcosa di serio sta succedendo. Nel fingere la normalità, gli adulti costringono i bambini a vivere l'esperienza in una solitudine spaventosa che influenza lo sviluppo della loro identità e - a lungo andare - il benessere di tutta la famiglia.” (S1#, ONG, Supporto medico e psicologico alle famiglie)
Inoltre, come un altro soggetto ha riportato: “non sapendo nulla della malattia e del suo decorso, il bambino – per esempio – può pensare che le condizioni della madre che segue una chemioterapia adiuvante peggiorino, basandosi solo su quelli che sono gli effetti visibili e sgradevoli proprio mentre, in realtà, lei sue condizioni cliniche stanno migliorando.” (D1#, ASL, Oncologia e cure palliative)
4.3 La semantica della illness eterovissuta in famiglia
“Nella nostra cultura la malattia è un tabù. Eppure, la vita e la morte sono cose naturali; dovrebbero essere accettate come parte dell'esistenza quotidiana e discusse con i bambini di conseguenza.” (F2#, ONG, Supporto medico e psicologico alle famiglie)
La maggior parte dei testimoni significativi ha sottolineato che il livello di volume e intensità del coinvolgimento dei bambini nella cura di familiari con un cancro è determinata in gran parte dal significato che gli adulti attribuiscono alla situazione. Con riferimento alla dimensione analitica della semantica dell’illness definita da Maturo115 e
assieme a lui adattata per questa tesi come argomentato nel capitolo IV (par. 9), il significato che le persone attribuiscono alla malattia dell’altro come condizione orienta le decisioni su come affrontare le implicazioni che essa comporta sul sistema relazionale. Secondo gli intervistati, il concetto di cancro che in prevalenza viene condiviso tra il pubblico e i professionisti risente ancora di una forte influenza degli approcci, delle semantiche e delle rappresentazioni caratteristiche dell’approccio biomedico. “Noi medici ci concentriamo esclusivamente sul polmone che sviluppa il cancro invece di concentrarci sulla signorina Rossi che è una persona con due figli, un marito, una professione E un cancro ai polmoni.” (D1#, ASL, Oncologia e cure palliative). Di conseguenza, "il rapporto tra medico e paziente è ancora quello che si instaura tra un soggetto che sa cosa è meglio fare e un soggetto che deve in obbedienza conformarsi facendo meno domande possibile.” (A1#, Ente territoriale, Programmazione politiche sociosanitarie)
La rappresentazione della malattia come patologia secondo i meri standard biometrici porta a considerarla una questione che può essere gestita solo da professionisti della salute, gli unici dotati di una conoscenza conseguita da decenni di studio e sufficientemente esperta da escludere di fatto qualsiasi soggetto di giovane età la cui istruzione è ancora necessariamente in corso. Tale asimmetria si riflette anche nel micro- sistema famigliare in cui la malattia risulta quasi sempre inclusa tra le questioni gravi alla
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cui gestione i bambini non possono partecipare perché intrinsecamente incapaci di apportare contributo.
Per quanto riguarda l'assistenza sanitaria, ciò si traduce nelle relazioni affette da disequilibrio tra la persona malata e il/la caregiver, protagonisti di uno scenario, quello della cura, sul quale bambini, bambine e adolescenti sono tenuti a fare un passo indietro, se non a uscirne proprio, nonostante tocchi loro assistere ogni giorno a ciò che sta accadendo e, indirettamente, subire le significative conseguenze sulle varie sfere del mondo di vita quotidiano.
“I bambini percepiscono il loro contesto! Sentono le emozioni alterate e soffrono di ciò che non possono capire. Indipendentemente da ciò che viene detto, indipendentemente da ciò che pensiamo di loro.” (S1#, ONG, Supporto medico e psicologico alle famiglie)
4.4 Le rappresentazioni dell'infanzia sulla scena di cura
“In nessun modo informerò i bambini del mio cancro: non possono gestirlo... I genitori ci dicono così e spesso noi medici concordiamo, supportiamo l'atteggiamento.” (D1#, ASL, Oncologia e cure palliative)
La rappresentazione dell'infanzia consolidata nel XX secolo è descritta criticamente come l'età dell'innocenza e della vulnerabilità (Favretto, 2017:14, Lansdown, 1994:22, Ronfani, 1995:36). Tale ideale utopico sembra persistere anche tra le famiglie con cui gli operatori si confrontano: “i genitori continuano a comportarsi come se i bambini avessero sempre bisogno di essere salvati da un dolore che non sopportano e da cui dovrebbero essere protetti ad ogni costo.” (S2#, ASL, Supporto psicologico - focus tumore al seno)
La tendenza di molti genitori ad eludere il confronto con bambini, bambine e adolescenti per quanto riguarda le questioni sensibili, conduce a condividere informazioni spesso costituite da metafore fuorvianti e/o da verità parziali; che confondono le menti e, di conseguenza, le relazioni.
“Davanti ai loro figli, i genitori fingono che tutto vada bene fino a quando non è troppo tardi e le condizioni critiche sono troppo ovvie. Questo può andare avanti per anni fino a quando - tutto ad un tratto - i bambini cresciuti nell'oscurità devono affrontare e accettare quanto sono cambiati coloro che amano.” (V1#, Scuola, Insegnamento elementare)
I testimoni significativi che hanno a che fare su base pressoché quotidiana con le famiglie, riportano di soggetti adulti pazienti o caregiver che scelgono di evitare il coinvolgimento dei loro bambini perché “sottostimano convinti le risorse interiori dei più piccoli, tanto quanto la loro capacità di adattarsi alle difficoltà.” (F2#, ONG, Supporto medico e psicologico alle famiglie)
Come hanno confermato gli intervistati, i genitori spesso non sanno come gestire il complesso confronto e non riescono a capire cosa dire, né come dirlo. In buona sostanza, quello che manca alla loro comprensione è il perché dirlo, essendo ancora convinti che i bambini non debbano essere coinvolti a causa della mancanza di capacità implicita alla loro minore età. Pur tuttavia, “quando non sono disponibili altre opzioni, quando non c’è altra scelta, ai bambini si può finire per richiedere un impegno in misura anche eccessiva e loro diventano costretti ad assumere responsabilità che sono inadeguate per la loro età.” (C1#, ONG, Supporto psico-oncologico)
Quale che sia lo scenario di riferimento, si tratta di interpretazioni e impostazioni relazionali inadeguate e inopportune in quanto implicano una trascuratezza dei bisogni specifici dei bambini e le accresciute problematicità ricorrenti nel rapporto intergenerazionale tra i bambini e i familiari che hanno a che fare con il cancro.
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“Il modo in cui si affronta la malattia determina come si affrontano la crisi in generale. Lasciare i bambini al di fuori, ammesso che sia davvero possibile che al di fuori riescano a starci, impedisce loro di apprendere attraverso l'esperienza e questo può compromettere la loro capacità di interagire con gli altri membri della famiglia anche in situazioni di normalità.” (D1#, ASL, Oncologia e cure palliative)