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Da compatenti a competenti: quanto e cosa l’infanzia è in grado di fare “Un individuo è competente non solo perché possiede risorse, ma soprattutto

Capitolo IV: L’agency dell’infanzia nelle relazioni di cura

6. Da compatenti a competenti: quanto e cosa l’infanzia è in grado di fare “Un individuo è competente non solo perché possiede risorse, ma soprattutto

perché sa utilizzarle in modo consapevole e adeguato a contesti specifici.”77

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Senza avventurarmi nella prolifica letteratura che approfondisce il concetto di cosa costituisca una competenza e, soprattutto, di come sia possibile svilupparne (sfruttarne) al meglio la sostanza, con il termine faccio qui riferimento alla definizione di Le Boterf, il quale ritiene la competenza “Un insieme, riconosciuto e provato, delle rappresentazioni, conoscenze, capacità e comportamenti mobilizzati e combinati in maniera pertinente in un contesto dato” (Le Boterf, 2008:74).

Possiamo pertanto considerare ‘risorse’ le rappresentazioni, le capacità e i comportamenti nel momento in cui, esse attraverso, l’individuo acquisisce la possibilità e la facoltà di gestire o affrontare in maniera efficace delle situazioni. Nello specifico del tema di salute, è da ritenersi rilevante come competenza, l’esser in grado di adattarsi a un ambito mutato dalla rottura biografica mediante il ricorso ad abilità e conoscenze che permettano di risolvere la difficoltà o per lo meno di meglio gestirne gli effetti. Non è questo il caso dell’interpretazione della ‘competenza infantile’ che invece viene adottata né per formulazione e attuazione delle politiche di pertinenza, né per le scelte relazionali ed educative compiute dagli adulti nella prassi quotidiana.

Come evidenziato anche da Francesca Zaltron durante uno dei rari convegni italiani sul tema78 è impossibile determinare una definizione di competenza valida per tutti gli ambiti, soprattutto riguardo l’infanzia, in quanto le rappresentazioni ad essa relative sono in costante mutazione, al mutare delle differenti fasce d’età, dei rispettivi contesti attuativi e delle specifiche situazioni con riferimento alle quali dette rappresentazioni sono prodotte e/o adottate.

L’approccio interpretativo auspicato, anche a questo proposito, è quello descritto nel capitolo III, mediante il quale si riconosce a bambine, bambini e adolescenti lo status di attori sociali in grado di trasformare il mondo di cui sono parte anche sulla base delle competenze di cui dispongono o che possono sviluppare, intendendo per competenze infantili-adolescenziali “l’insieme di risorse sociali e relazionali di natura intrapersonale e interpersonale che i bambini mostrano, costruiscono, negoziano e trasformano nel corso delle interazioni quotidiane con gli adulti e tra pari.”79

La negoziazione è qui un elemento chiave ed implica presenza e riconoscenza di alterità; essa implica contesto. Pertanto, riconoscere i vincoli contestuali delle competenze dell’infanzia rispetto allo scenario di cura, comporta la considerazione del differenziale di potere che caratterizza la definizione e il riconoscimento delle competenze stesse. Tanto che al proposito, Lupton (2012:24) ritiene che l'esigenza di rinnovare le riflessioni riguardanti la distribuzione e l'articolazione del potere negli atti di cura sia divenuto oltre che evidente, ormai necessario.

L’assumere l’infanzia come “insieme di relazioni sociali negoziate nell’ambito del quale vengono vissuti i primi anni della vita umana,”80 comporta rapportarsi a

concetti caratterizzati da un elevato dinamismo e una costante mutazione. Le competenze di bambine, bambini e adolescenti – evidenziano Favretto et Al. (2017:51) – “prendono forma e mutano nel corso delle interazioni; esse non corrispondono soltanto a un insieme di risorse che strutturano il percorso di crescita…

78 “Il diritto “partecipato” alla salute. Bambini, adolescenti e adulti tra protezione e partecipazione.”

Convegno organizzato da LABSIA (Laboratorio Salute Infanzia Adolescenza) dell’Università del Piemonte Orientale, Alessandria, 24 novembre 2017.

79 Baker, 1998:52.

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ma anche a un insieme di capacità differentemente spese nel corso del qui e ora del quotidiano.”

Come ricordato di recente da Stefania Fucci81 – le possibilità e le opportunità che

vengono riconosciute ai bambini dipendono però, non solo dalle competenze che i bambini detengono, ma da ciò che di esse viene riconosciuto da parte degli adulti: uno dei fattori più decisivi per tale determinazione è costituito dall’età dei bambini/adolescenti ‘sotto esame’.

In linea con quanto si è cercato di elaborare nel paragrafo precedente, per esempio, durante la loro ricerca sociologica in ambito di salute pediatrica, Favretto e colleghe (2017:208) hanno rilevato come la quasi totalità degli adulti, per lo meno quelli interpellati durante la fase empirica, ritenga che sia soprattutto sulla base delle diverse soglie temporali che è possibile stabilire se e quanto i bambini siano in grado di comprendere ciò che riguarda le varie patologie.

Mentre il pensiero comune (e anche molto di quello sociologico) sembra in gran parte concordare sulla rilevanza dell’età come primaria determinante del saper agire del soggetto, non sembra sussistere un pensiero unico – o almeno un insieme di coerenti prospettive – riguardo quali siano le diverse soglie anagrafiche a cui corrisponderebbero diversi livelli di capacità.

Come sottolinea Zeiher (2001:38), è mediate un dibattito intra-familiare – a difformi livelli di esplicitazione e multilateralità – che si definisce quanto e se un bambino o una bambina siano in grado di svolgere un determinato compito, nonché quanto e se ciò da essi sia atteso, quanto e se ciò sia ad essi permesso. Dopotutto, come sostiene Mayall (2015:15), la casa – qualsiasi casa - “… is where negotiations and even battles are fought about power and about how far ascribed characteristics and status are accepted by the players.”

Il processo viene connotato da meccanismi di causa ed effetto rispetto ad elementi quali l’età dei soggetti interessati, la rappresentazione di questa che prevale nel dominante sistema di valori, nonché le modalità con cui tale rappresentazione viene interpretata nel condurre la relazione adulto-bambino in tema di salute.

Neanche nelle situazioni in cui il modello dominante di relazione adulto-bambino è di natura adultocentrica, detta correlazione è completamente ‘data’, né interamente unilaterale, tanto che l’assegnazione dei compiti di cura – diretti o indiretti – viene stabilita di volta in volta sulla base del punto di equilibrio raggiunto dalla negoziazione tra dipendenza dell’infanzia e detenzione del potere, la quale – sostiene Zeiher (2001:41) – rende la divisione dei compiti e delle funzioni all’interno di una famiglia un processo sociale in continua mutazione.

Sulla stessa linea di pensiero è anche Rapley (2008:431), il quale ritiene le decisioni relative alle pratiche di cura, non tanto il frutto di attività cognitive compiute in solitudine, ma piuttosto azioni distribuite tra e composte da un eterogeneo insieme di attori e di fattori.

Come da posizione concettuale raffigurata al par. 2, secondo l’assioma dominante però, bambine, bambini e adolescenti – in quanto non ancora dotati di un Pmin – si auspica che restino al margine di questi processi, in quanto soggetti in grado di apportare solo materiale conoscitivo ininfluente, in quanto dotati e portatori di una

81 “Il diritto “partecipato” alla salute. Bambini, adolescenti e adulti tra protezione e partecipazione.”

Convegno organizzato da LABSIA (Laboratorio Salute Infanzia Adolescenza) dell’Università del Piemonte Orientale, Alessandria, 24 novembre 2017.

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cultura che in materia di salute e malattia è – ancora una volta a priori – ritenuta inutile (Favretto e Zaltron, 2013:189).

Invece che attori sociali dotati di competenze, soggetti meramente ‘compatenti’, oggetti relazionali passivi nella condizione tutt’al più di ‘soffrire insieme’ a chi è malato.

Al contrario – come verrà invece trattato nel capitolo dedicato all’analisi empirica – “riflettere sulle competenze infantili in tema di salute e malattia, implica indagare la genesi sociale delle competenze attraverso le quali i bambini conferiscono senso, fronteggiano l’esperienza dell’essere malati” (Favretto et Al., 2017:140) e conferiscono senso alla rottura biografica che la malattia comporta.

7. Rottura biografica eterovissuta, interdipendenze familiari e agency

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