• Non ci sono risultati.

2. La cooperazione: il punto di partenza e la forma fondamentale del modo di produzione capitalistico

2.8 Il comando dispotico del capitale

Come si è indicato, Marx ha accennato al controllo del capitalista nel processo lavorativo già nel capitolo V. Se, in quel contesto, l’operaio lavora controllato dal capitalista, perché quest’ultimo ha paura di sprechi di materie prime e del logorio degli strumenti di lavoro, nel capitolo XI, i timori sono maggiori e di altro tipo. Se, in origine, il comando del capitale sembra soltanto una conseguenza formale data dal fatto che il lavoratore lavora, non più per se stesso, ma per (e sotto) il capitalista, nel momento in cui vi sono un gran numero di lavoratori, il comando è necessario, «diviene esigenza imprescindibile dello svolgimento del processo lavorativo, vera e propria condizione della produzione».171 Seguiamo gli esempi forniti: Marx paragona l’autorità del capitalista a quella di un generale sul campo di battaglia o a quella di un direttore d’orchestra. Infatti, il capitalista si è reso conto di dover controllare il lavoro di un gran numero di lavoratori attraverso «una direzione, che assicuri l’armonia delle attività

170 Ibidem. 171 Ibidem.

43

individuali e assolva le funzioni generali derivanti dal movimento del corpo produttivo globale in quanto distinto dal movimento dei suoi organi autonomi».172 Continuando con il parallelismo con il mondo della musica classica, Marx sostiene che un singolo violinista possa autodirigersi, mentre l’orchestra, corpo collettivo, abbisogni di un direttore. Quando il lavoro assume una forma cooperativa, il capitale acquisisce una nuova funzione di «guida, sorveglianza e mediazione».173 Dato il numero di operai che lavorano insieme e contemporaneamente, il rischio per il capitalista è quello di ritrovarsi davanti ad un gruppo che ha molta più resistenza e forza nei confronti del capitale. Questo significa che la funzione di direzione non è soltanto una funzione particolare del capitalista che consegue dal lavoro sociale, ma «è anche funzione dello sfruttamento di un processo

lavorativo sociale e quindi risultato dell’inevitabile antagonismo tra lo sfruttatore e la

materia prima del suo sfruttamento».174 È fondamentale, dunque, non solo la funzione di

controllo che permette lo sfruttamento del capitalista sul singolo operaio, ma anche e soprattutto, la funzione di sfruttamento del processo lavorativo sociale di cui il capitalista ha compreso l’importanza. Quest’ultima funzione amplifica l’antagonismo che si crea tra il capitalista e il lavoratore e, di conseguenza, non fa nient’altro che aumentare il controllo che il primo ha sul secondo, anche riguardo a come il lavoratore utilizza i mezzi di produzione e il materiale di cui si serve per lavorare. Marx, in nota175, commenta la testimonianza del giornale Spectator, dove si afferma che, a partire dagli anni Quaranta dell’Ottocento, proprio in Inghilterra, nacquero delle consociazioni o cooperative di consumo tra capitalisti ed operai, con l’intento di ovviare ad alcuni problemi, uno fra tutti quello del controllo. Secondo la fonte, grazie al fatto che i lavoratori sentivano di rovinare qualcosa che era anche loro, diminuì lo sciupio e lo spreco dei materiali, producendo meno perdite. Sempre a detta del giornale, un’altra novità fu l’enorme miglioramento delle condizioni dei lavoratori: Marx si esprime con un deciso «Quelle horreur!»176, sottolineando così il suo dissenso verso quella falsa e propagandistica affermazione.

Marx ha condotto il lettore a considerare come la cooperazione dei lavoratori sia, di fatto, un effetto del capitale: è il capitale che li impiega insieme e nello stesso tempo. Essi non sono legati gli uni agli altri, non hanno scelto di essere un corpo collettivo, ma la loro unione e cooperazione dipende da qualcosa che sta al di fuori di essi: è nata dal e con il

172 Ivi, p. 456. 173 Ibidem. 174 Ibidem. 175 Nota b, Ibidem. 176 Ivi, p. 457.

44

capitale. Marx aggiunge: «Perciò la connessione reciproca fra le loro operazioni si erge di fronte agli operai salariati idealmente come piano, praticamente come autorità del capitalista, potere di una volontà estranea che sottomette la loro attività ai fini propri».177

Il comando e la direzione capitalistica hanno per Marx, rispetto al contenuto, una duplicità: in primo luogo, il processo lavorativo è sociale per dare vita a delle merci, in secondo luogo, serve per valorizzare il capitale. Se invece si guarda alla forma, all’interno della produzione capitalistica, si nota il suo carattere dispotico. Nel lavoro cooperativo la

forma dispotica acquisisce più importanza e specifiche manifestazioni. Siccome la

cooperazione si sviluppa su una scala sempre più vasta, la sorveglianza ed il controllo devono raggiungere un numero maggiore di operai. Per questo motivo, il capitalista inizia a delegare questa funzione dispotica ad alcuni dei suoi lavoratori salariati. Come spiega Marx, continuando con l’esempio militare, se un esercito abbisogna di militari di grado inferiore e superiore, così avviene anche all’interno della fabbrica. Vi sono:

ufficiali superiori ed inferiori industriali (dirigenti, managers i primi; sorveglianti,

foremen, overlookers, contre-maîtres i secondi), che comandano in nome del

capitale durante il processo lavorativo e il cui lavoro di sorveglianza si consolida in funzione loro esclusiva.178

Riguardo al tema del comando, ritengo utile riportare alcune considerazioni di Bellofiore. Egli nota come la questione, nel Capitale, sia sviluppata maggiormente da Marx proprio nei capitoli che vanno dall’XI al XIII. Bellofiore sottolinea come il comando sia diventato una «necessità interna al capitale»179: è indispensabile controllare

i lavoratori. Infatti, il comando non è soltanto una reazione ai possibili conflitti e all’antagonismo che si sviluppa tra il capitale e la classe lavoratrice, ma è la condizione grazie alla quale il capitale può continuare, come un vampiro180, a succhiare il lavoro vivo.

177 Ibidem. 178 Ibidem.

179 R. Bellofiore, C’è vita su Marx. Il Capitale nel bicentenario, p. 45.

180 Cfr. S. Zuboff, Il capitalismo della sorveglianza. Il futuro dell’umanità nell’era dei nuovi poteri, LUISS University Press, Roma 2019. L’opera analizza la sorveglianza agita dal capitale nello scenario economico-politico attuale: siamo controllati e manipolati attraverso i dati. Zuboff utilizza l’immagine marxiana del vampiro: «Il capitalismo della sorveglianza è intimamente parassitico e autoreferenziale. Rimanda alla vecchia immagine di Karl Marx del capitalismo come un vampiro che si ciba di lavoro. C’è però una svolta inattesa. Il capitalismo della sorveglianza non si ciba di lavoro, ma di ogni aspetto della vita umana» (ivi, p. 8).

45

Tomba mette in luce, invece, a partire dall’analisi del capitolo V sul processo lavorativo, l’impersonalità del comando nel modo di produzione capitalistico. Seguendo il suo ragionamento:

Non è la brutalità del padrone a regolare il ritmo dello sfruttamento, ma la produttività del lavoro socialmente necessario per come esso si impone nella concorrenza fra capitali. […] In questo senso aveva ragione un vecchio militante comunista quando afferma che «la bestia e l’azienda, non il fatto che abbia un padrone».181

È indubbio, dunque, che il modo di produzione capitalistico abbisogni di controllo, presupposto necessario ancora ai giorni nostri. Si tenga in considerazione, però, che la funzione di comando può essere esercitata in modo diversi, anche lasciando, paradossalmente, più autonomia e libertà ai lavoratori. Heinrich, ad esempio, spiega che:

in the case of skilled trades, it frequently proved to be more advantageous to motivate employees to voluntarily bring in their experiences and performance capabilities through a high level of autonomy, rather than forcing them to do so through constant pressure and supervision. But the consequences of this autonomy for employees are usually just as destructive as the old despotic forms, except that this destruction is now self-organized.182

Si potrebbero riportare molti casi paradigmatici del mondo del lavoro odierno in cui l’apparente autonomia del lavoratore lo porta ad essere connesso 24 ore su 24, 7 giorni su 7, per controllare la casella di posta elettronica o videochiamare dall’altra parte del mondo, continuando a lavorare anche nel suo tempo libero. Iacono183 sostiene che il

comando dispotico del capitale continui ad esercitarsi oggi in forme diverse, in modo particolare nel far credere al lavoratore, con l’inganno, di essere imprenditore di se stesso. Infatti, una serie di nuove introduzioni del capitale, quali l’automazione, la disseminazione della divisione del lavoro e della produzione in diversi paesi del mondo, lo smartworking, così come i lavori a chiamata e i lavori autonomi, hanno dato al singolo

181 M. Tomba, «La bestia è l’azienda, non il fatto che abbia un padrone». Commento al quinto capitolo del Capitale, pp. 254-255. La frase usata da Tomba è di Bordiga: A. Bordiga, I fondamenti del comunismo rivoluzionario marxista nella dottrina e nella storia della lotta proletaria internazionale, in «Il programma comunista», V (1957), n. 13, pp. 3- 4.

182 M. Heinrich, An Introduction to the Three Volumes of Karl Marx’s Capital, trad. en. A. Locascio, Monthly Review Press, New York 2012.

46

l’illusione di essere libero e manager di se stesso, nonostante di fatto resti, perlomeno in buona parte, sottopagato, flessibile e precario.

Giunto a questo punto dell’argomentazione, Marx, sempre parlando di controllo, avanza una riflessione sul modo di produzione precapitalistico. Egli spiega che, confrontando il modo di produzione di contadini o artigiani indipendenti con quello delle piantagioni schiavili, l’economista borghese sia giunto a ritenere la funzione di controllo come una delle spese improduttive (faux frais de production). Infatti, precedentemente, per il singolo contadino proprietario che lavorava per se stesso non c’era bisogno di sorveglianza. Quando poi, lo stesso economista borghese, si trova a guardare al modo di produzione capitalistico, comprende che la funzione direttiva, originata dal processo lavorativo sociale e cooperativo, è data dallo stesso carattere antagonista del processo capitalistico. Per Marx: «Il capitalista non è capitalista perché dirigente industriale, ma assurge a capitano d’industria perché capitalista. Il comando supremo nell’industria diventa attributo del capitale».184