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L’organizzazione scientifica del lavoro: da Taylor a Gramsc

3. La cooperazione in Marx e nel Novecento

3.4 L’organizzazione scientifica del lavoro: da Taylor a Gramsc

Le riflessioni marxiane sulla tecnologia e sul sistema delle macchine nella produzione capitalistica divennero necessarie per descrivere ciò che, circa cinquant’anni dopo il

Capitale, Frederick Winslow Taylor teorizzò e poi mise in pratica. Ingegnere e

imprenditore statunitense, Taylor pubblicò nel 1911 L’organizzazione scientifica del

lavoro, il testo di riferimento per una considerevole trasformazione delle linee produttive

industriali di tutto il mondo. L’intento era quello di migliorare le prestazioni del sistema produttivo per riuscire a produrre beni su larga scala e aumentare i profitti. La strategia taylorista, in estrema sintesi, si basava su precisi principi e valutazioni, attraverso un tipo di organizzazione scientifica (task management) del lavoro che prevedeva:

a) Una chiara e netta divisione del lavoro, di funzioni e compiti. Si noti l’utilizzo di Taylor della terminologia militare, come si è visto anche in Marx nel capitolo XI:

Gli ordini vengono trasmessi dal generale ai soldati tramite colonnelli, maggiori, capitani, sottotenenti e sott’ufficiali. Allo stesso modo gli ordini negli stabilimenti industriali passano dal direttore agli operai tramite sovraintendenti, capi officina, assistenti capi officina e capi reparto.279

b) Un tipo di organizzazione funzionale e non gerarchica: il lavoro, diviso in modo organizzato, deve permettere a ciascun operaio di avere meno funzioni possibili. Anche i capi hanno funzioni diverse: ci sono quelli d’officina (capo-reparto, istruttore, ispettore, manutentore) e quelli d’ufficio (segretario addetto ai fogli di istruzione, addetto ai tempi e ai costi, ai rapporti disciplinari, agli ordini di lavoro);

c) Un sistema di incentivi e di iniziativa non solo nelle mani della manodopera, ma anche della direzione, con compiti definiti, premi e tariffe differenziali;

d) La selezione e formazione scientifica della manodopera;

e) Uno studio dei tempi, strumenti e metodi (eliminazione dei movimenti lenti e dei tempi morti, corretto e funzionale utilizzo dei mezzi di lavoro e delle tecniche per muoverli).

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Per quanto concerne la cooperazione, per la nuova organizzazione taylorista è, per certi versi, fondamentale, per altri, da evitare. In punti:

- Secondo Taylor, era necessario introiettare nelle menti di tutti i dipendenti l’idea che operai e datori di lavoro non fossero antagonisti, ma che potessero lavorare fianco a fianco per lo stesso scopo, cooperando, poiché il loro interesse era lo stesso: il benessere degli uni dipendeva dagli altri, e viceversa.

- Collaborare con gli operai è utile per infondere loro fiducia e partecipazione, ottenendo così rispetto e obbedienza, specie nell’applicazione e messa in pratica dei nuovi principi organizzativi introdotti.

- La cooperazione diventa, dunque, necessaria quando significa cordiale collaborazione tra dirigenti e manodopera per ottenere scopi ben precisi.

Allo stesso tempo, Taylor afferma che in alcuni casi, cooperazione e compartecipazione, invece che aumentare la produttività potrebbero diminuirla: tramite l’esempio negativo degli operai meno produttivi si potrebbe abbassare il livello di tutti gli altri. Inoltre, gli esperimenti cooperativi che prevedono una divisione degli utili tra operai sono destinati a fallire perché non si è ancora riusciti a mettere in atto un sistema collaborativo in cui ciascun individuo possa sviluppare le sue aspirazioni personali. Per Taylor, l’interesse personale del singolo operaio è un incentivo al lavoro, più stimolante di quello del benessere collettivo. In più, il lavoratore ha bisogno continuamente dei frutti del suo lavoro: non può aspettare la fine del lavoro cooperativo per poi dividerli con tutti. Per questi motivi, secondo Taylor non era possibile basare tutta la produzione su un sistema cooperativo, ma era certamente necessaria un certo tipo di collaborazione tra operai e datori per raggiungere il massimo benessere e ricavare il miglior rendimento possibile.

È proprio nelle pagine dell’opera di Taylor, infatti, che sembrano avverarsi le parole di Marx: la cooperazione, la divisione del lavoro, così come la scienza e la tecnica, sono le leve con cui viene potenziata la produzione. L’organizzazione scientifica basata sulla ricerca della one best way per compiere una mansione, così come la misurazione di tempi, costi e variabili, pianifica il processo produttivo non soltanto attraverso le tecniche e gli operai tecnici formati, ma mediante la sua funzione dispotica. La cooperazione è vista come un’arma a doppio taglio, per cui va utilizzata solo con l’intento tornacontista di

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mantenere un clima di reciproco aiuto ed evitare i conflitti tra operai e capi reparto. Rimane implicita anche un’altra idea di cooperazione, quella strettamente legata al lavoro collettivo e combinato: anche se ogni operaio ha la sua mansione e funzione, è grazie al

lavoro sociale di tutti che la produzione è possibile. Taylor, inoltre, non sembra tener

conto degli animal spirits e dell’emulazione come risorsa, come invece sottolinea Marx: il primo, infatti, è preoccupato che vengano presi a modello gli operai più lenti, rischiando di rallentare la produzione.

Questi principi verranno ripresi da Henry Ford, industriale automobilistico statunitense. Egli, utilizzando il modello taylorista di produzione e unendolo ad un sistema di automazione meccanico, che originerà il modello chiamato appunto fordista, avrà un enorme successo, tale da diventare d’ispirazione per numerose aziende leader mondiali nella produzione. Grazie all’inserimento della catena di montaggio e del nastro trasportatore, l’azienda automobilistica di Ford sarà in grado di trasformare la sua produzione in produzione di massa. Grazie alle intuizioni e agli studi di Taylor e Ford, il nuovo processo produttivo è compiuto: il suo risultato è ben visibile in Tempi Moderni280 di Charlie Chaplin.

Per mettere in luce brevemente alcune caratteristiche salienti della nuova rivoluzione produttiva del capitale è importante considerare la riflessione di Gramsci a riguardo, scritta nel 1934 in Americanismo e fordismo. L’opera gramsciana si sviluppa principalmente intorno alle seguenti questioni: le differenze tra lo sviluppo capitalistico americano ed europeo, la forte coercizione e persuasione del fordismo, e, nonostante l’avvento della grande industria e il suo imponente sviluppo, la presenza di fasi di crisi e complicazioni. Per Gramsci, l’americanismo e il fordismo sono due modelli necessari al capitale per darsi un’organizzazione economica programmatica. Il nuovo modello produttivo, oltre ad apportare cambiamenti all’interno della fabbrica, ha investito la società e i rapporti sociali. In questo senso, la riflessione di Gramsci è interessante perché individua alcune problematicità e contraddizioni insite nel nuovo modello di produzione, proprio a partire dal desiderio del capitale di regolare e pianificare non soltanto il processo produttivo, ma i comportamenti e lo stile di vita degli operai. Infatti, al di là dell’evidenza che «l’introduzione del fordismo [...] avviene in forme particolarmente brutali e insidiose,

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attraverso la coercizione più estrema»281, questo cambiamento del processo lavorativo genera la necessità di un numero considerevole di operai e, dunque, di una trasformazione delle condizioni di riproduzione. Per queste ragioni, secondo Gramsci, industriali come Ford si sono interessati primariamente del bisogno sessuale degli operai e della sistemazione delle loro famiglie: «non può svilupparsi il nuovo tipo di uomo domandato dalla razionalizzazione della produzione e del lavoro, finché l’istinto sessuale non sia stato conformemente regolato, non sia stato anch’esso razionalizzato».282 In parte, queste problematiche sembrano gettare le basi per un pensiero marxista femminista283 che vede nella riproduzione un altro degli aspetti della vita umana sfruttati dal capitale. Gramsci riflette, più in generale, su una delle funzioni dispotiche del capitale che si realizza nel soggiogamento degli istinti dei lavoratori. Infatti, per portare ordine, precisione, costanza ed impegno all’interno della vita di fabbrica l’operaio deve essere libero dagli istinti. Il capitale, per Gramsci, muta il comportamento e lo stile di vita operaio con la coercizione, la selezione e l’educazione, spesso attraverso l’uso della forza e il dominio di un gruppo sociale sulle forze produttive. Inoltre, studiando il caso americano, Gramsci si rende conto che la razionalizzazione del lavoro e fenomeni quali il proibizionismo andavano a braccetto: era necessario controllare la moralità degli operai. Gli industriali come Ford promossero iniziative puritane, non per interessi spirituali o filantropici nei confronti della loro manodopera, ma per far sì che questa conservasse un certo equilibrio psicofisico in grado di permettere prestanti risultati produttivi. In questo modo, si spiegano i divieti e le restrizioni sulla sessualità e sull’alcol: l’operaio deve essere monogamo (altrimenti sprecherebbe troppe energie alla ricerca di più partner) ed equilibrato nei divertimenti (alcol, droghe e dipendenze, mettono in pericolo la sua efficienza). Questi tentativi di influenza e subordinazione al capitale durante il tempo libero dei lavoratori andavano di pari passo con la strategia degli alti salari. Questo escamotage faceva parte di una vera e propria tattica capitalistica: il salario alto elargito in quegli anni non era, di fatto, un premio per l’operaio, ma un meccanismo di selezione di certi tipi e categorie di operai adatti alla produzione, i quali servivano per mantenerla stabile e costante. I soldi che l’operaio otteneva, però, non erano spendibili liberamente, per esempio nei piaceri o nei

281 A. Gramsci, Americanismo e fordismo, pp. 20-21. 282 Ivi, p. 37.

283 Negli anni Settanta, studiose come S. Federici, M. Dalla Costa, A. Del Re, N. Fraser, S. James, B. Galtier, e molte altre, saranno impegnate in attività di ricerca accademica e di militanza con il fine di lottare per il riconoscimento di alcuni diritti, illuminando e discutendo temi quali il lavoro riproduttivo, il lavoro domestico e di cura, la reificazione del corpo, lo sfruttamento delle donne e delle loro risorse. Si farà riferimento all’importanza della prospettiva femminista negli studi riguardanti la cooperazione nell’ultimo capitolo di questa trattazione.

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vizi, ma funzionali al mantenere efficiente, se non accrescere, la sua forma psicofisica. Inoltre, questa serie di cautele adottate dai capitalisti, servivano per non permettere all’operaio di ribellarsi. Infatti, gli alti salari, abbinati alla persuasione e alla ricerca del consenso, erano soddisfacenti per la manodopera: sarebbe molto più costoso e oneroso per gli industriali utilizzare un altro tipo di coercizione, quando, al contrario, bastava l’aumento dei salari per mettere tutte le critiche operaie a tacere.284 Una volta che i nuovi

metodi di produzione furono accettati dai lavoratori e si diffuse la “giusta” condotta operaia in alcuni rami produttivi, allora gli alti salari non furono più funzionali allo scopo e vennero meno.

Si è ritenuto importante sottolineare certi aspetti della riflessione gramsciana per almeno due motivi: in primis, poiché sembrano indicare alcune delle problematiche legate alla produzione taylorista e fordista, nonché alla loro introduzione massiccia del sistema delle macchine e della riorganizzazione tecnico-scientifica, in secundis, per la rilevanza che assume l’idea di pianificazione del capitale, dai tratti coercitivi e dispotici, non solo all’interno della produzione, ma anche nel contesto sociale, culturale e relazionale circostante. Inoltre, ai fini delle riflessioni che si riporteranno in seguito, si consideri appropriato aver messo in luce, se pur brevemente, alcune caratteristiche del taylorismo e del fordismo, che torneranno utili nei prossimi paragrafi dedicati al pensiero operaista e post-operaista. In ultimo, Gramsci fu certamente un autore studiato, e talvolta anche ripreso, da alcuni esponenti di spicco dell’operaismo. Se da Amadeo Bordiga, precursore di alcune riflessioni operaiste, e Galvano Della Volpe, Gramsci fu criticato poiché non propose una via scientifica e teorica del marxismo285, per altri come Panzieri, Colletti e Tronti, assunse una rilevanza da non sottovalutare. In Panzieri, infatti, vi è l’esigenza di ridare vigore al marxismo, sia sul piano teorico che pratico, partendo da una lettura organica di Gramsci. Ciò non significa accettare le sue riflessioni in toto, ma criticare i suoi aspetti legati ad una visione passata, per riappropriarsi, invece, di altri, in gran parte giudicati positivi, ancora presenti.286 Tronti e Colletti, invece, partecipando nel 1959 ad un seminario organizzato dall’Istituto Gramsci, riconoscevano l’importanza del pensiero

284 A. Gramsci, Americanismo e fordismo, pp. 52-53.

285 C. Corradi, Forme teoriche del marxismo italiano (1945-79), in S. Petrucciani (a cura di), Storia del Marxismo, vol. II, Carocci, Roma 2015, p. 14.

286 Cfr. G. Guzzone, Egemonia senza Principe. Su Raniero Panzieri traduttore di Gramsci (1944-1959), in «Materialismo Storico», VII (2019), n. 2, pp. 10-74.

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gramsciano e ne riprendevano il fondamentale rapporto tra teoria e pratica, se pur declinandolo in modo diverso.287