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Cooperazione, manifattura e grande industria: le figure della sussunzione nel Capitale

3. La cooperazione in Marx e nel Novecento

3.1 Cooperazione, manifattura e grande industria: le figure della sussunzione nel Capitale

Come si è accennato, la sussunzione del lavoro sotto il capitale è trattata da Marx principalmente nei Grundrisse, nel Capitale e nel Capitolo VI inedito. Si è scelto di iniziare l’esposizione a partire dal Capitale, nonostante sia cronologicamente successiva, per almeno tre motivazioni. La prima riguarda una questione biografica e teorica allo stesso tempo: «Il libro I del Capitale è il capolavoro di Karl Marx. Unico testo da lui pubblicato in vita – in più edizioni – nella “maturità” (se si esclude Per la critica

dell’economia politica)».206 Infatti, è con il Capitale che Marx redige la sua teoria del

capitale «come intero sulla base di un piano che, da questo momento in poi, nella sostanza abbraccerà un complesso di elementi le cui coordinate generali non muteranno, benché esso subisca modifiche in certi casi anche di rilievo nelle successive rielaborazioni».207 La seconda motivazione concerne un aspetto più metodologico: come ritengono Bellofiore e Tomba208, è necessario leggere i Grundrisse a ritroso, ovvero a partire dal

Capitale, per non oscurare alcune questioni fondamentali della critica dell’economia

politica di Marx che vengono delineate in modo sistematico soltanto nell’opera da lui pubblicata. In ultimo, si tenga in considerazione la rilevanza politica dei nodi teorici affrontati nel Capitale, in modo particolare nella parte dedicata alla sussunzione del

206 R. Fineschi, Un nuovo Marx. Filologia e interpretazione dopo la nuova edizione storico-critica (MEGA2), Carocci, Roma 2008, p. 80.

207 Ivi, p. 81.

208 M. Tomba, R. Bellofiore, Letture del frammento sulle macchine. Prospettive e limiti dell’approccio operaista e del confronto dell’operaismo con Marx, in «Quaderni Materialisti», 2012-2013, n. 11/12, p. 155.

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lavoro sotto il capitale. Ciò non significa preferire il Capitale ai Grundrisse, i quali sono stati senza dubbio il punto di partenza di molte riflessioni fondamentali, soprattutto dal punto di vista teorico-politico, ma utilizzarlo come il fulcro della teoria marxiana, soprattutto riguardo al tema della cooperazione e al suo legame con la sussunzione, da cui possono scaturire risvolti pratico-politici.

Come si è visto sin qui, il modo di produzione capitalistico è una forma particolare di produzione, caratterizzata da un processo lavorativo che ha le sue determinazioni specifiche. Nei capitoli del Capitale dedicati alla sussunzione, dall’XI al XIII, Marx non ha descritto empiricamente i fatti, ma tracciato il modello teorico con cui spiegare, in un secondo momento, il funzionamento della realtà. Il processo lavorativo si è adeguato alle leggi del capitale, o meglio, alla legge del capitale: la produzione di plusvalore. Ciò che rende il modo di produzione capitalistico un processo dinamico, in movimento, pronto al cambiamento, è proprio il valore che si fa soggetto all’interno del processo. È questa

impersonalità del valore che fa dire a Marx che «il movimento del capitale, perciò, non

ha confini»209: affermazione che, nel contesto che si sta analizzando, si può leggere come la perenne ridefinizione del processo produttivo, da parte del capitale, seguendo la legge del valore. Inizialmente, infatti, il capitale trova nella cooperazione semplice la prima arma per ottenere il suo fine: «è ciò che il capitale trova già pronto nel momento del suo ideale inizio, quando ancora non ha cominciato a modificare il modo di produrre per renderlo adeguato alle proprie esigenze».210 Tuttavia, per estrarre maggiore plusvalore, il capitale trasforma ulteriormente il processo lavorativo, tramite la divisione del lavoro e il sistema delle macchine. In questi due nuovi metodi la cooperazione non viene meno. Si pensi, ad esempio, alla manifattura, che abbisogna della cooperazione semplice, ma che allo stesso tempo finisce per generalizzarla, scomponendo l’attività lavorativa in mansioni e ruoli diversi per i singoli operai. In estrema sintesi, questo darsi del lavoratore come parte, «sviluppa una gerarchia delle forze lavoro».211 Sebbene la divisione del lavoro aumenti la produttività, Marx, riprendendo alcune riflessioni di Ure, comprende la problematicità per il capitale di gestirla: «A un certo grado si sviluppo, la sua angusta base tecnica entrò in conflitto con le esigenze della produzione da essa stessa suscitate».212 Queste limitazioni saranno superate con il passaggio alla grande industria e

209 K. Marx, Il capitale. Critica dell’economia politica, vol. I, p. 243.

210 R. Fineschi, Un nuovo Marx. Filologia e interpretazione dopo la nuova edizione storico-critica (MEGA2), p. 151. 211 K. Marx, Il capitale. Critica dell’economia politica, vol. I, p. 478.

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alle macchine, di cui la manifattura aveva posto le basi grazie all’introduzione di nuovi strumenti di lavoro. Nella grande industria, il mezzo di lavoro è divenuto prima macchina e poi sistema di macchine. Anche in questa fase, spiega Marx, ricompare la cooperazione semplice, «in primo luogo (prescindiamo qui dall’operaio) come agglomerazione nello

spazio di macchine operatrici omogenee cooperanti nello stesso tempo».213 È a questo livello che la cooperazione semplice, presente nella divisione del lavoro della manifattura, si trasforma nella combinazione di macchine parziali: è la manifattura a dare al sistema delle macchine «la base naturale e spontanea della divisione e quindi organizzazione del processo produttivo».214 La grande differenza che si dà tra i due metodi è la seguente: «se nella manifattura, l’isolamento dei processi particolari è un principio dettato dalla divisione stessa del lavoro, la loro continuità regna invece nella fabbrica sviluppata».215

Il sistema delle diverse macchine poggia sulla cooperazione e sulla combinazione di queste, costituendo un unico grande automa. Date queste premesse, Marx intuisce che il principio soggettivo della divisione del lavoro viene rovesciato nell’organizzazione oggettiva del processo produttivo:

Nella manifattura, l’articolazione del processo lavorativo sociale è puramente

soggettiva, combinazione di operai parziali; nel sistema di macchine, la grande

industria possiede un organismo di produzione totalmente oggettivo, che l’operaio trova bell’e pronto come condizione materiale della produzione.216

A tal proposito, la cooperazione gioca nuovamente un ruolo fondamentale. Riassumendo il pensiero marxiano: se nella cooperazione semplice e nel tipo di cooperazione che si dava nella divisione del lavoro, l’operaio isolato era stato sostituito dall’operaio socializzato in modo più o meno casuale, nel nuovo sistema delle macchine è necessario un lavoro immediatamente socializzato ed eseguito insieme dagli operai. Ciò significa che «il carattere cooperativo del processo lavorativo diventa così una necessità

tecnica, dettata dalla natura stessa del mezzo di lavoro»217, ovvero dalla natura del macchinario, che non può funzionare senza l’operaio socializzato. Il cambiamento radicale, che si impone con il sistema macchine e provoca una nuova organizzazione del processo produttivo, cambia le condizioni di lavoro dell’operaio. Il lavoratore è adesso

213 K. Marx, Il capitale. Critica dell’economia politica, vol. I, p. 510. 214 Ivi, p. 511.

215 Ivi, p. 512. 216 Ivi, p. 518. 217 Ibidem.

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un’appendice: è diventato lui stesso strumento della macchina. Non solo: la scienza e la tecnologia sono diventante componenti determinanti ed essenziali dell’organizzazione produttiva, separate dal lavoratore.

Date queste premesse, possiamo comprendere che la forma specifica del modo di produrre del capitale ha le seguenti prerogative: il carattere cooperativo, l’essere parte del lavoratore e l’essere appendice dello stesso.218 Marx, dall’analisi svolta nei capitoli del

Capitale riguardanti la sussunzione, ha trovato le determinazioni formali del lavoro

subordinato al capitale. Dalla sua esposizione e dai suoi passaggi teorici, si può rilevare la logica dello sviluppo del capitale e le modalità della sussunzione del lavoro. A riguardo, si ritiene fondamentale la lettura di Roberto Fineschi, il cui tentativo è quello di restituire al Capitale il suo impianto logico: soltanto nella logica complessiva della teoria marxiana è possibile comprendere la sussunzione. L’esposizione di Marx, che vuole la cooperazione, come si è visto nel capitolo precedente, la prima forma della produzione capitalistica, a cui seguono la divisione del lavoro e la nascita della grande industria, non va intesa in ordine cronologico come la descrizione storica del processo di nascita e sviluppo del capitalismo durante la Rivoluzione industriale. È l’impianto teorico marxiano che vuole un certo tipo di esposizione. Il modo di produzione capitalistico, come si è inteso, ha cercato di migliorare via via le sue condizioni: questa trasformazione è evidente proprio nei vari passaggi della IV sezione del Capitale, dalla cooperazione alla grande industria. Grazie alla trattazione dei tre capitoli, si è colta, in modo particolare, la logica interna delle trasformazioni del processo lavorativo in nome del modo di produzione capitalistico. È importante sottolineare che le trasformazioni di questo processo non si sono esaurite, né tantomeno si devono sviluppare in un certo ordine preciso: si possono ripresentare, così come si può tornare ad attingere da alcuni di quei momenti. Infatti, non vi è nulla di immutabile nelle scelte del capitale, se non la sua esigenza di produrre sempre più valore. Per dirla con Fineschi, dunque, le forme teoriche sopra accennate – di cooperazione, essere parte ed essere appendice – si realizzano, con la logica interna al modo di produzione capitalistico, attraverso le figure storiche – la cooperazione semplice, la manifattura e la grande industria – che Marx utilizza per esemplificare. Non si può, per Fineschi, far coincidere le figure con le forme, poiché si rischierebbe di ridurre la teoria marxiana ad una descrizione storica e sociologica del

218 Cfr. R. Fineschi, Ripartire da Marx. Processo storico ed economia politica nella teoria del “capitale”, La Città del Sole, Napoli 2001.

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primo capitalismo. In primo luogo, ciò non rispetterebbe l’intento e il vero significato dell’opera di Marx e porterebbe a non considerare più l’analisi marxiana utile per il capitalismo dei nostri giorni. Analizzando invece le forme, si nota come queste non siano lontane dallo spiegare le tendenze capitalistiche odierne. In secondo luogo, identificando figura e forma, si finirebbe per vedere nell’operaio massa l’unico soggetto storico possibile, così come, si analizzerà in seguito, ha fatto il primo operaismo. L’operaio

massa può essere stato una figura rappresentativa della forma, ma in una fase storica ben

precisa: ora è fondamentale poter concepire altre nuove figure. Infatti, nel momento in cui si sono individuate certe determinazioni della forma, non è difficile notare come queste si sviluppino nelle diverse figure possibili che il capitale sceglie e rappresenta a seconda delle sue esigenze produttive. Con il decadere di una figura, non decade necessariamente anche la forma: «Che invece di lavorare al tornio ci si trovi davanti ad un monitor con una cuffia alla bocca non fa differenza da questo punto di vista».219 Come si è indicato, le figure del processo lavorativo, dalle più semplici alle più complesse, si accostano e costituiscono insieme il processo dinamico del capitale alla ricerca della soddisfazione delle sue esigenze. Si ritiene, dunque, che questo permetta di fare perlomeno due considerazioni, una di carattere teorico e una metodologica:

a) Grazie a questa analisi risulta più chiaro il concetto di sussunzione e il passaggio dalla sussunzione formale a quella reale. È una necessità del capitale sottomettere il lavoro: se all’inizio sottomette i modi del lavoro che si erano sviluppati prima della sua venuta, senza modificarne il contenuto, in un secondo momento, per produrre maggiore plusvalore e imporsi come modo di produzione dominante, esige un cambiamento all’interno del processo lavorativo, determinato dalla nuova organizzazione produttiva delle macchine.

b) Come spiega Fineschi rispetto al ragionamento portato avanti sin qui:

Se questa è la dinamica epocale in cui giocano le forme individuate anche grazie all’analisi della sussunzione, resta uno dei compiti dello studioso contemporaneo capire quali siano le nuove figure in cui tali forme si realizzino, in che rapporto esse stiano con i capitalismi empirici nazionali e transnazionali, con le circostanze particolari in cui sono calate. Ma confondere le figure con le forme significa far torto

219 R. Fineschi, Modelli teorici o descrizioni storico-sociologiche? Per una rilettura della sussunzione del lavoro sotto il capitale, in «Proteo», 2003, n. 1, p. 73.

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alla capacità teorica di Marx, oltre che privarsi di strumenti teorici fondamentali per la comprensione dell’oggi e quindi per la sua trasformazione.220