3. La cooperazione in Marx e nel Novecento
3.3 Individuo sociale e General Intellect: il Frammento sulle macchine de
Grundrisse
Non basta aver sottolineato l’importanza che ha per Marx l’analisi sulla cooperazione come forma specifica del modo di produzione capitalistico: la cooperazione va oltre e si inserisce anche nella riflessione sulla tecnologia e sui modelli produttivi che la utilizzano. È nel celebre Frammento sulle macchine che Marx tratta del tema dando nuovamente alla cooperazione un ruolo decisivo. Il passo è contenuto nei Grundrisse, ma venne, per così dire, riscoperto da Raniero Panzieri, che lo volle pubblicare in Italia per la prima volta, nella traduzione di Renato Solmi, all’interno dei «Quaderni Rossi».247 È da quel momento in poi che si generò una delle più grandi querelle della storia del marxismo, tra chi sosteneva che il Marx da seguire era quello dei Grundrisse e chi, invece, quello del
Capitale. Non si vuole qui entrare nel merito del dibattito, ma ripercorrere alcuni concetti
fondamentali delle pagine dei Grundrisse in questione, tra cui il concetto di general
intellect e di individuo sociale, per poi, nel paragrafo successivo, prendere in esame
alcune delle loro riletture.
Innanzitutto, si tenga in considerazione la condivisibile posizione di Basso rispetto al significato che i Grundrisse possono avere all’interno del discorso messo in luce fin qui: «ci si trova di fronte non ad una teoria complessiva delle formazioni sociali, bensì ad un’analisi singolare della formazione sociale capitalistica, nel suo divenire modo di produzione dominante, dotato di contraddizioni circostanziate».248 Infatti, all’interno dell’opera rimane salda l’indagine che Marx fa del sistema capitalistico nella sua determinazione specifica e singolarità. Sin dall’Introduzione del ’57, Marx aveva sottolineato la rilevanza dell’elemento sociale nelle forme dove domina il capitale e il suo modo di produzione. È nei Grundrisse che egli riprende il tema, cogliendo la rivoluzione capitalistica anche, e soprattutto, dal punto di vista dei rapporti sociali. Il capitale ha modificato i rapporti sociali e lo fa tuttora, superando continuamente i limiti che si pone: in questo senso è rivoluzionario. Rivoluzionario, però, non significa che ha distrutto completamente gli assetti precedenti. La strategia del capitale è ben più funzionale: mantiene alcuni degli elementi economici e giuridici precedenti ad esso, asservendoli alle sue esigenze. Inoltre, la sua funzione civilizzatrice, che rispecchia in modo significativo
247 K. Marx, Frammento sulle macchine, trad. it. di R. Solmi, in «Quaderni Rossi», 1964, n. 4, pp. 289-300. 248 L. Basso, Socialità e isolamento: la singolarità in Marx, Carocci, Roma 2008, p. 157.
67
la sua esigenza di controllo e di produzione, non ha precedenti nella storia dell’umanità. Uno dei grandi cambiamenti è sicuramente l’introduzione del sistema delle macchine e della grande industria, la cui riflessione all’interno dei Grundrisse assume particolare rilievo e nuove connotazioni proprio nelle celebri pagine definite il Frammento sulle
macchine.
Marx, inizialmente, sottolinea il fatto che il mezzo di lavoro sia diventato un modo particolare di esistenza del capitale, adeguato al capitale fisso, «una forma posta dal capitale stesso e ad esso corrispondente».249 Egli ricorda che una tendenza necessaria del capitale è quella di aumentare la produttività del lavoro e negare il lavoro necessario: ecco cosa ha portato a trasformare il mezzo di lavoro nelle macchine. Come abbiamo visto precedentemente, anche qui Marx mette in luce la grande differenza che si pone con il sistema delle macchine: è il macchinario a regolare l’attività dell’operaio e non viceversa. È la scienza che ha ideato le macchine: non è più nella mente dell’operaio, ma agisce tramite la macchina come un suo stesso potere, a lui estraneo. Cosa ne è del lavoro vivo dell’operaio in questo nuovo contesto? Marx afferma:
Il lavoro si presenta piuttosto soltanto come organo cosciente, in vari punti del sistema delle macchine, nella forma di singoli operai vivi; frantumato, sussunto sotto il processo complessivo delle macchine, esso stesso solo un membro del sistema, la cui unità non esiste negli operai vivi, ma nel macchinario vivente (attivo), che di dronte all’operaio si presenta come un possente organismo contrapposto alla sua attività singola e insignificante.250
È nelle macchine, dunque, che il lavoro oggettivato si contrappone al lavoro vivo, attraverso quel potere in cui lo stesso capitale consiste. Questa novità produce una serie di ulteriori cambiamenti, anche dati dalla nuova produzione di massa su larga scala. Si pensi, ad esempio, alla forza della singola forza-lavoro che diventa infinitesimale, al fatto che venga meno il bisogno immediato del produttore e di conseguenza il valore d’uso immediato: la merce è prodotta solamente come portatrice di valore. La trasformazione del capitale è avvenuta grazie all’ «accumulazione della scienza e dell’abilità, delle forze produttive generali del cervello sociale»251 che sono, a questo punto, proprietà del capitale fisso. Infatti, sono le stesse macchine ad essere la forma del capitale fisso, che è, a sua
249 K. Marx, Lineamenti fondamentali della critica all’economia politica, vol. II, p. 390. 250 Ivi, p. 391.
68
volta, la forma migliore del capitale in generale. Per Marx, dato che le macchina si è sviluppata grazie alla scienza sociale, è nel capitale, e non nel lavoro, che si esprime il lavoro generalmente sociale. La scienza è ormai esterna all’operaio e il lavoro vivo è sussunto in quello oggettivato: il processo lavorativo non dipende dall’abilità dell’operaio ma dalla tecnologia data dalla scienza. Ciò significa che il capitale «presuppone un determinato sviluppo storico delle forze produttive (compresa, […] la scienza) e d’altra parte lo forza ad andare avanti».252 Il punto per Marx, però, non è che le macchine in se stesse siano capitale e che perdano il loro valore d’uso se smettono di essere capitale; infatti, egli sottolinea che può esistere un uso non capitalistico delle macchine. Marx prosegue affermando che il tempo di lavoro e il lavoro immediato, che erano prima principi determinanti della produzione, sono ora ridotti per quantità e qualità, poiché sono subalterni al lavoro scientifico e alla tecnologia: la produttività che deriva dal lavoro sociale diventa determinante. Secondo Marx, ciò conduce inevitabilmente ad una conseguenza: «Il capitale lavora così alla propria dissoluzione come forma dominante della produzione».253 Il processo di produzione da semplice è diventato scientifico: si presenta, dunque, da un lato, come carattere del capitale fisso che ha reso lavoro produttivo solo il lavoro sociale, riducendo l’importanza del singolo; dall’altro, si presenta come carattere del capitale circolante, dato che il mantenimento del lavoro in un settore della produzione è necessario per il co-existing labour di un altro ramo. Il capitale fisso produce valore (ha valore perché è prodotto del lavoro e perché aumenta il rapporto tra pluslavoro e lavoro necessario), ma ciò non significa che all’operaio «agevola il lavoro […] o gli abbrevia il lavoro».254 Seguendo Marx, il capitale usa le macchine non per
sostituirle alla forza-lavoro, ma per far lavorare gli operai più a lungo, privandoli del tempo e sfruttandoli senza limiti. Lo scopo è quello di produrre merci in misura maggiore. La conseguenza di questa rivoluzione è che il capitale ha ridotto così il lavoro umano al minimo e «Ciò tornerà utile al lavoro emancipato ed è la condizione della sua emancipazione».255 Questa affermazione di Marx è una delle più discusse e controverse di queste pagine. Marx sembra affermare, da un lato, che le macchine presuppongono e presupporranno sempre la forza-lavoro per essere azionate, ma allo stesso tempo, che il passaggio al sistema tecnologico può essere la via d’emancipazione per i lavoratori. Questa riflessione troverà eco in molte delle rivendicazioni operaiste, sulle quali si
252 Ivi, p. 394. 253 Ivi, p. 395. 254 Ivi, p. 396. 255 Ibidem.
69
discuterà nei prossimi paragrafi. Marx, però, non si accontenta di questa spiegazione, ma afferma ancora che le macchine non intervengono ad aiutare i lavoratori e che, soltanto laddove c’è una massa di operai, esse possono sostituire il loro lavoro, sottolineando nuovamente che è la concentrazione di operai il presupposto del capitale. Le macchine hanno depotenziato il lavoro dell’operaio, gli hanno tolto la sua autonomia. A partire da queste premesse, Marx contesta la visione di Lauderdale256, il quale vede nell’avvento delle macchine la creazione di valore e plusvalore anche senza il capitale variabile, come se il capitale fisso potesse essere indipendente dal tempo di lavoro. Inoltre, diviene necessaria la continuità del processo di produzione: non è possibile interromperlo, previa la perdita del valore e del capitale stesso. Con la produzione su larga scala data dalle macchine, «tutte le scienze sono catturate al servizio del capitale […] Allora l’invenzione diventa una attività economica e l’applicazione della scienza alla produzione immediata un criterio determinante e sollecitante per la produzione stessa».257 A questa modificazione del processo produttivo si è arrivati per gradi, a partire dalla cooperazione e passando per la divisione del lavoro. Il capitale si è appropriato del lavoro, ha assorbito il lavoro vivo e si è contrapposto al lavoratore. È avvenuto uno scambio del lavoro vivo con il lavoro oggettivato: ciò ha prodotto un’opposizione tra capitale e lavoro salariato. Con il sistema delle macchine, la produzione di ricchezza dipende meno dal tempo di lavoro e di più dal progresso e dalla tecnologia applicati alla produzione. L’operaio è il sorvegliante ed il regolatore del processo di produzione: «Egli si colloca accanto al processo di produzione, anziché esserne l’agente principale».258 La leva dello sviluppo
capitalistico, quindi, non è più il lavoro immediato, né il tempo di lavoro, ma l’appropriazione, da parte del capitale, della produttività umana, della comprensione della natura e del suo dominio su di essa, ovvero è «lo sviluppo dell’individuo sociale259 che si
presenta come il grande pilone di sostegno della produzione e della ricchezza».260 La nuova strategia del capitale si poggia, secondo Marx, su una base più solida: la condizione di sviluppo della ricchezza non è più il furto del tempo di lavoro dell’operaio e il pluslavoro della massa. Se il tempo di lavoro non è più misura necessaria dello sfruttamento, allora anche il valore di scambio non è più misura del valore d’uso: viene meno anche l’antagonismo tra i due. Si riduce il lavoro necessario al minimo e si genera
256 J. M. Lauderdale (1759-1839), economista scozzese. 257 Ivi, p. 399.
258 Ivi, p. 401. 259 Corsivo mio.
70
così tempo libero, che permette lo sviluppo artistico e scientifico degli individui. Il capitale dà vita, dunque, ad una contraddizione all’interno del suo stesso processo produttivo: riduce il tempo di lavoro, ma, allo stesso tempo, pone il tempo di lavoro come misura della ricchezza. Infatti, il capitale diminuisce il tempo di lavoro come tempo di lavoro necessario, per farlo crescere nella nuova forma di lavoro superfluo. Da un lato esso evoca, quindi, tutte le forze della scienza e della natura, come della combinazione sociale e delle relazioni sociali, al fine di rendere la creazione della ricchezza (relativamente) indipendente dal tempo di lavoro impiegato in essa. Dall’altro lato, esso intende misurare le gigantesche forze sociali così create alla stregua del tempo di lavoro e imprigionarle nei limiti che sono necessari per conservare come valore il valore già creato. Le forze produttive e le relazioni sociali – entrambi lati diversi dello sviluppo dell’individuo sociale – figurano per il capitale solo come mezzi, e sono per esso solo mezzi per produrre sulla sua base limitata. In realtà, essi sono le condizioni per far saltare in aria questa base.261 Da questo ragionamento marxiano si coglie la contraddizione del
capitale tra l’utilizzo del tempo di lavoro, come condizione per regolamentare il lavoro umano, e l’utilizzo della tecnologia per liberarsene. La conseguenza che ne deriva è
l’appropriazione da parte del capitale delle forze produttive e dei rapporti sociali,
diventati suoi propri mezzi per continuare a produrre. Si noti, poi, l’ultima affermazione di Marx riguardo le forze produttive e le relazioni sociali diventate mezzi per il capitale: «in realtà essi sono le condizioni per far saltare in aria questa base».262 È qui evidenziata un’altra ambivalenza: le forze produttive, se pur ormai considerate solo mezzi del capitale per produrre, sono anche le stesse condizioni per sovvertire quel sistema.
L’uomo resta il mezzo con il quale l’industria costruisce le macchine. Le macchine sono prodotti dell’industria umana: «Sono organi del cervello umano creati dalla mano umana; capacità scientifica oggettivata».263 Marx ribadisce, nuovamente, l’importanza dell’elemento umano.
Infine, egli conclude il Frammento con la seguente riflessione:
Lo sviluppo del capitale fisso mostra fino a quale grado il sapere sociale generale,
knowledge, è diventato forza produttiva immediata, e quindi le condizioni del
processo vitale stesso della società sono passate sotto il controllo del general
261 Ivi, p. 402. 262 Ibidem. 263 Ivi, p. 403.
71
intellect, e rimodellate in conformità ad esso; fino a quale grado le forze produttive
sociali sono prodotte, non solo nella forma del sapere, ma come organi immediati della prassi sociale, del processo di vita reale.264
Con lo sviluppo delle macchine, secondo Marx, il sapere sociale si è tramutato in una forza produttiva di tipo immediato. Questo porta a ipotizzare l’esistenza di un intelletto generale, il quale controlla e rimodella le condizioni del processo vitale della società. Il passo in questione ha scaturito perlomeno due interpretazioni: una che ritiene il general
intellect una dimensione originata proprio dal processo produttivo, sostenuta da Panzieri,
la seconda, abbracciata da Virno265, considera l’intelletto generale una leva teorica per la realizzazione di una nuova soggettività politico-rivoluzionaria nel sistema capitalistico odierno.
Dopo aver brevemente esposto alcuni dei nuclei teorici del Frammento, si ritiene fondamentale trarne alcune conclusioni, sia generali, riguardanti la legge del valore, che più specifiche, rispetto al tema del lavoro collettivo e della cooperazione, insiti nelle immagini di individuo sociale e di general intellect.
a) La teoria marxiana esposta nelle pagine dei Grundrisse vuole mettere in risalto l’importanza che ha l’introduzione delle macchine e il concetto di general intellect all’interno del modo di produzione capitalistico. Le macchine sono diventate la costituzione materiale del capitale che ha sussunto il lavoro, rendendolo suo strumento. Come spiegano Tomba e Bellofiore, è «Un caso evidente di “ipostasi reale”, di inversione di soggetto e predicato»266; vale a dire che i mezzi stessi contengano la proprietà di produzione del plusvalore, così come sia la forza produttiva del lavoro sociale ad aumentare la produttività del capitale.267 Vi è, infatti, un problema alla base di questa considerazione che risiede nel fatto che, in realtà, la capacità di generare valore non è insita nel capitale.
Chi propone la fine della legge del valore in forza di un processo di valorizzazione che avrebbe sussunto ogni attività umana, cosicché la comunicazione e la
264 Ibidem.
265 P. Virno, General intellect, in A. Zanini e U. Fadini (a cura di), Lessico Postfordista. Dizionario di idee della mutazione, Feltrinelli, Milano 2001, pp. 146-152.
266 M. Tomba, R. Bellofiore, Letture del frammento sulle macchine. Prospettive e limiti dell’approccio operaista e del confronto dell’operaismo con Marx, p. 158.
72
relazionalità umana diverrebbero di per sé produttive di valore, ricade nel feticismo ed occulta lo scontro tra lavoro vivo e lavoro morto nella produzione.268
Come si è visto nel primo capitolo, il capitale non produce plusvalore da sé, come un automa, ma grazie al lavoro vivo. Inoltre, è capace di reinventarsi continuamente, sfruttando nuove forme di lavoro che non si sottraggono alla legge del valore.
b) Le macchine sono una creazione della scienza e del suo utilizzo nella produzione capitalistica. Il capitale, usando il general intellect, è diventato il solo produttore di valori d’uso. Anche questo aspetto non porta necessariamente alla conclusione che il capitale possa valorizzarsi senza l’attività lavorativa degli operai. Quello che succede, invece, è che il capitale, riducendo il tempo di lavoro contenuto nella merce, riduce il valore della forza-lavoro e libera tempo superfluo, ovvero rende disponibile una nuova quantità di tempo oltre la sussistenza. Questo tempo liberato non coincide con la diminuzione del tempo della produzione. Infatti, seguendo il ragionamento di Tomba e Bellofiore269, le macchine e il general intellect analizzate secondo la teoria del Capitale di Marx, non riducono il tempo complessivo di lavoro ma, al contrario, ne richiedono un aumento. La macchina necessita di essere pensata, prodotta e messa in funzione: abbisogna di forza- lavoro che deve stare, però, ai ritmi di produzione della macchina stessa (che non ha una durata della giornata lavorativa, ma può lavorare continuamente!). Come spiega Harvey:
Machines merely assist to raise the productivity of labour power such that the total value remains the same while the value of individual commodities falls. The result is a paradox. Machines when combined with labour produce more surplus value for the capitalist even when the value produced remains constant. Most capitalists (in line with popular opinion) believe that machines produce value and they tend to act upon that belief.270
Pensare, come fanno i capitalisti, che le macchine siano la soluzione a molti dei nostri problemi sociali ed economici, è una credenza feticistica. Inoltre, si considerino anche i costi delle macchine paragonati a quelli della manodopera. Anche un rapido sguardo sulla realtà odierna può confermare il fatto che la produzione si basa ancora sull’impiego di grandi masse di lavoratori: per il capitale, comprare forza-lavoro che lavora ancora
268 M. Tomba, R. Bellofiore, Letture del frammento sulle macchine. Prospettive e limiti dell’approccio operaista e del confronto dell’operaismo con Marx, p. 158.
269 Ivi, p. 159.
73
manualmente, dando in cambio miseri salari soprattutto nel Sud del mondo, è estremamente più conveniente che far lavorare pochi operai con macchinari sofisticati dal costo maggiore. Questo porta a smentire l’idea che il capitale vada nella direzione di processi sempre più meccanizzati: dipende, continuamente e solamente, da cosa conviene in termini di profitto. Possiamo davvero pensare che il lavoro sottopagato, il lavoro minorile, il lavoro domestico, il lavoro nero e grigio, saranno sostituiti dalle macchine? Il capitale ha bisogno di utilizzare diversi sistemi lavorativi anche per aumentare il suo controllo e diminuire al minimo la possibilità di ribellione da parte dei lavoratori. Si tenga in considerazione, infatti, il subappalto di alcune linee della produzione al lavoro domestico, utilizzato ampiamente ancor oggi. A proposito del lavoro domestico, Marx nel Capitale aveva compreso che disperdere gli operai vuol dire diminuire la loro resistenza.
c) Se guardiamo al problema della crisi di sovrapproduzione notiamo, invece, una contraddizione. È vero che il capitale tende ad aumentare il pluslavoro e non a ridurre il tempo di lavoro, ma potrebbe per questo giungere ad un limite dal lato della domanda. Infatti, il capitale necessita di un mercato sempre più grande, quindi di uno sviluppo dei bisogni che, per essere ricercati e soddisfatti, necessitano di tempo libero dal lavoro e, dunque, di una riduzione del tempo di lavoro. Come abbiamo visto nel punto precedente, però, non è possibile che il capitale permetta una riduzione del tempo di lavoro, se non entro certi limiti.
d) Dal punto di vista del discorso sulle soggettività, il capitale non può esimersi dall’utilizzare il lavoratore come uomo socialmente determinato. La forza-lavoro che gli appartiene può impiegarla nella produzione, ma allo stesso tempo, il lavoro vivo resta una prerogativa del lavoratore: questa oscillazione è la base della lotta di classe all’interno della produzione. Il capitale, dunque, cerca di estrarre il lavoro vivo dai lavoratori, ma questi vi possono resistere.
e) Nel Frammento, il significato del termine general intellect sembra essere attribuibile ad una forma di controllo produttivo voluto dal sapere sociale che può condurre ad una liberazione dal modo di produzione capitalistico. Ai fini del discorso sulla cooperazione che si sta portando avanti, invece, il concetto può essere interpretato come una forma