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La competenza dell’Unione europea in materia di immigrazione: una panoramica

LA CRIMINALIZZAZIONE DELL’IMMIGRAZIONE

4. Il quadro europeo

4.1. La competenza dell’Unione europea in materia di immigrazione: una panoramica

Il Titolo V del TFUE contiene la disciplina e i caratteri dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia che, per espressa previsione dell’art. 67 §1 TFUE, deve essere ispirato al rispetto dei diritti fondamentali, nonché delle diverse tradizioni giuridiche degli Stati membri. Al di là delle essenziali disposizioni circa la libera circolazione dei cittadini europei – che esulano dal nostro campo di indagine – il par. 2 dello stesso articolo cristallizza la volontà dell’Unione di sviluppare tra gli Stati una «politica comune in materia di asilo, immigrazione e controllo delle frontiere esterne, fondata sulla solidarietà tra Stati membri ed equa nei confronti dei cittadini dei paesi terzi». Stante la persistenza di una competenza concorrente in materia41 e le indicazioni fornite dal principio di

41 Il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) prevede, in questo ambito, l’esercizio di una competenza concorrente dell’Unione con quella degli Stati Membri (ai sensi dell’articolo 4, §2, lett. j TFUE). Le competenze concorrenti sono quelle in cui «l’Unione e gli Stati membri possono legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti in tale settore […] Gli Stati membri esercitano la loro competenza nella misura in cui l’Unione non ha esercitato la propria. Gli Stati membri esercitano nuovamente la loro competenza nella misura in cui l’Unione ha deciso di cessare di esercitare la propria». Ai sensi dell’art. 2§2 TFUE «Quando i trattati attribuiscono all’Unione una competenza concorrente con quella degli Stati membri in un determinato settore, l’Unione e gli Stati membri possono legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti in tale settore. Gli Stati membri esercitano la loro competenza nella misura in cui l'Unione non ha esercitato la propria. Gli Stati membri esercitano nuovamente la loro competenza nella misura in cui l'Unione ha deciso di cessare di esercitare la propria». L’immigrazione, da sempre aspetto di rilevanza cruciale per gli Stati data la su attinenza con la sovranità statale, è stata inclusa tra le materie di

attribuzione42 sulla ripartizione delle competenze in questi casi, è possibile dire che in questo settore l’Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati Membri nei Trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti mentre qualsiasi competenza non attribuita all’Unione nei Trattati continua a spettare agli Stati Membri. L’ampio margine degli Stati in materia, e dunque la possibile presenza di discipline discordanti tra gli Stati membri, è stata fortemente ridotta con l’approvazione del Trattato di Lisbona del 2009 con cui la disciplina dell’immigrazione è stata resa più organica e attenta, in particolare, al rispetto dei diritti umani dei cittadini di Paesi terzi43. Dal momento che, come abbiamo visto, in materia di immigrazione vige una competenza di tipo concorrente, ai sensi dell’art. 4§2 TFUE, gli articoli da 77 a 79 TFUE (ossia quelli dedicati alle politiche relative ai controlli alle frontiere, all’asilo e all’immigrazione) si premurano di specificare in ogni settore lo spazio di manovra proprio dell’Unione e, di conseguenza, quello attribuito ai singoli Stati. L’art. 79 del TFUE, a tal fine, traccia i

competenza concorrente a seguito del Trattato di Lisbona. Affrontano approfonditamente il tema: S. PEERS,

EU Justice and Home Affairs Law, Oxford, 2011, III ed., (Introduction). R. FISCHER, The Europeanisation

of migration policy: the Schengen Acquis between the priorities of legal harmonisation and fragmentation,

Peter Lang, 2012; R. CHOLEWINSKI, The EU Acquis on Irregular Migration: Reinforcing Security at the

Expense of Rights, “European Journal of Migration and Law”, Vol. 2, Issue 3, 2000, pp. 361 ss.; E. GUILD,

Discretion, Competence and Migration in the European Union, in European Journal of Migration and Law, Vol. 1, Issue 1, 1999, pp. 61-87. B. NASCIMBENE, Flussi migratori tra sovranità statale e

cooperazione internazionale, in U. LEANZA (a cura di) Le migrazioni, una sfida per il diritto internazionale,

comunitario e interno, Ed. Scientifica, Napoli, 2005, p. 77. F. MUNARI, Controllo dei flussi migratori tra

obblighi dell’Unione Europea e rapporti bilaterali dell’Italia, in E. TRIGGIANI (a cura di), Europa e

Mediterraneo, le regole per la costruzione di una società integrata, Ed. Scientifica, Napoli, 2010, pp. 267

ss.

42 Ai sensi dell’art. 5§2 TUE, il principio di attribuzione chiarisce la linea di confine tra i poteri spettanti all’Unione e quelli dei singoli Stati, prevedendo, in particolare, che l’Unione «agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati Membri nei Trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti. Qualsiasi competenza non attribuita all’Unione nei Trattati spetta agli Stati Membri». Accanto al principio di attribuzione, a specificazione del punto, intervengono altresì i principi di sussidiarietà e di proporzionalità, disciplinati dall’art. 5 §3 e 4 TUE. Ai sensi del §3 «in virtù del principio di sussidiarietà, nei settori che non sono di sua competenza esclusiva l’Unione interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, né a livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell’azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione. Le istituzioni dell'Unione applicano il principio di sussidiarietà conformemente al protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità. I parlamenti nazionali vigilano sul rispetto del principio di sussidiarietà secondo la procedura prevista in detto protocollo». Ai sensi del §3 «In virtù del principio di proporzionalità, il contenuto e la forma dell’azione dell’Unione si limitano a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei trattati. Le istituzioni dell’Unione applicano il principio di proporzionalità conformemente al protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità». L’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità da parte delle istituzioni europee nell’ambito dell’attività normativa è disciplinata dal Protocollo n. 2.

43 La Carta del Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, adottata nel 2000, con l’approvazione del Trattato di Lisbona ha assunto lo stesso valore dei Trattati, diventando così vincolante sia per le istituzioni europee che per gli Stati Membri nell’attuazione del diritto dell’Unione (cfr. art. 51 della stessa).

confini essenziali dell’estensione della competenza dell’Unione europea in materia di immigrazione. Al paragrafo 1 si legge che «L’Unione sviluppa una politica comune dell’immigrazione intesa ad assicurare, in ogni fase, la gestione efficace dei flussi migratori, l’equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi regolarmente soggiornanti negli Stati membri e la prevenzione e il contrasto rafforzato dell’immigrazione illegale e della tratta degli esseri umani»44.

La competenza dell’Unione, come emerge dalla lettura dello stesso articolo 79, si compone di due piani: da un lato vi è una cd. competenza interna (art. 79§2), consistente nel potere di formulare ed adottare politiche e atti in materia vincolanti per gli Stati (il par. 2 lett. c, espressamente, prevede che il Parlamento europeo e il Consiglio adottino misure, ad esempio, in materia di immigrazione clandestina e soggiorno irregolare, compresi l’allontanamento e il rimpatrio delle persone in soggiorno irregolare); dall’altro lato, invece – lo si evince dall’art. 79 §3 – all’Unione è garantita una competenza esterna in materia, ovvero il potere di concludere accordi direttamente con i Paesi terzi ma sempre vincolanti per gli Stati membri45.

4.1.1. Le politiche in tema di immigrazione irregolare

Per ciò che più interessa il nostro studio è necessario soffermarsi sulle politiche europee in materia di immigrazione irregolare poiché è proprio in questo campo che, sul piano nazionale, vengono in luce discipline ambigue ed emblematiche di un processo di

crimmigration di cui ampiamente ci occuperemo nei successivi capitoli. Se fino agli inizi

del nuovo millennio le preoccupazioni dell’Unione in materia si sono principalmente condensate nella gestione degli irregolari nel mercato del lavoro46, i fatti dell’11 settembre

44 Cfr. sul punto S. PEERS, Legislative Update: EU Immigration and Asylum Competence and

Decision-Making in the Treaty of Lisbon, in European Journal of Migration and Law, Vol. 10, Issue 2, 2008, p. 239

«While immigration would still remain a shared competence of the EU and its Member States, as noted above, the wording of the new provisions suggests that it would be easier to justify more intensive EU action pursuant to the principles of proportionality and subsidiarity, and harder to argue that any particular area would be outside EU competence, apart from the express restriction on competence in Article 79(5)». 45 In generale, sul ruolo degli accordi di riammissione: F. MUNARI, in E. TRIGGIANI, 2010, pp. 267 ss; G. CELLAMARE, Osservazione sugli accordi di riammissione tra la CE e alcuni Stati dell’area balcanica, in

Studi sull’integrazione europea, n. 3/2007, pp. 497 ss.; C. BILLET, EC Readmission Agreements: A prime

instrument of the external dimensione of the EU’s fight against irregular immigration, in European Journal of Migration and Law, Vol. 12, Issue 1, 2010, pp. 45 ss.

46 Cfr. Guidelines for a community policy on migration (COM (85), 48 def., Bruxelles, 1985) in cui la Commissione fissava quattro punti programmatici per la lotta all’immigrazione irregolare prestando particolare attenzione alla questione lavorativa: «The proposal aims at: - the strengthening of cooperation

2001 hanno riverberato i loro effetti anche nel Vecchio continente, imprimendo nuove esigenze di bilanciamento tra la libertà di movimento degli stranieri, i diritti umani e le (rinnovate) istanze securitarie degli Stati. L’attenzione delle politiche in materia, dunque, si è spostata dalla vigilanza sul mercato irregolare del lavoro al controllo delle frontiere e alla predisposizione di idonei meccanismi di espulsione e rimpatrio dei migranti47. Come già abbiamo accennato, l’europeizzazione della materia ha trovato il suo compimento con il Trattato di Lisbona che, aggiungendo all’art. 63 §3 lett. c del TCE un riferimento alla tratta di esseri umani e al potere esterno dell’Unione in materia di accordi di riammissione, ha tracciato i contorni dell’attuale art. 79 §2 lett. c TFUE, ai fini di prevenzione e il contrasto rafforzato dell’immigrazione illegale e della tratta degli esseri umani (come delineati dal §1), prevede che il Parlamento europeo e il Consiglio, secondo la procedura legislativa ordinaria, possano adottare misure in materia di « c) immigrazione clandestina e soggiorno irregolare, compresi l’allontanamento e il rimpatrio delle persone in soggiorno irregolare » nonché di «d) lotta contro la tratta degli esseri umani, in particolare donne e minori». Con il Trattato di Lisbona, inoltre, ha trovato disciplina comune la cooperazione giudiziaria in materia penale con la conseguenza che il potere statale di prevedere sanzioni penali nel campo dell’immigrazione irregolare, e in particolare di tratta e traffico degli essere umani, è divenuto soggetto alla disciplina dell’art. 83, in forza del quale « Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando mediante direttive secondo la procedura legislativa ordinaria, possono stabilire norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in sfere di criminalità particolarmente grave che presentano una dimensione transnazionale derivante dal

between the Member States in the campaign against illegal migration and clandestine employment; - the adoption of appropriate penalties; - the fulfilment of employers' obligations; - the protection of workers’ rights relating to the work they have already carried out».

47 Cfr. Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europea sulla politica comune in

materia di immigrazione illegale del 15 novembre 2001, il cui esordio afferma: «La prevenzione ed il

contrasto dell’immigrazione clandestina costituiscono elementi fondamentali della politica comune globale dell’Unione europea in materia di asilo e di immigrazione […] necessità di una politica comune globale in materia d’immigrazione, che tenga conto dell’evoluzione economica e demografica dell'Unione europea. L’immigrazione dovrebbe aver luogo secondo chiare procedure giuridiche che consentano di gestire efficacemente i flussi migratori e di evitare le distorsioni della concorrenza: l’ingresso o il soggiorno illegali non dovrebbero trasformarsi nella desiderata forma di soggiorno permanente. Nel mercato legale del lavoro si registra una crescente necessità non soltanto di lavoratori altamente qualificati, ma anche di lavoratori poco qualificati. In ogni caso, le persone in soggiorno irregolare non possono essere considerate un serbatoio dal quale attingere per fare fronte alla scarsità di manodopera, anche se occorre riconoscere che la possibilità di avere accesso ad un lavoro non dichiarato possa costituire il principale ‘fattore di attrazione’ per potenziali migranti. Ciononostante, l’apertura o la riapertura di canali legali d’immigrazione non possono essere considerate la soluzione di tutti i problemi attinenti all’immigrazione clandestina».

carattere o dalle implicazioni di tali reati o da una particolare necessità di combatterli su basi comuni».

Guardando più da vicino gli strumenti a disposizioni dell’Unione emerge un quadro frammentato: vi sono innanzitutto fonti diverse (Direttive, Regolamenti, Decisioni, Raccomandazioni) che disciplinano la materia partendo da settori differenti (ad esempio, norme sull’immigrazione irregolare si trovano tra le disposizioni in materia di visti, ingressi e controllo delle frontiere o tra quelle che regolano il traffico e la tratta di esseri umani). Con un minimo sforzo compilativo, è agevole raggruppare, quantomeno, le principali disposizioni in materia in tre gruppi: in primo luogo, le sanzioni contro coloro che facilitano l’ingresso o il soggiorno irregolare di migranti; in secondo luogo, le sanzioni contro i datori di lavoro che assumono lavoratori di Stati terzi il cui soggiorno è irregolare; in terzo luogo, le misure in tema di espulsione e trattenimento degli stranieri irregolari.