LA CRIMINALIZZAZIONE DELL’IMMIGRAZIONE
LA PREVISIONE DI CONSEGUENZE PENALISTICHE PER VIOLAZIONI DI DISPOSIZIONI CONNESSE ALL’IMMIGRAZIONE
1. Immigrazione, sicurezza e reati propri del migrante (ovvero: la criminalizzazione diretta in senso stretto)
4.2. L’intervento del legislatore del 2018: la creazione di due nuovi reati
La Corte costituzionale si pronuncia – nel modo che abbiamo visto – sul respingimento differito nel dicembre del 2017. Un anno dopo il legislatore, in occasione di un’ampia e discussa revisione della disciplina dell’immigrazione e della sicurezza (il d.l. 4 ottobre 2018, n. 113 conv. con modif. in l. 1° dicembre 2018, n. 132, cd. decreto sicurezza66), incide fortemente sul contenuto dell’art. 10 t.u.imm., modificando la disciplina del respingimento differito (con il nuovo comma 2 bis) – secondo le indicazioni impartite dalla Corte costituzionale – e inserendo, di propria piena iniziativa, due nuove fattispecie penalmente rilevanti ai nuovi commi 2 ter e 2 quater.
Procediamo con ordine iniziando dalla modifica della disciplina del respingimento differito. Il nuovo comma 2 bis prevede che «al provvedimento di respingimento differito di cui al comma 2 si applicano le procedure di convalida e le disposizioni previste dall’articolo 13, commi 5 bis, 5 ter, 7 e 8». Si tratta, in sostanza, di una piena estensione al respingimento differito della disciplina della convalida del provvedimento di accompagnamento coattivo prevista per i casi di espulsione di cui all’art. 13 t.u.imm. Dal 2018, quindi, solo il respingimento immediato – in quanto forma di rifiuto all’ingresso che non incide sulla libertà personale dello straniero – resta di esclusiva competenza di polizia di frontiera (che continua dunque a negare l’ingresso agli stranieri privi di idonei titoli di accesso) mentre il respingimento differito viene assorbito nella disciplina più garantista dell’art. 13 t.u.imm. che, oltre al vaglio giudiziario, garantisce che in caso di mancata convalida entro i termini stabiliti dalla Costituzione, il provvedimento perde efficacia.
L’introduzione del comma 2 ter comporta, invece, un inasprimento della disciplina. Al di là dell’introduzione del reato – di cui a breve ci occuperemo – il primo periodo estende al destinatario del provvedimento di respingimento differito il divieto di
66 Le modifiche in tema di respingimento differito, assenti nel testo originario del d.l. 113/2018 sono state inserite ex novo in sede di conversione dall’art. 5 bis l. 132/2018.
reingresso che, fino a quel momento, veniva applicato unicamente agli stranieri colpiti da un provvedimento di espulsione. Il divieto di reingresso – ai sensi del comma 2 sexies appositamente inserito – preclude così allo straniero il ritorno in Italia per un periodo variabile da 3 a 5 anni, in base alle «circostanze concernenti il singolo caso ed è superabile solo in virtù di una speciale autorizzazione del Ministro dell’interno.
Quanto alle nuove incriminazioni contenute nei commi 2 ter e 2 quater ed espressamente volte a sanzionare la violazione di suddetto divieto, riprendono, nella forma e nei contenuti, le già esistenti violazioni previste, rispettivamente, all’art. 13 co. 13 e 13 co. 13 bis in materia di espulsione. Il nuovo comma 2 ter prevede che in caso di trasgressione (del divieto di reingresso ex art. 10 co. 2 sexies) lo straniero sia punito con la reclusione da uno a quattro anni seguita da contestuale espulsione mediante accompagnamento immediato alla frontiera67. Il nuovo comma 2 quater, invece, prospetta la reclusione da uno a cinque anni allo straniero che «già denunciato per il reato di cui al comma 2 ter ed espulso» faccia nuovamente ingresso nel territorio dello Stato. Per entrambi i nuovi delitti, infine, il comma 2 quinquies prevede arresto obbligatorio anche fuori dei casi di flagranza e il rito direttissimo (anche in questo caso la novella legislativa si limita a riprodurre pedissequamente quando già previsto per l’espulsione dall’art. 13 co. 13 ter).
4.2.1. Un revival della sanzione detentiva?
La scelta del decreto sicurezza del 2018 di introdurre due nuove reati sanzionati con la pena detentiva ha subito destato l’attenzione di chi aveva seguito le vicende del reato di ingresso e soggiorno irregolare (art. 10 bis t.u.imm.), dell’aggravante della clandestinità (art. 61 n. 11 bis c.p.) e dell’inottemperanza all’ordine di allontanamento (art. 14 co. 5 ter t.u.imm).68 A prima vista, infatti, sembrava che il legislatore stesse riprendendo la strada della sanzione penale detentiva quale forte strumento di contrasto all’immigrazione irregolare, come del resto era avvenuto sino al 2011. Nell’aprile di quell’anno, infatti, l’importantissima sentenza El Dridi della Corte di Giustizia dell’Unione europea,
67 Il decreto sicurezza del 2018 ha introdotto altresì il comma 6 bis il quale prevede che il divieto di cui al comma 2 ter sia inserito nel SIS, ossia il sistema di informazione Schengen: con la conseguenza che per lo straniero si attiverà altresì un divieto di ingresso e soggiorno nel territorio di tutti gli Stati membri dell’Unione europea, nonché dei paesi non membri cui viene però applicato l’aquis di Schengen.
68 Affronta in maniera approfondita l’impatto del decreto sicurezza del 2018 L. MASERA, La crimmigration
condannando l’Italia, aveva vietato l’utilizzo di pene detentive nei procedimenti volti all’espulsione dello straniero, riscontrando che le stesse si ponevano in contrasto con l’effetto utile della Direttiva 200/115/CE, vale a dire il rimpatrio stesso dello straniero (inevitabilmente ritardato da un provvedimento di condanna alla reclusione da scontare in Italia).
Il legislatore italiano era dovuto correre ai ripari, in particolare, con riferimento alla pena prevista per i delitti di inottemperanza all’ordine di allontanamento, ormai divenuta incompatibile con il diritto europeo. L’opera di adeguamento del legislatore – che aveva appena finito di delineare il contenuto del reato di clandestinità – è avvenuta grazie al d.l. n. 89/2011, conv. in l. 129/2011 che, lungi dall’abbandonare la linea dell’incriminazione delle condotte illecite contenute nel testo unico, ha optato per la sostituzione delle pene detentive incompatibili con pene pecuniarie69. La pena detentiva perdeva di tono – rimanendo applicabile unicamente ai casi di illecito reingresso di cui all’art. 13 co. 13 e 13 bis TUI70 – e cedeva il passo a sanzioni pecuniarie di scarsa effettività e destinate ad essere sostituite dall’espulsione: una vera sanzione ancora a disposizione del legislatore. Stupiva, dunque, dopo circa dieci anni – tanto era passato dagli ultimi pacchetti sicurezza del 2008 e del 2009 – la scelta del legislatore di ricorrere nuovamente alla pena detentiva. Ad uno sguardo più attento, tuttavia, la scelta del legislatore appare immediatamente ridimensionata e non sintomo di un revirement. Si nota, infatti che l’uso della sanzione penale detentiva nei confronti del migrante irregolare rappresenti «la logica conseguenza dell’estensione all’istituto del respingimento differito della disciplina in materia di espulsione, disposta dal legislatore in conformità a quanto richiesto dalla Corte costituzionale»71.
Beninteso, non è stata la strada suggerita dalla Corte – e ben avrebbe potuto infatti il legislatore profilare una procedura di rimpatrio differito rispettosa dell’art. 13 Cost., senza prevedere anche l’emanazione del divieto di reingresso ed i delitti relativi alla sua
69 Ad oggi la sanzione prevista per il delitto di inottemperanza all’ordine di allontanamento è la multa da 6.000 a 15.000 euro. Sulla della decisione della Corte UE e sulla riforma del 2011, cfr., L. MASERA,
Stranieri irregolari e misure detentive: una libertà diversa?, in Libertà dal carcere, libertà nel carcere, a
cura di A. GABOARDI,A.GARGANI,G.MORGANTE,A.PRESOTTO,M.SERRAINO, Torino 2014, 67 ss. 70 Nella sentenza Celaj del 1° ottobre 2015, la Corte di Giustizia europea ha ‘salvato’ le fattispecie di cui agli art. 13 co. 13 e 13 bis, escludendo ogni profilo di incompatibilità con la direttiva rimpatri; cfr. A. ROMANO, “Circumstances... are clearly distinct”: la detenzione dello straniero per il delitto di illecito
reingresso nella sentenza Celaj della Corte di giustizia, in Dir. imm. citt., 2015, n. 2, 109 ss.
violazione – ma una volta fatto del respingimento una forma speciale di espulsione «sarebbe risultato in effetti poco ragionevole non prevedere anche un divieto di reingresso, che è conseguenza indefettibile di ogni ipotesi di espulsione; e sarebbe altresì risultato poco ragionevole, una volta previsto il divieto di reingresso, non configurare un delitto in caso di sua violazione, quando tale delitto è previsto in caso di violazione del divieto di reingresso derivante da ogni tipo di espulsione, amministrativa o giudiziaria»72. E del resto proprio le sanzioni detentive di cui agli artt. 13 co. 13 e co. 13 bis – di cui i commi 2 ter e 2 quater possono dirsi gemelli – erano le uniche ad essere sopravvissute nell’era post El Dridi.
Non mancano, in conclusione, dubbi di coerenza: in primo luogo, la scelta stessa di punire con la sanzione detentiva le ipotesi di illecito reingresso (sia ex art. 10 che art. 13 t.u.imm.), quando le fattispecie di inottemperanza all’ordine di allontanamento (art. 14 co. 5 ter e quater) sono punite con la sola pena pecuniaria; in secondo luogo, il riproporsi dei medesimi profili problematici che interessano da tempo gli art. 13 co. 13 e 13 bis e che ora si riversano sui commi 2 ter e 2 quater dell’art. 10 t.u.imm.73; in terzo e ultimo luogo, preoccupa il possibile impatto della riforma, destinata ad interessare un altissimo numero di stranieri che, fino al 2018, in quanto destinatari di un provvedimento di respingimento differito, se tornavano nuovamente in Italia (in modo irregolare) si rendevano responsabili della contravvenzione di ingresso irregolare mentre oggi, si espongono a denuncia per le nuove fattispecie di cui all’art. 10 co. 2 ter e 2 quater t.u.imm.
5. Ingresso e soggiorno illegale: il reato di clandestinità (art. 10 bis t.u.imm.)
Sin dai primi anni del 2000, l’avvertita necessità del legislatore di dover dare risposta a una sensazione di insicurezza dei cittadini nei confronti dell’immigrazione irregolare lo ha spinto ad approvare una serie di provvedimenti che hanno realizzato un vero e proprio
72 In questo senso anche A. AIMI, Il “Decreto Sicurezza” 2018: i profili penalistici, in Riv. it. dir. proc.
pen., 2019, p. 143
73 Per la cui trattazione rinviamo infra; in dottrina cfr. P. CACCIALANZA, Art. 13 t.u. imm., in Codice penale
commentato, diretto da E. DOLCINI E G.L.GATTA, IV ed., 2015, tomo III, 2763 ss. e A. CAPUTO, I reati
collegati all’espulsione, in A. CAPUTO, G.FIDELBO (a cura di), Reati in materia di immigrazione e
progetto di criminalizzazione del migrante irregolare 74 (si pensi alla l. 30 luglio 2002, n. 189, alla l. 12 novembre 2004, n. 271 e alla l. 24 giugno 2008, n. 125). Le misure introdotte – sia di natura penale che amministrativa – hanno trovato un denominatore comune nella percezione dell’immigrazione irregolare come una questione di ordine pubblico, nonostante le parole dei giudici della Corte costituzionale che nel 200775
avevano invitato il legislatore a considerare il fenomeno migratorio «un grave problema sociale, umanitario ed economico che implica valutazioni di politica legislativa non riconducibili a mere esigenze generali di ordine e sicurezza pubblica né sovrapponibili o assimilabili a problematiche diverse, legate alla pericolosità di alcuni soggetti e di alcuni comportamenti che nulla hanno a che fare con il fenomeno dell’immigrazione».
Il legislatore italiano, peraltro, non ha mai abbandonato la logica emergenziale: a dieci anni di distanza dalla creazione delle disposizioni in esame, i più rilevanti provvedimenti in tema di gestione e regolamentazione dei flussi migratori continuano ad essere adottatati con decreto-legge (che la Costituzione vorrebbe riservati a ‘casi straordinari di necessità e d’urgenza’) e sono abitualmente associati, sin dall’intestazione, a questioni di sicurezza. In linea con i toni del cd. pacchetto sicurezza del 2008, che già mirava a «un contrasto più efficace dell’immigrazione clandestina», un anno più tardi viene approvata un’altra legge – il pacchetto sicurezza del 2009 (l. 15 luglio 2009, n. 94) – la cui più rilevante novità, da un punto di vista strettamente penalistico, è certamente l’inserimento nel testo unico sull’immigrazione dell’art. 10 bis: il reato di ingresso soggiorno illegale nel territorio dello Stato.
Presto ribattezzato ‘reato di clandestinità’, l’illecito è una contravvenzione punita con la pena dell’ammenda da 5.000 a 10.000 euro e affidata alla competenza del giudice di pace. Con la sua introduzione, l’arsenale sanzionatorio predisposto dal legislatore nei confronti dello straniero irregolare raggiunge il proprio apice, non tanto per la severità della pena – infatti ben più grave, già nel 2009, era la sanzione prevista per l’inottemperanza all’ordine di espulsione: la reclusione da uno a quattro anni76 – quanto per il tipo di condotta incriminata: la mera condizione di irregolarità dello straniero, a prescindere da una precedente o contestuale emanazione di un provvedimento di espulsione o dalla
74 La definizione è di L. MASERA, Terra bruciata, op. cit. p. 28 75 Il riferimento è alla sentenza C. cost. 22 gennaio 2007, n. 22
76 Nel 2004 il legislatore era intervenuto elevando il reato di inottemperanza all’ordine di espulsione da contravvenzione a delitto, punito con la reclusione da uno a quattro anni (arresto obbligatorio e giudizio direttissimo)
commissione di un altro illecito penale77. La nuova fattispecie segna indubbiamente un momento importante del processo di criminalizzazione dello straniero extracomunitario78, collocandosi in una posizione cronologicamente successiva all’introduzione della fattispecie di inottemperanza all’ordine di espulsione ex art. 14 c. 5
ter e 5 quater t.u.imm. (introdotta dalla l. 189/2002) e alla previsione della cd. ‘aggravante
di clandestinità’ ex art. 61 n. 11 bis c.p., (introdotta dalla l. 125/2008 e dichiarata costituzionalmente illegittima con sentenza della Corte costituzionale n. 249/2010).