LA CRIMINALIZZAZIONE DELL’IMMIGRAZIONE
LA PREVISIONE DI CONSEGUENZE PENALISTICHE PER VIOLAZIONI DI DISPOSIZIONI CONNESSE ALL’IMMIGRAZIONE
9. L’incriminazione di soggetti che, a diverso titolo, gravitano intorno ai migranti (ovvero: la criminalizzazione indiretta in senso stretto)
10.1.5. Questioni problematiche
Il legislatore della Bossi-Fini, nel 2002 ha intenzionalmente introdotto due figure di reato speciali rispetto alle già presenti norme incriminatrici delle falsità materiali in atti prefiggendosi l’obiettivo di disegnare una disciplina più severa, in grado di far fronte al sentito tema del controllo dei flussi migratori. Non stupisce, dunque, che al l’autore del reato comune in esame sia punito con le stesse pene che l’art. 476 c.p. commina per il falso materiale, reato proprio del pubblico ufficiale. Nel caso poi in cui un pubblico ufficiale si renda colpevole del reato della falsificazione di documenti in materia di immigrazione, la pena si innalza di nuovo (fino a un terzo della pena base), per effetto di un’apposita circostanza aggravante.
Tale maggior rigore, tuttavia, non sempre appare giustificato e proporzionato agli obiettivi prefissati, per questo motivo la dottrina, negli anni, ha evidenziato numerosi profili di potenziale contrasto con il principio costituzionale di uguaglianza-ragionevolezza che – pur non avendo mai affrontato il vaglio della Corte costituzionale – meritano di essere ricordati.
Possiamo iniziare con il riportare l’opinione di chi sostiene che la scelta di non utilizzare le ‘normali’ disposizioni di cui agli artt. 476 ss c.p., ma di creare un apparato di norme penali speciali e più severe per la repressione delle condotte di documenti relativi all’ingresso e al soggiorno (ma lo stesso vale, ovviamente anche per quelle del mero utilizzo) non trovi un’adeguata giustificazione nemmeno come scelta di politica criminale: «non viene data adeguata giustificazione al motivo per cui, ad esempio, la falsificazione da parte del privato del documento che attesta l’idoneità psicofisica alla guida, effettuata per ottenere il rilascio della patente anche in assenza delle prescritte condizioni, debba essere considerata meno grave […] rispetto alla contraffazione della propria dichiarazione dei redditi da parte dello straniero al fine di ottenere il rilascio di un visto d’ingresso per il familiare con cui ricongiungersi»303. In risposta, vi è chi sostiene che la giustificazione trae forza dal peculiare interesse pubblicistico – quello alla ordinata gestione dei flussi migratori – sotteso a tutta la disciplina304; posizione che tuttavia deve necessariamente coordinarsi con l’interpretazione in chiave plurioffensiva della fattispecie.
303 L. CALLAIOLI, sub art. 5, op. cit., p. 1643
Altri, ancora, dubitano della legittimità costituzionale del diverso trattamento cui vengono assoggettati i pubblici ufficiale nell’esercizio delle loro funzioni qualora, ai sensi dell’art. 5 co. 8 bis t.u.imm., commettano falsità materiali in atti pubblici (come abbiamo visto che può definirsi un permesso di soggiorno) rispetto al regime sanzionatorio più mite cui gli stessi, sempre nell’esercizio delle funzioni, sono sotto sottoposti quando compiono falsità ideologiche aventi ad oggetto i medesimi documenti: nel primo caso si applica la sanzione della reclusione da uno a sei anni, aumentata sino a un terzo per effetto dell’apposita aggravante; nel secondo caso la pena prevista dall’art. 479 c.p. prevedere unicamente la reclusione da uno a sei anni305. In altri termini: la falsificazione materiale di un permesso di soggiorno posta in essere da un pubblico ufficiale, in forza dell’aggravante prevista dallo stesso comma 8 bis, risulta punita più gravemente della falsificazione ideologica commessa sempre dal pubblico ufficiale. È difficile cogliere la ragionevolezza della scelta per cui «mentre nel codice penale le condotte di falso materiale ed ideologico in atto pubblico realizzate dal pubblico ufficiale soggiacciono alla medesima pena, tale identità di trattamento non si riproduca allorché le medesime condotte abbiano ad oggetto un permesso di soggiorno o un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo»306.
Altri dubbi di costituzionalità – destati dalla sospetta equiparazione di situazioni differenti – sorgono con riguardo alla mancata differenziazione della risposta sanzionatoria per condotte di contraffazione e alterazione (nonché di utilizzo) incidenti su documenti che abbiamo visto avere caratteristiche eterogenee. Risulta infatti assoggettata alla medesima cornice edittale la falsificazione di un permesso di soggiorno (a cui giurisprudenza e dottrina prevalenti attribuiscono il valore di atto pubblico), di un visto (che può qualificarsi come autorizzazione amministrativa) e di un contratto di soggiorno (una scrittura privata tra lo straniero e il proprio datore di lavoro)307. Lo stesso, però, non accade nel codice penale dove il trattamento sanzionatorio, correttamente, assume un tono diverso – giungendo sino all’irrilevanza penale della falsità in scrittura privata – a seconda dell’oggetto materiale su cui la condotta incide: gli artt. 476, 477 e 482 c.p. ne sono un esempio.
305 Sul punto: A.CAPUTO,G.FIDELBO, Reati in materia di immigrazione e di stupefacenti, op. cit., p. 203; A. CAPUTO, Diritto e procedura penale dell’immigrazione, op. cit. 147
306 Così S.ZIRULIA, sub art 5 t.u.imm., op. cit. §9
307 S.ZIRULIA, sub art. 5 t.u.imm., op. cit. § 13; F. BOTTALICO, sub art. 5 voce Immigrazione, op. cit., p, 2624; L. CALLAIOLI, sub art. 5, op. cit., p. 1643.
Un ultimo aspetto merita di essere menzionato tra le questioni problematiche che interessano l’art. 5 co. 8 bis t.u.imm. Il legislatore, nel descrivere la seconda fattispecie afferma: «[chiunque] contraffà o altera documenti al fine di determinare il rilascio di un visto di ingresso o di reingresso, di un permesso di soggiorno […]». Senza dubbio, da un punto di vista letterale, l’esclusivo riferimento al rilascio – che peraltro è lessicalmente scorretto quando riferito al contratto di soggiorno308 – esclude dalla rilevanza penale le ipotesi in cui l’opera di falsificazione sia prodromica all’ottenimento del rinnovo o della conversione (in altro titolo) del permesso di soggiorno. Dottrina e giurisprudenza, tuttavia, non concordano sul punto. La prima ritiene che le procedure di rilascio, rinnovo e conversione costituiscano procedimenti amministrativi tra loro differenti la cui parificazione nell’oggetto del dolo specifico determinerebbe un’analogia in malam partem, vietata in diritto penale309. Di segno opposto è invece la soluzione della giurisprudenza che sembra preferire una soluzione estensiva310 sulla base di una meno convincente valorizzazione dei punti comuni dei procedimenti di rilascio e rinnovo, rivelando la chiara lacuna legislativa che, tuttavia, non può però essere colmata, come vorrebbe la giurisprudenza, alla luce della ratio della norma incriminatrice, senza sconfinare in una interpretazione di tipo analogico311.
11. Le ipotesi di favoreggiamento ex art. 12 t.u.imm.: una panoramica.
L’art. 12 t.u.imm. contiene il cuore della disciplina di contrasto ai flussi migratori irregolari. Nelle sue maglie, che vedremo essere l’intricato risultato di numerosi e problematici interventi di modifica – il legislatore italiano ha inserito fattispecie incriminatrici, circostanze aggravanti ed attenuanti, un’esimente, illeciti amministrativi e numerose norme processuali. La complessità dell’impianto normativo è specchio del labirintico mondo della ‘lotta all’immigrazione irregolare’ e restituisce un quadro spesso a tinte fosche in cui, dal susseguirsi degli interventi legislativi, emerge a tratti un sistema più attento ai diritti fondamentali dello straniero – e al loro ruolo di vittime – e, più spesso,
308 S.ZIRULIA, sub art 5 t.u.imm., op. cit. § 16;A.CAPUTO, Diritto e procedura penale dell’immigrazione, 2006, p. 147, costituisce un negozio giuridico tra soggetti privati, che come tale non è oggetto di rilascio, bensì si perfeziona tramite stipulazione
309 sul punto cfr. L. CALLAIOLI, sub art. 5, op. cit., p. 1642
310 Soluzione, ad esempio, adottata nella sentenza Cass. 13 settembre 2019, n. 42073, A.N., in Dir. e Pratica
Lav. 2019, 47-48, 2895
la chiara volontà, comune a maggioranze di ogni colore politico, di criminalizzare condotte non sempre così agevolmente riconducibili al paradigma del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Un’analisi puntuale della materia meriterebbe senz’altro un’attenzione maggiore di quella che qui possiamo dedicarle, ai fini della nostra analisi – che, lo ricordiamo, è la individuazione dei toni della cd. crimmigration nelle maglie del diritto italiano in tema di immigrazione – ci limiteremo a fornire un inquadramento delle varie fattispecie contenute nell’art. 12 t.u.imm., evidenziandone i punti più critici e i profili maggiormente intrisi di quella volontà, più volte nominata, di ‘fare terra bruciata intorno al clandestino’312, incriminando condotte spesso al confine tra solidarietà e diritto penale.