LA CRIMINALIZZAZIONE DELL’IMMIGRAZIONE
3. Razionalizzazione di un fenomeno complesso: l’individuazione di tre direttrici politico-criminali politico-criminali
Ci siamo sin qui occupati di sondare le origini dei caratteri ricorrenti della crimmigration e delle possibili ragioni alla base della sua nascita. Per fare ciò, ci siamo ampiamente
38 Usando le parole di Sklansky: «Ad hoc as opposed to systematic (whether to invoke criminal procedures and criminal sanctions is decided case by case, based on whatever circumstances seem most compelling in that particular instance, rather than by applying a defined, across-the-board set of rules or standards)». D.A. SKLANSKY, Ad hoc instrumentalism, op. cit. p. 161
basati sugli studi in materia presentati dalla dottrina statunitense che, per prima, ha rintracciato il fenomeno e proposto un suo studio. Sempre dalla letteratura statunitense ora prenderemo in prestito anche una prima sistematizzazione della materia che vede correre i processi di crimmigration lungo tre fondamentali direttrici39.
Questa tripartizione offre una valida sistematica per lo studio della materia e soprattutto ci consente di interrogarci circa la presenza delle medesime ‘direttrici’ nel sistema italiano. Scopo precipuo di questo lavoro, infatti, è dimostrare la presenza di tutte le tre direttrici nel sistema giuridico italiano, per poi verificarne i profili sostanziali e formali e la loro legittimità alla luce del diritto costituzionale ed europeo.
La definizione dei contenuti minimi e dei tratti essenziali delle tre direttrici ci consentirà di collocare più agevolmente le considerazioni contenute nei prossimi capitoli, tutte riconducibili, in sostanza, a questa inziale tripartizione.
3.1. La previsione di conseguenze penalistiche (pene detentive e/o pecuniarie) per violazioni del diritto dell’immigrazione
Nella ‘prima direttrice’ attraverso cui si esplica la crimmigration si collocano tutte le conseguenze di tipo penalistico che discendono dalla violazione di una disposizione di diritto dell’immigrazione. Rientrano in questa categoria gli strumenti di tipo più strettamente penalistico che il legislatore (sia esso statunitense o italiano) predispone a difesa delle proprie scelte di politica migratoria. Un esempio tipico di questa prima direttrice sono i reati di ingresso o soggiorno illegale, la violazione di un ordine di allontanamento o il favoreggiamento dell’immigrazione.
Nel prosieguo ci riferiremo a questo primo insieme di disposizioni con l’espressione di criminalizzazione in senso stretto, posto che, in questo gruppo di previsioni il legislatore espressamente introduce reati e pene, palesando la propria chiara intenzione di rendere penalmente rilevanti determinate condotte lesive di determinati beni giuridici. Nella nostra trattazione di questo tema nel Capitolo II, per esigenze di chiarezza espositiva,
39 L’originaria individuazione e formulazione delle tre direttrici è attribubile ad autori statunitensi quali J. STUMPF, The crimmigration crisis: immigrant, crime, and sovereign power, in American University Law
Review, 2006, 381 ss.; S.H.LEGOMSKY, The new path of immigration law: asymmetric incorporation of
criminal justice norms, in Washington and Lee Law Review, 2007, 481 ss.; D.A.SKLANSKY, Crime,
Immigration, and ad hoc instrumentalism, in New Criminal Law Review, 2012, 164 ss. In Italia sono stati
riportati e analizzati da G.L.GATTA, La pena nell’era della ‘crimmigration’: tra Europa e Stati Uniti, in C.E.PALIERO,F.VIGANÒ,F.BASILE,G.L.GATTA (a cura di), La pena, ancora: fra attualità e tradizione.
abbiamo ripartito questa prima direttrice in due sezioni, distinguendo tra criminalizzazione diretta o indiretta (sempre in senso stretto). Nella prima sezione prenderemo in esame le fattispecie penali che vedono nello straniero l’autore del reato (si tratta, quindi, di reati propri dello straniero), destinatario di una sanzione che, nonostante la previsione di una pena, spesso si risolve nella sua espulsione. Nella seconda sezione, invece, abbiamo fatto rientrare quelle fattispecie che, pur riconducibili a una forma di criminalizzazione in senso stretto del fenomeno migratorio, sanzionano soggetti diversi dal migrante (come, ad esempio, nel favoreggiamento) incriminando così – indirettamente – il fenomeno migratorio per mezzo di chi, a diverso titolo, lo agevola. Per la sua maggior frequenza nei più recenti interventi del legislatore italiano, ci è sembrato opportuno approfondire con uno studio autonomo questo aspetto, ravvisando nelle sue estrinsecazioni, se non vediamo male, una possibile ‘quarta direttrice’ della
crimmigration (v. infra par. 3.4.)
3.2. La previsione di conseguenze amministrativistiche connesse a condanne penali (mancata ammissione nello Stato ed espulsione).
La seconda direttrice contempla strumenti estranei al diritto penale (solitamente rientranti nel diritto amministrativo) che pure a questo si legano strettamente dando origine a una forma di ‘criminalizzazione in senso lato’ del fenomeno migratorio e del migrante. Rientrano in questa più fumosa categoria tutte quelle conseguenze, estranee al diritto penale (e dunque alle pene accessorie o agli effetti penali della condanna che interessano il cittadino) che il legislatore fa discendere in capo allo straniero a seguito di una condanna per un reato comune.
La peculiarità di questa categoria, infatti, attiene proprio alla originalità delle conseguenze che, presentandosi come misure ad hoc, risultano applicabili al solo straniero (regolare o irregolare). Ci riferiamo, in particolare, alle forme di diniego di ingresso, interruzione della permanenza o espulsione che il legislatore fa discendere dalla commissione di un reato, a prescindere dalla rilevanza di tale illecito penale con lo status migrante. Così facendo, il legislatore aggiunge, di fatto, una sanzione ulteriore (sulla cui natura dottrina e giurisprudenza si interrogano) per il solo straniero il cui unico fine, si vedrà, è l’allontanamento dal territorio nazionale (sia nella forma del denegato ingresso o rilascio del permesso di soggiorno che in quella dell’espulsione vera e propria). Ci
riferiremo a queste misure in termini di ‘criminalizzazione in senso lato’ poiché pur consistendo in strumenti di natura amministrativa, prendono in prestito dal diritto penale, da un lato, l’afflittività e l’incidenza sulla libertà personale e, dall’altro lato, l’effetto emarginante che spesso trasforma lo straniero in un soggetto (più) pericoloso sulla base di criteri non esattamente chiari e univoci. Queste previsioni, infatti, incidono indubbiamente sulla sensazione di precarietà del migrante che, a parità di reato commesso, riceve un trattamento deteriore rispetto al cittadino e in forza di una sua dedotta pericolosità – o forse non-meritevolezza – ne giustifica l’allontanamento.
3.3. Il ricorso a misure privative o limitative della libertà personale di tipo penalistico (detenzione funzionale all’espulsione) nell’ambito del diritto dell’immigrazione.
Nella terza direttrice, infine, rientra la scelta del legislatore di ricorrere a strumenti tipici dell’enforcement penale nell’ambito del diritto dell’immigrazione. Strumento simbolo di questa scelta è il trattenimento amministrativo che in diverse occasioni interferisce con la permanenza dello straniero nel territorio nazionale. È questo forse lo strumento più controverso che, pur ampiamente utilizzato e previsto da fonti nazionali e internazionali, continua a suscitare dubbi e perplessità. Evidente è la sua vicinanza sostanziale con la privazione della libertà di tipo penalistico tanto che il suo utilizzo, pur sotto l’egida di un’etichetta di ‘misura amministrativa’ ne fa uno dei più vistosi strumenti della
crimmigration. L’assimilazione visiva e giuridica dello straniero irregolare – spesso
responsabile di sole violazioni amministrative – a un detenuto (e dunque a un criminale) contribuisce indubbiamente al rafforzamento di pericolosi pregiudizi e alla marginalizzazione sociale dello straniero, la cui detenzione per motivi diversi dalla commissione di un reato lascia intendere una sua intrinseca pericolosità per i consociati. Al di là di questi preoccupanti effetti, in Italia il trattenimento amministrativo innesca un acceso dibattito in dottrina circa la sua legittimità rispetto ai parametri costituzionali della riserva di legge poiché, nonostante la diffusa applicazione e i continui interventi legislativi in materia, persistono numerose lacune soprattutto in punto di rispetto della riserva di legge riferita ai modi (e dunque alle condizioni materiali) di trattenimento. Tale circostanza, di cui ci occuperemo ampiamente nel Capitolo IV, ‘aggrava’ la posizione del
trattenimento in punto di garanzie, esponendo al contempo gli stranieri a violazioni dei loro diritti fondamentali e l’Italia a censure da parte delle corti internazionali.
3.4. Una possibile quarta direttrice? La criminalizzazione del settore immigrazione
Benché la letteratura statunitense preveda solo le tre direttrici di cui fin qui ci siamo occupati, la recente evoluzione legislativa nel contesto italiano ci ha suggerito l’individuazione di una possibile quarta direttrice comprensiva di una più ampia e generica forma di criminalizzazione del settore immigrazione. Con questa espressione, di cui daremo un più completa definizione nella Sezione seconda del Capitolo II, ci riferiamo alla registrata tendenza del legislatore (specialmente negli ultimi anni) a colpire soggetti diversi dai migranti che, tuttavia, gravitano loro intorno, di fatto creando (o, meglio estendendo) quella sensazione di ‘terra bruciata’ intorno al clandestino che pur era già stata notata in dottrina ai tempi dei primi ‘pacchetti sicurezza del 2008-2009’40. Negli ultimi anni, in particolare, ci sembra verosimile ravvisare questa tendenza nella ostentata incriminazione della condotta delle ONG, sfociata poi nella politica dei porti chiusi e recentissimamente ‘smussata’ dall’ultimo decreto sicurezza del 2020. L’effetto di queste scelte del legislatore – spesso simboliche e giuridicamente traballanti – rispecchia a nostro avviso i caratteri tipici della crimmigration poiché incriminando i soggetti che prestano soccorso ai migranti, rinforza quantomeno l’idea dello straniero criminale il cui aiuto in determinati casi, al pari dell’assistenza offerta al reo, integra un’ipotesi di favoreggiamento.