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La difficile individuazione del soggetto attivo: lo straniero irregolare o regolare? regolare?

LA CRIMINALIZZAZIONE DELL’IMMIGRAZIONE

LA PREVISIONE DI CONSEGUENZE PENALISTICHE PER VIOLAZIONI DI DISPOSIZIONI CONNESSE ALL’IMMIGRAZIONE

1. Immigrazione, sicurezza e reati propri del migrante (ovvero: la criminalizzazione diretta in senso stretto)

3.3. La difficile individuazione del soggetto attivo: lo straniero irregolare o regolare? regolare?

Maggiori incertezze ha generato l’esatta individuazione del soggetto attivo del reato. Se può preliminarmente osservarsi che la norma, per espressa previsione dell’art. 1 co. 1 e 2 t.u.imm., si applica ai cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea e agli apolidi ed è, dunque, qualificabile come un reato proprio dello straniero extracomunitario32, si pone invece all’interprete un’ulteriore distinzione tra cittadino extracomunitario regolare o irregolare.

L’esigenza di operare una distinzione – nel silenzio del testo normativo – si è avvertita con riferimento alla elencazione dei documenti da esibire e alla circostanza che, di alcuni di questi, per lo straniero irregolare è oggettivamente impossibile l’esibizione.

Come vedremo, già prima della riforma del 2009, su questa prima questione si è arrovellata la giurisprudenza, giunta ad una prima affermazione di principio con la sentenza della Cassazione penale a Sezioni Unite n. 45801 del 2003 (sentenza Mesky). In seguito, l’intervento della l. 94/2009 e, in particolare, l’inserimento tra i tipi di documenti da esibire, della congiunzione ‘e’ al posto di ‘o’ ha posto un nuovo problema per l’interprete risolto, per la seconda volta, dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 16453/11 (sentenza Alacev).

3.3.1. La sentenza SS.UU. n. 45801/2003 (sentenza Mesky).

Intorno all’originaria formulazione dell’art. 6 co. 3 t.u.imm. si era formato un contrasto nella giurisprudenza di legittimità relativo all’esatta individuazione dei destinatari dell’obbligo di esibizione.

In particolare, erano ravvisabili tre orientamenti. Il primo orientamento riteneva che la contravvenzione di cui all’art. 6 co. 3 t.u.imm. fosse riconducibile alla condotta di ogni straniero che, a specifica richiesta, omettesse di esibire uno qualsiasi dei quattro documenti indicati al comma 3 (ossia: il passaporto o altro documento di identificazione,

lo scriminano, per così dire, dall’esterno rispetto alla struttura di esse, che rimane astrattamente intatta» [Cass. pen. Sez. I, 11 novembre 1999, n. 14008, in Dir. imm. citt, n. 1/2000, p. 170].

32 Ai cittadini stranieri appartenenti all’Unione si applica, invece, la disciplina più favorevole contenuta negli artt. 4 e 17 TULPS, nonché l’art. 294 reg. att. TULPS che prevede, ai sensi dell’art. 221 TULPS la pena dell’arresto fino a due mesi congiunta all’ammenda fino a 103 euro.

il permesso o la carta di soggiorno). Era, ovviamente, fatta salva l’ipotesi del giustificato motivo in cui però – a parere di tale orientamento – non poteva rientrare la situazione dello straniero che si fosse volontariamente posto nella condizione di non essere identificato, ad esempio, essendo entrando clandestinamente in Italia sprovvisto di qualsiasi documento, salvo il caso in cui potesse fornire la prova dell’avvenuta sottrazione o distruzione, per causa non imputabile, del documento precedentemente posseduto33. Tale interpretazione, largamente dominante, faceva leva, da un lato, sul tenore testuale della norma che, sanzionando la mancata esibizione e non il rifiuto, presupponeva l’obbligo di munirsi di un simile documento, salvo il ricorrere di un giustificato motivo (come già detto non ricollegabile a un comportamento volontario dello straniero). Un secondo orientamento, meno rigoroso, escludeva che l’art. 6 co. 3 potesse applicarsi allo straniero irregolarmente presente in Italia. Tale giudizio si fondava su due argomentazioni che vale la pena ricordare. La prima, di carattere sistemico, metteva in evidenza che (all’epoca) non essendo prevista alcuna forma di criminalizzazione dell’ingresso irregolare dello straniero (unicamente passibile di un provvedimento amministrativo di espulsione), esporre invece a sanzione penale una condotta che sul piano fenomenico e sociologico, era meno grave sarebbe apparso contraddittorio e sproporzionato. La contravvenzione de qua, infatti, avrebbe finito per trasformarsi in una forma indiretta di criminalizzazione dell’ingresso irregolare34. La seconda argomentazione faceva leva sulla collocazione della fattispecie nell’art. 6, rubricato «facoltà e obblighi inerenti al soggiorno»: segnale che dall’ambito di operatività di tale disposizione doveva restare escluso lo straniero irregolare. Non poche sentenze, infatti, rilevavano che «sarebbe contra ius una norma che, pur ascrivendo l’ingresso clandestino all’area del penalmente irrilevante, imponesse al clandestino di attivarsi per munirsi di un documento di identificazione, che equivarrebbe ad una denuncia del suo stato di clandestinità e porrebbe quindi la base per la sua espulsione»35 con evidente violazione

33 In questo senso Cass. pen. Sez. I, 26 settembre 2001, Chalgom, in CP, 2002, 781; v. anche A. CAPUTO,

I reati in materia di immigrazione, op. cit. p. 127

34 Cass. pen. Sez. I, 11 novembre 1999, Karim, in Dir. imm. citt. n. 1/2000, p. 170 ss.; Cass. pen. Sez. I, 11 novembre 1999, Kalil, in Riv. pen. 2000, p. 232; Cass. pen. Sez. VI 27 giugno 2001, Jalal Mohames, in

Cass. pen., 2002, p. 2898.

35 Cass. pen. sez. VI, 29 luglio 2003, in Dir. imm. citt. 3/2003, pp. 160 ss; nello stesso senso anche: Cass. pen., Sez. I, 14 febbraio 2003, Ben Giuti Ramzi, in Cass. pen,, 2004, pp. 235-236.

del principio del nemo tenetur se detegere. Conseguenza obbligata era dunque l’applicabilità dell’art. 6 co. 3 ai soli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia. Si contava, infine, un terzo orientamento ‘intermedio’36 che opportunamente distingueva per ogni documento elencato dalla norma un diverso ambito soggettivo. Così ragionando, il reato in questione risultava configurabile per gli stranieri irregolarmente presenti sul territorio nel solo caso in cui a non essere esibito era il passaporto o un altro documento di identità; la mancata esibizione della carta o del permesso di soggiorno, al contrario, poteva essere rimproverata solamente agli stranieri regolari, gli unici muniti di tale documento37 nei cui confronti l’esibizione era esigibile.

Proprio a quest’ultimo orientamento si sono ispirate le Sezioni Unite con la sentenza 45801 del 2003, più nota come sentenza Mesky38. Invitando a ragionare sul contenuto letterale della norma e sulla sua ratio, il Supremo Collegio ha ritenuto che la disposizione elencasse quattro diverse categorie di documenti (due d’identità e due attestanti la regolarità del soggiorno) e che la esibizione anche di uno solo di questi documenti avrebbe escluso il reato, poiché la presenza delle locuzioni ‘o’ ed ‘ovvero’ poneva i quattro documenti in un rapporto di reciproca equivalenza.

Ne conseguiva che il bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice, non poteva che rinvenirsi nell’interesse a una compiuta, documentale identificazione dello straniero (e non, invece, la verifica della sua regolare presenza sul territorio nazionale quanto)39. Questa, infatti, era l’unica interpretazione in grado di giustificare la circostanza per cui la mera esibizione del solo documento di identità – che nulla dice quanto alla regolarità del soggiorno – fosse idonea ad escludere la sussistenza del reato40. In capo ad ogni cittadino

36 L.DEGL’INNOCENTI, Stranieri irregolari e diritto penale, op. cit. p. 23

37 In questo senso: Cass. pen., Sez. I, 14 febbraio 2003, Ben Giuti Ramzi, cit. con nota di A. NATALINI,

L’omessa esibizione dei documenti da parte dell’immigrato clandestino, in Documenti giustizia, 2003, pp.

96 ss.

38 Cass. pen. SS.UU. 29 ottobre 2003, Mesky, in Riv. pen., 2004, p. 177 con commento di M. GAMBARDELLA, Lo straniero clandestino e la mancata esibizione del documento di identificazione, in Cass.

pen., 2004, p. 785 ss.

39 G.L. GATTA,Inottemperanza del clandestino, op. cit., p. 1

40 La ratio della norma, infatti, era ravvisabile nella (sola) necessità di una pronta identificazione dello straniero soggiornante, a prescindere dalla sua condizione di regolare o irregolare (che peraltro la norma stessa non approfondiva, nominando solo lo straniero). Aggiungeva, poi, la Corte che «non sarebbe giustificabile, sotto i profili costituzionali della ragionevolezza e dell’uguaglianza, una diversa conclusione in virtù della quale chi abbia fatto regolare ingresso nel territorio dello Stato osservando le sue leggi e legittimamente vi permanga sia assoggettato a sanzione penale nel caso di mancata esibizione dei documenti indicati dalla norma; e, per converso, alla stessa sanzione penale non sia assoggettabile lo straniero che, eludendo le leggi dello Stati sui controlli di frontiera, continui a permanere irregolarmente nel suo territorio ed ugualmente non ottemperi alla richiesta di esibire i documenti richiesti, così

extracomunitario – regolare o non – permaneva dunque l’obbligo di esibire un documento di riconoscimento e di identificazione in quanto il proprio eventuale stato di clandestinità non avrebbe potuto costituire giustificato motivo per la mancata esibizione dei documenti identificativi; diversamente, l’obbligo di esibire il permesso o la carta di soggiorno non poteva più riguardare gli extracomunitari irregolari in quanto nei loro confronti, tale esibizione, non poteva considerarsi esigibile.

3.3.2. La sentenza SS.UU. n. 16453/11 (sentenza Alacev).

Sei anni più tardi, il più volte nominato intervento della l. 94/2009 ha riaperto la questione. Il legislatore, infatti, sostituendo al terzo comma la disgiuntiva ‘ovvero’ – che nella previgente formulazione separava i documenti di identificazione da quelli relativi al soggiorno – con una ‘e’ ha di fatto eliminato quel rapporto di reciproca equivalenza tra i documenti che era stato constatato dalla sentenza Mesky, riportando così in auge il tema dell’individuazione dei nuovi destinatari della fattispecie. Anche in questo caso, nelle more della successiva pronuncia delle Sezioni Unite, si sono consolidati diversi orientamenti interpretativi che ci accingiamo a riportare brevemente.

Un primo orientamento conferiva alla modifica un valore meramente formale, dando alla ‘e’ una funzione meramente descrittivo-aggiuntiva41 priva di ogni ricaduta sul piano pratico dove, anzi, doveva continuare ad essere applicata l’interpretazione delle Sezioni Unite Mesky42.

Un secondo orientamento, maggioritario, pur ritenendo che la modifica legislativa avesse imposto allo straniero l’esibizione sia dei documenti identificativi che di quelli attestanti la regolare presenza sul territorio, paventava la sopravvenuta inapplicabilità di tale esibizione cumulativa allo straniero irregolare, limitando così il novero dei destinatari del precetto ai cittadini extracomunitari regolari, i soli in grado di esibire entrambi i tipi di documento. Tesi, quest’ultima, rispettosa dei principi di tipicità e inesigibilità, sposata da alcuni Tribunali di merito che notavano come la riorganizzazione della disciplina ad opera della l. 94/2009 avesse contestualmente provveduto alla criminalizzazione del mero

vanificando del tutto l’interesse dello Stato alla sua compiuta identificazione ed ai conseguenti e successivi controlli» (in precedenza, C. cost. sent. 68 e 401 del 2001).

41 L.DEGL’INNOCENTI, Stranieri irregolari e diritto penale, op. cit, p. 28

42 Cass. pen., Sez. I, 23 settembre 2009, Calmus, Rv. 245555; Cass. pen. Sez. I, 16 aprile 2009, Kabir, Rv. 243918

status di clandestino – a prescindere, dunque, dagli obblighi di identificazione – con l’art.

10 bis TUI43 e all’aggravamento degli oneri di identificazione in capo agli stranieri regolari44.

Stante, il contrasto giurisprudenziale, la questione è stata rimessa alle Sezioni Unite chiamate a decidere se la modifica dell’art. 6, co. 3 – ad opera della l. 94/2009 – avesse circoscritto il novero dei soggetti attivi del reato di inottemperanza «all’ordine di esibizione del passaporto o di altro documento di identificazione e del permesso di soggiorno o di altro documento attestante la regolare presenza nel territorio dello Stato» ai soli stranieri legittimamente soggiornanti nel territorio dello Stato, con conseguente abolitio criminis per gli extracomunitari irregolari45. Il supremo collegio ha

43 Cfr. Tribunale di Trieste, procedimento Niang; simile, Tribunale di Rovereto, Ufficio GUP, 27 ottobre 2010 per il quale l’art. 6 co. 3 è applicabile anche nel (raro) caso in cui «un documento di identità sia saltato fuori o, comunque, sia emersa la prova che lo straniero ne fosse concretamente in possesso e, ciononostante, non lo abbia esibito» in DeJure.

44 Un terzo orientamento affermava che, a seguito dell’intervento della legge del 2009, il comando contenuto nel comma 3 riguardasse tutti i documenti, per cui ogni straniero extracomunitario – regolare o non – era tenuto ad esibire sia i documenti identificativi (passaporto o altro documento di identificazione) sia quelli attestanti la regolare presenza sul territorio (permesso di soggiorno o altro documento equivalente), con buona pace della inevitabile impossibilità per gli stranieri irregolari di fornire i documenti relativi alla regolare posizione in Italia. Questa impostazione, però, scontava un serio difetto di coordinamento con l’art. 10 bis (anch’esso inserito dalla l. 94/2004) dal momento che quest’ultima fattispecie conteneva (e contiene) una clausola di salvaguardia che ne sancisce l’inapplicabilità qualora il

fatto non costituisca più grave reato. E più grave reato dell’ingresso illegale – poiché punito con una pena

più grave – era proprio la fattispecie di cui all’art. 6 co. 3 che, di fatto, diventava il ‘vero reato’ di immigrazione clandestina. In questo senso, L.DEGL’INNOCENTI, Stranieri irregolari e diritto penale, op. cit., p. 27 il quale nota altresì che tale opinione sembrerebbe destinata a non trovare seguito, perché diversamente l’art. 10 bis, una volta creato, risulterebbe fin da subito obsoleto.

45 Pur rinviando ad altre sedi per l’approfondimento della delicata questione, si segnala che in dottrina è stato ritenuto il mutamento giurisprudenziale operato dalle Sezioni Unite non abbia comportato una abolitio

criminis ma, piuttosto, una abrogatio sine abolitione: ossia la soppressione della fattispecie speciale rispetto

a una già vigente fattispecie generale. La dichiarata abrogazione, infatti, non sembrerebbe superare il relativo test di accertamento (verificare se i fatti riconducibili alla fattispecie che si assume abolita non lo siano rispetto ad altra fattispecie legale già presente nell’ordinamento e divenuta applicabile proprio in seguito alla modifica legislativa o giurisprudenziale (v. anche G.MARINUCCI,E.DOLCINI,G.L.GATTA,

Manuale di diritto penale. Parte generale, IX ed., 2020, pp. 134 ss.). L’art. 6 co. 3, pacificamente abrogato

per gli irregolari, sarebbe però sussumibile comunque nella contravvenzione risultante dal combinato disposto degli artt. 294 e 221 r.d. 6 maggio 1940 n. 635 (TULPS) che stabiliscono il principio generale – operante nei confronti di chiunque – dell’obbligo di esibizione della carta di identità o di un documento equipollente ad ogni richiesta degli ufficiali, la cui inadempienza è punita con l’arresto fino a due mesi e l’ammenda fino a 103 euro. Ne consegue che, ai sensi dell’art. 2 co. 4 c.p., qualora in relazione a quei fatti non sia ancora intervenuta condanna, dovrebbe trovare applicazione, previa riqualificazione del fatto, la disciplina più favorevole prevista dal TULPS. In senso contrario, L.DEGL’INNOCENTI, Stranieri irregolari

e diritto penale, op. cit. ritiene che sebbene tale ragionamento possa dirsi in astratto corretto, non può

applicarsi agli extracomunitari irregolari in virtù del quadro normativo-punitivo loro riferibile. Infatti, la loro irregolarità è divenuta irrilevante anche da un punto di vista penale (10 bis) e tale argomentazione giuridica contrasta con il nemo tenetur se detegere, posto che la loro condotta sarebbe non sanzionabile perché dal loro dovere di esibizione si configurerebbe un vero e proprio obbligo di autoincolpazione, come tale scriminato o non punibile.

dato risposta affermativa al quesito, argomentando proprio a partire dalla sentenza Mesky e affermando che, posta sul piano letterale la necessità di concorrente esibizione di entrambe le categorie di documenti nominati dalla norma46, «la condotta dello straniero irregolare non può essere ricompresa nella nuova fattispecie di cui all’art. 6, comma 3, in forza del principio di tipicità, risultando chiaro dal contenuto della norma e dall’interesse da essa tutelato che il soggetto attivo del reato è stato circoscritto allo straniero regolarmente soggiornante». A sostegno di questa lettura il Supremo Collegio, inoltre, offriva una preziosa lettura sistematica del Testo unico mettendo in luce che: «con la modificazione dell’art. 6, comma 3 […] e con l’inserimento nell’art. 5, co. 8 bis della punizione dell’utilizzazione dei documenti di soggiorno falsi o contraffatti, il legislatore ha inteso facilitare, innanzitutto per le forze di polizia, la distinzione tra le due categorie di stranieri (regolari e irregolari), allo scopo di sottoporre quelli in posizione irregolare (la cui condotta integra il reato di cui all’art. 10 bis d. lgs. 286 del 1998) a sanzione pecuniaria, inflitta dal giudice di pace, a seguito di rapido e semplificato processo penale, finalizzato alla più veloce estromissione dal territorio dello Stato»47.

Volendo provare una estrema sintesi, possiamo dire che le Sezioni Unite hanno ragionato seguendo due linee interpretative: una teleologica e una storico-sistematica48. Secondo la lettura sistematica, la richiesta congiunta di entrambe le tipologie di documenti che lo straniero è tenuto a esibire è sintomatica di un cambiamento di bene giuridico tutelato dalla norma: non più la pronta identificazione, bensì la verifica della regolarità della

46 Seguendo i canoni dettati dall’art. 12 delle preleggi e i criteri seguiti dalla stessa sentenza Mesky, non può che giungersi ad attribuire alla congiunzione “e” una valenza copulativa di “e anche”, rifiutando invece la valenza disgiuntiva “e/o”. Nella prospettiva letterale, la sentenza sottolinea l’inequivoco tenore letterale della riformata norma incriminatrice: il significato proprio delle parole e la loro connessione (art. 12 preleggi). Si legge nella sentenza: «è vero che, in astratto, la congiunzione 'e' può essere utilizzata in funzioni di collegamento di tipo copulativo (nel senso di 'e anche') sia di tipo disgiuntivo ("e/o"), ma l'analisi del dettato normativo nel suo sviluppo diacronico (rispetto al precedente testo) e sincronico (rispetto alle coppie alternative poste all'interno delle due categorie di documenti) assegna alla congiunzione "e" il significato della necessaria compresenza delle due categorie di documenti: quelli d'identità (passaporto o altro documento identificativo) e quelli di regolarità (permesso di soggiorno o altro documento attestante la regolare presenza nel territorio dello Stato). Dalla successione delle congiunzioni emerge che i collegamenti sono di disgiunzione e alternatività all'interno di ciascuna categoria (stante la fungibilità dei documenti richiamati per attestare rispettivamente l'identità e la regolarità del soggiorno), di addizione e compresenza delle due diverse categorie (essendo palese l'infungibilità tra documenti di identificazione e quelli relativi al soggiorno)».

47 Secondo le S.U., l’estromissione degli stranieri ‘irregolari’ dai soggetti attivi del riformato reato di cui all'art. 6, comma 3, t.u. imm. va affermata “in forza del principio di tipicità, risultando chiaro dal contenuto della norma e dall'interesse da essa tutelato che il soggetto attivo del reato è circoscritto allo straniero regolarmente soggiornante”; nel caso in esame, invece, “non viene affatto in rilievo la presenza o l’assenza del giustificato motivo, che esclude la configurabilità del reato, né il principio di esigibilità della condotta”. 48 Più nel dettaglio si veda G.L. GATTA,Inottemperanza del clandestino, op. cit.

presenza (impossibile demandando allo straniero il solo documento di identità). Di conseguenza – e passando alla seconda lettura, di tipo logico-sistematico – appare evidente agli occhi della Corte la reale intenzione del legislatore che, una volta individuata, rende agevole comprendere il senso della modifica del 2009 che, a prima vista, escludendo gli stranieri irregolari, sembrerebbe stridere con le proclamate intenzioni del legislatore del Pacchetto sicurezza del 2009.

La riforma dell'art. 6 co. 3, t.u. imm. deve, dunque, necessariamente essere letta insieme a quella dell’art. 5 co. 8 bis t.u. imm.: al legislatore interessa l’esibizione dei documenti di soggiorno al fine di verificarne non solo il possesso, ma anche la genuinità49. Non solo. In caso di mancata esibizioni dei documenti richiesti, sorge un primo dubbio sulla regolare presenza dello straniero sul territorio; lo straniero potrà smentire tali dubbi (e rispondere così della fattispecie di cui all’art. 6 co. 3 t.u.imm.), oppure, se l’indizio troverà conferma, lo straniero risponderà del nuovo reato di clandestinità. L’individuazione del vero scopo delle modifiche introdotte chiede un passaggio ulteriore. Usando le parole della Corte, iniziano a delinearsi i contorni del disegno più ampio del legislatore, il quale «ha inteso facilitare, innanzitutto per le forze di polizia, la distinzione tra le due categorie di stranieri (regolari e irregolari), allo scopo di sottoporre quelli in posizione irregolare (la cui condotta integra il reato di cui all' art. 10 bis d.lgs. n. 286/1998) a sanzione pecuniaria, inflitta dal giudice di pace, a seguito di rapido e semplificato processo penale, finalizzato alla più veloce estromissione dal territorio dello Stato». Anche agli occhi delle Sezioni Unite è dunque evidente il delinearsi di un sistema a doppio binario in base al quale i ‘regolari’ saranno destinatari, di sanzioni detentive, mentre gli ‘irregolari’, saranno puniti con sanzioni pecuniarie50, agevolmente sostituibili con la vera sanzione pensata dal legislatore del 2009: l’espulsione. L’art. 6 co. 3, dunque, così formulato, diventa strumentale all’espulsione dell’irregolare, tutelando l’interesse alla pronta verifica della regolarità della presenza dello straniero sul territorio51.

Lungi dallo svincolare lo straniero irregolare da ogni onere identificativo – chiosa la sentenza – nei suoi confronti resterà pur sempre applicabile l’art. 6 co. 4, che consente di

49 In questi termini: G.L. GATTA,Inottemperanza del clandestino, op. cit.

50 nel caso dell'art. 10 bis t.u. imm. e, tanto più, dopo la recente riforma dell’art. 14 co. 5 ter e quater t.u.imm.

51 A. GILIBERTO. Cass., sezioni un., 24.2.2011 (dep. 27.4.2011), pres. Lupo, est. Ippolito, imp. Alacev

(omessa esibizione dei documenti di identità e del permesso di soggiorno: abolitio criminis per gli stranieri 'irregolari'), in Dir. pen. cont., 29 aprile 2011.

sottoporre a rilievi dattiloscopici e segnaletici lo straniero (in posizione regolare o irregolare) nel caso che vi sia motivo di dubitare della sua identità personale.