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Il contrasto all’immigrazione irregolare e le richieste di incriminazione

LA CRIMINALIZZAZIONE DELL’IMMIGRAZIONE

4. Il quadro europeo

4.2. Il contrasto all’immigrazione irregolare e le richieste di incriminazione

Riportando il discorso nel nostro campo di indagine, ossia la criminalizzazione del fenomeno migratorio, ci occuperemo ora di individuare ‘tracce’ di questa tendenza a livello europeo, ravvisando i principali settori in cui l’Unione interviene imponendo agli Stati membri specifici obblighi di incriminazione. È importante premettere sin da subito che nonostante le articolate richieste di rendere penalmente rilevanti condotte attinenti al settore dell’immigrazione, l’Unione europea – a differenza di alcuni Stati membri – non ha mai richiesto la criminalizzazione dei migranti in quanto tali, rivolgendo piuttosto la propria attenzione a soggetti terzi che, in un modo o in un altro, agevolano l’immigrazione irregolare.

Di maggior rilievo per la nostra ricerca sono le indicazioni impartite a livello europeo nei confronti delle diverse ipotesi di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Le indicazioni europee in materia hanno sin da subito trovato il favore degli Stati che hanno visto nella prevenzione degli ingressi (attuata tramite la criminalizzazione di coloro che li facilitano) una via più semplice e, soprattutto, meno dispendiosa rispetto all’espulsione di chi già ha fatto irregolarmente ingresso nel Paese. Anche in questo caso le misure

incentivate dall’Unione contemplavano l’imposizione di sanzioni (anche) penali in capo a soggetti diversi che, a vario titolo, avrebbero potuto agevolare e facilitare l’ingresso o il soggiorno irregolare degli stranieri. Occorre infatti, in questo campo, operare una tripartizione tra i potenziali facilitators: i vettori di trasporto (in primis le compagnie aeree), i trafficanti e i datori di lavoro. Avremo modo di vedere nel Capitolo II come queste indicazioni sono state recepite dall’Italia.

4.2.1. L’incriminazione dei vettori

Con riguardo ai vettori incaricati del trasporto via terra, mare o acqua delle persone, l’Unione europea, dapprima con la Convenzione di Schengen e, poi, con la Direttiva 2001/51/CE ha sancito (duplicando, di fatto, i controlli statali alle frontiere esterne48) in capo a tali soggetti dei veri e propri obblighi di verifica della regolarità delle persone trasportate, presidiati da sanzioni di natura pecuniaria dissuasive, efficaci e

proporzionate49, nonché obblighi di comunicazione agli Stati dei nominativi delle persone

trasportate50.

4.2.2. L’incriminazione di human trafficking e human smuggling.

Dopo l’incriminazione dei vettori ci occupiamo in questo paragrafo di altre due distinte condotte di cui l’Unione europea, nell’ambito delle politiche comuni in materia di immigrazione, chiede l’incriminazione. Si tratta delle distinte figure del traffico migranti

48 Si veda sul punto: G. MENZ, Neoliberalism, Privatisation and the Outsourcing of Migration

Management: A Five Country Comparison, in Competition and Change, Vol.15, n. 2, 2011, pp. 116 ss.

49 Cfr. Direttiva 2001/51/CE, art. 4 § 1. Alle lettere a, b, e c) del par. § 1 la Direttiva prevede altresì gli ‘importi massimi e minimi’, così calcolati: « a) l’importo massimo delle sanzioni pecuniarie applicabili non sia inferiore a 5 000 EUR o l'equivalente in valuta nazionale al tasso di cambio pubblicato nella Gazzetta ufficiale il 10 agosto 2001 per persona trasportata; oppure b) l’importo minimo di tali sanzioni non sia inferiore a 3 000 EUR o l'equivalente in valuta nazionale al tasso di cambio pubblicato nella Gazzetta ufficiale il 10 agosto 2001 per persona trasportata; oppure c) l’importo massimo della sanzione applicata forfettariamente a ciascuna infrazione non sia inferiore a 500 000 EUR o l’equivalente in valuta nazionale al tasso di cambio pubblicato nella Gazzetta ufficiale il 10 agosto 2001, a prescindere dal numero di persone trasportate».

50 Cfr. Direttiva 2004/82/CE che prevede espressamente che le informazioni relative ai passeggeri siano fornite dietro richiesta delle autorità incaricate del controllo delle persone alle frontiere esterne dell’UE.

(human smuggling o smuggling of migrants) e della tratta di esseri umani (human

trafficking o trafficking in persons)51.

Con riguardo al traffico di migranti l’obiettivo preso di mira dal legislatore europeo era quello di colpire con adeguate sanzioni i soggetti che, a vario titolo, favorivano l’immigrazione irregolare nelle forme di un’agevolazione in fase di ingresso o permanenza. Come per la responsabilità dei vettori, l’antecedente storico di queste fattispecie è rinvenibile nella Convenzione di Schengen e, in particolare, nel suo articolo 27 ove si può leggere che «Le Parti contraenti si impegnano a stabilire sanzioni appropriate nei confronti di chiunque aiuti o tenti di aiutare, a scopo di lucro, uno straniero ad entrare o a soggiornare nel territorio di una Parte contraente in violazione della legislazione di detta Parte contraente relativa all’ingresso e al soggiorno degli stranieri». A questa prima richiesta di incriminazione hanno fatto seguito negli anni successivi la Direttiva 2002/90/CE52 e la Decisione Quadro 2002/496/GAI53. La direttiva, in particolare, volta alla predisposizione di «misure volte a combattere l’attività di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, tanto se correlata all’attraversamento illegale della frontiera in senso stretto quanto se perpetrata allo scopo di alimentare le reti di sfruttamento di esseri umani» ha innanzitutto avvertito la necessità di una definizione delle condotte di favoreggiamento, così da agevolare e rendere più efficace l’applicazione

51 La distinzione tra traffico di migranti e tratta di esseri umani è fissata a livello europeo nelle definizioni contenute nell’allegato alla convenzione che stabilisce l’Europol (in GU, C 316/2, 29 novembre 1995), ove si fa riferimento, in primo luogo, alle «azioni intese ad agevolare deliberatamente, a scopo di lucro,

l’ingresso e il soggiorno o il lavoro nel territorio degli Stati membri dell’Unione europea, in violazione delle leggi e delle condizioni applicabili negli Stati membri” (definendo così il traffico clandestino di

immigrazione); in secondo luogo, al «fatto di sottoporre una persona al potere reale e illegale di altre

persone ricorrendo a violenze o a minacce o abusando di un rapporto di autorità o mediante manovre, in particolare per dedicarsi allo sfruttamento della prostituzione altrui, a forme di sfruttamento e di violenza sessuale nei confronti di minorenni o al commercio connesso con l'abbandono dei figli» (in tale senso

riferendosi alla tratta di esseri umani). La distinzione riaffiora anche nei diversi e specifici Protocolli addizionali alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale (cd. Convenzione di Palermo) che fanno riferimento, rispettivamente, uno alla lotta al traffico di migranti via terra, via mare e via aria e l’altro alla prevenzione e repressione della tratta di persone, in particolare donne e bambini. Sul punto si veda anche: L.GOISIS, L’immigrazione clandestina e il delitto di tratta di esseri

umani. Smuggling of migrants e trafficking in persons: la disciplina italiana, in Dir. pen. cont., 18

novembre 2016; S. FORLATI, (a cura di), La lotta alla tratta di esseri umani fra dimensione internazionale

e ordinamento interno, Napoli, 2013; F. SPIEZIA, La tratta di esseri umani: gli strumenti normativi di

contrasto sul piano internazionale e le attività di cooperazione giudiziaria, Relazione all’incontro

organizzato dal C.S.M., Giugno 2010, reperibile su www.stranieriinitalia.it.

52 Direttiva 2002/90/CE del Consiglio del 28 novembre 2002 volta a definire il favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegali.

53 Decisione Quadro 2002/946/GAI del Consiglio del 28 novembre 2002 relativa al rafforzamento del quadro penale per la repressione del favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali.

della decisione quadro 2002/946/ GAI per la repressione di tali reati54. Sono state così previste dalla Direttiva due distinti comportamenti illeciti nei confronti dei quali gli Stati sono stati invitati ad adottare ‘sanzioni appropriate’ (art. 1 § lett. a e b). La prima (lett. a) consiste nel prestare intenzionalmente aiuto a una persona che non sia cittadino di uno Stato membro ad entrare o a transitare nel territorio di uno Stato membro in violazione della legislazione di detto Stato in materia di ingresso e transito degli stranieri. La seconda (lett. b) riguarda invece la condotta di chi intenzionalmente ma – soprattutto – ‘a scopo di lucro’ aiuti un cittadino di uno Stato terzo a soggiornare nel territorio di uno Stato membro in violazione della legislazione di tale Stato. Al paragrafo 2, infine, la Direttiva presenta la (mera) possibilità per gli Stati di inserire una esimente umanitaria applicabile – a discrezione degli Stati – ogniqualvolta in cui le condotte di cui al par. 1 siano state commesse al fine di prestare assistenza umanitaria.

Una diversa disciplina interessa, invece, la tratta di esseri umani. L’incriminazione di tale condotta vede, in particolare, la sua fonte in due principali strumenti. Da un lato, vi è infatti il Protocol to Prevent, Suppress and Punish Trafficking in Persons, especially

Women and Children, che è uno dei tre protocolli addizionali alla c.d. Convenzione di

Palermo del 200055; dall’altro, a livello europeo, vi è la Direttiva 2011/36/UE56. Ai sensi dell’art. 3 lett. a del Protocollo ONU la tratta viene definita come l’opera di «reclutamento, trasporto, trasferimento, l’ospitare o accogliere persone, tramite l’impiego o la minaccia di impiego della forza o di altre forme di coercizione, di rapimento, frode, inganno, abuso di potere o di una posizione di vulnerabilità o tramite il dare o ricevere somme di denaro o vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha autorità su un’altra a scopo di sfruttamento. Lo sfruttamento comprende, come minimo, lo sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro forzato o prestazioni forzate, schiavitù o pratiche analoghe, l’asservimento o il prelievo di organi». Una definizione simile viene adottata dalla Direttiva europea57 che, accanto

54 Così, Direttiva 2002/90/CE, Preambolo (2) e (4)

55 The United Nations Convention against Transnational Organized Crime, adottata a New York il 15 novembre 2000 in occasione della 55ma sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

56 Direttiva 2011/36/UE del Parlamento e del Consiglio del 5 aprile 2011 concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI.

57 Art. 2 §1 « il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l’alloggio o l’accoglienza di persone, compreso il passaggio o il trasferimento dell’autorità su queste persone, con la minaccia dell’uso o con l’uso stesso della forza o di altre forme di coercizione, con il rapimento, la frode, l’inganno, l’abuso di potere o della posizione di vulnerabilità o con l’offerta o l’accettazione di somme di denaro o di vantaggi per ottenere il

allo sfruttamento sessuale e alla schiavitù, include un più ampio riferimento anche ad altre forme di sfruttamento quale l’accattonaggio. A livello europeo, ai sensi del combinato disposto degli artt. 79 e 83 TFUE, in materia di tratta, il Parlamento europeo e il Consiglio stabiliscono norme minime relative alla definizione e delle sanzioni e, in particolare, l’art. 3 della Direttiva esplicita il contenuto minimo delle pene che gli Stati dovranno comminare per siffatte condotte: «Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché i reati di cui all’articolo 2 siano punibili con la reclusione della durata massima di almeno cinque anni»58 mentre la reclusione massima dovrà essere di almeno dieci anni qualora il reato «sia stato commesso nei confronti di una vittima particolarmente vulnerabile, compresi i minori; b) sia stato commesso nel contesto di un’organizzazione criminale […]; c) abbia messo in pericolo la vita della vittima intenzionalmente o per colpa grave; oppure d) sia stato commesso ricorrendo a violenze gravi o abbia causato alla vittima un pregiudizio particolarmente grave»59. L’art. 3, infine, richiede agli Stati di adottare le ‘misure necessarie’ affinché trovino punizione anche l’istigazione, il favoreggiamento, il concorso e tentativo nei reati di cui all’art. 2. Alle vittime della tratta, invece, la Direttiva riserva la non applicabilità di sanzioni penali in caso di costrizione al compimento di attività criminali quale conseguenza diretta di uno degli atti di cui all’articolo 260.

4.2.3. L’incriminazione di chi impiega lavorativamente stranieri irregolari.

Brevissimamente, infine, prendiamo in considerazione le richieste di incriminazione dei datori di lavoro che prospettando la possibilità di ricorso alla manodopera degli irregolari, favoriscono l’immigrazione irregolare degli stessi. La fonte europea che si occupa di

consenso di una persona che ha autorità su un’altra, a fini di sfruttamento. § 2. Per posizione di vulnerabilità si intende una situazione in cui la persona in questione non ha altra scelta effettiva ed accettabile se non cedere all’abuso di cui è vittima. §3. Lo sfruttamento comprende, come minimo, lo sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro o i servizi forzati, compreso l’accattonaggio, la schiavitù o pratiche simili alla schiavitù, la servitù, lo sfruttamento di attività illecite o il prelievo di organi».

58 Art. 4§1 59 Art. 4§2

60 Art. 8; della posizione delle vittime la direttiva si occupa altresì dall’art. 11 a 17. Inoltre la Direttiva 2004/81/CE del Consiglio del 29 aprile 2004 riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime della tratta di esseri umani o coinvolti in un’azione di favoreggiamento dell’immigrazione illegale che cooperino con le autorità competenti prevede la possibilità di rilasciare un titolo di soggiorno alle vittime di tratta o ai migranti coinvolti in un’azione di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, nonostante l’applicazione della Direttiva a questa seconda categoria di persone sia meramente opzionale.

questo tema è la Direttiva 2009/52/CE61che introduce norme minime comuni in materia di obblighi dei datori di lavoro, le sanzioni loro imponibili nonché alcuni diritti, sostanziali e processuali, per i lavoratori migranti. La Direttiva, in sostanza, vieta l’impiego lavorativo dei migranti irregolari (art. 3) e a tal fine prevede per i datori di lavoro un obbligo di verifica e conservazione dei documenti attestanti la regolarità dello status dello straniero, oltre alla pronta notifica alle autorità competenti dell’inizio del rapporto di lavoro (art. 4)62. Quanto alle sanzioni – che la Direttiva si limita a chiedere che siano «efficaci, proporzionate e dissuasive – previste dalla Direttiva per i datori di lavoro che violano il divieto (e dunque gli obblighi loro imposti), ai sensi dell’art. 5, implicheranno sanzioni finanziarie (proporzionate al numero dei cittadini irregolari impiegati) nonché il pagamento dei costi del rimpatrio.