LA CRIMINALIZZAZIONE DELL’IMMIGRAZIONE
LA PREVISIONE DI CONSEGUENZE PENALISTICHE PER VIOLAZIONI DI DISPOSIZIONI CONNESSE ALL’IMMIGRAZIONE
1. Immigrazione, sicurezza e reati propri del migrante (ovvero: la criminalizzazione diretta in senso stretto)
5.3. La competenza del giudice di pace
5.3.3. I possibili esiti del processo: (i) la sentenza di non luogo a procedere per avvenuta espulsione amministrativa
Dato il parallelismo intercorrente tra lo strumento penale introdotto nel 2009 e la previgente procedura di espulsione amministrativa, è ben possibile (e anzi, normale) che lo straniero sottoposto a procedimento penale per il reato di cui all’art. 10 bis sia contestualmente destinatario di un decreto di espulsione emesso dall’autorità amministrativa ai sensi dell’art. 13 t.u.imm. A ben vedere, infatti, il sistema di coordinamento previsto dalla l. 94/2009 prevede che ogni volta in cui la pubblica autorità viene a conoscenza dell’ingresso o del trattenimento contra legem di un cittadino straniero extracomunitario (o di un apolide) iniziano due distinti ed autonomi procedimenti123: uno amministrativo (volto all’espulsione dello straniero) ed uno penale, previa denuncia all’autorità per il reato di cui all’art. 10 bis, davanti al giudice di pace. Per comprendere i rapporti tra i due strumenti è opportuno richiamare l’art. 13 co. 3 t.u.imm. il quale, in via generale, prevede che nel caso in cui lo straniero sia sottoposto a procedimento penale ma non si trovi in stato di custodia cautelare in carcere, il questore,
120 Tale ultima ipotesi di rigetto della domanda è stata inserita dal d.l. 4 ottobre 2018, n. 113, conv. con modif., dalla l. 1° dicembre 2018, n. 132.
121 Sempre ai sensi dell’art. 10 bis co. 6 t.u.imm., la sentenza di non luogo a procedere deve essere pronunciata anche: a) nei casi in cui la Commissione territoriale non abbia accolto la domanda di protezione internazionale ma, ricorrendo i presupposti di cui all’articolo 19, commi 1 e 1.1 t.u.imm., abbia trasmesso gli atti al questore e sia stato rilasciato allo straniero un permesso di soggiorno biennale recante dicitura ‘protezione speciale’ (v. 32 co. 3 d.lgs. 25/2008, disciplina modificata dal d.l. 4 ottobre 2018, n. 113, conv. con modif., dalla l. 1° dicembre 2018, n. 132 e successivamente modificato dall'articolo 2, comma 1, lettera e), numero 2), del d.l. 21 ottobre 2020, n. 130); b) nelle ipotesi di cui agli artt. 18, 18 bis, 20 bis, 22, co.12
quater, 42 bis t.u.imm.; c) nelle ipotesi di cui all’art.10 l. 7 aprile 2017, n. 47 (permessi di soggiorno per
minori stranieri per i quali sono vietati il respingimento o l’espulsione).
122 In questo senso G.VARRASO, Il nuovo rito a ‘presentazione immediata’, op. cit., p. 115 123 G.L.GATTA, Immigrazione e delitti contro l’amministrazione della giustizia, op. cit. p. 1328
prima di eseguire l’espulsione, deve richiedere il nulla osta all’autorità giudiziaria, che può negarlo solo in presenza di «inderogabili esigenze processuali valutate in relazione all’accertamento della responsabilità di eventuali concorrenti nel reato o imputati in procedimenti per reati connessi e all’interesse della persona offesa»124.
L’art. 10 bis co. 4, invece, non richiede alcun nulla osta per l’esecuzione dell’espulsione ad opera del questore, prevedendo solo che quest’ultimo comunichi all’autorità giudiziaria competente per l’accertamento del reato l’avvenuta esecuzione dell’espulsione (ovvero del respingimento ex art. 10, co. 2). Ricevuta la comunicazione del questore il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere (art. 10 bis co. 5 t.u.imm.), in modo simile a quanto avviene nel processo penale (per altri reati) ai sensi dell’art. 13 co. 3 quater125. A tal proposito la Corte costituzionale, con sentenza del 7 aprile 2006, n. 142, ha affermato che nell’art. 13 co. 3 quater t.u.imm. «può scorgersi una condizione di procedibilità atipica, che trova la sua ratio nel diminuito interesse dello Stato alla punizione di soggetti ormai estromessi dal proprio territorio, in un’ottica similare – anche se non identica – a quella sottesa alle previsioni degli artt. 9 e 10 cod. pen., non disgiunta, peraltro, da esigenze deflattive del carico penale». Un diminuito interesse che, ancora una volta, riconferma la priorità assoluta del legislatore: espellere – più che sanzionare penalmente – lo straniero irregolare.
5.3.4. (ii) L’esclusione della procedibilità per particolare tenuità del fatto.
Tra i possibili esiti del processo penale davanti al giudice di pace vi è l’esclusione della procedibilità per particolare tenuità del fatto prevista dall’art. 34 d.lgs. n. 274/2000 e non vi sono previsioni che escludono l’applicabilità di detto istituto alla contravvenzione in esame126. Ai sensi dell’art. 34 co. 2, nel corso delle indagini preliminari il giudice dichiara
124 In tal caso l’esecuzione del provvedimento è sospesa fino a quando l’autorità giudiziaria comunica la cessazione delle esigenze processuali. Il nulla osta si intende concesso qualora l’autorità giudiziaria non provveda entro sette giorni dalla data di ricevimento della richiesta. In attesa della decisione sulla richiesta di nulla osta, il questore può adottare la misura del trattenimento presso un centro di permanenza temporanea, ai sensi dell’art. 14 t.u.imm.
125 Vi sono, però, delle differenze: nel procedimento per il reato di cui all’art. 10 bis, la sentenza di non luogo a procedere può essere emessa dal giudice che procede in ogni stato e grado del procedimento mentre quando lo straniero è imputato in un procedimento penale per altri reati, la sentenza de qua – come si evince dall’art. 13 co. 3 quater – può essere emessa solo fino a che non sia stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio.
126 G.L.GATTA, Immigrazione e delitti contro l’amministrazione della giustizia nel pacchetto sicurezza, op. cit. p. 1329; A.CAPUTO, Nuovi reati di ingresso e di soggiorno illegale, op. cit., p. 251; in senso contrario, invece, G. VARRASO, Il nuovo rito a ‘presentazione immediata’, op. cit. p. 110
con decreto d’archiviazione di non doversi procedere per la particolare tenuità del fatto, a meno che non vi sia un interesse della persona offesa alla prosecuzione del procedimento. Se, invece, è già stata esercitata l’azione penale, la particolare tenuità del fatto può essere dichiarata d’ufficio con sentenza dal giudice solo se l’imputato e la persona offesa non si sono opposti.
Guardando ai presupposti, l’art. 34 co. 1 afferma che il fatto è di particolare tenuità al ricorrere di una serie di presupposti: quando, rispetto all’interesse tutelato, l’esiguità del danno o del pericolo che ne è derivato, nonché la sua occasionalità e il grado della colpevolezza non giustificano l’esercizio dell’azione penale, tenuto conto anche del pregiudizio che l’ulteriore corso del procedimento può recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute della persona sottoposta a indagini o dell’imputato. Vedremo nello spazio dedicato all’analisi della sentenza della Corte costituzionale n. 250/2010 che proprio la Corte suggerisce l’utilizzo di tale istituto per le ipotesi a carattere “marginale” (che il giudice a quo nominava nell’argomentare la presunta violazione del principio di eguaglianza sul rilievo che, punendo indiscriminatamente lo straniero che sia entrato o si sia trattenuto illegalmente nel territorio dello Stato, il nuovo art. 10 bis equiparerebbe fattispecie marcatamente eterogenee e soggetti di differente pericolosità sociale) sottraendo a pena le irregolarità di più ridotto significato. E poi ancora, nel giustificare l’assenza della clausola del «senza giustificato motivo» nella contravvenzione in esame, afferma che già svolge funzione di “moderazione” dell’intervento sanzionatorio «l’istituto della improcedibilità per particolare tenuità del fatto (art. 34 del d.lgs. n. 274 del 2000), la cui disciplina – nel suo riferimento alle condizioni dell’esiguità dell’offesa all’interesse tutelato, dell’occasionalità della violazione, del ridotto grado di colpevolezza e del pregiudizio recato dal procedimento penale alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute dell’imputato – può valere a “controbilanciare” la mancata attribuzione di rilievo alle fattispecie di «giustificato motivo» che esulino dal novero delle cause generali di non punibilità»127.
5.3.5. (iii) La condanna all’espulsione ex art. 62 bis d.lgs. 274/2000
La condanna ai sensi dell’art. 10 bis co. 1 t.u.imm. è la concreta alternativa alla pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere per intervenuta espulsione amministrativa.
Abbiamo visto in precedenza che proprio la scelta della sanzione da applicare all’art. 10
bis t.u.imm. è stata oggetto di una discussione parlamentare che ha portato all’ultimo a
una riformulazione della fattispecie, derubricata da delitto, punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni, a contravvenzione, sanzionata con l’ammenda da 5.000 a 10.000 euro.
Con le osservazioni dei precedenti paragrafi, inoltre, abbiamo potuto evidenziare la netta preferenza del legislatore per una soluzione diversa dalla condanna dallo straniero: si pensi alla formulazione stessa dell’art. 10 bis che espressamente prevede la rapida conclusione del procedimento con una sentenza di non luogo a procedere – per diminuito interesse dello Stato alla punizione, come afferma la Corte costituzionale – nei casi di avvenuta espulsione amministrativa ex art. 13 t.u.imm. Ma, ancora, ad evidenziare il carattere di extrema ratio della sanzione penale nelle intenzioni del legislatore del 2009 è l’introduzione nel d.lgs. 274/2000 del nuovo art. 62 bis, ai sensi del quale: «Nei casi stabiliti dalla legge, il giudice di pace applica la misura sostitutiva di cui all’articolo 16 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286», ossia l’espulsione128. Si tratta, in primo luogo, di un’eccezione alla regola (art. 62 d.lgs. 274/2000) della generale inapplicabilità ai reati di competenza del giudice di pace delle sanzioni sostitutive previste dagli artt. 53 e seguenti della l. 24 novembre 1981, n. 689. In secondo luogo, l’introduzione dell’art. 62 bis costituisce senza dubbio un’espansione dell’arsenale sanzionatorio a disposizione del giudice di pace che in nessun’altra ipotesi può incidere in maniera tanto pesante sulla libertà personale129. Un vero e proprio unicum
ordinamentale130: è il solo caso in cui una pena pecuniaria (già eccezionalmente non oblazionabile, come visto sopra) può essere sostituita da una pena più afflittiva (quale l’espulsione) di quella originariamente comminata. Inoltre, è anche l’unico caso in cui il giudice di pace – abilitato ad applicare la permanenza domiciliare o il lavoro di pubblica utilità – applica una sanzione così fortemente incidente sulla libertà personale. Non dovrebbe stupire dunque la scelta di affidare sempre al giudice di pace la convalida del trattenimento amministrativo degli stranieri ai sensi dell’art. 14 t.u.imm, ‘l’ennesimo
128 All’espulsione in veste di sanzione sostituiva della pena ex art. 16 t.u.imm. è dedicato il par. 3.2.2., Cap. III
129 Le sanzioni a diposizione del giudice di pace per tutte le fattispecie di sua competenza sono nominate all’art. 52 del d.lgs. 274/2000: accanto alle classiche pene pecuniarie la legge prevede l’obbligo di permanenza domiciliare (art. 53) e il lavoro di pubblica utilità (art. 54).
unicum’ che, eccezionalmente, giunge ad affidare al giudice onorario la competenza a
decidere sulla libertà personale degli stranieri131.
Il tono perentorio della norma – il giudice applica, con scarso margine di scelta – sembrerebbe suggerire una sorta di automatica e costante sostituzione dell’ammenda con l’espulsione ogniqualvolta il giudice si trovi a dover condannare lo straniero per il reato di cui all’art. 10 bis. Tuttavia, si ritiene che il richiamo ai casi stabiliti dalla legge imponga al giudice di valutare la sussistenza di almeno uno dei presupposti che legittimano l’espulsione elencati dall’art. 13 co. 2 t.u.imm.132. Una valutazione di poco momento posto che proprio le lettere a e b dell’art. 13 co. 2 nominano le ipotesi di ingresso illegale ed illecito trattenimento nel territorio dello Stato133. L’espulsione, quale pena sostitutiva dell’ammenda aa seguito di una condanna ex art. 10 bis viene, quindi eseguita nei limiti e nelle forme di cui all’art. 16 t.u.imm134, trovando dunque applicazione il secondo comma di tale articolo che consente al questore di eseguire l’espulsione anche prima dell’intervenuta irrevocabilità della sentenza di condanna135.
131 Molte le critiche su questo punto per cui si rimanda a Cap. IV 132 G. VARRASO, Il nuovo rito a presentazione immediata, op. cit., p. 121
133 Riportiamo l’art. 13 co. 2 t.u.imm.: «L’espulsione è disposta dal prefetto, caso per caso, quando lo straniero: a) è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non è stato respinto ai sensi dell'art. 10; b) si è trattenuto nel territorio dello Stato in assenza della comunicazione di cui all’articolo 27, comma 1 bis, o senza avere richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, ovvero quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato o rifiutato ovvero è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo ovvero se lo straniero si è trattenuto sul territorio dello Stato in violazione dell’art. 1, co. 3, della l. 28 maggio 2007, n. 68 [Disciplina dei soggiorni di breve durata degli stranieri per visite, affari, turismo e studio]».
134 cfr. infra Cap. III, parr. 3 ss.;
135 La Corte costituzionale, con ordinanza del 28 luglio 1999, n. 369, ha dichiarato manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate con riferimento all’espulsione amministrativa «per erroneità del presupposto interpretativo» sostenendo, infatti, la natura non penale della misura, la Corte ha ritenuto «non pertinenti i profili di illegittimità costituzionale prospettati dal rimettente» e che «l’espulsione, pur se disposta dal giudice in sostituzione di una pena detentiva, non si può configurare come una sanzione criminale, ma come una misura amministrativa per i caratteri che assume; che depone in tal senso la lettera della norma, che qualifica l’espulsione come ‘misura’, non rilevando la diversa espressione ‘sanzione sostitutiva’ adottata nella rubrica della norma; che anche dal punto di vista sostanziale siffatta misura solo indirettamente riveste un contenuto afflittivo, posto che il suo effetto tipico si risolve nell’allontanamento dal territorio dello Stato di soggetti che vi sono entrati o vi si trattengono abusivamente, o che hanno tenuto condotte sintomatiche di situazioni di pericolo per la pubblica sicurezza previste come tali dalla legge; che il momento esecutivo della misura è affidato all’autorità amministrativa, al contrario di quanto avviene per l’esecuzione della pena, che è promossa dal pubblico ministero (art. 655 del codice di procedura penale) […]; che, pertanto, le caratteristiche formali e sostanziali dell’espulsione dello straniero devono far escludere che quest’ultima […] possa farsi rientrare nel genus delle sanzioni penali, sebbene la circostanza per cui l’espulsione sia disposta dal giudice investito di un’azione penale ne metta in risalto il carattere assolutamente peculiare rispetto ad altre ipotesi, pur presenti nel nostro ordinamento, in cui il giudice penale è chiamato ad applicare misure di natura amministrativa». Si veda anche infra, Cap. III.
Quando per uno dei motivi sopra visti, il giudice non può applicare la sanzione sostitutiva, residua al giudice di pace la possibilità di comminare l’ammenda prevista ex lege, senza possibilità di sospensione condizionale (art. 60 d.lgs. 274/2000). Nel caso, frequente, di insolvenza del condannato trova applicazione l’art. 55 d.lgs. 274/2000 che prevede la conversione della pena pecuniaria, a richiesta136, in lavoro sostitutivo da svolgere per un periodo non inferiore ad un mese e non superiore a sei mesi. Se, ancora, viene violato l’obbligo del lavoro sostitutivo conseguente alla conversione della pena pecuniaria, la parte di lavoro non ancora eseguito si converte (cd. conversione di secondo grado) nell’obbligo di permanenza domiciliare la cui violazione, infine, integra un’autonoma fattispecie di reato punito con la pena della reclusione fino a un anno (e senza possibilità di applicazione delle normali sanzioni sostitutive).
È innegabile, però – lo afferma anche la Corte costituzionale nella sentenza n. 250/2010, pur riconoscendo la piena libertà di scelta del legislatore in materia – che «la pena dell’ammenda, applicabile nei casi di mancata esecuzione (o eseguibilità immediata) dell’espulsione, presenti una ridotta capacità dissuasiva: e ciò, a fronte della condizione di insolvibilità in cui assai spesso (ma, comunque, non indefettibilmente) versa il migrante irregolare e della difficoltà di convertire la pena rimasta ineseguita in lavoro sostitutivo o in obbligo di permanenza domiciliare (art. 55 del d.lgs. 274/2000), stante la problematica compatibilità di tali misure con la situazione personale del condannato, spesso privo di fissa dimora e che, comunque, non può risiedere legalmente in Italia». La scelta di reprimere con sanzioni pecuniarie condotte di immigrazione irregolare, peraltro, è comune all’esperienza di altri Paesi europei quali Germania, Francia e Regno Unito ove la fattispecie di ingresso irregolare è sanzionato con la pena pecuniaria, alternativa o congiunta alla pena detentiva. Diverso è il caso della Spagna, invece, che prevede, per la sola ipotesi di soggiorno irregolare, una sanzione amministrativa pecuniaria (e non una pena)137.
136 Se il condannato non richiede di svolgere il lavoro sostitutivo, le pene pecuniarie non eseguite per insolvibilità si convertono nell’obbligo di permanenza domiciliare con le forme e nei modi previsti dall'art. 53 co. 1, in questo caso non è applicabile al condannato il divieto di cui all’art. 53 co. 3.
137 Riporta queste affermazioni la sentenza C. cost. 250/2010. Per uno sguardo europeo alla criminalizzazione dell’immigrazione si veda: M. J. GUIA, R. KOULISH, V. MITSILEGAS (a cura di),
Immigration detention, Risk and Human Rights. Studies on Immigration and Crime, Springer, 2016; in
particolare in tale opera gli interventi di: E. GUILD, Understanding Immigration Detention in the UK and