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L E COMPETENZE DEGLI E NTI LOCALI IN MATERIA TRIBUTARIA

LEGGE DELEGA SUL FEDERALISMO FISCALE

1.2. L E COMPETENZE DEGLI E NTI LOCALI IN MATERIA TRIBUTARIA

Nonostante l’equiordinazione tra Regioni ed Enti locali sancita dall’art. 114 Cost., è evidente che l’autonomia normativa tributaria dei secondi si pone su di un piano diverso rispetto a quella delle Regioni, in quanto si esplica attraverso norme, i regolamenti e gli statuti, che non soddisfano, a differenza delle leggi regionali, la riserva di legge di cui all’art. 23 della Cost.277.

Da ciò deriva che, il potere regolamentare tributario dei Comuni e delle Province non consiste nell’imporre e disciplinare autonomamente il tributo, ma nello stabilire ed individuare gli aspetti procedimentali dello stesso (accertamento e riscossione) e nella possibilità di prevedere agevolazioni nei limiti fissati dalla legge (statale o regionale).

Il sistema fiscale dei Comuni e delle Province è stato delineato dal Testo unico degli Enti locali (Tuel)278. Tale testo, dopo aver precisato all’art. 3 co. 4 che “I comuni e le province hanno autonomia statutaria, normativa,

organizzativa e amministrativa, nonché autonomia impositiva e finanziaria nell'ambito dei propri statuti e regolamenti e delle leggi di coordinamento della finanza pubblica”, all’art. 149, nel fissare i principi in materia di finanza

propria e derivata, stabilisce che “L'ordinamento della finanza locale è

riservato alla legge, che la coordina con la finanza statale e con quella regionale” (comma 1); “Ai comuni e alle province la legge riconosce, nell'ambito della finanza pubblica, autonomia finanziaria fondata su certezza di risorse proprie e trasferite” (comma 2); “La legge assicura, altresì, agli enti locali potestà impositiva autonoma nel campo delle imposte, delle tasse e

277 Corte Cost., sent. n. 282, del 26 giugno 2002, pubb. in G.U. 3 luglio 2002, in

www.cortecostituzionale.it. E’ stato autorevolmente notato (F. AMATUCCI, I principi e le

competenze degli Enti locali in materia tributaria, cit., 35 ss.) come da ciò si evincerebbe

chiaramente che la Costituzione abbia posto impropriamente sullo stesso piano Stato Regioni ed Enti locali.

delle tariffe, con conseguente adeguamento della legislazione tributaria vigente” (comma 3, prima parte)279; poi prosegue enunciando che “La finanza

dei comuni e delle province è costituita da: a) imposte proprie; b) addizionali e compartecipazioni ad imposte erariali o regionali; c) tasse e diritti per servizi pubblici; d) trasferimenti erariali; e) trasferimenti regionali; f) altre entrate proprie, anche di natura patrimoniale; g) risorse per investimenti; h) altre entrate” (comma 4).

Enunciazioni legislative ugualmente importanti per cogliere gli ambiti dell’autonomia degli Enti locali si rinvengono nella l. n. 42/2009280. L’art. 12, comma 1, lett. a), infatti, stabilisce che la legge statale potrà individuare i tributi propri di comuni e province, definendone presupposto, soggetti passivi e basi imponibili e stabilendone aliquote di riferimento uniformi su tutto il territorio nazionale, cui andrà tuttavia garantita un’adeguata flessibilità. Fra gli interventi che appartengono a questa categoria rientrano anche l’istituzione di tributi comunali e provinciali di scopo (art. 12, comma 1, lett. d ed e, L. citata)281, nonché la previsione di forme premiali, anche sotto forma di incrementi della autonomia impositiva o di maggiori aliquote di compartecipazione ai tributi erariali (art. 12, comma 1, lett. g, L. citata)282.

279 La seconda parte di tale comma 3 dell’art. 149 del Tuel prosegue richiamando

l’art. 52 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446: “A tal fine i comuni e le province in forza

dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e dell'aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti. Per quanto non regolamentato si applicano le disposizioni di legge vigenti” (comma 3, seconda parte).

280 Opportunamente è stato notato (CARINCI, Osservazioni sul disegno di legge in

tema di federalismo fiscale, in www.federalismi.it.) come in relazione all’autonomia

tributaria degli Enti locali, la legge delega non abbia previsto margini di autonomia più significativi rispetto a quelli già riconosciuti.

281 I tributi di scopo sono stati introdotti dall’art. 1, commi 145 e seguenti, della L. n.

296/2006, la cui disciplina segue un modello di normazione a due livelli, in forza del quale la potestà regolamentare degli Enti locali può essere esercitata entro confini predeterminati dalla legge statale, senza che sia previsto alcun intervento regionale. Sul tema: FICARI,

L’autonomia normativa tributaria degli enti locali e la legge finanziaria 2007, in Rass. Trib.,

n. 3, 2007, 883 ss.

282 Su cui: DEL FEDERICO-ROBOTTI, Introduzione, a Le associazioni fra comuni.

Anche le Regioni potranno istituire sul proprio territorio nuovi tributi comunali e provinciali, specificando i residui ambiti di autonomia di cui tali enti potranno disporre (art. 12, comma 1, lett. g, L. citata).

Con riguardo all’autonomia tributaria degli enti locali, la L. n. 42/2009 si limita a prescrivere che comuni, province e città metropolitane potranno in ogni caso modificare le aliquote dei tributi loro attribuiti dalle leggi statali e regionali, ed introdurre agevolazioni (art. 12, comma 1, lett. h, L. citata). Tale affermazione, se confrontata con l’assetto fissato dall’art. 52 del D.Lgs. n. 446/1997, segna un certo progresso per l’esplicito riconoscimento del potere di intervento anche sull’aliquota massima e sulle agevolazioni, che tale disposizione non prevedeva, lasciando adito a interpretazioni contrastanti283.

Inoltre, sempre nell’ottica di cogliere i margini di autonomia degli Enti locali, si sottolinea come, essendo la riserva di legge limitata al solo potere di istituire tributi degli Enti locali, non si estende anche a quelle entrate non aventi natura tributaria, quali canoni, tariffe, prezzi e corrispettivi, in relazione alle quali, dunque, l’autonomia degli Enti stessi è massima. Ciò, peraltro, emerge anche dalla stessa legge delega n. 42 (precisamente art. 2, comma 1, lett. i) laddove si prevede che gli Enti locali potranno, nel rispetto delle normative di settore e delle delibere delle Autorità di vigilanza, disporre di una piena autonomia nel fissare tariffe per prestazioni o servizi offerti su richiesta dei singoli cittadini.

Tale aspetto è particolarmente interessante, perchè apre le porte, a livello locale, alla possibilità di una defiscalizzazione, cioè all’introduzione di entrate privatistiche in luogo di quelle tributarie, con conseguente

283 In tal senso GIOVANARDI, L’autonomia tributaria degli enti locali, cit., 320 ss.

Contra: FICARI, Sviluppo del turismo, ambiente e tassazione locale, in Rass. Trib., n. 4/2008, 963 ss. e, prima della riforma del titolo V della Costituzione, sulla scorta di una “interpretazione speciale dell’art. 23 Cost.”, TUNDO, La potestà regolamentare dei comuni:

alcune ipotesi “di confine”, in L’evoluzione dell’ordinamento tributario italiano, Atti del

convegno I sessanta anni di “Diritto e pratica tributaria” (Genova 2-3 luglio 1999), Padova, 2000, 525. La facoltà è stata invece positivamente prevista in relazione ai tributi di scopo dall’art. 1, comma 146, L. n. 296/2006, su cui: FICARI, L’autonomia normativa tributaria

responsabilizzazione ancora maggiore degli Enti locali in virtù dello stretto legame tra il pagamento ed il beneficio che le caratterizza.

Così tracciato, seppur rapidamente, il quadro normativo di riferimento all’interno del quale cogliere gli spazi effettivi di autonomia degli Enti locali e volendo svolgere delle brevissime considerazioni sul punto, si rileva quanto segue.

Considerato che l’art. 23 della Costituzione impone che sia la “legge” ad istituire i tributi, può, a primo impatto, sembrare che l’autonomia tributaria degli Enti locali sia circoscritta in margini davvero molto angusti (quali esclusivamente i profili procedimentali dell’accertamento e della riscossione dei tributi locali).

In proposito, è stato autorevolmente osservato284 che la riserva di legge può essere intesa in senso meno rigido, così da consentire un’estensione maggiore degli spazi occupabili dalla normativa secondaria: in particolare la legge statale potrebbe limitarsi alla individuazione dei tributi locali e degli elementi essenziali, lasciando agli Enti locali non solo la possibilità di integrare la disciplina con riguardo ai profili dell’accertamento e della riscossione, ma anche di incidere marginalmente ed in misura inferiore rispetto alle Regioni sul regime delle esenzioni e delle agevolazioni e su altri aspetti rilevanti, come l’individuazione della natura tributaria o meno di alcune prestazioni patrimoniali.

Altro strumento che gli Enti locali possono utilizzare è la determinazione dell’aliquota, che può riguardare anche l’incremento delle addizionali comunali alle imposte erariali, e che consente, nei parametri fissati dallo Stato, margini di autogoverno nel decidere in quale misura avere più spesa con oneri fiscali più gravosi. Inoltre vi è la possibilità di varare sanatorie e condoni. Di notevole rilevanza è poi la possibilità per gli Enti locali di prevedere la natura tributaria o meno di diverse prestazioni

284 F. AMATUCCI, I principi e le competenze degli Enti locali in materia tributaria,

patrimoniali locali che, laddove avvenisse, avrebbe conseguenze importanti in termini di gettito, senza tralasciare le conseguenze intermini di giurisdizione.

2. L

A GIURISDIZIONE TRIBUTARIA IN RELAZIONE ALLE

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