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S EGUE I RAPPORTI CON L ’ AUTORITÀ GIUDIZIARIA AMMINISTRATIVA

1 L’ ASSERITA “ ESCLUSIVITÀ ” DELLA GIURISDIZIONE TRIBUTARIA TRA PRECISAZIONI TERMINOLOGICHE E QUESTION

1.2. S EGUE I RAPPORTI CON L ’ AUTORITÀ GIUDIZIARIA AMMINISTRATIVA

Con riguardo, poi, ai rapporti tra la giurisdizione tributaria e quella amministrativa, è noto come sono attribuite al Giudice amministrativo le controversie di impugnazione diretta dei cosiddetti atti autoritativi presupposti e, cioè, dei regolamenti o degli atti generali della Pubblica Amministrazione, mentre è riconosciuto al giudice tributario il potere di disapplicare gli stessi in via incidentale (in base a quanto previsto dall’art. 7, comma 5, del d.lgs. n. 546/1992)157.Costituisce, infatti, un dato pacificamente acquisito che gli atti

amministrativi generali e i regolamenti sono estranei alla giurisdizione del giudice tributario (salvo che in via di cognizione incidentale); in proposito è stato autorevolmente sostenuto che la cognizione incidentale del giudice tributario costituisce un portato ritraibile, oltre che dal citato art. 7, anche dall’art. 19 del medesimo decreto, in virtù del fatto che gli atti amministrativi generali e i regolamenti non possono per definizione ricadere entro le aree dell’attuazione di alcuno specifico e concreto rapporto obbligatorio d’imposta (così come codificate dalla predetta disposizione). In altre parole, gli atti

consentito l'accesso al contenzioso tributario in ogni controversia avente ad oggetto tributi comporta infatti la possibilità per il contribuente di rivolgersi al giudice tributario ogni qual volta l'amministrazione manifesti (anche attraverso la procedura del silenzio rigetto) la convinzione che il rapporto tributario debba essere regolato in termini che il contribuente ritenga di contestare”. In proposito si segnala la posizione critica di MUSCARÀ, La

giurisdizione (quasi) esclusiva delle commissioni tributarie nella ricostruzione sistematica delle sezioni unite della Cassazione, in Riv. dir. trib., 2006, I, 35.

157 Ciò in virtù del fatto che tale disposizione prevede una cognizione incidentale del

giudice tributario estesa ad ogni sorta di questione pregiudiziale suscettibile di assumere rilevanza ai fini della soluzione delle controversie rientranti nella giurisdizione delle commissioni, fatta eccezione per le questioni in materia di querela di falso e sullo stato o sulla capacità delle persone, diversa dalla capacità di stare in giudizio (cfr. comma 3 dell'art. 2 del D.Lgs. n. 546/1992) del decreto medesimo ed ai cui sensi “le commissioni tributarie, se

ritengono illegittimo un regolamento o un atto generale rilevante ai fini della decisione, non lo applicano, in relazione all'oggetto dedotto in giudizio, salva l'eventuale impugnazione nella diversa sede competente”. In proposito si veda: F. SORRENTINO, Esclusività e unicità

amministrativi generali esulano da quella nozione di controversia tributaria per il cui tramite sono segnati i "limiti interni" della giurisdizione delle Commissioni158.

Si passa ora ad analizzare, seppur molto brevemente, le ipotesi maggiormente critiche ai fini del riparto di giurisdizione tra Giudice ordinario e Giudice tributario.

Partendo dal tema della competenza giurisdizionale sulle controversie relative agli atti di diniego della cd. autotutela tributaria, si ricorda come la giurisprudenza di legittimità in passato negava al contribuente la possibilità di ricorrere avverso gli atti di diniego dell’autotutela tributaria. Di recente, però, con significative sentenze a Sezioni Unite159, i Giudici hanno mutato la loro originaria posizione, ammettendo siffatta possibilità e ciò in virtù del fatto che la giurisdizione tributaria è “divenuta - nell'ambito suo proprio - una

giurisdizione a carattere generale” e, quindi, il giudice tributario è “competente ogni qual volta si controverta di uno specifico rapporto tributario”.

Ulteriore settore di particolare rilevanza è poi quello degli interpelli.

158 P. RUSSO, Il riparto della giurisdizione fra giudice tributario e giudice

amministrativo e contabile, cit., 3 il quale osserva come “la stessa retta applicazione dell'art. 19 si disvela dirimente anche rispetto ad atti per i quali non è dato ravvisare un indice normativo espresso qual è quello dell'art. 7, comma 5 cit., e, in specie, per alcuni atti amministrativi non generali ma individuali, come, ad esempio, l'atto con cui l'amministrazione - ai sensi dell'art. 59 del DPR n. 600/1973 - può fissare il domicilio fiscale del contribuente in un luogo diverso rispetto a quello che risulterebbe in base ai criteri di cui all'art. 58 del decreto in ultimo richiamato. E infatti, anche le controversie relative a tale atto, pur esso inerendo alla materia tributaria, sono da ritenersi estranee alla giurisdizione delle commissioni e da riconoscersi per devolute, piuttosto, a quella del giudice amministrativo, posto che il provvedimento in parola non pertiene all'attuazione di alcun concreto e specifico rapporto obbligatorio d'imposta e così, non potendo farsi rientrare entro nessuna delle aree nelle quali l'art. 19 circoscrive la giurisdizione delle commissioni, giocoforza esula da quest'ultima, per ricadere, secondo i principi generali, in quella del giudice degli atti amministrativi”.

159 Il riferimento è alle sentenze SS.UU., n. 16776, del 10 agosto 2005, e n. 7388,

del 27 marzo 2007, analizzate più ampiamente nel paragrafo 3.2 di questo capitolo. Per approfondimenti sul tema, anche al fine di scorgere le differenze tra le due sentenze, si rinvia a FIORENTINO I nuovi limiti “interni” della giurisdizione tributaria alla stregua dei recenti

In proposito è necessario premettere che, nessun problema di tutela sorge con riguardo agli interpelli interpretativi di cui all’art. 11 dello Statuto dei diritti del contribuente e a quelli emessi ai sensi dell’art. 21 della legge n. 413/1991, dato che entrambi “incapaci” di ledere alcun interesse concreto ed attuale del contribuente. Tanto premesso, si rileva come vi siano anche interpelli (si pensi a quello disapplicativo di cui all’art. 37-bis, comma 8 del DPR n. 600/1973, ovvero a quelli in materia di CFC o di consolidato mondiale) che, al contrario, ben possono “ledere” posizioni soggettive del contribuente e, di conseguenza per tali atti sorgono delicati problemi di tutela, in uno con quello, correlato, della giurisdizione. In realtà, come si è autorevolmente sostenuto, tutto dipende dalla natura, dal contenuto e dagli effetti che si assumano per propri degli atti in ultimo richiamati160.

Ora, è noto come la peculiarità di questi interpelli sia data dalla circostanza che la risposta (positiva) dell’Amministrazione alla richiesta del contribuente è configurata dalla legge quale condizione per l’applicazione di particolari regimi impositivi, nel senso che - ad esempio per disapplicare la disciplina delle CFC, ovvero per includere una determinata società estera nel perimetro di consolidamento - la legge richiede che si realizzi una fattispecie includente, fra i propri elementi costitutivi, uno specifico atto dell’Agenzia delle entrate, il quale verifichi l’esistenza di determinate condizioni. Si tratta, in altri termini, di una forma di controllo preventivo da parte degli uffici finanziari in ordine al modo di essere di determinati elementi di fatto rilevanti ai fini della disciplina del rapporto d’imposta, condizionando all’esito di tale verifica la possibilità per il contribuente di fruire di un determinato regime impositivo in luogo di un altro. In tale ordine d’idee, non v’è difficoltà, anzitutto, nel ritenere che gli interpelli in parola s’inseriscano nell’area della procedura d’accertamento e che delle relative controversie scaturenti dagli atti

160 Sul punto si veda, P. RUSSO, Il riparto della giurisdizione fra giudice tributario e

di diniego eventualmente opposti dall’Agenzia, non possa che essere chiamato a conoscere il giudice tributario161.

Altro e connesso problema è quello dell’impugnabilità immediata ovvero solo differita degli atti di diniego opposti dall’Amministrazione ai predetti interpelli. Su tale tema si registrano opinioni diversificate, dato che la prassi162 e parte della dottrina163 propendono per la tesi secondo cui occorrerebbe in ogni caso attendere l’avviso di accertamento, altra parte della dottrina, invece, ritiene che in tali ipotesi sarebbe già ravvisabile in capo al contribuente un interesse sufficientemente forte da risultare meritevole di tutela immediata164. La giurisprudenza, che si è pronunciata ad oggi sulla questione, riproduce in pieno tale contrasto165.

Con riguardo poi all’Autorità giudiziaria competente per i provvedimenti amministrativi che rifiutino l’autorizzazione alla dilazione di

161 In tal senso si sono pronunciati sia il Tar che il Consiglio di Stato (cfr. dec. 26

gennaio 2009, n. 414, in Corr. trib., n. 21, 2009, 1692 ss.) con giurisprudenza condivisibile sotto il profilo delle conclusioni anche se in dottrina si è rilevato la contestabilità della necessità di scomodare, onde pervenire ad un tale risultato, l’argomentazione dell’avvenuta generalizzazione della competenza a conoscere delle commissioni “a tutte le controversie

relative al rapporto tributario lato sensu inteso”, quale asserito effetto della più volte

ricordata novella legislativa del 2001 (critico sul punto PISTOLESI, Tutela differita al giudice

tributario in caso di risposta negativa all’interpello, in Corr. trib., n. 21, 2009, 1865 ss.).

162 Cfr. circ. 3 marzo 2009, n. 7/E, in bancadati Big, Ipsoa.

163 PISTOLESI, Tutela differita al giudice tributario in caso di risposta negativa

all’interpello, cit., 1866 ss.; TESAURO, Gli atti impugnabili e i limiti della giurisdizione

tributaria, in Giust. trib., 2007, 15; DEL FEDERICO, Autorità e consenso nella disciplina degli

interpelli fiscali, in AA.VV., Profili autoritativi e consensuali del diritto tributario, a cura di

La Rosa, Milano, 2008, 171.

164 FRANSONI, L’Agenzia delle entrate illustra la non impugnabilità degli interpelli,

in Corr. trib., n. 14, 2009, 1131; ZOPPINI, Lo strano caso delle procedure di interpello in

materia di elusione fiscale, in Riv. dir. trib., 2002, I, 1003.

Si segnalano, infatti, sentenze che escludono l’impugnabilità immediata dei dinieghi in parola sulla base del rilievo che essi non rientrerebbero nel novero degli atti enucleati dall’art. 19 del d.lgs. n. 546/1992 (C.t.p. Milano, sent. 108/VII/08, secondo la quale “i dinieghi di

autorizzazione - trattandosi di provvedimenti, non compresi tra gli atti autonomamente impugnabili - possono essere impugnati solo in via differita” e “tra questi dinieghi viene compreso il diniego reso in risposta all’interpello cd. disapplicativo […] al fine di ottenere un provvedimento che autorizzi la disapplicazione di norme antielusive”; nonché C.t.p.

Torino, sent. n. 45//IV/08, secondo cui il diniego d’interpello integrerebbe “un […] parere” dell’Agenzia “il quale dispiega un ruolo meramente prodromico rispetto a un potenziale

avviso d’accertamento, avverso il quale il contribuente ha ancora la possibilità di dimostrare con ulteriore documentazione e argomentazioni la sussistenza delle condizioni richieste dalla legge per la disapplicazione”); altre sentenze accolgono soluzioni esattamente opposte,

assimilando i dinieghi medesimi agli atti che negano la spettanza delle agevolazioni fiscali (C.t.p. Lecce, sent. n. 479/II/2008).

pagamento (ex art. 19 del DPR n. 602/1973) ovvero neghino la sospensione della riscossione del tributo per situazioni eccezionali (ex art. 19-bis del DPR n. 602/1973), sembra doversi ritenere che tale giudice vada identificato in quello amministrativo, ciò in virtù del fatto che i provvedimenti in parola presuppongono che il ruolo sia già stato emanato, ovvero, detto altrimenti, che la procedura di riscossione si sia esaurita166.

Altro tema delicato è quello degli atti istruttori.

Con riguardo alla tematica dei profili di tutela che emergono in relazione agli atti istruttori, rileva la questione dell’utilizzabilità del materiale probatorio e delle risultanze investigative. Sul tema è noto come, l’illegittimità degli atti istruttori, determinando l’inutilizzabilità delle prove così illegittimamente acquisite, ricadrà, seppure soltanto in via indiretta (e comunque differita al momento dell'impugnazione dell’eventuale atto accertativo o di riscossione), nell’ambito della cognizione del giudice speciale tributario167.

Volendo ora passare, seppure molto rapidamente e per mera completezza, a delle brevi notazioni in tema di rapporti tra giurisdizione tributaria e giurisdizione contabile, si espone quanto segue.

Premesso che l’ambito di quest’ultima è, come è noto, circoscritto ai profili per responsabilità contabile e per danno erariale, può rilevarsi come la Corte dei conti, di recente, si sia trovata a conoscere di questioni afferenti alla materia tributaria essenzialmente in quanto chiamata a vigilare circa la

166 È nota, peraltro, la resistenza che il giudice amministrativo da sempre oppone al

riconoscimento della propria giurisdizione rispetto a ogni sorta di controversia che, in qualsiasi modo, involga la materia tributaria. Al proposito, si veda: Tar Friuli Venezia Giulia, sent. n. 452/2008, nella qual occasione i giudici hanno dichiarato il proprio difetto di giurisdizione in ordine ad una controversia pertinente all'impugnazione di un provvedimento di rigetto su un'istanza di dilazione di pagamento ex art. 19 DPR n. 602/1973. Per approfondimenti: P. RUSSO, Il riparto della giurisdizione fra giudice tributario e giudice

amministrativo e contabile, cit., 3.

167 P. RUSSO, Il riparto della giurisdizione fra giudice tributario e giudice

presenza di eventuali profili di responsabilità dei funzionari pubblici (a titolo di danno erariale) in ordine all’accertamento con adesione.

Nelle diverse pronunce intervenute al riguardo, si constata come il giudice contabile non abbia potuto astenersi dal compiere una valutazione anche sul modo d'essere del rapporto obbligatorio d’imposta, dovendo per esempio sindacare la congruità della motivazione dell’atto d’adesione.

E’ evidente, però, che tale cognizione da parte del giudice contabile, in verità, si risolve sempre in una cognizione solo incidenter tantum e, quindi, meramente strumentale al riscontro di eventuali profili di responsabilità a carico dei funzionari procedenti, in vista, se del caso, di una loro condanna al risarcimento del danno nei confronti dell’Amministrazione finanziaria.

La linea di demarcazione tra i diversi ambiti della giurisdizione tributaria e di quella contabile, pertanto, è del tutto netta168.

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