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O SSERVAZIONI CONCLUSIVE SULLA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE ED ENUCLEAZIONE DELLA NOZIONE DI TRIBUTO

SULLA NATURA DELLA TIA

5. O SSERVAZIONI CONCLUSIVE SULLA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE ED ENUCLEAZIONE DELLA NOZIONE DI TRIBUTO

AI FINI DELL

ART

. 2

D

.

LGS

. 546/1992

Dopo aver analizzato le sentenze della Corte costituzionale in merito alla giurisdizione tributaria, si vogliono svolgere delle brevi considerazioni conclusive. Da un lato, infatti, è emersa la coerenza e la condivisibilità del ragionamento con il quale sono state affrontate di volta in volta le varie questioni di legittimità; inoltre, tali sentenze hanno influito notevolmente sulla nozione di “tributo”, dettando dei criteri imprescindibili per intendere correttamente limiti e contenuti della giurisdizione tributaria. Dall’altro lato, tali sentenze offrono lo spunto per riflettere sul fatto che, sebbene il legislatore, con la modifica del 2005, incidendo ulteriormente sull’art. 2 del d.lgs. 546/1992, mirasse anche ad un ampliamento ulteriore della giurisdizione tributaria, tale fenomeno è stato del tutto vanificato dagli interventi della giurisprudenza costituzionale.

Con riguardo a tale aspetto, infatti, già nella formulazione iniziale dell’art. 2 si poteva cogliere l’intendimento del legislatore di allargare i confini della giurisdizione speciale, espresso nella dizione della lettera i) del comma 1, che assegnava preventivamente alle Commissioni “ogni altro

409 La Corte in proposito precisa, che gli artt. 13 e 14 della legge n. 36 del 1994, in

relazione ai quali è stata espressamente sollevata la questione di legittimità costituzionale, sono stati abrogati, con decorrenza dal 29 aprile 2006, dall'art. 175, comma 1, lettera u), del d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e sostituiti dagli artt. 154 e 155 dello stesso d. lgs. Tuttavia, anche questi ultimi due articoli - analogamente alle disposizioni abrogate - precisano che le somme dovute dall'utente per i servizi di pubblica fognatura e di depurazione sono componenti della tariffa che costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato. L'analogia tra le suddette normative succedutesi nel tempo rende evidente che anche le quote di tariffa riferite ai servizi di pubblica fognatura e di depurazione disciplinate dai citati artt. 154 e 155 hanno natura non tributaria, con la conseguenza che le considerazioni svolte, in ordine alla violazione dell'art. 102, secondo comma, Cost., valgono anche in relazione al "canone" corrispondente a tali quote.

tributo attribuito dalla legge”; il passaggio fondamentale, però, si realizzò nel

2001410, allorchè si conferì alle Commissioni la cognizione su “tutte le

controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie”. E’ proprio in

tale, e solo in tale, inciso, si ritiene, che si annida il vero ampliamento della giurisdizione tributaria, per le ragioni che di seguito si evidenzieranno. Il legislatore è poi intervenuto modificando nuovamente l’art. 2 con l’art. 3-bis del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, inserendo, al comma 1, dopo le parole “di

ogni genere e specie”, l’inciso “comunque denominati” e aggiungendo al

comma 2 il seguente periodo: “Appartengono alla giurisdizione tributaria

anche le controversie relative alla debenza del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche previsto dall’art. 63 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 e successive modificazioni e del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue e per lo smaltimento dei rifiuti urbani, nonché le controversie attinenti l’imposta o il canone comunale sulla pubblicità ed il diritto sulle pubbliche affissioni”.

A ben vedere, con il senno di poi, si deve ritenere che alla modifica del 2005 non sia seguito alcun effettivo ampliamento della giurisdizione tributaria, in virtù proprio degli interventi della Corte costituzionale.

Tale modifica ha determinato, infatti, come si è visto, il sorgere di varie questioni di legittimità costituzionale. I problemi sono sorti perché, per le entrate che nel 2005 sono state espressamente ricondotte alla giurisdizione tributaria, era incerta l’effettiva natura e, come è noto, una devoluzione alla giurisdizione tributaria di entrate non tributarie comporterebbe l’istituzione di un nuovo giudice speciale in violazione dell’art. 102 della Costituzione.

Con la sentenza n. 64 del 2008411, infatti, in materia di canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche ed in altra recentissima sentenza412 in tema di canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue la Corte

410 Art. 12 della L. 28 dicembre 2001, n. 448, cit.

411 Per un commento specifico di tale sentenza si rinvia al paragrafo n. 1 di questo

capitolo.

412 Corte cost., sent. n. 39 dell’11.2.2010, cit.; per un commento si rinvia al paragrafo

ha dichiarato illegittima l’attribuzione alle Commissioni tributarie della giurisdizione su tali entrate, dopo averne evidenziato per entrambe la natura non tributaria; peraltro, sulla stessa scia si pone anche quanto affermato nella sentenza n. 130 del 2008413, con la quale si è dichiarata l’illegittimità dell’art. 2, comma 1, nella parte in cui attribuiva alla giurisdizione tributaria le controversie relative alle sanzioni comunque irrogate da uffici tributari, anche laddove esse conseguivano alla violazione di disposizioni non aventi natura tributaria.

A conclusioni opposte, ma utilizzando sempre lo stesso metodo e lo stesso ragionamento, la Corte costituzionale approda in merito alla Tia414, di cui all’art. 49 del d.lgs. n. 22/1997 e in materia di Cimp415, riconoscendo ad entrambe le entrate natura tributaria e assolvendo così dal sospetto di incostituzionalità l’art. 2 in parte qua.

In realtà, per tali ultime entrate la loro appartenenza alla cognizione dei giudici tributari era già desumibile dalla ridondante definizione di cui al comma 1, che contempla “i tributi di ogni genere e specie comunque

denominati”.

Al di là di ciò, è indubbio che le questioni sollevate hanno indotto la Corte a riflettere ed, in un certo senso, “rimeditare” la nozione di tributo ai fini dell’art. 2. Emerge come, infatti, abbia finito per adottare una nozione amplissima, peraltro già elaborata dalla stessa giurisprudenza costituzionale in precedenti occasioni, per qualificare come tributarie le entrate erariali, spingendosi a riconoscere come “tributo” qualsiasi prestazione che presentasse il requisito della doverosità e del collegamento alla pubblica spesa con riferimento ad un presupposto economicamente rilevante416.

413 Corte cost., sent. n. 130 del 14-05-2008, in Bancadati Big, Ipsoa.

414 Corte cost., sent. n. 238 del 24 luglio 2009, cit.; per un commento si rinvia ai

paragrafi nn. 3, 3.1, 3.2, 3.3 di questo capitolo.

415 Corte cost., sent. n. 141 dell’8 maggio 2009, cit.; per un commento si rinvia al

paragrafo n. 2 di questo capitolo.

416Ex multis: sentenze n. 334 del 2006 e n. 73 del 2005. Per ulteriori riferimenti

giurisprudenziali, nonché per l’esposizione delle principali critiche della dottrina su tali requisiti, si rinvia al paragrafo n. 2.1.1 del capitolo III.

In ogni occasione, poi, oltre a richiamare tali generici requisiti, ribadisce l’irrilevanza del nomen iuris utilizzato dalla normativa che disciplina l’entrata e la necessità di procedere ad una valutazione caso per caso della disciplina sostanziale al fine di far emergere la vera natura dell’entrata.

Infatti, in ogni sentenza si rinviene un’autonoma valutazione; solo con riguardo al Cosap, la Consulta non procede a tale specifica disamina, limitandosi a far proprio l’orientamento pacifico delle Corte di Cassazione che ne aveva affermato la natura non tributaria.

In tutte le altre occasioni, la Corte, è “costretta” a procedere ad una autonoma valutazione, sia perché, si ritiene, è consapevole della generalità di quei requisiti che essa stessa aveva elaborato, sia perché manca il “diritto vivente” della giurisprudenza di legittimità.

Le sentenze esaminate consento, dunque, oggi di enucleare una nozione di “tributo” ai fini dell’art. 2 che, in mancanza di una definizione legislativa, può offrire validi criteri per tutti gli operatori del settore. Innanzitutto, i requisiti imprescindibili alla stregua dei quali qualificare un’entrata come tributaria sono la doverosità della prestazione ed il collegamento di questa alla pubblica spesa con riferimento ad un presupposto economicamente rilevante. Tali requisiti, però, in virtù della loro generalità, rappresentano solo la condizione “necessaria”, ma non “sufficiente” per qualificare un’entrata come tributaria. A questo punto, infatti, si innestano le indicazioni “metodologiche” fornite dalla Consulta: l’irrilevanza del nomen

iuris e la necessità di procedere ad una disamina specifica e concreta della

disciplina dell’entrata per coglierne i profili sostanziali.

6. L

E CONSEGUENZE DEL RICONOSCIMENTO DELLA NATURA

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