• Non ci sono risultati.

4.I L SISTEMA DEGLI ATTI IMPUGNABILI E LE ENTRATE LOCAL

Molte difficoltà interpretative in materia di giurisdizione sono sorte in virtù del fatto che alle modifiche legislative apportate all’art. 2 del d.lgs. 546/1992) non è seguita una revisione degli atti impugnabili contemplati nell’art. 19 del d.lgs. 546/1992304. Le difficoltà interpretative sono state acuite poi dal fatto che la dilatazione del concetto di ente impositore quale soggetto pubblico ha comportato una moltiplicazione ed una diversificazione degli atti che tali nuove realtà soggettive di stampo pubblicistico possono porre in essere. Di qui deriva il delicato problema dell’impugnabilità innanzi all’Autorità giudiziaria tributaria305.

304 Per queste ed ulteriori considerazioni si rinvia a F. AMATUCCI, Le prestazioni

patrimoniali locali ed ampliamento della giurisdizione tributaria, cit., 369. Evidenziano la

correlazione tra le due norme ed auspicano un intervento del legislatore di adeguamento tra le norme del D.Lgs. n. 546/1992, PISTOLESI, Le nuove materie devolute alla giurisdizione delle

Commissioni tributarie, in Giur. imp., 2002, 1475; MARONGIU, La rinnovata giurisdizione

delle commissioni tributarie, cit., 127, il quale osserva come il meccanismo di determinazione

della giurisdizione tributaria sia incentrato sulla concorrenza contestuale di due requisiti: l'attribuzione della materia (art. 2) e l'individuazione dell'atto impugnabile (art. 19).

305 MORFINI, op. cit. In particolare le difficoltà stentano a trovare adeguata soluzione

proprio perché, da un lato, si assiste ad un estendersi del concetto di amministrazione e degli atti che da tali nuovi soggetti sono posti in essere e, dall'altro, non si verifica un adeguamento dell'assetto normativo processuale che proceda di pari passo con tali innovazioni di carattere squisitamente sostanziale.

La mancata integrazione da parte del legislatore, infatti, dell’art. 19 con gli atti attraverso i quali viene esercitata l’attività di accertamento e di riscossione in ambito locale, come avvisi bonari, fatture, ingiunzioni di pagamento, ha creato molte difficoltà applicative e pone con forza la questione di una modifica dell’art. 19.

In relazione al modo in cui interpretare l’art. 19, come si è visto, le opinioni sono discordanti in quanto, da un lato, si ritiene necessaria, ai fini dell’impugnabilità, l’espressa indicazione dell’atto nell’art. 19, in quanto l’elenco sarebbe integrabile solo dal legislatore e non vi sarebbe ragione per ricomprendere atti per il cui tramite non viene avanzata alcuna pretesa impositiva306; dall’altro, si ritiene che, attraverso un’interpretazione estensiva di tale norma, è possibile considerare impugnabili tutti gli atti attraverso cui il soggetto legittimato manifesti la pretesa qualificata come tributaria o aventi identica struttura e funzione di quelli tassativamente elencati307.

Tale ultimo orientamento, condiviso da parte della giurisprudenza della Corte di Cassazione, si basa sulla tesi dell’interpretazione "evolutiva" del richiamato art. 19308.

306 MARONGIU, op. cit., 127, ritiene non condivisibile la tesi in base alla quale

attraverso la revisione dell'art. 2 sarebbe venuta meno la tassatività degli atti impugnabili in quanto la novella non ha investito l'art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992. Inoltre il comma 3 di tale ultima norma attua la chiusura del sistema dimostrando la tassatività dell'elencazione. Allo stesso modo si esprime CANTILLO, op. cit., 810, secondo il quale l’impugnabilità di nuovi atti non può essere stabilita dall’Amministrazione finanziaria sulla base di elementi strutturali e funzionali dell'atto, in quanto ciò presenterebbe elementi di discrezionalità non consoni all'esigenza di certezza giurisdizionale. Per quanto riguarda la posizione della giurisprudenza in tal senso, si vedano le sentenze della Cassazione n. 1075 del 28 novembre 1994 e n. 4154 del 7 aprile 1993.

307 La Corte di Cassazione, al fine di evitare vuoti di tutela ha sempre ammesso

l’interpretazione estensiva degli atti impugnabili, valorizzando i profili funzionali dell’atto rispetto alla denominazione. In proposito si veda: Cass., sent. n. 185/1999 e n. 6471/2002. La Corte di Cassazione con le sentenze n. 7312/2005 e n. 7708/2005, ha affermato che l'invito al pagamento bonario, emanato ai fini della tassa rifiuti solidi urbani, potesse essere ritenuto atto autonomamente impugnabile, allorquando contenesse tutti gli elementi (data di emissione,

tassa, anno di riferimento, intestatario, ubicazione dei locali, destinazione, superfici imponibili, tariffe, importo totale con la relativa suddivisioni in rate, termine per il pagamento, previsione delle sanzioni anche se non quantificate, eccetera) per essere

qualificato un atto di accertamento o liquidazione.

308 F. AMATUCCI, Le prestazioni patrimoniali locali ed ampliamento della

In dottrina, con riguardo più specifico ai rapporti tra i "canoni" o "tributi", le cui controversie sono state assegnate alla giurisdizione tributaria e l’art. 19, si è sottolineato309 come, non essendo immediatamente rinvenibile, nella disciplina sostanziale di tali entrate, l'indicazione di atti autonomamente impugnabili ex art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992, l’assegnazione di dette controversie alla giurisdizione tributaria comporterebbe gravi inconvenienti e veri e propri vuoti disciplinari, tanto nell'esercizio della funzione impositiva e di riscossione, quanto sotto il profilo della tutela giurisdizionale.

In proposito si è autorevolmente rilevato310 che bisognerebbe distinguere la problematica della determinazione della giurisdizione tributaria da quella dell’organizzazione della tutela giurisdizionale entro tale ambito. La giurisdizione tributaria va determinata solo alla stregua di quanto previsto dall’art. 2 del d.lgs. n. 546/1992 e quindi avendo riguardo ad una controversia avente ad oggetto qualsiasi tributo di ogni genere e specie, comunque denominato. Una volta stabiliti, a questa stregua, i confini della giurisdizione tributaria, l’ulteriore e diverso aspetto dei modi in cui essa viene internamente organizzata, a cominciare dalla individuazione degli atti autonomamente impugnabili, deve essere altrimenti risolto sulla base della disciplina contenuta nell’art. 19 del d.lgs. n. 546/1992, che, nella sua generale portata, è certamente in grado, con appropriati adeguamenti interpretativi, di sopperire alle riscontrate lacune della regolamentazione sostanziale degli anzidetti "tributi" o "canoni"311.

309 Da M. LOVISETTI, L'estensione della giurisdizione tributaria alle entrate locali,

cit., 189 ss.

310 In proposito si veda: C. GLENDI, Aspetti applicativi delle modifiche apportate al

processo tributario, in Corr. Trib., n. 6, 2006, 419.

311C. GLENDI, Aspetti applicativi delle modifiche apportate al processo tributario,

cit., 419 che sottolinea la necessità di superare “l'equivoco, nel quale dottrina e

giurisprudenza viceversa solitamente incorrono, parlando, con riferimento all'art. 19 del citato decreto, di elencazione tassativa, laddove tale norma, lungi dal contenere una enumerazione chiusa di atti, esprime la tutt'affatto diversa esigenza di una predeterminazione normativa degli atti autonomamente impugnabili comunque e dovunque rintracciabile, anche in via sistematica, per escludere, secondo un regime perfettamente razionale, oltre che funzionale e costituzionalmente compatibile, l'incondizionata libertà di accesso alla tutela giurisdizionale nei confronti di ogni atto emesso nell'ambito dell'esercizio della funzione impositiva lato sensu intesa”. Sul punto, più in generale, si rinvia a C. GLENDI, L'oggetto del

Sul punto, in realtà, si condivide quanto da altra dottrina312 sostenuto e cioè che, in seguito all’ampliamento della giurisdizione tributaria, sarebbe stata opportuna una revisione della normativa che regola e disciplina gli atti impugnabili al fine di rendere effettivo il sistema di tutela processuale del contribuente. Si condivide che il continuo evolversi del settore della fiscalità locale dovrebbe indurre quanto prima il legislatore ad abbandonare il sistema dell’elencazione tassativa o nominalistico e procedere all’identificazione di criteri generali necessari all’individuazione della singola entrata patrimoniale la cui controversia è attribuita al giudice tributario e dei relativi atti impugnabili.

In seguito, poi, alla riconduzione nell’ambito dell’art. 2 di entrate che già all’epoca della modifica legislativa erano considerate di dubbia natura tributaria (il riferimento è al canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, al canone per lo scarico delle acque reflue e per lo smaltimento dei rifiuti urbani), la questione della conciliabilità di tale disposizione legislativa con l’art. 19 del medesimo decreto è esplosa con ancora più forza. Si pensi, a mero titolo esemplificativo, all’impugnabilità di una fattura o bolletta o analogo documento emesso a fronte di tali canoni o tariffe. Al di là dell’effettiva natura di tali entrate (profilo del quale ci occuperemo diffusamente nel capitolo successivo) si vogliono, in questa occasione svolgere delle brevi considerazioni sulla conciliabilità di una giurisdizione così estesa con la naturale tassatività degli atti impugnabili di cui all’art. 19. E’ noto come i canoni e le tariffe vengano normalmente richiesti all’utente, dall’Ente locale o dal gestore del servizio, attraverso bollette o fatture e cioè atti non previsti nell’elencazione dell’art. 19 e, di conseguenza, a rigore non impugnabili. Si ritiene che, anche in casi come questi, non vanno perse di vista le coordinate fondamentali del sistema degli atti impugnabili che in estrema sintesi sono: il carattere impugnatorio del processo tributario, la

Enc. giur. Treccani, Aggiornamento XIII, 2005, paragr. 3.2.; C. GLENDI, Aspetti applicativi

delle modifiche apportate al processo tributario, cit., 419.

312 F. AMATUCCI, Le prestazioni patrimoniali locali ed ampliamento della

naturale tassatività degli atti impugnabili, l’impugnabilità in via differita degli atti non nominati.

Tanto sottolineato in linea generale, nel caso di specie comporterebbe che, non potendosi impugnare direttamente la fattura (non essendo questo elencato nell’art. 19), la tutela del privato si realizzerebbe con l’impugnazione del primo atto successivo compreso tra quelli menzionati nell’articolo citato. La tutela, dunque, sarebbe attivabile solo impugnando l’ingiunzione fiscale o il ruolo (quando la riscossione è affidata all’agente della riscossione)313.

Si ritiene in proposito condivisibile il ragionamento di recente seguito dalla Corte di Cassazione314. In tale occasione, infatti, con riguardo alle operazioni di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e assimilati, svolte da soggetti che non hanno le caratteristiche soggettive dei Comuni, (ma operano come imprese nell'esercizio di vere e proprie attività commerciali), la Corte sottolinea come la bolletta non sia un atto di imposizione impugnabile, in quanto non ne ha le caratteristiche, trovando la propria regolamentazione nell’art. 21 del decreto IVA che ne definisce i contenuti. A riconferma di ciò i Giudici evidenziano che la relativa emissione non sia specificamente collegata ad un termine di decadenza (con la conseguente soggezione della pretesa creditoria agli ordinari termini di prescrizione) e non sia prevista la notificazione, procedura idonea a dare certezza della ricezione dell’atto e della individuazione del dies a quo per la proposizione della relativa (eventuale) impugnazione. Inoltre, che non si tratti di un atto di imposizione emerge anche dalla circostanza che la bolletta de

313 Si è notato in proposito come una lacuna di tutela emergerebbe laddove il servizio

fosse affidato ad un gestore “industriale” (art. 113, d.lgs. n. 267/2000), il quale non può sempre avvalersi dell’ingiunzione o del ruolo (per es. tale facoltà non è prevista per il gestore del servizio di fognatura e depurazione): RAGUCCI, La giurisdizione tributaria in materia di

canoni, tariffe, imposte e diritti locali, alla luce del riformato art. 2 del d.lgs 546/1992, in Fin. loc., n. 1, 2007.

314 Cass., SS.UU., ord. 15-06-2009, n. 13894, nella qual occasione “dichiara

rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.L. n. 203 del 2005, art. 3 bis, convertito con modificazioni con L. n. 248 del 2005, nella parte in cui devolve alla giurisdizione del giudice tributario le controversie relative alla debenza del canone (tariffa) lo smaltimento dei rifiuti urbani per violazione dell'art. 102 Cost., comma 2”.

Sul punto: T. MAGLIONE, Aspetti processuali del sistema fiscale degli Enti locali, in Il nuovo

qua è equiparata a quelle “per l'addebito dei corrispettivi relativi alle somministrazioni di acqua, gas, energia elettrica, vapore e teleriscaldamento urbano”, che sicuramente non appartengono al genus degli atti impositivi. La

Corte stessa riconosce come in una precedente occasione315 abbia affermato che “gli atti con cui il gestore del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi

urbani richiede al contribuente quanto da lui dovuto a titolo di Tariffa di Igiene Ambientale hanno natura di atti amministrativi impositivi e debbono perciò rispondere ai requisiti sostanziali propri di tali atti; in primo luogo debbono - al fine di consentire l'esercizio da parte del destinatario del diritto alla difesa - enunciare -anche in forma sintetica, purchè chiara - sia la fonte della richiesta sia gli elementi di fatto e di diritto che la giustificano, anche sotto il profilo quantitativo". La Corte riprende tale affermazione al fine di

evidenziarne i limiti, la qual cosa, si ritiene, è molto significativa. Nel criticare l’affermazione ripresa, infatti, asserisce: “Ma questa affermazione,

che in qualche misura forza il dato normativo ex se insufficiente a giustificare la natura "impositiva" della precitata bolletta, è basata sul presupposto della ritenuta natura tributaria della TIA […].

Volendo trarre delle conclusioni sul punto, bisogna ripartire316 dal quadro normativo più generale. In tale quadro si coglie una tendenza a favore della privatizzazione dei servizi locali, connessa ad un processo di “detributarizzazione”, in particolare riferito alla finanza locale. In una prospettiva di federalismo si “induce”, dunque, con specifico riguardo all’area dei servizi erogati o gestiti dagli enti territoriali, il passaggio da entrate aventi natura tributaria ad entrate privatistiche, caratterizzate da forti connotazioni di corrispettività e attraverso le quali si esalta il "principio del beneficio". In luce di tale orientamento generale e ritornando alla questione che ci occupa, si ritiene che, la scelta dell’interprete debba essere quella più coerente con le ragioni di fondo che hanno indotto il legislatore a indirizzarsi verso la

315 Corte di cass., sent. n. 17526 del 2007.

316 E ciò emerge anche nella parte finale della citata ord. n. 13894/2009 della Cass.,

SS.UU. Per tali riflessioni, T. MAGLIONE, Aspetti processuali del sistema fiscale degli Enti

trasformazione di una tassa in tariffa, con il disegno di abbandonare l’area della fiscalità a favore di quella della corrispettività.

               

Capitolo V

L

A GIURISDIZIONE IN MATERIA DI ENTRATE LOCALI NELLA

Outline

Documenti correlati