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CONDENDO SULLA GIURISDIZIONE TRIBUTARIA IN GENERALE

L’interpretazione particolarmente ampia che la giurisprudenza ha fornito del sistema degli atti impugnabili, rischia di compromettere241 la coerenza del disegno teorico sulla cui base è edificato il sistema del processo tributario. Ciò che si intende dire è che il riconoscimento della impugnabilità di atti che, per funzione ed effetti non hanno natura provvedimentale, presupporrebbe una radicale trasformazione del tipo di azione e di tutela esperibili nel giudizio tributario, il quale verrebbe così a configurarsi come di accertamento positivo o negativo della pretesa fatta valere dall’Amministrazione finanziaria. La critica è rivolta in modo particolare alla tesi dell’“impugnazione facoltativa” degli atti atipici, emersa nella più recente giurisprudenza della Suprema Corte, laddove si è precisato che il ricorso

239 Così, S. FIORENTINO, I nuovi limiti “interni” della giurisdizione tributaria alla

stregua dei recenti orientamenti della Corte di Cassazione, cit., 221 ss.

240 Per critiche all’impugnazione facoltativa si veda: SCHIAVOLIN, Commento all’art.

19 del D.Lgs. n. 546/1992, cit, 216; FERLAZZO NATOLI, Considerazioni critiche

sull’impugnazione facoltativa, in Riv. Dir. trib., 2008, I, 1112; TABET, Contro l'impugnabilità

degli avvisi di pagamento della Tarsu, cit., 326; GLENDI, Atti recettizi, predeterminazione

normativa, degli atti impugnabili, e improponibilità di impugnazioni facoltative nel processo tributario, in Dialoghi dir. trib., 2008, 28; in senso favorevole: INGRAO, Prime riflessioni

sull’impugnazione facoltativa nel processo tributario, in Riv. Dir. trib, 2008, I, 1075; LUPI, SANDRO, Impugnazione facoltativa: un caso marginale per riflessioni strutturali, in Dialoghi

dir. trib., 2008, 33.

241 Come acutamente è stato osservato: TESAURO, Gli atti impugnabili e i limiti della

avverso l’atto atipico non costituisce un onere, ma una mera facoltà, in quanto l'allargata tutela non deve tradursi in un danno per il contribuente.

La posizione assunta dalla giurisprudenza da una parte rende evidente la volontà di evitare un vulnus di tutela; dall’altra manifesta la difficile conciliabilità tra la tendenziale tassatività dell’art. 19 e il nuovo art. 2 (ed in tal contesto svolge un ruolo che provocatoriamente potremmo definire di “supplenza” rispetto ad un intervento legislativo). Si è già avuto modo di evidenziare, infatti, come a fronte delle modifiche che hanno riguardato l’art. 2 e che hanno comportato un sostanziale ampliamento della giurisdizione tributaria, l’art. 19 sia rimasto pressocchè immutato.

Allo stato attuale, però, essendo queste le coordinate legislative attraverso le quali intendere la giurisdizione tributaria e nella consapevolezza della connessa problematicità applicativa242, si vogliono comunque individuare dei “punti fermi” che possano essere in qualche modo di ausilio all’interprete.

Innanzitutto, nell’attività di interpretazione dell’art. 19, estensiva che sia, non si può prescindere da quelli che sono i profili caratterizzanti ed imprescindibili per qualificare un atto tributario come impugnabile, e cioè:

242 Si pensi al contrasto verificatosi, in materia di giurisdizione sulle controversie tra

sostituto d’imposta e sostituito, all’interno della giurisprudenza delle Sezioni Unite tra Cass., SS.UU., sent. 26 giugno 2009, n. 15047 (nel senso della giurisdizione del giudice tributario) e Cass., SS.UU., sent. 26 giugno 2009, n. 15031 (a favore della giurisdizione del giudice ordinario), contrasto che efficacemente BRIGHENTI, Le controversie tra sostituto e sostituito:

al giudice tributario; anzi no, al giudice ordinario, in Boll. trib., n. 18, 2009, 1384, descrive

osservando: “Due sentenze; stesso organo: Sezioni Unite della Corte di Cassazione; stessa

questione: l’individuazione del giudice competente a conoscere delle liti tra sostituto d’imposta e sostituito; stesso giorno: 26 giugno 2009; stesso presidente […]; collegio a sezioni unite ma composto da consiglieri diversi; risultato: opposto”. Invero, tralasciando

ogni considerazione sul merito della questione formante oggetto delle pronunce in parola, è significativo cogliere il diverso approccio dei due pronunciamenti. Nel primo, infatti, si statuisce la giurisdizione delle commissioni evocando la natura “esclusiva” di essa in materia di tributi, nel secondo la si esclude sul rilievo che “si evince chiaramente dal sistema delle

disposizioni legislative che definiscono i limiti della giurisdizione del giudice tributario”

come quest’ultima si definisca “non soltanto in base all’oggetto (art. 2 del D.Lgs. n. 546 del

1992 …) ma anche in base: a) alla tipologia dei soggetti…” e “b) alla esistenza o inesistenza di un atto che sia espressione della potestà impositiva”. Sull’argomento si veda GLENDI, Sui

giudici delle liti in tema di sostituzione tributaria spicca la discorde nomofilassi delle Sezioni Unite, in Corr. trib., n. 9, 2009, 749 ss.

l’incidenza su di un rapporto tributario, la provenienza dell’atto dall’Amministrazione finanziaria; la “lesività” dell’atto stesso243.

Laddove nel caso di specie sussistano tali requisiti, bisogna poi, per inferirne la impugnabilità, verificare che: o l’atto è espressamente contemplato tra quelli impugnabili (ed in tal caso non si pone nessun ostacolo alla sua impugnabilità), o non lo è ed in tal caso, bisognerà, prioritariamente, vedere se è esperibile la via dell’impugnabilità in via differita e, in caso negativo, procedere ad un’interpretazione estensivo-funzionale dell’elenco di cui all’art. 19. In altre parole, non si possono qualificare come impugnabili atti che non sono espressione di una pretesa compiuta e giuridicamente efficace: tali atti saranno giustiziabili solo in sede di impugnazione differita. Laddove, poi, ciò non è possibile si condivide la possibilità di procedere ad un’interpretazione estensiva dell’art. 19, ma a patto che sia circoscritta ai soli casi in cui, a prescindere dalla precisa corrispondenza della denominazione, sia ravvisabile in un certo atto la “sostanza” di ciascuno dei tipi ivi indicati come “avviso di accertamento”, “avviso di liquidazione”, “provvedimento che irroga le sanzioni”, “atti relativi alle operazioni catastali”, “rifiuto espresso o tacito della restituzione”, “diniego o revoca di agevolazioni”, in quanto cioè il provvedimento che si vuole impugnare costituisca espressione compiuta delle funzioni rispettivamente corrispondenti a tali atti244.

243 S. FIORENTINO, I nuovi limiti “interni” della giurisdizione tributaria alla stregua

dei recenti orientamenti della Corte di Cassazione, cit., 221 ss., ove si sottolinea anche come

continui ad essere tendenzialmente esclusa l’autonoma impugnabilità degli atti istruttori, sempreché gli eventuali profili di offensività degli stessi, nei limiti dell’incidenza su rapporti tributari, si ritengano interamente risolvibili (come normalmente è) attraverso la tutela tributaria differita. In caso contrario il profilo della autonoma impugnabilità rimane problematicamente aperto. Va invece sicuramente esclusa la tutela tributaria avverso i pareri resi dall’Amministrazione in occasione di interpello; la non impugnabilità è stata sostenuta sia assimilando la risposta ad una mera attività di interpretazione preventiva rispetto al verificarsi della fattispecie, come tale riconducibile ad un’azione di mero accertamento, sia facendo leva, come si ritiene preferibile, sull’assenza di “lesività” dello specifico atto amministrativo. A diverse conclusioni è possibile, invece, pervenire per altre ipotesi di interpello che non hanno natura di mero “parere” ma sono idonei ad incidere sul rapporto tributario in modo “lesivo”, definiti anche quali atti di tipo “autorizzatorio” (es. interpello previsto per il regime cfc - art. 167, comma 5, del Tuir; interpello per l’accesso al consolidato mondiale – art. 132, commi 3 e 4 del medesimo decreto…).

Da una tale ricostruzione deriva che risultano residualmente esclusi dalla sfera di cognizione delle Commissioni tributarie, quegli atti che non soltanto non possiedono le caratteristiche di cui sopra, ma che non sono nemmeno in qualche modo riconducibili (con un’operazione ermeneutica estensivo-funzionale) alle categorie delle aree delimitate dall’art. 19 (accertamento, liquidazione, sanzioni, rimborso, tutela cautelare e riscossione).

Non sembra possibile, si ritiene, potersi spingere oltre una mera interpretazione estensivo-funzionale dell’art. 19, perché altrimenti si giungerebbe al tramonto del principio di tipicità degli atti impugnabili. E ciò non è possibile perché significherebbe procedere senza tener in alcuna considerazione l’art. 19, ponendosi fuori dai “binari” legislativi e, di conseguenza, ciò significherebbe introdurre un nuovo modello di processo ed un nuovo tipo di giurisdizione.

Da tal ragionamento deriva, si è consapevoli, la possibilità che alcuni atti non espressamente impugnabili, pur incidendo sulla materia tributaria così come delineata dall’art. 2, non possano godere di una tutela differita (si pensi alla Tia ed al caso di affidamento del servizio ad un gestore industriale, art. 113, D.Lgs. n. 267/2000, ipotesi nella quale non sempre all’emissione della fattura Tia segue l’emanazione di atti di ingiunzione o di iscrizione a ruolo impugnabili)245 oppure non possano ricondursi, nemmeno attraverso l’interpretazione estensiva nell’accezione specificata, all’art. 19, rimanendo, in tali casi, di conseguenza esclusa una tutela tributaria246.

Per tali (non espressamente impugnabili, per i quali non è possibile né la tutela differita né una loro interpretazione estensivo-funzionale), si ritiene che se possiedono i requisiti di cui sopra (cioè incidano su un rapporto

245 RAGUCCI, La giurisdizione tributaria in materia di canoni, tariffe, imposte e

diritti locali, alla luce del riformato art. 2 del D.Lgs. n. 546/1992, in Fin. Loc., 2007, 1.

246 La tesi è, si è consapevoli, in dissonanza con la più recente giurisprudenza della

Cassazione, la quale, come si è rilevato, sembra incline a riconoscere la competenza del giudice speciale su tutte le controversie, anche solo potenziali, incidenti sul rapporto d'imposta, indipendentemente dalla specie di atto impugnato.

tributario, provengono dall’Amministrazione finanziaria, sono “lesivo”), deve comunque ammettersi l’impugnabilità nel processo tributario, pena un grave

vulnus dei principi sanciti in Costituzione.

Nella diversa ipotesi di atti per i quali, invece, vi è la possibilità di una tutela differita, ma che già ex se, medio tempore, (prima, cioè, che venga emesso l’atto insieme al quale potranno essere impugnati) possono produrre dei danni nella sfera soggettiva del contribuente, si ritiene che una possibilità possa essere quella di ammettere un risarcimento del danno per comportamento illecito dell’Amministrazione finanziaria.

In una visione prospettica si auspica, in linea con la dottrina prevalente247, un intervento legislativo sull’art. 19, rimeditando eventualmente le categorie degli atti impugnabili nel processo tributario.

Non sembra, dunque, azzardato l’auspicio che, dal confronto dialettico tra dottrina, giurisprudenza di legittimità e Corte costituzionale, i confini della giurisdizione tributaria possano finalmente trovare una più sicura e condivisa linea di demarcazione.

Un tale intervento legislativo si rileva tanto più necessario, si ritiene, se si considera che l’avvento del federalismo fiscale248 potrebbe complicare ancora di più la questione, in virtù del moltiplicarsi degli atti a fronte dei quali potrebbero avvertirsi esigenze di tutela.

247 PISTOLESI, Le nuove materie devolute alla giurisdizione tributaria, in Giur. imp.,

2002, 1475; RUSSO, I nuovi confini della giurisdizione delle Commissioni Tributarie, in Rass.

Trib., 2002, 420; S. FIORENTINO, I nuovi limiti “interni” della giurisdizione tributaria alla

stregua dei recenti orientamenti della Corte di Cassazione, cit., 221 ss.

248 Per approfondimenti sul tema degli atti impugnabili e l’avvento del federalismo

SEZIONE II.

Q

UESTIONI PROBLEMATICHE DI GIURISDIZIONE CONNESSE

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