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T ENDENZA ALLA “ DEFISCALIZZAZIONE ” DELLA FINANZA LOCALE E PROFILI DI GIURISDIZIONE

ENTRATE REGIONALI E LOCAL

3. T ENDENZA ALLA “ DEFISCALIZZAZIONE ” DELLA FINANZA LOCALE E PROFILI DI GIURISDIZIONE

296 Sulla centralità della nozione di “tributo” ai fini di un corretto riparto di

giurisdizione si rinvia al paragrafo 2 del Capitolo III.

297 Si rinvia, per l’elaborazione da parte della giurisprudenza costituzionale degli

elementi distintivi del “tributo”, al paragrafo 2.1 del Capitolo III.

298Ex multis: Corte cost., sent n. 73 del 11.2.2005, nella qual occasione, con riguardo

al contributo unificato per le spese degli atti giudiziari, si afferma che “Il contributo ha,

pertanto, le caratteristiche essenziali del tributo e cioè la doverosità della prestazione e il collegamento di questa ad una pubblica spesa, quale è quella per il servizio giudiziario, con riferimento ad un presupposto economicamente rilevante”. Analogamente si sono espresse, le

sentenze n. 334 del 2006; n. 335 e n. 64 del 2008. Quest’ultima pronuncia, in particolare, proprio in virtù di quei criteri identificativi del tributo, ha sancito “la natura non tributaria

Il problema in generale della delimitazione della nozione di tributo e, quindi, dell’individuazione di “confini” costituzionalmente legittimi alla giurisdizione tributaria, diventa particolarmente delicato in relazione al fenomeno c.d. della “defiscalizzazione”, che, a partire dalla metà degli anni novanta, si è fatto strada299.

Si è assistito, infatti, ad un fenomeno di “mutazione”300 in base al quale, entrate originariamente concepite come tasse vengono gradualmente trasformate in imposte, ovvero, a livello locale vengono insieme alle imposte defiscalizzate, cioè trasformate in canoni, tariffe, prezzi (o, più generalmente, in corrispettivi di diritto privato).

Il d.lgs. n. 446/1997, al Titolo 3, infatti, nel provvedere al riordino della disciplina dei tributi locali, oltre ad aver attribuito ai Comuni il potere di regolamentare le proprie entrate tributarie istituite con legge statale (art. 52), ha riconosciuto agli stessi il potere di sostituire alcuni tributi con il pagamento di un canone in base a tariffa. L’art. 62, ad esempio, sancisce che i Comuni possono con regolamento escludere l’applicazione dell’imposta comunale sulla pubblicità, sostituendola con un canone in base a tariffa. Allo stesso modo, l’art. 63, nella versione modificata dalla legge 23 dicembre 1998, n. 448, riconosce a Comuni e Province la possibilità, a mezzo regolamento, di escludere l’applicazione della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche sostituendola ugualmente con il pagamento di un canone in base a tariffa.

A seguito della cd. Legge Galli, la legge n. 448/1998301, poi, ha previsto, senza possibilità di scelta da parte dell’Ente, che il canone per il servizio di scarico e di depurazione delle acque di rifiuto provenienti da

299 Sul punto si veda L. DEL FEDERICO, Tassa, Dizionario di diritto pubblico, diretto

da Cassese, Milano, 2006, 5867.

300 SACCHETTO, Tassa, in Enc. Dir., 8, rileva come non infrequenti risultino essere le

ipotesi di dissociazione tra qualifica formale e reale contenuto, create per effetto di evoluzioni nella disciplina del singolo prelievo determinate da motivi contingenti o di politica economica.

301 All’art. 31, comma 28, abrogando l’art. 17 comma ultimo della legge 10 maggio

superfici e fabbricati privati integrante un tributo comunale sulla scorta della precedente normativa è quota tariffaria.

Il d.lgs. n. 22/1997 (cd. Decreto Ronchi), all’art. 49 aveva disposto la soppressione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni302, prevedendo l’istituzione di una tariffa per la copertura dei costi per i servizi relativi alla gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche e soggette ad uso pubblico. La soppressione doveva inizialmente decorrere dal 1° gennaio 1999, ma per le difficoltà che gli Enti locali avrebbero incontrato per l’adozione della complessa disciplina tariffaria, è stata rinviata più volte, pervenendosi ad un differimento graduale dell’attivazione della Tariffa (TIA).

A tali possibilità di “defiscalizzare” espressamente previste per legge, si aggiungono ulteriori facoltà per gli Enti locali. E’noto, infatti, come la riserva di legge ex art. 23 della Cost. sia limitata al solo potere degli Enti locali di istituire tributi, non estendendosi anche a quelle entrate non aventi natura tributaria, quali, appunto, canoni, tariffe, prezzi e corrispettivi dovuti dagli utenti dei servizi pubblici agli Enti locali. Peraltro, in proposito, anche la legge delega n. 42 (precisamente art. 12, comma 1, lett. i) prevede che gli Enti locali potranno, nel rispetto delle normative di settore e delle delibere delle Autorità di vigilanza, disporre di una piena autonomia nel fissare tariffe per prestazioni o servizi offerti su richiesta dei singoli cittadini.

Insomma, gli Enti locali potranno non solo procedere ad una “defiscalizzare” in senso stretto (e, cioè, “mutare” la natura di un’entrata disciplinata nelle linee essenziale dalla “legge”), ma anche introdurre direttamente (e in tal caso in piena autonomia) entrate “privatistiche” che, per loro natura, sono estranee ai principi di legalità, capacità contributiva e progressività, derivando dall’attività iure gestionis o iure privatorum dell’Ente.

302 Disciplinata dagli artt. 268 e segg. R.d. n.1175/1931, poi modificata dall’art. 21,

Dalla natura “privatistica” o “pubblicistica” dell’entrata, discendono, poi, tutta una serie di rilevantissime conseguenze, anche di rilievo costituzionale. Ciò comporta che è fondamentale verificare la reale natura dell’entrata, al di là del nomen iuris utilizzato per individuarla. In proposito sovviene proprio quanto affermato dalla Corte costituzionale nelle sentenze nelle quali ha cercato di discriminare ciò che è “tributo” da ciò che non lo è: a prescindere dai profili formali di un’entrata, solo una valutazione degli aspetti sostanziali, nonché una valutazione compiuta “caso per caso”, può far emergere la reale ed effettiva natura dell’entrata.

Tra le conseguenze che discendono dal regime dell’entrata, ai nostri fini rilevano in primis quelle in termini di giurisdizione. Solo ciò che è “tributo”, infatti, rientra nella cognizione delle Commissioni tributarie, così come delineata oggi dal nuovo art. 2 del d.lgs. 546/1992. La giurisdizione tributaria, infatti, può essere oggi definita (in seguito agli ampliamenti subiti) generale per materia, laddove è proprio la natura tributaria dell’entrata a fungere da discrimine tra ciò che si pone all’interno e ciò che invece sta all’esterno dell’area di competenza giurisdizionale delle Commissioni.

Al di là dei profili giurisdizionali, si sottolinea come ulteriori implicazioni discendono dal carattere tributario di un’entrata: si pensi, senza pretese di esaustività, ai peculiari regimi attinenti all’accertamento, alla liquidazione, alla decadenza e alla prescrizione, alla riscossione, ai privilegi; alla legge generale sulle sanzioni amministrative tributarie303, che trova applicazione per tutti i tributi; alla limitata applicabilità in materia tributaria dei principi generali sul procedimento amministrativo, di cui alla legge n. 241/1990, che, invece, trovano integrale applicazione per i procedimenti amministrativi attinenti alle entrate extratributarie; ai problemi specifici che si pongono in tema di deducibilità degli “oneri fiscali e contributivi” ed agli accantonamenti per imposte e tasse (art. 64 del dpr 917 del 22 dicembre 1986).

Infine, si rileva come, la possibilità a livello locale di introdurre entrate privatistiche in luogo di quelle tributarie, sia attraverso una “defiscalizzare” che l’introduzione, in piena autonomia, di tariffe, sia da guardare con favore in virtù della responsabilizzazione ancora maggiore degli Enti locali che ne deriva, in virtù dello stretto legame tra il pagamento ed il beneficio che caratterizza le entrate privatistiche.

4.I

L SISTEMA DEGLI ATTI IMPUGNABILI E LE ENTRATE

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