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La complementarietà dei generi

Per quanto eterogenei siano stati storicamente e culturalmente i modi di fare famiglia, la sua formazione appare strettamente legata alla istituzione matrimoniale. Essa è storicamente radicata nelle pratiche sociali, e si configura

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http://www.vatican.va/roman_curia/synod/documents/rc_synod_doc_20151026_relazione- finale-xiv-assemblea_it.html#Migranti,_profughi,_perseguitati consultato il 26/10/2015.

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come una “unione fra un uomo e una donna realizzata in modo tale che i figli partoriti dalla donna siano riconosciuti come figli legittimi dei coniugi”.45

Questo concetto, semplice e lineare, non ha tuttavia validità universale. Gli studi antropologici offrono una serie variegata di pratiche matrimoniali che sono esistite fra gruppi sociali, fortemente dissimili dal modello di matrimonio che siamo abituati ad immaginare nel contesto occidentale contemporaneo, ovvero quello contratto da una coppia che decide di coronare il proprio sogno d’amore e dare origine ad una nuova famiglia.

Un esempio calzante della natura culturale dell’istituzione matrimoniale potrebbe essere quello della poliandria adelfica, in questo sistema una donna si sposa con un gruppo di fratelli, pertanto è impossibile risalire alla paternità singola.

Caso ancora più particolare è quello Nuer, in cui una donna sterile può decidere di sposare una donna, in qualità di marito, affinché questa possa partorire dei figli concepiti con un servo. In questo caso la donna sterile viene considerata socialmente alla pari di un uomo, purché abbia i mezzi di sussistenza necessari, altrimenti non ha statuto sociale. Questo esempio suggerisce come al genere possano essere attribuite caratteristiche che non coincidono con la sessualità biologica, e che pertanto si configurano come esito di un processo di costruzione sociale.46

I termini sesso e genere vengono spesso utilizzati impropriamente in maniera indistinta per descrivere l’appartenenza sessuale alla categoria maschile o a quella femminile.

In generale, i sociologi usano il termine sesso per riferirsi alle differenze anatomiche e fisiologiche che caratterizzano i corpi maschili e femminili. Il genere, invece, concerne le differenze psicologiche, culturali e sociali tra maschi e femmine. Il genere è collegato alle nozioni socialmente costruite di maschilità e femminilità; non è necessariamente un prodotto diretto del sesso biologico.47

In quest’ottica, si userà il termine genere per indicare l’esito di un processo di

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Saraceno Chiara, Naldini Manuela, op.cit. p. 85.

46

Ivi, Cfr p. 86.

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34 costruzione sociale della sessualità biologica.

Il termine genere è stato utilizzato per la prima volta da Gayle Rubin, nel suo saggio: The traffic in women.48 Questa autrice introduce il concetto di sex gender system, che individua come quell’insieme di processi e di modalità di comportamento attraverso i quali le società trasformano la sessualità biologica in una costruzione della realtà umana, creando un sistema simbolico di divisione sessuale dei compiti. Da qui nasce il genere. Nel saggio citato leggiamo che:

Gli uomini e le donne sono, è ovvio, diversi. Ma non sono così diversi come il giorno e la notte, la terra e il cielo, lo ying e lo yang, la vita e la morte. Dal punto di vista della natura gli uomini e le donne sono più simili gli uni alle altre che a qualsiasi altra cosa […] L’idea che siano diversi tra loro più di quanto ciascuno di essi lo è da qualsiasi altra cosa deve derivare da un motivo che non ha niente a che fare con la natura.49

Sebbene il termine genere dovrebbe comprendere entrambi i sessi, esso è stato da subito utilizzato per descrivere prevalentemente la situazione femminile. L’utilizzo non appropriato di questo termine si è talmente radicato nella consuetudine linguistica, da essere entrato a far parte del senso comune e anche delle pratiche di ricerca. Con l’espressione «questione di genere» siamo ormai soliti riferirci all’analisi della condizione femminile rapportata a qualche ambito specifico di indagine.

La questione di genere ha trovato proliferazione nella crescente diffusione degli studi femministi. Tale attenzione nasce non tanto dalla presa di coscienza di un sistema di differenziazione sessuale, quanto dall’individuazione di uno squilibrio di poteri e compiti al suo interno. Il movimento femminista, soprattutto quello neo-femminista della fine degli anni Sessanta del secolo scorso, si è costituito come un vero e proprio soggetto politico che ha sollevato la questione degli squilibri di genere e della condizione di inferiorità a cui è stata relegata la donna.

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Gayle Rubin, «The traffic in women: Notes on the “Political Economy” of Sex», Towards an

anthropology of women, New York, Monthly Review Press, 1975, pp. 157–210. 49

Cit in: Simonetta Piccone Stella, Chiara (a cura di) Saraceno, Genere. La costruzione sociale del

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L’utilizzo del termine genere nasconde pertanto un obiettivo ben preciso: segnalare la costruzione sociale della disuguaglianza tra i due sessi. L’attenzione a questo ambito trova fondamento nell’importanza che l’appartenenza di genere ricopre ai fini della possibilità di incorrere in meccanismi di disuguaglianza sociale.

Il genere è un fattore cruciale nel determinare le chances di vita che si offrono a individui e gruppi, e influenza in maniera sostanziale i ruoli che essi svolgono all’interno delle istituzioni sociali, dalla famiglia allo stato.50

Il lavoro di Nancy Chodorow “The reproduction of Mothering”51 offre uno spunto di analisi che si ricollega alla comune esperienza di entrambi i sessi dalla dipendenza dal corpo e dalle cure materne nella prima infanzia, e come questa porti a percorsi di costruzione del sé radicalmente differenti per i due sessi. Infatti, mentre per gli uomini questo processo implica una doppia separazione dalla madre (sia dal corpo che dal genere), per le donne invece suppone una difficoltà di identificazione di un sé femminile autonomo da quello materno. Perciò, nella prospettiva della Chodorow, se da un lato i maschi mantengono l’aspettativa di essere accuditi e che siano le donne a dover accudire, le femmine sperimentano una forte ambivalenza tra le aspettative del ruolo materno e la costruzione delle proprie aspettative di ruolo. Questo implica primariamente una dis-identificazione con l’oggetto di cura per identificarsi successivamente con il soggetto che fornisce la cura.52

Le tesi di Nancy Chodorow sono state pubblicate nel 1978 e hanno avuto molta fortuna fino alla fine degli anni ottanta. Da subito è stata però oggetto di controversie, il disappunto maggiore si riscontra non solo nell’idea di considerare la funzione materna come esperienza unificatrice del genere umano, ma anche di non considerare la forza che esercitano le esperienze e le relazioni successive all’infanzia nella costruzione dell’identità.53

50

A. Giddens, Fondamenti di sociologia, Cfr. p. 75.

51

Nancy Chodorow, La funzione materna: psicanalisi e sociologia del ruolo materno, Milano, La tartaruga, 1991.

52

A. Giddens, Fondamenti di sociologia.

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In Italia e in Francia si è diffuso il pensiero della «differenza sessuale», questa teoria sostiene che tutta la filosofia occidentale si è costruita sulla base dell’imposizione del pensiero maschile come universale e neutro. Da qui è discesa l’esclusione del mondo femminile dalla possibilità di accedere al simbolico e di descriversi.

Prima ancora che ne derivassero conseguenze storiche e sociali, il profilo umano essenziale era stato disegnato al maschile. È come dire che le donne mancano di una fondazione, di un pensiero proprio su se stesse e sul mondo. La teoria della differenza sessuale postula la necessità per le donne di colmare tale mancanza: di dotarsi di uno strumento conoscitivo che riconsegni loro questa capacità fondativa.54

Il discorso di genere è stato accolto primariamente dai women’s studies e successivamente dai men’s studies. Gli studi sulle donne si sono concentrati sulle condizioni, sui processi e le relazioni che costituiscono l’esperienza femminile, tali studi hanno posto sempre più attenzione al contesto storico culturale e al quadro istituzionale e politico. Particolarmente importanti sono i lavori che analizzano le influenze dei modelli di stato sociale e dei sistemi politico- istituzionali sulle esperienze femminili e familiari.

Il lavoro degli studi femminili è stato sostanzialmente teso a mettere in discussione le funzioni naturali del genere.

Il già citato lavoro di Engels, sottolineava come all’interno delle strutture familiari si nascondessero embrionalmente le tensioni di classe presenti nella società, a discapito del genere femminile. Attraverso il matrimonio l’uomo e la donna acquisivano status e ruoli ben definiti, con una marcata posizione femminile di subalternità.

Il matrimonio perciò appare innanzitutto come il principale istituto per l’attribuzione della posizione dei singoli entro la struttura sociale di genere: sulla base della loro appartenenza sessuale, ma al limite anche a prescindere da questa.55

All’interno del matrimonio prende forma una struttura di genere che è sempre

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Ivi, p. 18

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complementare, ma anche asimmetrica. La maternità, a differenza della paternità, non può essere messa in discussione, pertanto attraverso il controllo della fecondità della donna operata dall’istituzione matrimoniale, si cerca di riconoscere socialmente il legame di paternità. In questo senso il matrimonio non serve per legittimare una coppia, ma per legittimare la filiazione paterna.

Nasce così la costruzione sociale della differenza sessuale, con lo scopo implicito di costruire a sua volta la necessità della complementarietà dei sessi e la loro interdipendenza.

Come già osservava Simmel, analizzando la cultura borghese europea degli inizi del XX secolo, la divisione sociale del lavoro spingeva uomini e donne ad una specializzazione dei ruoli di genere, e a cercare reciprocamente una compensazione nella complementarietà. Questa riflessione nasceva dallo studio di una realtà apparentemente lontana dalle strategie matrimoniali, in cui le unioni nascevano sempre più sulla base della scelta individuale, a prescindere quindi da influenze sociali di alleanze fra gruppi. La complementarietà si configurava come asimmetrica, caratterizzata dalla costruzione sociale della subalternità femminile. Questo modello si è perpetuato, andando oltre le necessità sociali per cui era nato e sedimentandosi nella pratica quotidiana.56

Anche nella prospettiva funzionalista portata avanti da Talcott Parsons, si delineava un modello di famiglia in cui esisteva una precisa distinzione dei ruoli di genere; mentre l’uomo doveva essere leader strumentale, alla donna spettava il ruolo di leader espressivo. Solo la famiglia così conformata poteva essere funzionale a svolgere il suo ruolo all’interno della società.

Anthony Giddens, confronta le teorie di Herb Goldberg sulle pressioni sociali a cui è soggetto il genere maschile, con la replica femminista di Barbara Ehrenreich.57

In particolare secondo Goldberg l'uomo è “costretto” alla mascolinità, deve mantenere la famiglia e non gli viene data la possibilità di esprimere la sue esperienza intima. Per la Ehrenreich, al contrario, con il passare del tempo gli uomini hanno ottenuto la possibilità di togliersi questa “maschera di mascolinità”,

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Ivi, cfr p. 89.

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A. Giddens, La trasformazione dell’intimità. Sessualità, amore ed erotismo nelle società

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mentre le donne attendono ancora di conquistare la piena indipendenza.

Le soluzioni che prospetta la studiosa sono di tipo economico, in particolare la previsione di particolari politiche sociali che consentano alle donne di dedicarsi alla carriera senza che questo pregiudichi la vita domestica o la cura dei figli. Le proposte di Goldberg invece riguardano la riappropriazione dell'identità di sé:

Devono dimenticare le etichette che sono servite ad assoggettarli al principio del rendimento, cioè la paura di essere considerati codardi, deboli, falliti, immaturi, impotenti o misogini. Dovrebbero coltivare l'amicizia di altri uomini per scambiarsi lo stesso tipo di appoggio che le donne si offrono a vicenda.58

La sessualità femminile e quella maschile forse non possono essere frettolosamente considerate totalmente diverse e inconciliabili, come se fossero due rette che non possono incontrarsi mai. Quanto la diversità di comportamento sessuale tra uomini e donne è dovuto ad una effettiva diversità biologica e quanto, invece, a condizionamenti socioculturali?

Le donne hanno bisogno di dimostrare la propria purezza e serietà tanto quanto gli uomini devono ostentare la propria forza ed esperienza sessuale.

Sigmund Freud è stato il primo ad accorgersi che lo sviluppo psicosessuale ha tappe simili per entrambi i sessi, anche se egli riconduce ciò al fatto che all’inizio la sessualità femminile è “di carattere completamente maschile”59. Le differenze si sviluppano quando sia i bambini che le bambine iniziano a percepire che a queste ultime manca qualcosa, è come se fossero state castrate.

Le teorie psicanalitiche freudiane ebbero influenza sulle teorizzazioni successive, nonostante siano state oggetto di diverse critiche. La sessualità femminile in quest’ottica viene infatti considerata sostanzialmente come passiva, e il piacere sessuale femminile quasi nascosto, eliminato. Molta enfasi inoltre viene data al legame tra identità di genere e genitali, in particolare al pene, la cui assenza porterebbe le donne a provare sentimenti di inferiorità.60

Grazie all’influenza degli studi femministi e all’ingresso delle donne nel mercato del lavoro la differenza di genere nelle società occidentali contemporanee 58 Ivi, p. 165 59 Ivi, p. 136. 60

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diventano meno marcate. I rapporti di coppia tendono a diventare formalmente più paritari, pur con tempi e modi diversi a seconda del contesto sociale analizzato. Tuttavia permane un certo retaggio culturale che vede la donna maggiormente propensa ai ruoli di cura e l’uomo alla carriera e all’affermazione professionale.

Questo potrebbe in parte essere letto alla luce di ciò che Giddens definisce l’invenzione della maternità:

Un fattore di socializzazione fondamentale diffusosi negli ultimi anni in quasi tutti i ceti delle società avanzate è il ruolo centrale della madre nella cura del bambino. I rapporti fra mamma e bambino sono stati condizionati dall'invenzione della maternità, ma riflettono anche altri cambiamenti che contraddistinguono le istituzioni moderne da quelle premoderne. Il dominio della madre ha avuto conseguenze psicologiche profonde su entrambi i sessi e oggi è alla base di alcuni degli aspetti più rilevanti della differenza di genere.61

Il maschile e il femminile vengono visti come necessari e complementari per la formazione di una famiglia e per la crescita della prole. In questo senso le famiglie omogenitoriali rompono totalmente lo schema della famiglia eterogenitoriale. Biologicamente non procreativa, simmetrica e paritaria dal punto di vista dei ruoli e dei compiti (non esiste infatti differenza di genere all’interno della coppia omosessuale), questo tipo di famiglia si pone in netto contrasto con quelle che sono state tradizionalmente considerate le caratteristiche dell’istituzione familiare.

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A. Giddens, La trasformazione dell’intimità. Sessualità, amore ed erotismo nelle società

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