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Gli atteggiamenti nei confronti dell’omosessualità

CAPITOLO II. La famiglia contemporanea

3.3 Gli atteggiamenti nei confronti dell’omosessualità

L’attenzione sociologica per l’omosessualità trova la sua radice negli studi sulla devianza. Gli omosessuali, fino ad un recente passato, erano considerati alla stessa stregua delle prostitute, dei criminali e dei tossicodipendenti.

All’interno della società i devianti sono coloro i cui atteggiamenti e modi di vivere si discostano dalla frequenza media. Non potendo identificare l’anormalità assoluta, gli individui sono considerati nel confronto con le tendenze medie. Alcune persone possono essere anormali in un tipo di società o in dato momento storico ed essere invece normali in altri contesti storico-culturali.

Il deviante non è quindi “naturalmente anormale”, la sua stranezza è conseguente al discostamento dai soliti canoni di comportamento; la sua

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condizione riflette pertanto unicamente un’etichetta che gli è stata affibbiata. L’etichetta che viene utilizzata per descrivere una persona ha spesso il fastidioso effetto di ridurre la personalità di un individuo a quell’unica caratteristica difforme. Nel corso degli anni Settanta del secolo scorso ha preso piede una prospettiva che ha fatto del rapporto tra stigma e costruzione dell’identità il proprio oggetto di studio, tale prospettiva è nota come Teoria dell’etichettamento.

Nonostante la visione dell’omosessualità sia drasticamente cambiata nel corso dei secoli, gli omosessuali hanno vissuto e continuano a vivere da stigmatizzati.

La parola stigma ha origini greche e nacque per indicare dei segni fisici distintivi “associati agli aspetti insoliti e criticabili della condizione morale di chi li ha”140 Individui appartenenti a gruppi sociali specifici venivano marchiati per rendere immediatamente riconoscibile il loro stigma. Con il passare del tempo il termine ha smesso di indicare unicamente segni fisici ed è stato utilizzato in senso più ampio per indicare gruppi minoritari. Erving Goffman individua tre tipi specifici di stigma:

1) le deformazioni fisiche;

2) Gli atteggiamenti considerati condannabili dalla società e riconducibili a delle colpe individuali (ad esempio gli omosessuali)

3) Lo Stigma correlato ad appartenenze etniche o religiose.

Un individuo stigmatizzato tende ad essere considerato unicamente in funzione dell’elemento stigmatizzante, quindi sembrano venire meno tutte le altre caratteristiche che contribuiscono a definire la sua persona. In questo senso, ad esempio, un ragazzo omosessuale che sia anche un buon professionista, attivista politico, giocatore di tennis ed ottimo cuoco, sarà etichettato unicamente come gay.

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Per definizione, crediamo naturalmente che la persona con uno stigma non sia proprio umana. Partendo da questa premessa, pratichiamo diverse specie di discriminazioni, grazie alle quali gli riduciamo, con molta efficacia anche se spesso inconsciamente, le possibilità di vita. Mettiamo in piedi una teorie dello stigma, una ideologia atta a spiegare la sua inferiorità e ci preoccupiamo di definire il pericolo che quella persona rappresenta talvolta razionalizzando un’animosità basata su altre differenze, come quella di classe. […] Abbiamo la tendenza ad attribuire una vasta gamma di imperfezioni partendo da quella originaria e nello stesso tempo ad affibbiare attributi desiderabili ma non desiderati, specie di natura soprannaturale, quali il “sesto senso” o la “comprensione”. 141

Gli omosessuali hanno probabilmente vissuto un periodo della loro vita senza che nessuno sapesse del loro orientamento sessuale, percependo intimamente una diversità che può essere socialmente considerata una mancanza. Pertanto, chi più chi meno, hanno dovuto fare i conti con una condizione stigmatizzante e, inevitabilmente, con una sensazione di inferiorità rispetto al prossimo.

La risposta allo stigma, in una prima fase, potrebbe essere l’occultazione delle caratteristiche stigmatizzanti e, in una seconda fase, la ricerca di conforto da parte di altre persone ugualmente stigmatizzate. Di solito persone che condividono il peso dello stesso stigma si riuniscono in gruppi organizzati e individuano dei portavoce:

Compito specifico di questi rappresentanti sarà di convincere l’opinione pubblica a definire la categoria in questione con termini e modi più civili. […] Un altro dei compiti tipici di questi rappresentanti è quello di presentarsi come “portavoce” di fronte a un pubblico di persone normali e di stigmatizzati. Espongono le esigenze degli stigmatizzati e quando loro stessi fanno parte del gruppo offrono un modello vivente di realizzazioni tipiche della persona normale.142

La sessualità tra persone dello stesso sesso, non essendo procreativa, può essere socialmente rifiutata in quanto espressione della mera egoistica volontà di raggiungere il piacere. Per questa motivazione forse le pratiche omosessuali vengono spesso associate ad uno stile di vita promiscuo e dissoluto.

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Ivi, pp. 15-16.

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Nello specifico, esistono tutta una serie di stereotipi collegati all’omosessualità:

 La persona gay o lesbica ha delle caratteristiche non conformi al sesso biologico di appartenenza, ma attribuibili all’altro genere. Pertanto gli uomini gay avranno comportamenti effemminati, porteranno abiti sgargianti e assumeranno movenze femminili. Al contrario, le donne lesbiche saranno struccate, vestite da uomo e appassionate di calcio. Solitamente le persone omosessuali saranno viste come deboli e insicure, piene di complessi, con dei ruoli sociali specifici (ad esempio i gay sono tutti parrucchieri, stilisti e artisti).

 I gay e le lesbiche hanno la tendenza a voler convertire gli altri all’omosessualità, oppure di costituire un pericolo per i bambini, soprattutto da parte degli uomini gay. Questo stereotipo sembra derivare dal modello pederastico classico tipico del mondo antico (che si avrà modo di approfondire nel prossimo capitolo), e sembra essere molto radicato, sebbene molte ricerche smentiscano questa tendenza, affermando che la maggior parte delle violenze sessuali nei confronti di bambini vengono perpetrate da parte di uomini adulti, generalmente non sconosciuti o addirittura familiari, ed è un fenomeno che riguarda principalmente le bambine.143

 Gli omosessuali hanno avuto rapporti disordinati nei confronti dell’altro sesso, riconducibili soprattutto a problematiche nella relazione con il genitore del sesso opposto.

 I gay e le lesbiche sono simili tra di loro. I primi sarebbero uomini effemminati e le seconde donne mascolinizzate. Le ricerche smentiscono questa impostazione, rivelando come le differenze tra uomini e donne permangano anche per quanto concerne l’omosessualità. Le lesbiche saranno più simili alle donne eterosessuali che agli uomini gay, così come i gay saranno più simili agli uomini eterosessuali che alle lesbiche. Infatti ad esempio i gay tendono a dare maggiore importanza all’attività sessuale in

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quanto tale, le lesbiche prediligono il rapporto affettivo di coppie a lungo termine. 144

 Le persone omosessuali sono promiscue. Si è soliti credere che, soprattutto i gay, tendano ad avere numerosi partner e a non cercare una vita stabile di coppia. A questo proposito occorre fare alcune precisazioni: in primo luogo chi ha una relazione stabile tende ad avere una vita sessuale più attiva di chi deve trovare di volta in volta un partner occasionale. É vero che sono esistiti e continuano ad esistere luoghi di ritrovo per omosessuali preposti quasi unicamente agli incontri sessuali (si pensi alle saune, ai locali con le dark room ecc.), però è anche vero che negli ultimi anni la frequentazione di questi locali è considerevolmente diminuita. Questo perché si è allargato l’orizzonte di possibilità degli incontri, infatti prima questi locali costituivano quasi l’unico modo per conoscere altre persone omosessuali, oggi non è più così. Inoltre è importante sottolineare che gli omosessuali moderni si stanno orientando sempre di più alla monogamia e alla stabilità di coppia.145

 I gay si dedicano esclusivamente alle pratiche anali. A questo stereotipo si ricollega anche la fissità dei ruoli, quello attivo rimanderebbe alla mascolinità, quello passivo alla femminilità. In realtà alcune ricerche dimostrano due aspetti fondamentali collegati a tali pratiche. In primo luogo non esistono ruoli prestabiliti e fissi come si è portati a pensare, ma esiste all’interno della coppia una tendenziale reciprocità. In secondo luogo le pratiche anali, che sono subito associate all’omosessualità, sono in realtà minoritarie e comunque tendenzialmente praticate all’interno di relazioni stabili più che in rapporti occasionali. Si tende ad arrivare al rapporto anale solo attraverso la confidenza e la fiducia; questo potrebbe essere collegato al ruolo che ha avuto l’epidemia di AIDS durante gli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso.

Un aspetto interessante da sottolineare è che molto spesso gli stereotipi

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Barbagli Marzio, Colombo Asher, op.cit. Cfr p. 99.

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sull’omosessualità riguardano gli uomini piuttosto che le donne. Questo potrebbe essere il retaggio di una cultura passata, in cui si pensava che l’omosessualità fosse ad esclusivo appannaggio del genere maschile. Essere omosessuali implicava per un uomo la rinuncia alla propria mascolinità, qui trova origine ad esempio la frequente confusione tra i travestiti e gli omosessuali. Per molto tempo si è fatta una distinzione netta tra i comportamenti attivi e passivi, come se i primi fossero più accettabili in quanto riproducono l’atto sessuale maschile della penetrazione. Troviamo quindi una sorta di unione tra il pensiero omofobo e quello maschilista, in cui l’uomo deve preservare la propria mascolinità, altrimenti si svaluta emulando comportamenti femminili. In realtà non era solo l’omosessualità femminile a non essere considerata, ma in generale la sessualità delle donne sembrava non esistere.

Oggi esiste una grande curiosità sulle pratiche omosessuali delle donne, in generale si pensa che non possa essere una sessualità completa e soddisfacente. Inoltre, nel caso delle donne è più difficile immaginare i ruoli sessuali attivi o passivi. Anche in questo caso le ricerche rilevano una tendenziale reciprocità di coppia e una varietà di pratiche erotiche che spesso esulano dalla semplice penetrazione genitale.146

Interessante nel confronto fra gay è lesbiche sono i risultati emersi nelle ricerche sui luoghi di incontro.

Qui abbiamo una differenza presente anche nel confronto tra uomini e donne eterosessuali: i gay tendono a prediligere gli spazi di incontro pubblici, le lesbiche quelli privati.

Gli spazi pubblici rappresentano una vera e propria istituzione sociale per gli uomini gay per incontrare partner occasionali. I locali con dark room, le saune, alcune palestre note, particolari zone di parchi, soprattutto in orari notturni, sono posti storicamente utilizzati per fare incontri.

L’origine di questi luoghi può essere ricondotta a fattori giuridici e sociali. Molto spesso vigevano leggi ostili o un clima omofobo, fattori che potevano ostacolare (e che possono ostacolare ancora oggi) la libera frequentazione in luoghi pubblici. Per difendere la propria reputazione, o anche per scongiurare il

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rischio di aggressioni sia fisiche che verbali, gli omosessuali hanno preferito costruirsi delle zone libere e poco visibili. Se da un lato questo ha facilitato gli incontri e l’espressione libera della sessualità, il risvolto negativo ha potuto essere l’eccessiva chiusura in quelli che sono stati definiti dei veri e propri “Ghetti” per omosessuali147. Il rischio di ghettizzazione viene riconosciuto dagli stessi omosessuali, infatti: "la presa di distanza […] rispetto a questa ghettizzazione è sovente associata a una presa di distanza anche rispetto a forme di omosessualità maschile che richiamano il modello dell'inversione o forme di travestitismo[...] Quindi, il riconoscimento di questi locali come importanti spazi di libertà è sovente accompagnato da una presa di distanza rispetto alla «ghettizzazione» degli omosessuali che questi spazi rischiano di riprodurre".148 Pag. 165

Sembra interessante sottolineare, ai fini della comparazione qui proposta, che l’Europa mediterranea in questo differisce sostanzialmente dall’Europa settentrionale. Al sud questi locali sono tendenzialmente spontanei e all’aperto, al Nord sono molto più formalizzati e al chiuso. In passato i luoghi di incontro omosessuale si formavano spontaneamente in ambienti misti e molto spesso si sviluppava un vero e proprio linguaggio in codice per far capire che si era disponibili ad un contatto omosessuale, senza rischiare di attirare l’attenzione degli eterosessuali. Adesso questi luoghi sono tendenzialmente esclusivi, molto spesso gestiti da omosessuali e pubblicizzati proprio come locali per gay e lesbiche. Si pensi alla gay street di Milano, o a quella di Roma, a ridosso del Colosseo.

La nascita di questi locali esclusivi segue le novità dell’omosessualità odierna rispetto a quella precedente:

[…] è avvenuta la nascita dell’omosessuale moderno, ovvero di chi sempre più si riferisce a se stesso come gay o lesbica, di chi ha rapporti erotici e affettivi con altri omosessuali, anziché con eterosessuali; di chi costruisce con i propri partner, o le proprie partner, relazioni sempre più simmetriche e egualitarie sotto il profilo dell’età, dei rapporti sessuali, della distribuzione del potere e dell’influenza

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Pollak, Michael 1983, l’omosessualità maschile, ovvero: la felicità nel ghetto?in Philippe Ariès et al., I comportamenti sessuali dall’antica Roma a oggi, Torino, Einaudi, 1983, pp 55-80.

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La crescita di questi locali si è sviluppata esponenzialmente soprattutto negli anni ottanta del secolo scorso in tutti i paesi d’Europa, pur seguendo ritmi completamente diversi. L’ Italia non ha seguito il ritmo di crescita di Regno Unito, Francia e Germania, tuttavia occorre sottolineare che la crescita più consistente è stata quella della Spagna, che detiene il maggior numero di locali di incontro omosessuale nello scenario europeo (dei Paesi di cui sono disponibili dati a riguardo)150.

L’Italia al contrario, nonostante abbia registrato una crescita, si pone al di sotto degli altri paesi europei.

L’esistenza così radicata e capillare di stereotipi e pregiudizi collegati all’omosessualità ha portato alla diffusione di impulsi negativi e di avversione nei confronti della stessa. I sentimenti di odio o paura specificamente rivolti agli omosessuali o all’omosessualità sono stati racchiusi nel termine omofobia, coniato da George Weinberg nel 1972.151

Egli definisce l’omofobia come: “an attitude held by many nonhomosexuals and perhaps by the majority of homosexuals in countries where there is discrimination against homosexuals”152 L’omofobia non è quindi identificata come una propensione prevalente solo negli eterosessuali, ma è molto spesso presente anche da parte degli stessi omosessuali i quali, crescendo e venendo socializzati in contesti omofobi, imparano ad interiorizzare le pulsioni negative nei confronti dell’omosessualità ed a provare sentimenti di disgusto nei confronti di se stessi, a negare o a non manifestare il proprio orientamento e ad autoescludersi da alcuni ambiti della vita. Lo stesso Weinberg sottolinea che: “I would never consider a patient healthy unless he had overcome his prejudice against homosexuality”153.

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Barbagli Marzio, Colombo Asher, op.cit. p. 197.

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Ivi, per approfondimento Cfr. Tab 5.7 p. 198.

151

George Weinberg, Society and the healthy homosexual, New York, St. Martin’s Press, 1972

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Ivi, prefazione al testo, “un atteggiamento tenuto da molti non omosessuali e probabilmente dalla maggior parte degli omosessuali nei paesi dove è presente discriminazione contro gli omosessuali”. (trad. propria).

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Ivi, cit. p. 1. “Non potrei mai considerare un paziente sano fino a che non abbia superato il suo pregiudizio nei confronti dell’omosessualità”. (Trad. propria).

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Alcune ricerche sociologiche del filone di studi di genere definiti “Men Studies” si sono occupati di analizzare il rapporto tra l’omofobia e il processo di socializzazione maschile nelle società occidentali, stabilendo che la condivisione di pensieri omofobici tra giovani maschi ha il ruolo di rafforzare l’identità maschile. “L’omofobia è quindi parte integrante della rappresentazione sociale della mascolinità eterosessuale”.154

Sembra utile sottolineare che i sentimenti di disgusto nei confronti dell’omosessualità si hanno generalmente nei confronti delle pratiche maschili. Il sesso tra donne, al contrario, sembra essere non solo meglio tollerato, ma anche erotizzato nell’immaginario degli uomini eterosessuali.

Il termine omofobia rischia di enfatizzare l’origine individuale del fenomeno, mettendone in ombra gli aspetti sociali, infatti:

[…] questo concetto ha il limite di definire il pregiudizio contro gay e lesbiche come orientamento individuale e, qualificandolo come fobia, anche come irrazionale e patologico. Si rischiano così di perdere le radici sociali dello stigma associato all'omosessualità.155

Il testo di Weinberg è stato scritto in un momento storico in cui si stava cercando di arrivare alla rimozione dal DSM dell’omosessualità come disturbo mentale. L’utilizzo del termine omofobia poteva in questo senso essere un utile strumento per passare dalla patologizzazione dell’orientamento omosessuale a quella dell’odio nei confronti di gay e lesbiche.

Tuttavia, resta basilare sottolineare come il contesto di socializzazione svolga un ruolo fondamentale nella creazione di pensieri omofobici e degli stereotipi collegati all’omosessualità.

154

L. Pietrantoni, op.cit. p. 85.

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