CAPITOLO IV. Dalla persecuzione alla rivendicazione
5.3 Le storie di vita
Come sottolineato nei paragrafi precedenti, la parte empirica della ricerca ha previsto l’utilizzo di due strumenti, l’osservazione partecipante e le storie di vita. Queste ultime costituiscono la fonte principale delle informazioni su cui si è basata l’analisi.
L'intervista per la raccolta delle «storie di vita», o intervista guidata, è quella che i sociologi usano per raccogliere le biografie degli intervistati, servendosi per lo più di una semplice guida, o elenco di argomenti e di temi, sui quali cercano di ottenere le più spontanee ed estese risposte che sia possibile.257
La storia di vita mira a cogliere il vissuto attraverso la narrazione personale, l’unità di riferimento non è l’individuo, ma l’attore sociale inserito in uno specifico contesto storico-culturale, di cui mantiene le caratteristiche. In questo senso:
L'individuo non è un epifenomeno del sociale. In rapporto alle strutture e alla storia di una società, egli si pone come polo attivo, si impone come una prassi sintetica. Ben lungi dal riflettere il sociale, l'individuo se ne appropria, lo media, lo filtra e lo ritraduce proiettandolo in un'altra dimensione, che è poi la dimensione della sua soggettività. Non ne può prescindere, ma non lo subisce passivamente, anzi, lo reinventa ad ogni istante.
E qui la formulazione sartriana ci pare l'unica possibile, almeno nel senso di un esempio letterariamente suggestivo. L'uomo […] è l'universo singolare. Attraverso la sua prassi sintetica egli singolarizza nei suoi atti l'universalità di una struttura sociale. Attraverso la sua attività detotalizzante/ritotalizzante egli individualizza la storia sociale collettiva. 258
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Ferrarotti Franco, op.cit. p. 96.
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La storia di vita vuole indagare il sociale partendo dalla singola narrazione. Il ricercatore che decide di utilizzare questo strumento si trova davanti a delle specifiche difficoltà, tanto nella fase della rilevazione quanto in quella dell’analisi. Il primo fondamentale ostacolo consiste nel conciliare il rigore del metodo scientifico con il doversi occupare di stati mentali, sentimenti e opinioni, nonché di continue rielaborazioni personali del vissuto. Infatti lo stesso aneddoto, raccontato in momenti diversi, verrà probabilmente narrato in maniera differente. Inoltre, un altro elemento di complessità è che tali elaborazioni personali vengono ulteriormente rielaborate dallo stesso ricercatore.
Le informazioni acquisite andranno analizzate attraverso un movimento costante dalla situazione alla società, dal vissuto al dato, nella consapevolezza della ricchezza dello strumento. Il rischio di cadere nello psicologismo che vanificherebbe la possibilità di contestualizzazione sociale è scongiurato dal considerare l’individuo come espressione e sintesi della totalità in cui è immerso.
Un uomo non è mai un individuo; sarebbe meglio chiamarlo un universo singolare: «totalizzato» e allo stesso tempo universalizzato dalla sua epoca, egli la «ritotalizza» riproducendosi in essa come singolarità. […] egli esige di essere studiato simultaneamente nei due sensi.
Dovremo trovare un metodo appropriato. Le linee generali del metodo progressivo- regressivo sartriano per una scienza sociale della biografia sono ben conosciute: lettura orizzontale e verticale della biografia e del sistema sociale, movimento euristico di va e vieni dalla biografia al sistema sociale, dal sistema sociale alla biografia. La saldatura di questo doppio movimento significa la ricostruzione esauriente delle «totalizzazioni» reciproche che esprimono il rapporto dialettico tra la società e un individuo specifico. La conoscenza integrale dell'uomo diventa così la conoscenza integrale dell'altro.259
Ogni azione nasconde elementi dell’ambiente circostante, tutto può essere spunto di analisi: il detto e il non detto, il vero e il falso, il compiuto e il desiderato.
Nell’analisi “il sociologo non si aspetta dal materiale autobiografico, a differenza dello statistico, la ricorrenza di fatti omogenei al fine di scoprire delle
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tendenze costanti. Le autobiografie forniscono al sociologo un materiale di indagine sul comportamento dell'individuo sociale.”260
Le storie di vita hanno costituito la fonte principale di informazioni raccolte durante la ricerca empirica; uno degli ostacoli più grandi in questo percorso è stato indubbiamente riuscire a trovare persone disposte ad essere intervistate. Tale ostacolo è stato probabilmente generato dal numero relativamente esiguo di famiglie e dalla difficoltà ad incontrarle. La soluzione che è sembrata più idonea, come precedentemente accennato, è stata quella di prendere contatto con l'associazionismo specificamente rivolto alla genitorialità omosessuale. La prima parte della ricerca empirica si è svolta in Italia, pertanto il primo contatto è stato preso con le associazioni italiane. Una volte ottenuta la loro disponibilità si è pensato di sollecitare la partecipazione inviando alla mailing list degli iscritti una richiesta di collaborazione ed una presentazione delle finalità e degli obiettivi della ricerca. Questa operazione è stata effettuata in anticipo rispetto alle tempistiche ipotizzate, in modo da far trascorrere un lasso di tempo adeguato a consentire l’adesione. Nonostante l’invio di un secondo sollecito, dopo oltre due mesi non c’è stato nessun riscontro, pertanto è stata ipotizzata una strategia di coinvolgimento alternativa.
Si è ipotizzato che un contatto diretto potesse invogliare maggiormente le famiglie a partecipare e si è deciso di utilizzare le feste nazionali in cui si è fatta osservazione partecipante come occasione per avvicinarsi personalmente, spiegare la ricerca e cercare un coinvolgimento.
In quel momento il dibattito sulle famiglie omogenitoriali in Italia stava crescendo in maniera inattesa rispetto all’inizio del percorso di studio, questo potrebbe aver influito sulla scarsa disponibilità dei genitori al coinvolgimento. Inoltre, una richiesta di partecipazione inviata tramite posta elettronica rischiava di perdersi tra le varie notizie ed iniziative inviate dall’Associazione.
A quel punto, dato che nessun contatto in Italia era stato ottenuto attraverso l’invito spedito dall’Associazione, si è deciso di non servirsi della richiesta inviata tramite posta elettronica per le storie di vita spagnole e di utilizzare le stesse strategie operative utilizzate in Italia.
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Roberto (a cura di) Cipriani, La metodologia delle storie di vita. Dall’autobiografia alla life
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Il contatto con il mondo dell’associazionismo ha permesso di capire che le famiglie omogenitoriali sono una realtà sociale eterogenea, che comprende diverse tipologie di composizione familiare, da quelle monogenitoriali a quelle ricomposte, ma soprattutto che ad ogni tipologia corrispondono delle necessità specifiche. Nell’ottica della comparazione tra Italia e Spagna, essendo il riconoscimento legale uno degli elementi maggiormente discriminanti tra i due paesi, si è reputato che fosse opportuno rivolgersi alla tipologia familiare maggiormente esposta a rischi connessi alla mancanza di una tutela giuridica.
A livello generale, esistono principalmente due tipi di famiglie omogenitoriali: quelle ricomposte a seguito di rottura di precedenti legami eterosessuali e quelle che nascono da uno specifico progetto di coppia omosessuale, che possono essere definite pianificate.
Quest’ultima tipologia è quella che risente maggiormente della mancanza di un riconoscimento giuridico. Ciò che rende particolarmente esposte tali famiglie è la presenza del cosiddetto “genitore sociale”, che non ha un legame biologico con il figlio. Laddove non è possibile una stepchild adoption, ovvero la possibilità di adottare il figlio del compagno/a, si profila una situazione di fragilità giuridica che colpisce tanto il genitore quanto lo stesso figlio. Si pensi a due situazioni specifiche: la separazione o il decesso. Nel caso di scomparsa del genitore biologico, al dolore della perdita potrebbe sommarsi l’impossibilità di continuare a ricevere le cure anche da parte del genitore sociale. In caso di separazione invece, non essendo riconosciuto né il legame di coppia né quello di filiazione, non è previsto l’intervento di un giudice che disciplini i termini dell’affidamento, il tutto viene affidato al buon senso dei genitori, in particolare di quello biologico.
Le famiglie pianificate, a loro volta, possono formarsi attraverso tre percorsi specifici: l’adozione, la cogenitorialità (un accordo attraverso cui le persone gay e lesbiche possono crescere i figli insieme ai rispettivi partner attraverso l’affidamento condiviso) e, infine, attraverso il ricorso a tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita e alla Gestazione di Sostegno. Di seguito uno schema riassuntivo delle tipologie di famiglie omogenitoriali:
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La ricerca si è rivolta alle famiglie pianificate, tralasciando però il percorso adottivo e quello della cogenitorialità. Il primo in quanto elemento non comparabile tra i due paesi, solo in Spagna è infatti possibile l’adozione per gli omosessuali, mentre in Italia non è permesso neanche per le persone singole. La cogenitorialità invece è stata tralasciata in quanto estremamente rara e di difficile reperimento.261
Pertanto sono state raccolte storie di vita di famiglie omogenitoriali pianificate attraverso Procreazione Medicalmente Assistita e Gestazione di Sostegno. Si è pensato di includere anche le famiglie che potremmo definire potenziali, ovvero quelle in attesa di un figlio o intenzionate ad averne, purché avessero già esperito qualche tentativo. Tale scelta trova ragione nella natura complessa ed incerta dei due percorsi, e dal dispendio di energie e di risorse (fisiche ed economiche) che richiedono, inoltre sono processi che non sempre vanno a buon fine al primo tentativo e che possono richiedere mesi o addirittura anni per concludersi.
Si è deciso di includere sia gli uomini che le donne nella rilevazione in quanto, sebbene ci siano delle specificità che riguardano la fase della formazione della famiglia (che si avrà modo di approfondire), tanto i gay quanto le lesbiche
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devono confrontarsi con lo stigma omofobico e con le medesime problematiche collegate al supporto dei figli nel confronto con il contesto sociale di appartenenza.
Le donne sono sovra-rappresentate in quanto, in linea generale, tendono ad essere numericamente superiori. Tale dato trova ad esempio riscontro nei numeri degli iscritti all’Associazione Famiglie Arcobaleno, che nel 2013 contava circa 800 soci, di cui il 63% donne e il 37% uomini.262
Il numero più elevato di donne potrebbe essere collegato alla maggiore facilità di accesso alle tecniche di procreazione assistita rispetto alla gestazione di sostegno. Quest’ultima richiede di solito la collaborazione di due donne, una donatrice e una portatrice e soprattutto la possibilità economica per sostenere spese mediche e viaggi all’estero, il tutto senza la certezza che un solo tentativo si riveli fruttuoso. La gestazione di sostegno generalmente comporta un dispendio economico nettamente superiore, fattore che spesso discrimina i gay rispetto alle lesbiche per quanto riguarda l’accesso alla genitorialità.
Sono state raccolte 21 storie di vita, 11 in Italia e 10 in Spagna. I partecipanti sono stati selezionati secondo un criterio di disponibilità e cercando di differenziare al massimo le situazioni familiari, in modo da offrire una descrizione più accurata dell'oggetto di studio.
Sono state intervistate sia donne (15) che uomini (6), sia famiglie attuali che potenziali. Per quanto riguarda la Spagna si è cercato di intervistare anche persone non sposate o che avessero formato la famiglia prima dell'approvazione della legge sul matrimonio omosessuale.
L'età degli intervistati varia dai 32 ai 63 anni, le coppie sono state intervistate individualmente, in vista di una successiva comparazione delle interviste in fase di analisi.
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Giuseppina La Delfa, «Love makes a family. Crescere in famiglie con genitori gay e lesbiche», presentato al «Love Makes a Family», Roma, Facoltà di Medicina e Psicologia, Sapienza Università di Roma, 09-10 Aprile 2014.
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