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L’influenza degli organismi sovranazionali

CAPITOLO VI. Una panoramica legislativa

6.1 L’influenza degli organismi sovranazionali

A livello mondiale, i diversi paesi hanno assunto posizioni diverse per quanto concerne la disciplina giuridica orientata alla questione omosessuale. Sostanzialmente sono tre le posizioni principali:

 punizione degli atti omosessuali,  nessuna legislazione specifica,

 adozione di una qualche forma di riconoscimento delle coppie omosessuali.

Di seguito, un’immagine riassuntiva della situazione mondiale aggiornata a Maggio 2015:

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fonte http://ilga.org/what-we-do/lesbian-gay-rights-maps/

Come l’immagine riportata suggerisce, sono ancora molti i paesi del mondo che puniscono gli atti omosessuali o non prevedono nessuna legislazione specifica in materia. Nonostante questo, si può affermare che negli ultimi anni nelle società occidentali si sta assistendo ad una tendenziale estensione dei diritti di tutela per queste coppie.

Tale propensione a livello europeo è stata recepita dagli orientamenti comunitari, diretti ad indirizzare gli stati membri verso una legiferazione specifica in materia.

L’Italia è una grande eccezione all’interno dell’Unione per quanto concerne il silenzio totale sui diritti degli omosessuali, è infatti l’unico dei sei paesi fondatori a non prevedere nessuna forma di tutela giuridica per le coppie di fatto.

Il ritardo eccezionale dell’Italia è in contrasto con l’eccezionale anticipo della Spagna nell’estensione dei diritti. Dal 2005, un paese che negli anni Settanta del secolo scorso puniva l’omosessualità, è passato ad equiparare il matrimonio

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omosessuale a quello eterosessuale, senza precedenti leggi nazionali che riconoscessero una tutela parziale dei diritti alle coppie di fatto.

La questione dell’estensione dei diritti agli omosessuali trova un primo fondamento nella Dichiarazione universale dei diritti umani, un documento promosso dalle Nazioni Unite e firmato a Parigi nel 1948, nato sulla scia degli orrori commessi durante la seconda guerra mondiale. Nell’art. 2 della Dichiarazione si fa riferimento ad un principio di uguaglianza rispetto all’accesso ai diritti e alle libertà “senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.”

Una particolare attenzione al tema della tutela legale viene suggerita dalla lettura dell’art. 7:

Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione.263

A livello europeo, il tema dei diritti fondamentali è stato inizialmente marginale nei trattati istitutivi, il fine ultimo era infatti la creazione di un mercato unico più che la realizzazione di una cittadinanza comune.

L’attenzione su questo tema venne sollevata nel 1950 grazie alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo, adottata nell’ambito del Consiglio d’Europa, che si proponeva di fornire un sistema di garanzia dei diritti ai cittadini degli stati membri, istituendo la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, con sede a Strasburgo.

Con il Trattato di Parigi del 1951, che istituiva la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA), fu prevista anche la creazione di un organo giurisdizionale a cui veniva affidato il controllo del rispetto delle direttive comunitarie da parte degli stati membri. Tale organo fu inizialmente denominato Corte di Giustizia della CECA.

263

Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Dichiarazione universale dei diritti umani, 1948, http://www.ohchr.org/EN/UDHR/Documents/UDHR_Translations/itn.pdf

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I trattati di Roma del 1957, fondativi della Comunità Economica Europea, hanno modificato il suo nome in Corte di Giustizia delle Comunità europee. Dal 2009, con l’approvazione del Trattato di Lisbona, è stata denominata Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

Sebbene non ci fossero nei Trattati indirizzi specificamente rivolti alla tutela dei diritti fondamentali, la Corte di Giustizia ha tentato di mettere in primo piano tale questione a livello comunitario. La sua attività giurisprudenziale è stata orientata a garantire il rispetto dei diritti per tutti i cittadini degli stati membri.

Dall’interesse precipuamente economico dei primi trattati, gli obiettivi dell’Unione si sono estesi per orientare gli Stati a delle tendenze comuni, anche su ambiti di tradizionale competenza statale, come quello dei diritti fondamentali.

L’art. 6 del trattato sull’Unione europea (ex art. 6 del TUE) ribadisce l’adesione dell’Unione alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, al co.3 si legge:264

I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto principi generali.

Un importante punto di riferimento per la tutela dei diritti è il Trattato di Amsterdam firmato nel 1997; in particolare il nuovo art. 13 stabilisce che:

[...] il Consiglio […], può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali.

Con il trattato di Amsterdam si prevede per la Corte un’estensione delle competenze che gli consente di intervenire in caso di violazione dei diritti fondamentali da parte di uno degli stati membri.

Il tema della lotta alla discriminazione è stato ripreso dalla Carta dei Diritti

264

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Fondamentali dell’Unione, in questa sede sembra opportuno riportare l’art. 21 co.1265:

É vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali.

Come si può notare, nell’ambito del rispetto dei diritti fondamentali si iniziano ad includere anche le tendenze sessuali. Per quanto concerne la tutela dei diritti delle coppie omosessuali possiamo trovare dei riscontri anche nell’attività del Parlamento europeo.

Nello specifico si può fare riferimento alla Risoluzione del 26 aprile 2007 sull'omofobia in Europa, nella quale si invitano gli stati membri “a proporre leggi che superino le discriminazioni subite da coppie dello stesso sesso e chiede alla Commissione di presentare proposte per garantire che il principio del riconoscimento reciproco sia applicato anche in questo settore al fine di garantire la libertà di circolazione per tutte le persone nell'Unione europea senza discriminazioni”266. La risoluzione è stata motivata dal riconoscimento:

della proliferazione di discorsi d’odio e da altri eventi preoccupanti, quali il divieto da parte delle autorità locali allo svolgimento di marce per l'uguaglianza e di marce dell'orgoglio omosessuale (Gay Pride ), il ricorso, da parte di personaggi politici di rilievo e di leader religiosi, a un linguaggio aggressivo o minaccioso o a discorsi improntati all'odio, e l'omissione da parte della polizia di fornire protezione adeguata nei confronti di manifestazioni violente di gruppi omofobi, disperdendo invece manifestazioni pacifiche267

265

Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, 2000, http://www.europarl.europa.eu/charter/pdf/text_it.pdf

266

Risoluzione del Parlamento europeo sull’omofobia in Europa, 2007,

http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P6-TA-2007- 0167+0+DOC+XML+V0//IT

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Il Parlamento ribadisce la comunità di valori su cui si deve fondare l’Unione europea, i quali devono fare imprescindibile riferimento alla tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Si invitano pertanto gli Stati membri ad eliminare qualsiasi legislazione discriminatoria, che metta in situazione di fragilità le persone con tendenze omosessuali. A partire dal citato documento è stata indetta la Giornata internazionale contro l’omofobia, che si svolgerà il 17 maggio di ogni anno. Si chiede inoltre la depenalizzazione mondiale dell’omosessualità.

Un ulteriore indirizzo a livello europeo teso a combattere le discriminazioni nei confronti degli omosessuali si può ritrovare nella raccomandazione del Consiglio d’Europa del 31 Marzo del 2010 denominata Measures to combat discrimination on grounds of sexual orientation or gender identity.268

Tale raccomandazione contiene delle disposizioni per orientare gli stati membri alla lotta alla discriminazione specificamente rivolta all’orientamento sessuale e all’identità di genere.

Nel documento il Consiglio riconosce che gay, lesbiche, bisessuali e transessuali sono stati per secoli soggetti a stigma omofobico, intolleranza e discriminazione, il che li ha portati ad essere spesso criminalizzati, esclusi socialmente e talvolta li ha resi vittime di episodi di violenza. Si auspica pertanto che vengano adottate specifiche misure volte a garantire anche per queste persone il pieno godimento dei diritti umani. Si richiede inoltre che vengano garantite ed implementate misure legislative per combattere queste forme di discriminazione, anche al fine di promuovere la tolleranza nei confronti delle persone omosessuali e transessuali.

In questo senso gli stati membri dovrebbero garantire l’abrogazione di qualsiasi legislazione discriminatoria o criminalizzante nei confronti di atti omosessuali tra adulti consenzienti, includendo ad esempio l’eliminazione di misure differenziate per quanto concerne atti omosessuali ed eterosessuali, come l’età del consenso.

Si invitano inoltre gli Stati che non hanno una legislazione specifica in merito alla tutela delle coppie di fatto oppure omosessuali a considerare la possibilità di

268 Committee of Ministers, Recommendation CM/Rec(2010)5 of the Committee of Ministers to member states on measures to combat discrimination on grounds of sexual orientation or gender identity., 2010, https://wcd.coe.int/ViewDoc.jsp?id=1606669

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colmare tale lacuna, soprattutto al fine di facilitare la risoluzione di problemi pratici legati alla realtà sociale in cui vivono.

Una particolare attenzione viene dedicata alla questione della genitorialità, si ricorda che qualsiasi decisione in merito alla gestione dei figli deve essere presa in funzione dell’interesse primario dei minori, raccomandando però che a tali decisioni si giunga senza discriminazioni basate sull’orientamento sessuale o l’identità di genere.

Si auspica che tale orientamento venga perseguito anche per quanto concerne la questione delle adozioni; laddove la legislazione nazionale consenta l’adozione per i single, gli stati membri sono invitati a non operare differenze per quanto riguarda eterosessuali oppure omosessuali e transessuali. La raccomandazione fa riferimento anche alle tecniche di procreazione assistita, affermando che, qualora la legislazione nazionale di uno stato membro preveda l’accesso alla PMA per i single, si invita a consentirne la fruizione senza alcuna discriminazione riguardante l’orientamento sessuale.

La questione della disparità di trattamento per le persone LGBT è stata raccolta anche dall’ONU nel 2011, attraverso la pubblicazione di un documento denominato “Discriminatory laws and practices and acts of violence against individuals based on their sexual orientation and gender identity”.269Nel rapporto dell’ONU si mette in rilievo come ancora permangano nella maggior parte degli stati del mondo varie forme di discriminazione omofobica e come l’orientamento omosessuale o il transessualismo possano mettere le persone a rischio di subire atti di violenza fisica o psicologica. Facendo riferimento alla Dichiarazione universale dei diritti umani, il documento dell’ONU afferma che:

All people, including lesbian, gay, bisexual and transgender (LGBT) persons, are entitled to enjoy the protections provided for by international human rights law, including in respect of rights to life, security of person and privacy, the right to be free from torture, arbitrary arrest and detention, the right to be free from

269 United Nations High Commissioner for Human Rights, Discriminatory laws and practices and acts of violence against individuals based on their sexual orientation and gender identity,

2011,

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discrimination and the right to freedom of expression, association and peaceful assembly.270

Il rapporto sottolinea come molto spesso la rilevazione degli atti di violenza a sfondo omofobico tenda ad essere sottostimata, sono pochi infatti gli stati che hanno un sistema di monitoraggio specificamente dedicato. Inoltre, persone omosessuali o transessuali che subiscono atti di violenza possono essere portati a non denunciare gli episodi; la resistenza alla denuncia potrebbe essere motivata dalla paura di uscire allo scoperto, oppure di subire reazioni di contropartita da parte dei perpetratori. Si invita pertanto a predisporre strumenti per rilevare puntualmente questi atti di violenza.

È significativo come il rapporto dedichi particolare attenzione alla discriminazione in ambito familiare e di comunità, importanti ambiti che possono ostacolare la possibilità per le persone LGBT di godere pienamente dei diritti umani. La discriminazione può assumere diverse forme, ad esempio essere cacciati da casa, diseredati, inviati in istituti psichiatrici, costretti a sposarsi oppure a rinunciare alla genitorialità. In molti casi gli omosessuali o i transessuali possono subire pressioni che incidono sulla possibilità di decidere autonomamente della propria sessualità, delle scelte riproduttive o di vita familiare271. Si riconosce pertanto che la comunità di appartenenza e la famiglia possano avere un peso notevole nell’orientare ed “intrappolare” gli individui all’interno di rigidi stereotipi di genere e nella censura di comportamenti considerati “trasgressivi” delle norme sociali.

Il documento si conclude con alcune raccomandazioni agli stati membri, in particolare:272

270

Ivi, Cfr p. 4. “Tutte le persone, incluse persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT),

hanno diritto di godere della protezione da parte delle leggi internazionali sui diritti umani, incluso il rispetto del diritto alla vita, alla sicurezza della persone e della privacy, il diritto di essere liberi dalla tortura, dalla detenzione e arresto arbitrari, il diritto di essere liberi dalla discriminazione e il diritto alla libertà di espressione, associazione ed assemblea pacifica”. (Trad. propria)

271

Ivi, Cfr p. 21. 272Ivi, Cfr p. 25.

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1) adottare misure particolari per prevenire la tortura o altre forme di crudeltà e di trattamenti inumani o degradanti nei confronti dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere;

2) che sia consentita la libera associazione in condizione di sicurezza per le persone LBGT.

3) che si implementino programmi appropriati di sensibilizzazione e formazione per il personale delle forze dell’ordine e per gli operatori di settore;

4) che si supportino campagne di informazione pubblica per contrastare l’omofobia e la transfobia e che si prevedano interventi educativi specificamente mirati all’ambito scolastico.

Per quanto concerne la già menzionata attività legislativa del Parlamento Europeo, procedendo in ordine cronologico, sembra degna di nota la Risoluzione del 9 giugno 2015 sulla strategia dell'Unione europea per la parità tra donne e uomini dopo il 2015.

Nel documento citato si rimarca la necessità di riconoscere l’evoluzione delle forme familiari, facendo tra l’altro esplicito riferimento a quelle omogenitoriali.

All’art. 21 leggiamo che il Parlamento europeo:

[…] raccomanda, dal momento che la composizione e la definizione delle famiglie si evolve nel tempo, che le normative in ambito familiare e lavorativo siano rese più complete per quanto concerne le famiglie monoparentali e genitorialità LGBT.273

Anche l’attività giurisprudenziale a livello europeo è stata orientata al riconoscimento dei diritti delle coppie omosessuali, attraverso delle sanzioni agli stati membri. In questa sede sembra opportuno fare riferimento alla storica sentenza della Corte europea dei diritti umani del 21 Luglio 2015, in cui l’Italia è stata condannata per violazione dell’art. 8 della Convenzione europea dei diritti umani, in merito al diritto al rispetto della vita privata e familiare. La sentenza

273 Parlamento europeo, Risoluzione sulla strategia dell’Unione europea per la parità tra donne e uomini dopo il 2015, 2015, http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-

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riconosce la necessità che l’Italia preveda una qualche forma di tutela per le coppie omosessuali in quanto:

The Court considered that the legal protection currently available to same-sex couples in Italy – as was shown by the applicants’ situation – did not only fail to provide for the core needs relevant to a couple in a stable committed relationship, but it was also not sufficiently reliable. A civil union or registered partnership would be the most appropriate way for same-sex couples like the applicants to have their relationship legally recognised.274

La Corte afferma che l’estensione italiana dei diritti alle coppie omosessuali sarebbe in linea con il trend di riconoscimento che stanno seguendo alcuni paesi membri. Inoltre si fa riferimento alla specifica situazione italiana interna, ribadendo che la stessa Corte Costituzionale ha chiesto forme di tutela e riconoscimento per questo tipo di coppie. Infine, si rimarca come diverse statistiche rivelino una graduale apertura della popolazione nei confronti della questione omosessuale.

Questo breve excursus dell’attività legislativa e giurisprudenziale a livello comunitario aveva l’intento di porre in rilievo come si sia assistito ad una tendenziale apertura giuridica nei confronti dell’omosessualità, inserendo la questione nel più ampio ambito del rispetto dei diritti umani fondamentali. Gli orientamenti comunitari devono essere rispettati dagli stati membri, ad eccezione di norme contrarie alle Costituzioni nazionali, poste al vertice della gerarchia delle fonti.

La Spagna ha seguito un percorso precursore per quanto riguarda l’estensione dei diritti, al contrario l’Italia, come la stessa Corte di Strasburgo ha rilevato, è nettamente in ritardo.

274

Oliari and Others v. Italy, European Court of Human Rights 2015. “La Corte ha considerato che la protezione legale attualmente presente per le coppie dello stesso sesso in Italia –come è stato dimostrato dalla situazione dei ricorrenti- non solo è insufficiente a far fronte ai bisogni rilevanti per una coppia in relazione stabile, ma non è nemmeno abbastanza affidabile. Un’ unione civile o una convivenza registrata potrebbero essere la via più appropriata per le coppie dello stesso sesso come i ricorrenti per avere la loro relazione legalmente riconosciuta.” (Trad. propria).

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