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La complessiva gestione e coordinazione dei processi di cambiamento 118

CAPITOLO 2 Il management pubblico 49

2.6 Il cambiamento organizzativo nelle Pubbliche Amministrazioni 104

2.6.5 La complessiva gestione e coordinazione dei processi di cambiamento 118

• La formazione e la ridefinizione di alleanze tra i vari soggetti e gruppi; • La cooptazione dei rappresentanti d’interessi (Pfeffer, 1981);

• La legittimazione d’idee;

• Le tattiche politiche (Bardach, 1977); • La redistribuzione dell’autorità formale; • La sostituzione di attori chiave;

• La contrattazione;

• La messa in atto di forme di protezione;

• La modifica delle sanzioni per gli errori e per i comportamenti;

La manovra di queste “leve” della gestione politica deve tenere conto dei contestuali andamenti degli altri processi di evoluzione dell’azienda e dell’effetto che s’induce sugli stessi. I profili organizzativi e strategici che nascono dal processo di trasformazione sono valutabili come risultati della gestione di un progetto complessivo di cambiamento, all’interno del quale la gestione del potere trova un suo compiuto significato.

2.6.5   La   complessiva   gestione   e   coordinazione   dei   processi   di  

cambiamento  

I processi tipici del cambiamento strategico e organizzativo presentano ognuno la propria fisionomia specifica e le annesse leve di attuazione. Nella realtà, inoltre, i rispettivi andamenti si mescolano dentro un’unica corrente, composta di elementi in contraddizione e tensione, dalla quale nascono i risultati in termini di profili strategici e organizzativi emergenti; anche l’utilizzo delle leve indicate risente di questo intreccio, nello specifico che la manovra di ognuna di loro tende a sviluppare influssi anche sugli altri sotto-processi e sulle condizioni di agibilità di altre leve.

Le condizioni d’interdipendenza saranno, così, in parte sviluppate caratterizzando i diversi aspetti del processo evolutivo e condizionando sempre i tentativi di governarlo. Sarà fondamentale scoprire la presenza di un tema di complessiva gestione del processo di cambiamento, per il quale è necessario sviluppare i seguenti aspetti:

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1. S’inserisce all’interno del modello generale di analisi del cambiamento strategico - organizzativo rappresentando il momento in cui gli attori chiave definiscono una visione unitaria dei processi e danno un’impostazione coerente ai propri sforzi proprio dal punto di vista del cambiamento;

2. In questa prospettiva assume rilevanza, senza tenere conto le singole leve nella loro specifica validità, il livello di coerenza, in altre parole l’effetto “di sistema” nella loro specifica validità all’interno dei rapporti con le altre variabili che costituiscono il modello;

3. Assume rilevanza, la scelta e la scansione dei tempi quando sono attuate le varie leve e la sequenza, o il percorso complessivo di cambiamento che l’attuazione rappresenta; questo permette di individuare fasi tipiche all’interno di questa gestione complessiva e alcuni orientamenti privilegiati di azione che rispondo ai problemi di ciascuna fase;

4. Infine si può affermare che i profili organizzativi e strategici che emergono dal processo sono i risultati della gestione complessiva o attuazione di un processo di cambiamento.

Bisognerà in primo luogo attuare un giusto procedimento d’inserimento della gestione complessiva nel modello generale del cambiamento, in modo tale da collegare a un progetto di cambiamento l’utilizzo delle leve disponibili e disponendo quest’ultime secondo una logica coerente di scansione nel tempo. Si potranno individuare tre fasi del processo di cambiamento, in ognuna delle quali si attiva in sequenza una serie di leve e si concentra la gestione complessiva e nello stesso tempo il comportamento degli agenti. La prima fase è costituita in termini di alimentazione di tensione, coscienza, impegno: il problema principale sarà quello di aprire la strada a nuovi orientamenti basati sul servizio e sul modo in cui si rapportano con l’utenza; si tratterà di attivare la ricerca e la disponibilità orientate verso nuove impostazioni. In questo caso la leadership del processo cercherà di generare tensione facendo “leva” sulle spinte già presenti e aumentandone la portata, cercando di far indirizzare l’attenzione di tutti verso il problema; questo evento è incentrato sul piano dell’apprendimento, attivando un rapporto con gli utenti più stretto, proponendo loro un test, un’analisi approfondita delle esigenze di un campione di clienti; questo anticipa interventi di gestione simbolica e all’individuazione di forme esemplari di risposta che scaturiscono dopo l’indagine effettuata.

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Avviato il processo, si entra nella seconda fase, quella del consolidamento: si può giocare adesso sull’immagine, sfruttando eventi esterni di tipo favorevole; in questo modo si rilanciano ancora le “spinte” e i tre processi ne traggono beneficio; bisognerà incidere in maniera analoga sul sistema di potere portando alla luce un’alleanza di soggetti favorevoli alla nuova impostazione dei servizi e su quello delle risorse che dovrà essere ristrutturato; in questa fase è distribuito nuovamente il potere formale e gli attori che ostacolano il progetto sono sostituiti; la formazione in questo caso serve ad accelerare il processo d’inserimento delle nuove figure professionali.

Si tratta, in questo momento, di gestire la terza e ultima fase, quella d’integrazione dei

processi e dei soggetti, in cui si pone l’attenzione sul completo conseguimento dei

benefici attesi; le innovazioni dovranno essere tradotte in sistemi operativi precisi, consentendo una gestione più accurata con forme precise di programmazione e verifica; questo comporta una mescolanza con la revisione della struttura e con i nuovi investimenti in risorse tecnologiche e umane.

Il processo non termina qui, poiché nonostante sia avviato lungo un percorso di evoluzione graduale, sarà necessario affrontare altre fasi di generazione di tensione e di consolidamento, ripercorrendo più volte lo stesso ciclo.

In conclusione si può affermare che l’evoluzione strategica - organizzativa non può essere governata senza che ci sia una costante verifica e valutazione dei risultati che saranno raggiunti. Bisognerà identificare strumenti specifici per valutare i profili che nascono all’interno di un ente e delle sue varie condizioni di funzionamento nelle diverse tappe del percorso evolutivo.

Quest’attività di verifica, se è attuata con sistematicità, offre spunti formativi e positivi per le azioni che sono tese al cambiamento. In particolare, la diffusione e comunicazione ai diversi attori e soggetti coinvolti dei primi risultati ottenuti, così da influenzare il processo di cambiamento, rilanciando in particolare e potenziando i fattori di spinta che avevano consentito lo sviluppo dell’energia iniziale.

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2.7   Come   rapportarsi   con   l’ambiente   esterno   e  

attuare  la  strategia  del  servizio  

Per tutti gli Enti, l’ambiente esterno è articolato e differenziato: dall’utenza più immediata, individuale oppure organizzata, al pubblico (cittadini e loro rappresentanti), alle istituzioni che intervengono in diverse misure per definire, supportare e organizzare il servizio stesso dell’Ente.

I rapporti con l’ambiente esterno, sono, sia per funzionari sia dirigenti, molto ambiti, rappresentano una fonte di prestigio e a volte anche di redditi aggiuntivi.

È “privilegio” dei funzionari avere rapporti professionali, di partecipazione a decisioni o semplicemente prestazioni specifiche; gli impiegati hanno diversi rapporti con l’utenza, ma in termine di offerta di un servizio, d’istruzione, di una pratica, di accettazione di una domanda.

Nonostante questi scambi con l’ambiente esterno siano particolarmente cospicui, la logica che ispira questo rapporto non sarà di servizio, di consulenza ma sarà una logica prevalentemente di controllo, ispezione, “notarile”. Il personale medio pensa che sia impossibile o comunque inopportuno offrire un servizio diverso poiché sarà necessario “applicare la legge”.

Anche nei livelli più alti, oppure in caso di prestazioni ritenute maggiormente “professionali” ci sono problemi riguardanti l’introduzione di una razionalità diversa da quella di applicazione del regolamento.

Infine, la strategia del servizio, che dovrebbe essere presentata dal Direttore, rende i funzionari scarsamente partecipi e gli impiegati di questo rapporto con l’esterno: poiché sarà un “privilegio” resta una prestazione per pochi.

Si distinguono tre tipi di rapporto con l’esterno (D’Orta, 1955):

a) Rapporti con l’utenza individuale, per la soluzione dei problemi: l’utente chiede all’impiegato l’avvio di una pratica o altra prestazione amministrativa;

b) Rapporti istituzionali con Enti esterni, per rappresentare il proprio Ente, per promozione/decisione di politiche che riguardano l’Ente e le sue funzioni. Questi

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rapporti sono svolti da direttivi, alla presenza di commissioni e la partecipazione a riunioni; il criterio di soddisfazione rientra nella capacità di gestire lo scambio con le altre istituzioni, di creare le condizioni di consenso e fattibilità attorno alle politiche che si vorranno attuare;

c) Rapporto di servizio: rappresentano prestazioni ad alto contenuto professionale, “consulenziali”, come formazione e informazione a personale decentrato, consulenza a organizzazioni clienti, creazione delle condizioni di realizzazione di obiettivi comuni. Il criterio di soddisfazione rientra nella capacità di comprendere e aiutare a risolvere i problemi complessi, di dare aiuto a funzioni di altri Enti.

Tutti e tre questi tipi di rapporto con l’ambiente esterno sono presenti in diversa misura all’interno degli Enti, poiché il primo, quello interpersonale sulle pratiche, è ovviamente quello più diffuso. C’è un’altra motivazione per cui questo rapporto è importante oltre che diffuso, il funzionario o l’impiegato che gestisce la pratica sarà più “esperto” nella regolamentazione rispetto al “cliente” che, senza di lui, non riuscirebbe a ottenere nulla. In questo caso la normativa sarà una risorsa per l’impiegato, che risolve i problemi del cliente, attraverso una sua capacità di adattare la normativa al caso specifico.

Nel primo caso le eccezioni alla regola diventano frequenti, le astuzie per fare in modo di aggirare il regolamento sono all’ordine del giorno, il rapporto tra impiegato e utente diventa positivo e gratificante per entrambi.

Nel secondo caso, quello dei rapporti istituzionali con l’ambiente, diventano “privilegio” dei direttivi e dei dirigenti e rappresentano un’importante regola di come gestire il potere, dove magari l’immagine dell’Ente sarà poco curata e dove dimostra poco chiaramente all’esterno la strategia che l’Ente stesso vorrà attivare in questo tipo di rapporti.

Il terzo tipo di rapporti, quelli di “servizio”, sono quelli più rari, quelli su cui puntare maggiormente per acquisire un ruolo più deciso nei confronti dell’ambiente, sia come Ente, sia come singoli funzionari o impiegati poiché danno la possibilità di sviluppare l’esperienza e la professionalità.

Terminando, la sfera di rapporti con l’esterno sarà “segreta”, personale, non è fonte d’innovazione organizzativa e funzionale, anche perché non sarebbe premiata se fosse palese.

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 2.7.1  Una  Pubblica  Amministrazione  al  servizio  dei  cittadini  e  delle