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CAPITOLO 2 Il management pubblico 49

2.2 L’organizzazione del personale 58

2.2.5 La funzione direzionale 70

La funzione direzionale è fondamentale non solo per completare la struttura organizzativa ma anche nella gestione del personale che compone la struttura stessa. È concepita in termini gerarchici e formali dalla normativa che continua a vedere la dirigenza all’interno dell’esercizio di potestà autoritarie e non anche nel governo di complesse combinazioni d’individui e tecnologie. È una funzione che nel concreto copre diversi ruoli, tra i quali è importante quello d’impulso, guida e motivazione delle persone e che condiziona, a prescindere da quali caratteristiche acquisisce la struttura, il modo con cui sono raggiunti gli obiettivi.

Sarà necessario un esame dei ruoli per comprenderne le caratteristiche della funzione direzionale e le esigenze di cambiamento.

Prima di tutto troviamo il ruolo formale che fa acquisire un determinato status all’interno e all’esterno dell’organizzazione e legittima i rapporti di sovra ordinazione,

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l’utilizzo di determinati strumenti, l’accesso a determinate informazioni. Per questo l’azione direzionale nel pubblico impiego sarà efficace quando troverà all’interno del ruolo formale una condizione necessaria ma non sufficiente. Sarà fondamentale, quindi, il ruolo sostanziale che troppo spesso è trascurato a favore di quello formale.

Mintzber (1973 e 1980) ha individuato la seguente tipologia di ruoli direzionali: 1. Ruoli interpersonali che comprendono:

a. Un ruolo di simbolo (sono compiti di natura rituale che, sono particolarmente curati nelle Pubbliche Amministrazioni, e che richiederebbero un aggiornamento dei simboli); b. Un ruolo di leader inteso sia come assunzione di responsabilità del lavoro verso coloro

che si troveranno sotto di lui appartenenti all’unità organizzativa, sia come capacità di conciliare i bisogni dell’organizzazione e i bisogni degli individui;

c. Un ruolo di collegamento (liaison) lungo la linea gerarchica (rapporti verticali) e attraverso la linea funzionale (rapporti orizzontali e con l’esterno);

2. Ruoli informativi che comprendono:

a. Un ruolo di monitor inteso come ricerca e registrazione d’informazioni, che sono ottenute in modo informale nei rapporti che sono intrattenuti a ogni livello dell’organizzazione;

b. Un ruolo di disseminatore di tali informazioni, anche quelle non ufficiali, che sono ritenuti utili da far circolare all’interno della propria unità;

c. Un ruolo di portavoce inteso come persona che diffonde tali informazioni fuori la propria unità;

3. Ruoli decisionali che comprendono:

a. Un ruolo d’innovatore, in altre parole l’insieme di attività che servono per migliorare la propria unità e a ottenere un più soddisfacente adattamento alle condizioni interne ed esterne che cambiano nell’organizzazione;

b. Un ruolo di assorbimento dei cosiddetti disturbi, in altre parole di avvenimenti e comportamenti interni ed esterni che creano le condizioni che minacciano l’equilibrio all’interno dell’unità organizzativa;

c. Un ruolo di allocatore di risorse, consistente nel fornire le risorse di cui dispone dentro l’organizzazione (distribuzione del tempo, carichi di lavoro, autorizzazioni, ecc.);

d. Un ruolo di negoziatore, in altre parole l’insieme di attività che servono per risolvere i conflitti formali e informali e a ottenere il consenso su determinate soluzioni.

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Con questa sistemazione i ruoli hanno un valore prescrittivo, nel senso che si può individuare un insieme integrato di attività all’interno del quale dovrebbe prefigurarsi la funzione direzionale.

Ha anche un valore diagnostico, in altre parole il consenso all’analisi in modo concreto con cui il pubblico impiego esercita la funzione direzionale e la situazione verso cui dovrebbe evolversi, trovando forme anche differenti da quelle ipotizzate da Mintzberg ma in ogni caso sempre diverse da quelle attuali. Sono in corso tentativi per rendere la situazione in corso più dinamica, per esempio, per gli Enti Locali sono nate le qualifiche funzionali dirigenziali che prospettano contenuti anche innovativi, che devono ancora trovare concrete forme di espressione. Forse, però, il contratto collettivo non è lo strumento migliore per rivitalizzare la funzione e costituisce, comunque, un segnale di volontà innovativa che deve essere appreso dallo stesso management pubblico.

Il problema presenta due facce: da una parte bisognerà sciogliere il nodo che si crea tra vertice strategico - politico e management pubblico, dall’altra parte c’è da verificare la volontà e le capacità acquisite dal management pubblico per coprire la propria funzione. Un esame particolare è richiesto dai ruoli interpersonali che investono le attività che sono riferite alla guida e alla motivazione dei dipendenti. Il modo con cui è interpretato e vissuto il ruolo di comando è definito stile di leadership. Coinvolge aspetti che sono legati alle caratteristiche che hanno le persone fin dalla loro nascita e agli aspetti che possono essere percepiti e indotti dal complesso della cultura e dei sistemi operativi di un’organizzazione.

Lo stile di leadership è stato classificato secondo due variabili (Blake e Mouton, 1964): l’orientamento alla funzione e l’orientamento alle persone. Quando prevale

l’orientamento alla funzione si configura uno stile di tipo autoritario che può portare a comportamenti che vanno a vanificare l’assolvimento della funzione stessa. Quando prevale un alto orientamento alle persone e un basso orientamento alla funzione si configura uno stile da club: i fini produttivi sono messi da parte a favore del perseguimento di altri tipi di obiettivi. Un basso orientamento alla funzione unito a un basso orientamento alle persone comporta una chiusura a qualunque funzione direzionale, una soluzione molto frequente all’interno della Pubblica Amministrazione.

È suggerito uno stile di leadership “partecipativo”, con elevato orientamento alle persone e alla funzione che comporterebbe il massimo di efficacia e di efficienza (Likert, 1971).

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Sono presenti, inoltre, molte soluzioni intermedie tra quelle che sono state esaminate fino ad ora e che sono quelle che realmente sono poi adottate. Nelle soluzioni fin qui esaminate trova evidente importanza all’interno di tutti i tipi di ruoli direzionali quello interpersonale, ruolo che è negato dalla burocrazia classica e sostituito poi da un ruolo formale e impersonale.

L’adozione di un determinato stile di leadership non coinvolge soltanto la singola persona, ma appartiene a tutta l’organizzazione. Per questo possiamo dire che lo stile di leadership è una caratteristica generale dell’organizzazione.

Per il singolo dirigente l’adozione, o meglio la costruzione di un adeguato stile di leadership inteso come bilanciamento tra orientamento alle persone e orientamento alla funzione dipende dai seguenti fattori (Bass e Barrett, 1982):

1. Caratteristiche individuali che possono essere divise in: a) caratteristiche innate (personalità, carisma, comunicatività sicurezza, ecc.) nelle quali si può agire solo in fase di selezione e che condizionano l’esercizio del comando; b) caratteristiche che sono acquisite attraverso i processi di formazione e socializzazione all’interno della quale i caratteri dell’individuo possono essere valorizzati o depressi;

2. Comportamenti e caratteristiche che appartengono ai livelli direzionali superiori (rapporto verticale) e di pari grado (rapporto orizzontale): questo sta significando che esisterà un forte condizionamento nella scelta dello stile direzionale individuale, condizionamento particolarmente accentuato nella cultura burocratica;

3. Funzioni da svolgere: vi sono determinate funzioni che hanno bisogno di decisioni rapide, vincolate da una normativa, e assunzioni di responsabilità individuali che implicano una leadership orientata verso le funzioni stesse; al contrario esistono anche altre funzioni, sempre più frequenti nei nuovi assunti all’interno della Pubblica Amministrazione, in cui l’orientamento alle persone e allo stesso tempo la leadership partecipativa è condizione di successo;

4. Caratteristiche dei subordinati: il livello professionale dei dipendenti, il loro grado d’integrazione all’interno dell’organizzazione, il loro rapportarsi in maniera cooperativa o conflittuale condiziona la possibilità di svolgere un tipo o un altro di leadership; 5. Il contesto organizzativo (interno) e quello ambientale (esterno): sono fattori che

allargano o restringono le possibilità di scelta; quando l’organizzazione ha una struttura rigida è più difficile uno stile di direzione che è basato sulla delega e sull’interazione orizzontale e verticale, che è invece favorita quando l’ambiente è dinamico e variabile.

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Dopo aver esaminato tutti questi fattori è molto evidente che nelle organizzazioni quando si modifica lo stile di direzione bisogna migliorare i processi decisionali e l’utilizzo delle risorse umane richiede uno sforzo direzionale e organizzativo molto importante. Il contributo che viene dalla direzione del personale in questo campo è decisivo per quello che riguarda lo sviluppo di una capacità diagnostica e per il supporto al processo di cambiamento (formazione).

Molto decisivo, è anche, il contributo del processo di auto sviluppo da parte dei dirigenti come singoli e come gruppo sociale. Le capacità tecniche sono, quindi, un elemento necessario e non possibilmente eliminabile che deve essere completata con capacità di direzione delle persone.