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CAPITOLO 1 Il personale nelle Pubbliche Amministrazioni 6

1.5 Inserimento, addestramento e formazione 35

1.5.3 Formazione e sviluppo organizzativo 41

Nel pubblico impiego sono presenti due tipi di addestramento e formazione:

1. Attività che ogni Ente, branca o carriera svolgono per proprio conto, senza coordinamento, fissazione e verifica degli obiettivi, contribuendo ad accrescere la chiusura fra i vari livelli e bloccando la mobilità del personale a tutti i livelli;

2. Apprendimento e capacità nello svolgere il proprio lavoro, formazione on the job; si riferisce a un apprendimento con compiti operativi che sono frammentati e particolari: tutto questo permette all’organizzazione di trasferire, insieme alle abilità e conoscenze, anche le “norme”, i comportamenti esatti che poi sono premiati, affermando così una “cultura” già esistente.

Tutto questo porta a una preparazione sviluppata e incentivata che è tipo giuridico - amministrativo, che porta ad avere una professionalità stabilità dalle norme e quindi legata alla tradizione “ideologica” e culturale della burocrazia, quindi una professionalità statica basata su due principi fondamentali: quello del “precedente”, fatta da procedure standardizzate fin nei minimi particolari; e il principio dell’”eccezione”,

corollario del primo, per cui ogni sia pur minimo imprevisto è portato al livello gerarchico superiore (Ferrarese, 1980).

9 Questo non significa che non esistano sul mercato ottimi prodotti e ottimi consulenti di formazione, anzi

alcune istituzioni e alcuni studi professionali stanno facendo un buon lavoro anche nel campo delle organizzazioni pubbliche. Si tratta di usare questo strumento con accortezza, per quello che può dare.

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Un altro tipo di formazione presente è quella specialistica, legata a compiti particolari e separati: tutto questo porta a una frequente “incomunicabilità” fra “tecnici” che appartengono a materie diverse oppure fra tecnici e amministrativi. Non è presente una sufficiente attenzione verso la riflessione e la formazione all’organizzazione, al coordinamento, alla gestione: in sostanza, all’assunzione dinamica e consapevole dei

ruoli gestionali, che dovrebbero concretarsi nella capacità di conduzione e integrazione di risorse molteplici e complesse (Salvemini, 1979).

Si può dire a questo punto che formazione, addestramento e realtà organizzativa sono intrecciati tra loro, e la differenza tra la formazione specializzante, centrata sul compito, e quella de specializzante (“manageriale”) non è un vero problema: sono entrambi necessarie ma devono integrarsi tra loro.

Infatti, se da una parte ogni minimo cambiamento tecnologico e organizzativo porta a profondi cambiamenti nei rapporti sociali, dall’altra non si può credere di istituire cambiamenti nei comportamenti o negli atteggiamenti delle persone, cercando di evitare di mettere in discussione l’organizzazione.

Come già si è visto, in precedenza, una formazione incentrata unicamente sulla specialistica, senza che vi sia una visione completa e una conoscenza vera dell’organizzazione costituisce una sorta d’impedimento verso il cambiamento, o molto più semplicemente verso modalità di decisione che coinvolgono altre persone dalla formazione diversa e altrettanto settoriale.

Bisogna dire che è reale il pericolo di gestire la formazione, con la frantumazione della realtà organizzativa, con la creazione di barriere sempre più profonde fra i vari sottogruppi oppure con l’espropriazione della formazione dalla sua funzione più qualificante.

Nel pubblico impiego i processi di formazione e addestramento andrebbero gestiti come processi formali di educazione che portino modifiche verso le caratteristiche professionali dei lavoratori (anche dei dirigenti).

Quindi, tenendo conto realisticamente di alcune variabili – quantità e qualità dell’offerta di lavoro, tecnologie, mercato, sindacato, ecc. – la formazione può essere un valido supporto strategico, inserito nel processo decisionale, nel quadro di un progetto di sviluppo o di cambiamento credibile, le cui premesse decisionali siano chiare e mostrate, che tenti di ricomporre in un processo integrato teoria e prassi, professionalità”manageriale” e tecnica scientifica (Volpatto, 1984).

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L’attività formativa parte dall’interno del singolo Ente e collegandola a un piano strategico o di sviluppo organizzativo deve tentare di coinvolgere i dirigenti. Sarà fondamentale la formulazione, da parte dei vertici organizzativi, degli obiettivi generali, nei quali trovi una sistemazione principale, la gestione del personale e quindi la formazione.

Per fare tutto questo bisognerà istituire il servizio di formazione, addestramento e sviluppo, nell’ambito della direzione del personale. Il servizio istituito dovrà porsi, quindi, i seguenti obiettivi:

1. Definizione delle politiche formative, insieme alle strategie dell’Ente e con le singole iniziative che riguardano formazione e addestramento dei sottosistemi dell’organizzazione;

2. Costituzione di un archivio riguardante documenti sulle iniziative formative interne dell’Ente, del pubblico impiego e anche quelle esterne che andranno segnalate a chi poi potrà usufruirne;

3. Coordinazione, collaborando con i sottosistemi e le varie direzioni che sono presenti nell’Ente, di “pacchetti” didattici (programmi, materiale didattico, metodologie, docenti, procedure di verifica dell’efficacia) che andranno progettati rispetto ad aree rilevanti di attività e che serviranno a terminare l’acquisizione di conoscenze e abilità;

4. Selezione e formazione di un discreto numero di formatori interni, scelti tra coloro cui sono attribuite responsabilità medio - alte di gestione, e che andranno a costituire il referente, nei vari settori dell’organizzazione, per i processi di formazione e addestramento;

5. Coordinazione delle politiche di formazione che costituiranno il referente principale, visto come un momento di coordinamento e integrazione del processo formativo.

Attraverso la fissazione di queste procedure che regolano la formazione (selezione, valutazione, registrazione dei risultati, informazione ecc.), il servizio assicurerà una sorta di omogeneità, se non nei contenuti, nelle metodologie, negli obiettivi strategici, nei criteri di valutazione dei risultati. Il servizio di formazione risulterà, da una parte come interlocutore interno con i vertici dell’organizzazione, dall’altra interlocutore esterno di consulenti e docenti. Le norme d’inserimento della formazione, infatti, richiedono più che escludere, la presenza di strutture esterne che svolgeranno una formazione tra i settori.

Dalle considerazioni che sono state affrontate fino ad ora appare evidente che un primo errore è di trasmettere modelli di formazione che sono collaudati in realtà diverse, in

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termini passivi e acritici. Per ogni tipo di attività formativa sarà presente una concatenazione e una forte integrazione tra ambiente organizzativo e formazione. Questo sarà fondamentale per il settore pubblico poiché non esiste grande esperienza di attività formative “manageriali” e neanche un’adeguata attenzione ai problemi organizzativi.

La formazione è vista come un processo all’interno del quale sarà possibile fornire un supporto al cambiamento organizzativo, riqualificando il personale e attivando nuove capacità e nuovi atteggiamenti.

Sarà corretto e più efficace immettere le attività di formazione all’interno di un processo, chiaro e credibile, di analisi e progettazione organizzativa, che possa coinvolgere tutta la struttura e possa trovare una precisa posizione all’interno dell’organizzazione.

Bisognerà, in questa direzione, introdurre la formazione all’analisi e gestione dell’organizzazione, che dovrebbe portare ad accomunare tutte le diverse professionalità che abbiano una responsabilità che giustifichi il processo di apprendimento di nuove abilità, capacità e modalità di gestione. Il processo formativo dovrà porsi anche il problema riguardante la motivazione alla formazione stessa e all’assunzione dinamica del proprio ruolo; è evidente che la strategia entro la quale deve muoversi si compone dei seguenti fattori: possibilità di fare un’attività compiuta, aumento delle responsabilità, accrescimento di conoscenze, controllo diretto sull’evoluzione delle proprie capacità, riconoscimento dei risultati ottenuti, cercando di costruire un intreccio tra i livelli di professionalità, formazione e retribuzione.

Analizzando un’attività di formazione interna sorgono determinati problemi che occorre affrontare nelle varie fasi di progettazione:

1. Individuare i destinatari della formazione; bisogna identificare la popolazione cui ci si

rivolge, analizzando la posizione e la funzione all’interno dell’Ente: quest’operazione è

resa semplice dall’esistenza, all’interno del servizio personale, di una funzione di programmazione del personale, di sviluppo delle risorse interne, che intercorre nel percorso di carriera e di professionalità sia dei gruppi di appartenenza organizzativa, sia dei singoli. Questa è una funzione essenziale e indispensabile, soprattutto dal punto di vista di uno sviluppo dell’organizzazione e della professionalità, poiché costituisce il punto di riferimento in cui iniziano le attività di formazione, addestramento e sviluppo; 2. Altro momento è l’analisi della domanda: fase molto importante per il successo delle

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contrapposte attese, oltre che obiettivi da raggiungere e confrontandoli fra loro si raggiungeranno accordi basati su una chiara negoziazione dove è fondamentale il ruolo del formatore; il modo preferibile di fare tutto questo è creare un gruppo di lavoro all’interno del quale siano rappresentati e responsabilizzati i vari attori: divisione del personale, alta direzione, dirigente della funzione interessata che si confronti con il gruppo degli utenti (questo può essere attivato predisponendo anche questionari o colloqui individuali);

3. La terza fase è quella della determinazione degli obiettivi, delle strategie, dei limiti che sono posti dall’ambiente esterno e organizzativo; devono essere chiariti e definiti gli obiettivi da raggiungere e le regole con cui questi ultimi devono essere raggiunti: devono essere ascoltati e responsabilizzati i vari attori in gioco affinché non accadano problemi tra formazione e organizzazione;

4. In seguito è redatto il piano di formazione, che deve basarsi, individuando inizialmente i destinatari e gli obiettivi, sulle strutture, sui vincoli, sulle risorse, sui criteri d’impostazione della formazione;

5. Altra fase è d’individuazione delle responsabilità, logica conseguenza di quanto detto finora: non si può “appaltare” il processo ai formatori; bisognerà promuovere nuove regole di rapporto tra responsabile e collaboratori, con la possibilità di confrontare e di analizzare eventuali problemi, con l’aiuto del formatore, che sarà incentrato più sui processi che sui contenuti; in questa fase la formazione deve essere affidata a esperti esterni, oppure combinare le risorse interne con quelle esterne: importante in questa, definire gli obiettivi e i contenuti della formazione, perché siamo all’interno di una strategia di cambiamento che, insieme alla formazione, introduce stimoli di sviluppo e riflessioni estranei all’organizzazione;

6. dopo che sono definiti i contenuti, si passa alla individuazione delle metodologie e delle

modalità organizzative più opportune, nonostante ci siano vincoli organizzativi, di

tempo e di costi; sarà importante la coerenza fra obiettivi, presenti nei contenuti e nelle metodologie;

7. Il calcolo dei costi, capitolo che è spesso dimenticato dai formatori, ma molto importante per capire quanto il processo sia efficace o efficiente: eseguendo un rapporto costi/benefici sarà possibile confrontare i costi del programma di formazione attuato con il costo che rappresentava per l’organizzazione il problema che l’intervento formativo si riprometteva di affrontare;

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8. La verifica dei risultati sulla formazione (Quaglino, 1983), analizzando l’efficacia del processo, un problema di non facile soluzione: da una parte bisognerà verificare gli obiettivi che si erano definiti in precedenza e il raggiungimento di questi ultimi, dall’altra parte si confronterà quanto il cambiamento o il non cambiamento è conseguente all’intervento di formazione.

Bisognerà, quindi, distinguere due diverse fasi di verifica dei risultati: un primo momento, “a caldo”, si potrà verificare quanto e se il corso abbia contribuito ad aumentare le risorse professionali, culturali e “umane”, ed ha come obiettivo principale quello di valutare chi ha progettato e animato il corso piuttosto che i partecipanti stessi. Gli strumenti più utilizzati sono quelli del questionario di “valutazione” e la riunione di discussione.

Secondo momento, che avviene in seguito dopo un periodo, è quello di verifica di come e quanto l’attività di formazione abbia attivato e supportato le risorse acquisite in modo coerente alle strategie dell’organizzazione: sarà compiuta una verifica complessiva che vede coinvolti tutti gli attori presenti.