CAPITOLO 2 Il management pubblico 49
2.2 L’organizzazione del personale 58
2.2.3 La struttura a matrice 63
Per superare le difficoltà della struttura funzionale staff-line e della struttura divisionale la teoria e la pratica organizzativa hanno individuato una nuova struttura definita
matrice (Rugiadini, 1979) di cui parleremo poiché, indipendentemente dal suo modo di
applicarla immediatamente, ci aiuterà a comprendere i problemi di flessibilità delle strutture organizzative.
Ciò che differenzia la struttura a matrice dagli altri tipi di struttura analizzati è la creazione di due linee di autorità, una caratterizzata sulle risorse e sulle funzioni e un’altra basata sull’obiettivo che può essere un prodotto, un servizio, un progetto, un’area.
Un esempio di struttura a matrice è dato all’interno del dipartimento di Urbanistica e Lavori Pubblici di un ipotetico grande Comune. L’ufficio Piani-Studi-Progetti distribuisce le risorse di progettazione tra le varie funzioni-obiettivo secondo una logica data dall’elasticità e dall’ottimizzazione. Non ci sarà nessun progettista che potrà fissarsi su un’unica specializzazione, come per esempio scuole, ma dovrà partecipare a più funzioni-obiettivo che gli possano consentire una maggiore apertura professionale e
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una migliore saturazione delle sue potenzialità di lavoro. Nel frattempo bisognerà attirare le risorse necessarie da parte del responsabile di una funzione-obiettivo affinché le sue esigenze possano essere finalizzate agli obiettivi che gli sono stati assegnati. Si tende ad adottare strutture matriciali (Lawrence, 1978):
• Quando è assolutamente indispensabile avere elevate capacità di risposta nei confronti di due settori;
• Quando ci si confronta con livelli d’incertezza che comportano la necessità di elaborare una grande massa d’informazioni;
• Quando devono fronteggiarsi vincoli molto stretti in tema di risorse finanziarie e/o umane.
La soluzione matriciale porta così una certa flessibilità e un’assunzione equilibrata di decisioni, ma comporterà anche il costo dovuto alla complessità. Questo costo non ha però molte scelte se non quelle dovute alla riproposizione di esigenze di coordinamento e integrazione che non trovano le strutture per esprimersi, con costi ugualmente elevati. Ogni organizzazione strutturata a matrice comprende tre ruoli specifici:
I. La direzione generale che guida e indirizza;
II. Le direzioni di matrice (di funzione, di prodotto/servizio) che dirigono posizioni subordinate in comune;
III. Le posizioni o gli operatori con due “capi” che rispondono cioè a due diverse linee di autorità.
Nel campo Pubblico in Italia un esempio lo potremmo trovare nelle soluzioni legislative regionali. Per funzionare una struttura matriciale (stante la duplicazione di linee di autorità di cui si è detto e che devono sempre essere in equilibrio) deve contare su una funzione di coordinamento al vertice con la possibilità di garantire un equilibrio tale di potere ai livelli immediatamente inferiori.
Quando l’unità di comando non è realizzata, cosa che accade molto spesso, o quando viene a mancare la posizione dotata di sufficiente autorità, è difficile che si possa realizzare un equilibrio di potere tra funzione e obiettivo; vi sarà quindi una prevalenza per l’una o l’altro a scapito delle finalità generali; a questo punto il processo decisionale sarà come paralizzato in tutti i temi di potenziale conflitto e diventerà inefficace quando tutti i problemi richiedono un effettivo coordinamento tra funzione e obiettivo. Tutto questo avviene anche dove non esistono strutture matriciali.
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Alcuni autori forniscono un’ulteriore differenza fra struttura a matrice e lavoro a
matrice (Comai, 1979), dove il secondo implica l’adozione della mentalità e dei modi di
operare della matrice, senza modificare l’assetto organizzativo.
La distinzione appena fatta è utile per introdurre un determinato modo di affrontare nuove problematiche in modo graduale, preparando le persone in maniera progressiva, sperimentando nuovi comportamenti senza che si possano porre scelte strutturali che possano essere viste come traumatiche o comunque che non potrebbero funzionare senza la capacità di lavorare a matrice.
Il lavoro a matrice richiede un alto grado d’interfunzionalità in cui resta implicita una responsabilità tra le diverse posizioni. Per fare si che il lavoro a matrice possa realizzarsi bisognerà promuovere certi criteri organizzativi e scoraggiarne altri.
Particolare attenzione deve essere data al concetto di corresponsabilità, che non è riferito al fatto di non avere la presenza di obiettivi e responsabilità individuali, ma significa che sono presenti anche obiettivi da realizzare e responsabilità da assumere in maniera congiunta.
Per fare si che avvenga quest’assunzione congiunta è necessario che i partecipanti siano convinti che la valutazione avvenga in maniera congiunta e, non in maniera separata, per quanto riescono a realizzare. Quindi fare riferimento a determinati obiettivi diventa una regola decisiva per l’organizzazione. Prendendo ad esempio un modo di lavorare a matrice, applicato al rapporto che intercorre tra un ufficio centrale di controllo economico-finanziario (staff) e un’unità operativa di area o di prodotto/servizio; potrebbero esserci le seguenti modalità di rapporto:
1. L’ufficio centrale non deve togliere autorità all’unità operativa, perché commettendo questo errore andrebbe a deresponsabilizzare quest’ultima, ma deve ugualmente rendere efficace il controllo12: bisognerà creare un equilibrio informale tra queste due esigenze; 2. L’ufficio centrale deve coinvolgere l’unità operativa quando e se accadranno eventuali
scostamenti; la sua funzione non sarà quella di certificare in maniera notarile certe difformità o di riferire al superiore, ma dovrà aiutare i responsabili operativi a cancellare le cause di esiti economico-finanziari non voluti;
3. Il responsabile operativo e l’ufficio centrale devono cooperare tra di loro nei momenti decisionali che precedono l’azione che sarà controllata nuovamente in seguito;
12 Non ci si riferisce qui ovviamente ai controlli riguardanti la legittimità della spesa e ad altri controlli
formali per i quali ci sono procedure specifiche da seguire, basate sulla divisione e contrapposizione di competenze.
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4. L’ufficio centrale e l’unità operativa devono poter e saper risolvere il più possibile congiuntamente, rimanendo nelle linee d’azione stabilite, i conflitti senza dover ricorrere ai superiori; tutto questo sarà possibile se i superiori incoraggeranno tutti a sentirsi responsabili l’uno dell’altro e se saranno valutati per il risultato raggiunto insieme.
Nel rapporto che abbiamo analizzato non c’è la possibilità di predefinire i compiti, i ruoli e le modalità di ottenimento poiché le due unità devono fare tutto questo che servirà per raggiungere i risultati. Questo comporterà affrontare una certa dose di rischio da parte dei responsabili, cui non basterà proteggersi con la definizione formale dei compiti, né invocare un rapporto di gerarchia dell’uno sull’altro.
Bisognerà imparare a utilizzare l’informalità, avendo anche coscienza, oltre che delle sue potenzialità, anche dei suoi pericoli e dei suoi limiti, così da poterli prevenire. All’autorità formale dovrà infine aggiungersi e alcune volte anche sostituirsi l’autorità basata sulla competenza.
Come abbiamo già visto, modalità operative e strutture di carattere matriciale si potranno utilizzare in maniera molto utile anche in gruppi di lavoro, in comitati, in progetti speciali e in task-force ovvero in raggruppamenti, che possono essere sia temporanee sia permanenti, che, lasciando immutata la struttura organizzativa esistente e i suoi rapporti interni, possono essere responsabilizzate per determinate finalità: affrontare una nuova attività, realizzare un coordinamento superiore, eliminare un inconveniente, progettare un cambiamento, realizzare un programma eccezionale, promuovere una maggiore partecipazione decisionale, ecc.; sarà un gruppo capace di eliminare le aree d’inefficienza o per ridurre i residui passivi di un Ente.
Non basta mettere insieme persone diverse e differenti competenze per creare un
gruppo di lavoro ma soprattutto per realizzare un lavoro di gruppo. È necessario dedicare particolari risorse e capacità direzionali specifiche alla costituzione e al funzionamento del gruppo, senza di che s’ingenera un senso di frustrazione, di perdita di tempo, di assemblearismo ciarliero (Vaccani, 1980).
Dovrà esistere comunque un responsabile del gruppo o del progetto che potrà essere scelto indipendentemente dal grado gerarchico ma, in questo caso, con una delega rispetto all’obiettivo e con un’autorità discendente dalla sua competenza, capaci di assicurargli una funzione di unione e di leadership.
Il responsabile del gruppo o del progetto svolgerà una funzione di programmazione, di raccolta e diffusione (che potrà essere interna o esterna) dei documenti, di controllo
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sull’avanzamento dei lavori. Dovrà evitare di togliere di responsabilità il gruppo, anzi si dovrà sobbarcare altre responsabilità e che non sia integratore e attivatore del gruppo: tutti i membri del gruppo saranno corresponsabili tra di loro e tutto questo sarà favorito da un metodo decisionale collegiale. Dovrà essere promossa l’informalità del lavoro e del rapporto anche nel caso di attribuzione di compiti specifici entro il gruppo.
All’interno della struttura delle Unità Sanitarie Locali che troviamo l’uso più rilevante di questi strumenti.
Ma con strutture di questo tipo si va incontro ai seguenti problemi: Possibile rallentamento dei processi decisionali;
Necessità d’interventi continui di mantenimento della struttura; Rischi di deresponsabilizzazione;
Necessità di affrontare i problemi di status degli esclusi;
Rischio di assumere decisioni di compromesso anche quando la soluzione più corretta non è di compromesso.
Al contrario si possono avere i seguenti vantaggi:
Integrazione orizzontale e possibilità di ottimizzare l’insieme limitando gli approcci parziali e unilaterali;
Maggiore velocità di realizzazione di quanto è stato deciso, dato il consenso preventivo dei membri e data la maggiore informazione sul modo con cui è nata la decisione; Una possibilità di maggiore spinta innovativa;
Una migliore utilizzazione delle risorse umane, tecniche e finanziarie.